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sabato 25 dicembre 2021

Vendita diamanti allo sportello. Confermata la condanna della banca al risarcimento del danno

La banca deve risarcire il danno al cliente che acquista diamanti di una società terza nei locali della filiale dell'istituto di credito.

Il principio è stato confermato dalla Corte d'Appello di Venezia, in un giudizio di secondo grado avviato da un istituto di credito contro il provvedimento ex art. 702 ter c.p.c. emesso dal Tribunale di Verona (vedi qui).

La Corte d'Appello di Venezia ha voluto ribadire il ruolo centrale assunto dalle banche nella vendita dei preziosi presso le proprie filiali, partendo dal presupposto che il consumatore si era fatto convincere all'acquisto dei diamanti, in quel caso come in molti altri, riconoscendo fiducia ed affidabilità nei dipendenti della banca.

La Corte d'Appello ha ribadito, sotto altro profilo, che nel caso di specie non si trattava di vendita di strumento finanziario, avendo la banca svolto un mero ruolo di suggeritore, non trovando applicazione la normativa prevista in tale materia ex TUF e regolamenti Consob.

Qui potete leggere il provvedimento della Corte d'Appello di Venezia.

giovedì 19 marzo 2020

Trasparenza bancaria: le informazioni devono essere fornite al cliente sempre in modo chiaro e completo

Questo blog tratta, come noto, le questioni relative ai consumatori e non di rado evidenziamo una carenza di trasparenza nei rapporti tra venditore e consumatore, ove quest'ultimo non viene messo a conoscenza delle reali condizioni applicate.

Il deficit di trasparenza sussiste anche nei rapporti bancari, dove non sempre la banca fornisce informazioni complete e corrette al cliente, e come è noto non sempre il prodotto che ci viene offerto/sollecitato è quello da noi richiesto o comunque conforme alle esigenze.

Ed ecco che ai contratti di finanziamento, od anche nel famoso credito al consumo, vengono vendute delle polizze assicurative del tutto inutili, ma che "appesantiscono" il costo del credito pagato dal consumatore per ottenere la somma necessaria.

Senza dimenticare i continui casi di portabilità del mutuo dove la banca pretende l'apertura di un conto corrente presso la propria filiale da parte dei nuovi clienti, sostenendo che è necessaria la presenza di un conto per appoggiare le somme del mutuo: tale scusa non è vera, come puoi leggere qui.

L'obbligo di trasparenza, quindi, dovrebbe essere centrale nei rapporti banca/cliente, ma in realtà non viene sempre rispettato dall'operatore professionale, più interessato a vendere al cliente il prodotto più remunerativo per la banca.

Per questa ragione abbiamo ritenuto necessario segnalare, con questo intervento domenicale, la recente ordinanza con la quale la Cassazione ha ritenuto doveroso tornare a trattare la questione della trasparenza bancaria nei contratti di mutuo.

Occorre premettere che la vicenda oggetto del provvedimento della Suprema Corte è decisamente complessa, e quindi decidiamo di non riprenderla lasciandola alla vostra lettura, ma ci piace segnalare alcuni passaggi con i quali il giudice di legittimità ha voluto puntualizzare il concetto di trasparenza e le sue conseguenze pratiche nei rapporti bancari.

La Cassazione precisa, in primo luogo, la tipologia e natura del dovere di correttezza e buona fede "Il dovere di correttezza e buona fede in ambito bancario implica un obbligo di fornire informazioni esatte e di non addebitare poste indebite, dà luogo a responsabilità contrattuale, anche laddove vengano realizzate condotte non solidaristiche ....[...]".

La natura contrattuale di tali obblighi posti a carico dell'intermediario bancario è oggetto di ulteriore riflessione da parte degli Ermellini "Il dovere di correttezza ex art. 1175, opera in ogni forma di responsabilità contrattuale, specificandosi nella regola di cui all'art. 1375 c.c. e in tema di esecuzione del contratto la buona fede si atteggia come impegno o obbligo di solidarietà".

Ne consegue che l'intermediario bancario deve agire, nell'esecuzione del contratto, rispettando i suddetti principi di correttezza e buona fede, fornendo al cliente informazioni trasparenti, anche sotto il profilo della chiarezza, ed idonee a consetire al contraente debole di poter effettuare delle scelte consapevoli e utili per lo stesso.

Purtroppo, continuiamo a ricevere segnalazioni o racconti di vicende dove risultano coinvolti consumatori che hanno concluso contratti bancari inutili e gravosi sotto il profilo delle spese.

Qui di seguito, l'Ordinanza n. 34535/2019 della Corte di Cassazione - Sezione I^ Civile.

lunedì 30 settembre 2019

Diamanti - esclusa la responsabilità della banca nella vendita di preziosi nella filiale

Chi ha comprato i “diamanti da investimento” o, meglio, delle pietre piazzate con la collaborazione di molte banche come “beni rifugio” al doppio del loro reale valore e per di più con certificati incompleti e falsi, rimarrà deluso dalla sentenza resa dal Tribunale di Milano, la n. 66 dell’8 gennaio 2019

Il giudice milanese, in buona sostanza, è giunto a negare che la banca abbia assunto responsabilità di qualche tipo nel rapporto concluso tra il risparmiatore e le società di settore (tra le note: la ormai fallita Intermarket diamond business (Idb) di Milano  e Diamond private investment di Roma), anche se le vendite dei preziosi avvenivano nei suoi locali. 

Percorriamo, ora, i motivi che hanno spinto il Tribunale a rigettare il rimborso, cogliendo fin da subito che per vincere in giudizio è essenziale saper mettere in luce il ruolo autonomo che le banche assumono in questo tipo vendite (c.d. vendite piramidali).


Abbiamo già visto che tra il 2010 ed il 2015 alcuni istituti bancari – complice anche la formidabile demonizzazione dei risparmiatori italiani che si ostinano a tenere liquidità infruttifera nei propri conti dormienti ) – hanno fattivamente collaborato con alcune società, mettendo a loro disposizione il proprio pacchetto di clienti per proporre l’investimento in diamanti.

È facile, almeno nei fatti, scorgere una commistione di interessi tra la banca e le società di settore per truffare i clienti, ma molto più complesso evidenziarlo nelle aule di giustizia: a nostro parere, la mossa vincente è quella di far risaltare gli accordi commerciali che le banche stabiliscono con le società di settore e, posta questa premessa, contestare sin da subito la responsabilità da contatto sociale (vedi qui).

Tuttavia, così non è stato fatto nel caso che ci occupa, tanto è vero che la difesa del risparmiatore si è limitata a rappresentare alcune circostanze molto indicative, ma non determinanti, come ad esempio la vendita delle pietre all’interno dei locali della banca e per mezzo di suoi promotori, per poi chiedere, per ciò solo, sia l’annullamento del contratto concluso tra il cliente e la società di settore che l’inadempimento contrattuale, oltre che il risarcimento del danno in stretto collegamento.

Giocoforza il giudice, ha stoppato la domanda di risarcimento, peraltro affermando che “non solo le azioni di invalidità o di risoluzione devono essere ritenute infondate, non essendo state intentate nei confronti della controparte contrattuale, ma anche le azioni di natura restitutoria e risarcitoria.
Ciò in quanto le stesse sono inevitabilmente correlate (“per l’effetto”), come da conclusione, alle suddette azioni di natura contrattuale, e non sono state sviluppate in via autonoma, ossia dando risalto al ruolo autonomo di parte convenuta. (...) Mai del resto la posizione di parte convenuta [n.d.r. la banca] è stata specificamente illustrata nell’atto di citazione alla stregua di un terzo rispetto alla parte alienante, e ne è riprova la circostanza che ciò avrebbe comportato uno specifico onere argomentativo, nel senso di chiarire il fondamento sistematico di una responsabilità del terzo in ordine ad un contratto stipulato da altri soggetti”.


In altre parole, nonostante il ruolo della banca sia abbastanza articolato in queste vicende (e il dibattito ne dà atto) la difesa del cliente non è riuscita a sviluppare in modo determinate il ruolo della banca ed in particolare il profilo degli accordi commerciali. 


Di seguito, la sentenza n. 66/2019 del Tribunale di Milano.

mercoledì 27 febbraio 2019

Diamanti: Bankitalia spiega le responsabilità delle banche

Negli ultimi mesi, le principali associazioni dei consumatori hanno rivolto la loro attenzione alla vendita - tutt'altro che chiara - dei certificati di diamanti avvenuta a danno dei consumatori con la fattiva partecipazione degli istituti di credito.

Anche questo blog ha trattato l'argomento, evidenziando le carenze informative intervenute in questo tipo di vendite e la responsabilità, peraltro da più parti invocata, da parte delle banche.

Riteniamo, infatti, che la banca abbia avuto un suo ruolo nella vendita dei preziosi avvenuta, all'interno dei propri locali, da parte degli agenti della società specializzate nel settore.

Invero, sono proprio quest'ultime che hanno parlato di rapporto commerciale tra le stesse ed i vari istituti di credito, riconoscendo un ruolo anche alle varie filiali che hanno sollecitato l'acquisto in questo tipo di prodotti.

La Banca d'Italia, con la sua recente newsletter del maggio 2018, ha peraltro correttamente delineato Il ruolo della banca in queste vendite, e la sua potenziale responsabilità per la perdita accusata dai clienti.

Bankitalia, dopo aver puntualizzato che la commercializzazione dei diamanti attraverso il canale bancario non rientra tra le tutele di trasparenza previste dal TUB, ha peraltro invitato i vari istituti di credito a tenere determinate condotte nella sollecitazione dei preziosi che avviene all'interno dei locali di ogni filiale.

Secondo l'organo di controllo, l'istituto d credito che intende proporre la vendita dei preziosi attraverso altre società, ma all'interno dei locali di proprietà, deve prestare attenzione alla conoscenza del prodotto da parte dei clienti.

In particolare, "nel caso di commercializzazione di diamanti, le banche, oltre a considerare le caratteristiche finanziarie dei clienti a cui è rivolta la proposta di acquisto, devono assicurare adeguate verifiche sulla congruità dei prezzi e predisporre procedure volte a garantire la massima trasparenza informativa sulle caratteristiche delle operazioni segnalate, quali le commissioni applicate, l'effettivo valore commerciale e le possibilità di rivendita delle pietre preziose". 

Volendo dare una lettura alternativa a quanto suggerito dalla Banca d'Italia nella newsletter, a nostro parere sussiste una responsabilità della banca, ogni qualvolta abbia favorito la vendita dei preziosi all'interno dei propri locali e con i propri clienti quando:


  1. non considera le caratteristiche finanziarie del cliente;
  2. non opera adeguate verifiche in merito alla congruità dei prezzi;
  3. non predispone procedure informative volte a garantire la massima trasparenza informativa sulle caratteristiche del prodotto sollecitato alla vendita.
Dalle vicenda narrate, oltre a quelle seguite dall'associazione (scrivi a sos@consumatoreinformato.it), risulta che nella totalità dei casi la banca non ha seguito alcuna delle regole di prudenza, correttezza e trasparenza sopra richiamate, sussistendo quella responsabilità per il danno sofferto dai clienti a causa della vendita di preziosi a prezzi eccessivamente elevati.

Ancora una volta, vi consigliamo di contestare al venditore, ma anche alla banca, il danno patito chiedendo la restituzione quantomeno del capitale investito.

Qui la Newsletter di Bankitalia

sabato 30 gennaio 2016

Nuove tutele per chi chiede un mutuo

Le nuove regole in materia di mutui, introdotte con la direttiva 2014/17/UE, e oggetto di attuazione in ambito nazionale, dovrebbe incrementare le tutele per coloro che vorranno accedere al mercato dei finanziamenti bancari nei prossimi mesi.

Le nuove regole per la tutela dei sottoscrittori di mutui,  infatti, entreranno in vigore nelle prossime settimane e prevedono nuovo regole ed obblighi per l'intermediario.

Vediamo quali.

(1) Il funzionario della banca obbligato a fornire maggiori informazioni

La norma comunitaria, che potete trovare di seguito, introduce nuovi canoni di condotta a carico dei finanziatori e gli intermediari del credito che propongano/sollecitino la sottoscrizione di mutui e finanziamenti verso i consumatori.

Le banche dovranno garantire maggiore diligenza, correttezza e trasparenza verso il potenziale cliente, garantendo una informazione più puntuale, semplice e chiara.

(2) Annunci pubblicitari - nuove regole

Una delle novità più interessanti dovrebbe riguardare anche gli annunci pubblicitari aventi ad oggetto l'offerta di questi prodotti bancari. La norma comunitaria ha disposto nuove e più precise regole in merito al messaggio pubblicitario, che dovrà essere più chiaro, corretto e non ingannevole.

Nel caso in cui il messaggio pubblicitario contenga informazioni inerenti il tasso di interesse o altri dati relativi al credito, le onformazioni dovranno essere rese disponibili al consumatore in modo chiaro e preciso, non inducendolo in false aspettative.

(3) Il prospetto Informativo Standardizzato (PIES)


La direttiva "mortagage credit" propone una ulteriore ed intressante novità  impone, tra l’altro, che siano fornite al consumatore informazioni precontrattuali dettagliate su un Prospetto Informativo Europeo Standardizzato (PIES) che devono essere messe a disposizione del potenziale acquirente prima della conclusione.

Il prospetto deve contenere:
- istituto di credito che eroga il mutuo;
- descrizione del tipo di finanziamento;
- Tasso nominale d'interesse e Tasso annuo effettivo globale (TAEG);
- Importo del mutuo richiesto;
- Durata - numero/importo delle rate e frequenza dei pagamenti;
- Spese di apertura del mutuo - spese accessorie;
- Condizioni per l'estinzione anticipata

(4) Divieto di abbinamento con altri prodotti bancari
Viene introdotto il divieto di abbinare al contratto di mutuo altri prodotti o servizi offerti dalla banca, se questi ultimi sono obbligatori per la conclusione del contratto.

Qui di seguito, la direttiva 2014/17/UE.

sabato 10 ottobre 2015

Tribunale di Milano: la banca non può più applicare l'anatocismo bancario dal 1° gennaio 2014

Questa domenica vi proponiamo la recente Ordinanza del 29 luglio 2015, con la quale il Tribunale di Milano, ribadendo un proprio orientamento formatosi negli ultimi mesi, ha negato la possibilità da parte della banca di poter continuare ad applicare la capitalizzazione degli interessi (anatocismo bancario) nei rapporti con i propri correntisti.

Abbiamo già trattato l'argomento di recente, evidenziando che a seguito dell'intervento del Legislatore, con la modifica dell'art. 120 TUB, si è creata un particolare contrasto tra l'interpretazione della norma fornita dai giudici, e quella offerta di recente dalla Banca d'Italia, la cui volontà è quella di ripristinare l'anatocismo (vedi).

Il Tribunale di Milano, già con due ordinanze del 23 marzo e 3 aprile 2015, ribadite dal provvedimento che potete leggere di seguito, ha preso una posizione netta sull'argomento, proprio analizzando l'art. 120 del TUB.

I giudici milanesi hanno evidenziato che la modifica dell'articolo appena richiamato, la quale introduce il divieto di applicazione dell'anatocismo a far data dal 1° gennaio 2014, sarebbe norma immediatamente valida e vincolante nei rapporti tra banca e correntista, senza la necessità di alcuna norma applicativa (nello specifico intervento del Comitato Interministeriale del Credito e Risparmio) che alla data odierna non è ancora intervenuto.

In termini più semplici, il Tribunale di Milano afferma che l'art. 120, comma 2 del TUB è immediatamente valido e vincolante nella parte in cui stabilisce che "gli interessi periodicamente capitalizzati non possano produrre interessi ulteriori che, nelle successive operazioni di capitalizzazione, sono calcolati esclusivamente sulla sorte capitale".

Con l'Ordinanza del 29 luglio 2015, riprendendo le conclusioni già raggiunte in precedenza dallo stesso giudice, il Tribunale di Milano osserva che "la modifica dell'art. 120, II comma Tub introdotta con l'art. 1, comma 629 l. n. 147/13, ha reintrodotto espressamente il divieto di anatocismo in materia bancaria, come emerge dall'interpretazione letterale dell'espressione "gli interessi periodicamente capitalizzati non possono produrre ulteriori interessi", in collegamento col successivo periodo, che impone di calcolare gli interessi capitalizzati esclusivamente sulla sorte capitale.

Questa interpretazione corrisponde anche alla volontà del Legislatore, come si evince dalla relazione di presentazione della proposta di legge alla Camera, nella quale si afferma che la proposta intendeva sancire l'illegittimità della prassi bancaria dell'anatocismo e come si deduce dalla mancata conversione in legge dell'art. 31 D.L. n. 91/14, il quale aveva ripristinato l'anatocismo bancario.

La norma in esame è d'immediata applicazione, senza necessità di attendere l'intervento del CICR, considerato che la norma ha demandato al CICR il compito d'individuare le modalità ed i criteri per la contabilizzazione degli interessi che maturano nel corso del rapporto, fermo restando il divieto di produzione d'interessi ulteriori su quelli contabilizzati periodicamente, sancito dalla lettera b della norma.".

E quindi, il Tribunale di Milano ritiene che, trovando applicazione diretta ed immediata la novità normativa di cui all'art. 120 TUB e non avendola seguita la banca a partire dal 1° gennaio 2014, l'istituto di credito ha violato il generale dovere di correttezza e diligenza nei rapporti con il cliente/consumatore sancito, peraltro, dall'art. 2 della Costituzione.

Qui l'Ordinanza del 29 luglio 2015 pronunciata dal Tribunale di Milano. 

domenica 10 maggio 2015

Mutuo e copertura assicurativa - la banca obbligata a chiarire le condizioni dell'assicurazione

L'intermediario bancario presso il quale avviate un contratto di mutuo, con collegato una copertura assicurativa, è tenuto a fornirvi tutte le informazioni relative ai due rapporti contrattuali, consentendovi di valutare in modo concreto e completo tutti i vantaggi e svantaggi connessi.

La Corte di Giustizia ha, infatti, ribadito di recente che l'intermediario - banca, finanziaria o compagnia assicuratrice - è tenuto ad esporre in modo chiaro e completo le condizioni della polizza assicurativa che viene usualmente fatta sottoscrivere congiuntamente al contratto di mutuo o di finanziamento.

E' normale, infatti, che con il contratto di finanziamento, il consumatore sia invitato/sollecitato a sottoscrivere una copertura assicurativa per caso di morte, invalidità permanente, malattia non chiarendo al cliente, anche durante la fase della trattativa, le condizioni fondamentali del rapporto contrattuale.

Il giudice comunitario ha chiarito, con la sentenza che potete leggere di seguito, che sussiste in capo alla banca un obbligo di trasparenza che la obbliga a chiarire al cliente le condizioni generali del contratto, la modalità di funzionamento dell'assicurazione, ed ogni altra informazione idonea a consentire il contraente debole (il consumatore) di valutare in modo consapevole la convenienza dell'assicurazione che sta sottoscrivendo.

Il giudice, correttamente a nostro parere, ha stabilito che "un contratto di assicurazione deve esporre in modo trasparente, intellegibile il funzionamento del meccanismo di assicurazione, in modo che il consumatore possa valutarne le conseguenze economiche". 

Anche a livello comunitario, quindi, si stabilisce l'obbligo di trasparenza in capo all'intermediario bancario che propone il contratto di assicurazione accompagnato al finanziamento.

lunedì 9 febbraio 2015

Bond Lehman Brothers - banca condannata perché "non poteva non sapere"

La banca non poteva non avere alcuna conoscenza della situazione economica e finanziaria di Lehman Brothers e, di conseguenza, avrebbe dovuto avvertire i propri clienti, invitandoli a non acquistare bond emessi da un soggetto altamente rischioso.

Queste le conclusioni, pressoché simili, raggiunte dai giudici italiani in due recenti sentenze aventi ad oggetto la responsabilità dell'istituto di credito per i danni occorsi al risparmiatore per aver investito i propri denari in obbligazioni Lehman.

I risparmiatori, non avvertiti dal dipendente della banca in merito ai rischi di investimento finanziario, perdevano i capitali investiti a causa dell'improvviso default dichiarato dalla banca d'affari americana in data 15 settembre 2008. 

mercoledì 29 gennaio 2014

Obbligazioni. È tutta una questione di taglio

 Nell’ ambito degli investimenti circola un luogo comune, messo in giro ad arte,ossia che con i grossi capitali si avrebbe accesso a soluzioni migliori.
La cosa non è quasi mai vera.

I fondi hedge, che richiedono un minimo di 500 mila euro, sono stati campioni nel far perdere barche di soldi. Non parliamo poi dei cosiddetti family office, specializzati nel blandire e adulare facoltosi eredi incompetenti, cui vengono appioppati prodotti molto spesso peggiori di quelli piazzati dalle banche.

mercoledì 4 dicembre 2013

Bene l’Antitrust europeo che multa diverse banche per la manipolazione di Euribor e Libor

Dura sanzione comminata dall’Antitrust della Commissione europea nei confronti di otto grandi gruppi bancari, tra i quali  Barclays, Societe' Generale', Rbs, Jp Morgan e Citigroup, multati per 1,712 miliardi di euro, in quanto facenti parte di un cartello illegale nel mercato dei derivati finanziari.La Commissione, o meglio l’Autorità di controllo dei mercati europea, hanno accertato, all’esito di una inchiesta avviata mesi addietro, che vi sarebbe stata una manipolazione di Libor, Euribor e sul tasso in yen. Le suddette banche avrebbero alterato gli indici, traendo illegittimi vantaggi in danno dei consumatori, come si legge nel comunicato stampa (vedi).

domenica 14 aprile 2013

Derivati venduti al Comune di Milano - banche condannate per truffa

Questa domenica vi proponiamo la sentenza n. 13976 del 4 febbraio 2013 con la quale i Tribunale di Milano ha riconosciuto la responsabilità penale di alcuni dirigenti di quattro banche internazionali, condannandoli per il reato di truffa a danno del Comune di Milano nella vendita di prodotti finanziari derivati.

Con la medesima sentenza, il giudice ha riconosciuto la responsabilità penale delle banche  ex D. Lgs. 231/01, individuando una carenza di trasparenza nella vendita di questi prodotti finanziari altamente speculativi, così motivando: Gli istituti bancari (…) non hanno rispettato le norme ed i principi previsti a protezione dei clienti che non siano classificabili come (…) controparti di mercato con uguale esperienza commerciale e finanziaria”.

La condotta truffaldina delle banche, le quali non avrebbero rispettato le norme ed i principi di trasparenza e diligenza previsti nella negoziazione di prodotti finanziari, avrebbe causato il danno subito dal Comune di Milano (vedi).

Tribunale di Milano, sez. IV, 04 febbraio 2013, n. 13976

domenica 14 ottobre 2012

Tribunale di Torino - gestione patrimoniale - falsi ordini disinvestimento

La chiusura di una gestione patrimoniale in prodotti finanziari deve rispettare il requisito di forma previsto dal contratto, cosicché non è valido l'ordine di disinvestimento impartito con e-mail nel caso in cui tale modalità non sia contemplata dal contratto quadro sottoscritto dal cliente.

Questa è la soluzione raggiunta dal Tribunale di Torino nella incredibile vicenda oggetto della controversia sottoposta alla sua decisione.

La vicenda affrontata dal giudice era alquanto complessa in quanto l'attore era un cliente particolare della banca, avendo aperto un rapporto di conto corrente ed un rapporto di gestione patrimoniale in Italia pur vivendo in Sud Africa.

La banca era solita inviare tutti i documenti via posta al cliente, residente all'estero, tramite posta ordinaria.

L'istituto di credito aveva chiarito al cliente, sia contrattualmente che attraverso le comunicazioni dei propri dipendenti, che la chiusura dei rapporti bancari doveva necessariamente avvenire con comunicazione sottoscritta dallo stesso correntista. Non era prevista alcuna attività via fax o posta elettronica.

Tra il settembre e il novembre del 2008, la banca riceveva distinti ordini di borsa da un indirizzo di posta elettronica - successivamente dimostratosi falso - con il quale un truffatore disponeva la chiusura della gestione patrimoniale e il trasferimento dell'ingente somma ricavata su conti correnti esteri (Indonesia e Sud Africa).

I soldi del cliente venivano, quindi, trasferiti a terzi attraverso bonifici su estero e, cosa più importante, senza il consenso del titolare del conto.

Il cliente della banca, venuto a conoscenza dei trasferimenti di queste somme di denaro senza suo consenso, sporgeva denuncia (sia in Sud Africa che in Italia) e disconosceva gli ordini di disinvestimento sostenendo che le firme apposte sui documenti elettronici non erano sue; non era suo nemmeno l'indirizzo di posta elettronica dal quale erano stati impartiti i diversi ordini al dipendente della filiale.

Il Tribunale di Torino ha osservato, in primo luogo, che il disconoscimento delle sottoscrizioni, tra l'altro inviate come allegato alle e-mail truffaldine, comporta la esclusione della paternità del documento rispetto al piccolo risparmiatore.

Conseguentemente, la banca ha autorizzato le operazioni di chiusura di gestione patrimoniale e di bonifico verso terzi, solo sulla base di e-mail inviate al dipendente della filiale.

Il Tribunale di Torino ha considerato nullo il finto ordine di chiusura del conto gestione, in quanto disposti attraverso una modalità non prevista dal contratto di gestione patrimoniale sottoscritto dal cliente.

Conseguentemente, il Tribunale di Torino ha dichiarato nulli gli ordini di borsa ed ha ordinato alla banca di restituire al cliente tutti i soldi trasferiti via bonifico.

Di seguito, potete leggere la sentenza con la descrizione della vicenda affrontata dal giudice.


gestione patrimoniale - falsi ordini disinvestimento

domenica 12 agosto 2012

Tribunale di Torino - gestione patrimoniale & conflitto di interessi


Questa domenica proponiamo la recente ed inedita sentenza pronunciata dal Tribunale di Torino che ha dichiarato la risoluzione del contratto di gestione patrimoniale in fondi comuni sottoscritto da una coppia di consumatori piemontesi.

I piccoli risparmiatori avevano deciso di investire i propri denari in un prodotto del cd. risparmio gestito e si erano rivolti alla banca per chiedere dei suggerimenti.

Il dipendente della banca non aveva esitato a proporre ai clienti l'investimento nella gestione patrimoniale in fondi creata ad hoc da altro soggetto bancario del medesimo gruppo.

Il dipendente della banca aveva elogiato il prodotto del risparmio gestito sostenendo che si trattava di strumento finanziario sicuro e privo di rischi nel medio/lungo termine.

Gli ignari risparmiatori si erano fidati del dipendente della banca ed avevano dato avvio al rapporto di gestione patrimoniale in fondi con la SGR dello stesso Gruppo.

Come accaduto per altri rapporti finanziari rientranti nel risparmio gestito, i risparmiatori si erano accorti, in seguito, che il loro contratto non solo non stava generando alcun utile, ma addirittura risultava in perdita.

I consumatori si sono rivolti al Tribunale di Torino ed hanno contestato alla SGR di aver operato in conflitto di interessi senza comunicare tale situazione agli investitori. 

Il giudice ha accolto la contestazione sollevata dai risparmiatori, osservando che quando una società di gestione del risparmio opera in favore del cliente, deve informare regolarmente quest'ultimo delle operazioni di acquisto/vendita di strumenti finanziari ove si trova in posizione di conflitto.

Nella concreta fattispecie, il giudice ha accertato che durante il rapporto contrattuale, la SGR non ha adeguatamente informato i clienti della posizione di conflitto di interessi, violando le norme in materia di conflitto e cagionando il danno patito dagli investitori. 

Il giudice ha dato ragione ai piccoli risparmiatori, restituendo loro tutte le somme investite nella gestione patrimoniale.

giovedì 14 giugno 2012

Beppe Scienza: "Quanto sono a rischio i conti correnti"

Le elezioni greche sembrano il bivio cruciale per la sopravvivenza dell'euro. I conti correnti italiani sono a rischio?Per i conti correnti italiani il problema non è tanto la Grecia o quello che succederà alle elezioni greche. Il problema è che in Italia il comportamento verso le banche è cambiato. Si è lasciato che finissero sull'orlo del fallimento alcune banche, bloccando anche i conti correnti. E' successo sul finire del 2010 col Banco Emiliano-Romagnolo, e pochi giorni fa con la banca Network. Banche piccole, d'accordo, ma quello che non era mai capitato in Italia (dagli anni '30), ovvero trovarsi il proprio conto in banca bloccato, è avvenuto già due volte.
Io credo che la possibile uscita della Grecia dall'euro è un problema per i conti correnti in Grecia, non per quelli italiani o degli altri paesi. Però è vero, oggi, che i conti correnti non sono più sicuri come un tempo. La famosa frase "paga come un banchiere" non sembra più molto attuale.

I conti deposito tanto pubblicizzati, dove gli italiani magari hanno qualche risparmio, sono a rischio?I conti deposito sono conti correnti bancari, quindi sono soldi prestati a delle banche. C'è un fondo di tutela dei depositi, che copre fino a 100mila euro e che verrà probabilmente attivato per la banca Network. Ma se si teme un crak generalizzato del sistema bancario, qualche paura si può avere.
E' molto probabile che gli stati cercheranno in tutti i modi di impedire una catena di fallimenti delle banche, perché questo causerebbe un blocco dei pagamenti. Una catastrofe economica. In un certo senso è più sicuro avere dei titoli che dei soldi sul conto corrente, perché i soldi sul conto corrente sono soldi prestati alle banche. I titoli, invece, almeno in prima istanza sono del cliente, non sono della banca.

Un'uscita dell'Italia dall'euro se la immagina? E cosa significherebbe?Un'uscita dell'Italia dall'euro vorrebbe dire la fine della moneta unica. L'Italia è il terzo Stato più importante dell'Unione Europea. Poi gli eventi storici sono imprevedibili. Sembra tuttavia molto improbabile che si arrivi a tanto. Sembra molto improbabile che anche la Grecia esca dall'euro, poiché l'uscita di un singolo Stato sarebbe già devastante per l'intero sistema monetario. Su questo tema, comunque, c'è una paura che hanno molti, ed è quella relativa ai mutui. C'è chi ha il mutuo in euro e teme che un ritorno alla lira sarebbe insopportabile perché si prenderebbe lo stipendio in lire e si pagherebbe il mutuo in euro. Beh, non è così. Se l'Italia uscisse dall'euro anche i mutui verrebbero convertiti in lire.


Qual è lo scenario peggiore che possiamo aspettarci?


L'insolvenza degli stati. Lo Stato italiano non paga più gli interessi nel rimborso dei titoli, lo stesso fa quello spagnolo, quello francese ecc. ecc. Le banche falliscono, le obbligazioni pure, l'euro finisce e si torna alle monete di un tempo, o a nuove monete. Per gli europei sarebbe questo il quadro peggiore. Come ci si può difendere da questo? Trasformando i propri risparmi in banconote non dell'area dell'euro. Cioè: prelevare dalla banca il proprio denaro, cambiare valuta (in franchi svizzeri, sterline britanniche, dollari americani o canadesi...) e tenere il tutto in cassette di sicurezza. Questo salverebbe da un crack. Tuttavia non credo si sia arrivati a questo punto.

Prof. Beppe Scienza

fonte: www.cadoinpiedi.it

domenica 27 maggio 2012

Banca responsabile del danno subito dall'investitore per l'acquisto di tango bond

Questa settimana proponiamo la sentenza con la quale la Cassazione è tornata ad affrontare la vicenda tango bond, riconoscendo la responsabilità della banca per il danno subito dal proprio cliente a seguito dell'acquisto di titoli caduti successivamente in default.



Cassazione III sentenza n.6142/2012

sabato 19 maggio 2012

Da Trentino inBlu al blog: come investire in modo responsabile (2)

 
Nel nostro incontro del venerdì con gli amici di Trentino inBlu abbiamo fornito altre regole pratiche in materia di investimenti in prodotti finanziari.

6° L'investimento con “0” rischi? Non esiste e bisogna diffidare di chi lo propone
Come abbiamo già osservato la scorsa settimana, ogni investimento presenta un rischio più o meno elevato. Occorre conoscere bene tale rischio di investimento e valutare se si è intenzionati ad accollarselo.
Conseguentemente, non esiste l'investimento “a rischio zero”, o comunque con rendimento molto elevato e rischio basso.
Occorre sempre diffidare delle proposte di investimento di questo tipo e ricordare che ad un rendimento elevato corrisponde un altrettanto elevato livello di rischio.
E' questo il caso delle catene/truffa che si sono sviluppate in questi ultimi anni. Basti ricordare il famoso caso Madoff, ove migliaia di risparmiatori sono stati aggirati e truffati con l'idea di poter trarre immediato giovamento da investimenti con rischio pari a zero.
E' evidente che spesso queste offerte di facili guadagni, attraverso proposte di investimento vaghe e generiche, nascondono tentativi truffaldini per spillare denaro agli investitori inesperti (vedi Da Trentino inBlu al blog: alcuni suggerimenti per difendersi dai finti promotori finanziari).

7° Non firmare moduli in bianco
Firmare un modulo di investimento in bianco equivale a firmare un assegno in bianco.
Appare una affermazione quasi scontata, ma nella realtà è assai diffusa la prassi di firmare moduli di acquisto in bianco in favore del proprio promotore finanziario o private banker.
In primo luogo, tale attività è illecita ed è passibile di sanzione penale nei confronti del professionista che operi in tal senso.
Inoltre, molto spesso accade che siano sottoscritti contratti senza che siano accuratamente letti. Purtroppo capita a tutti noi perché ci fidiamo di coloro che ci sottopongono il modulo, magari nemmeno compilato.
Questa prassi può essere di pericoloso aiuto per gli operatori disonesti che siano intenzionati a commettere abusi traendone vantaggio in favore dell'investitore.
In questi casi, cerchiamo almeno di farci rilasciare una copia del documento firmato o comunque controlliamo, successivamente, se il prodotto finanziario acquistato corrisponde a quello oggetto di sottoscrizione.

8° Mezzi di pagamento: utilizzare quelli più sicuri
Le operazioni di borsa si concludo con il versamento della somma corrispondente all'acquisto da parte dell'investitore. Quasi sempre tale acquisto avviene attraverso il conto corrente ove è depositato il denaro dell'acquirente.
In questi casi, è agevole controllare quando e come è stata effettuata l'operazione.
Caso diverso e più rischioso è quello ove il pagamento avviene attraverso assegni o contante, in particolar modo laddove l'operazione sia effettuata con l'intervento di un promotore finanziario.
Occorre ricordare che il promotore finanziario non può in alcun caso effettuare versamenti di denaro in contante in favore del cliente, né assegni privi di intestazione o intestati allo stesso promotore.
In altri termini, il promotore finanziario non può ricevere somme di denaro dal proprio cliente, ma deve raccogliere l'ordine che verrà in seguito eseguito dall'intermediario bancario.
Al più, il promotore può raccogliere l'assegno del cliente indirizzato all'intermediario bancario e munito di clausola "non trasferibile" sul retro.
Ricordatevi, quindi, di non consegnare alcuna somma a promotori finanziari o private banker o consulenti finanziari.

9° Seguire il proprio investimento anche dopo l'acquisto
Il piccolo risparmiatore che decide di destinare i propri denari ad uno strumento finanziario deve, in seguito, continuare a monitorare il proprio investimento e, periodicamente, verificare se tale prodotto sta generando effettivo vantaggio.
Non dimenticatevi dei vostri investimenti e seguiteli, anche solo controllando gli estratti conto deposito che vi vengono regolarmente inoltrati dalla banca ove sono collocati i prodotti finanziari acquistati.
Ricordiamoci di operare un controllo anche autonomo degli investimenti, ovverossia seguendo altri canali per comprendere se il titolo acquistato sia in fase positiva, oppure se conviene valutare l'ipotesi di venderlo.

10° Problemi con la vostra banca o con il promotore finanziario? Esiste la via della mediazione civile obbligatoria
Da ultimo, ricordiamo che se vi sono dei problemi con la banca che vi ha negoziato i titoli, o il gestore che ha amministrato il vostro risparmio, o il promotore che vi ha sollecitato ad un determinato acquisto, potete/dovete preliminarmente azionare la mediazione civile obbligatoria.
Questo mezzo, che è condizione di procedibilità, può portare ad una positiva conclusione del contrasto creatosi con la vostra banca senza dovervi rivolgere al tribunale.

giovedì 17 maggio 2012

Beppe Scienza: la Grecia è fallita!


"[...]Sulla Grecia il discorso è un po’ complesso, con qualcosa di contraddittorio, perché qualche settimana fa si sono sentiti titoli di telegiornali, si sono lette sulla stampa frasi di questo tipo: "La Grecia è stata salvata", "Successo della ristrutturazione del debito pubblico greco", "Evitato il fallimento della Grecia". Poi uno che aveva per esempio 10 mila Euro di titoli greci, un paio di settimane fa si è visto arrivare al posto del suo titolo 24 titoli diversi, li somma e si accorge che ha soltanto 2 mila euro. 

La Grecia si è salvata e io ho perso l’80%, come la mettiamo? Bisogna dire la verità: ci sono stati due inganni: 

1) un inganno da parte dei massimi politici ed esponenti dell’Unione Europea, della Banca Centrale che hanno detto: "Salveremo la Grecia", "La Grecia no, assolutamente, la Grecia non deve fallire", "La Grecia deve essere salvata" mentre stavano lavorando per preparare il fallimento della Grecia.

2) un inganno è avvenuto dopo, perché adesso gira la storiella che la Grecia è stata salvata.

La ristrutturazione dei titoli greci, Dio non voglia che abbiano la stessa sorte quelli italiani, è avvenuta in due fasi:

1) si è fatta una proposta dicendo alle banche, ai fondi comuni, alle assicurazioni: volete accettare di cambiare questi vostri titoli con titoli nuovi, accettate che si faccio un taglio? In effetti la stragrande maggioranza dei cosiddetti investitori istituzionali hanno accettato, sul modo che hanno accettato vorrei citare il capo della Commerzbank tedesca, Martin Blessing, che riguardo all’accettazione della ristrutturazione del debito greco ha detto: "Essa è così volontaria, come era volontaria la confessione nell’inquisizione spagnola". La Banca centrale ha ottenuto che le banche accettassero questa cosa e questi sono fatti loro.
Quelli che non sono fatti loro è che dopo, anche chi non aveva accettato, si è trovato la stessa sorte, gli hanno dimezzato in valore nominale i titoli che aveva e in valore di mercato la perdita è dell’80%. Ora questo si chiama in linguaggio tecnico “default”, si chiama insolvenza. Se uno deve pagare degli interessi, un rimborso (Stato o società privata che sia) e non li paga, si chiama in termini brutali fallimento, in termini tecnici insolvenza o default. La Grecia ha fatto default, la Grecia è stata insolvente nei confronti di quelli che non hanno accettato la ristrutturazione, la Grecia non ha rispettato il regolamento e questo si chiama insolvenza, quindi la Grecia è fallita. Non è la prima volta che è fallita, tutti i greci ricordano una frase pronunciata il 10 dicembre 1893 dall’allora primo ministro Charilaos Trikoupis che in greco è "Δυστυχώς επτωχεύσαμεν" (distihós eptohéfsamen) "Purtroppo siamo falliti". 
Fallita allora, una storia analoga negli anni 30, e fallita di nuovo. I greci possono dire e dicono "Δυστυχώς επτωχεύσαμεν ξανά" (distihós eptohéfsamen ksaná) "Purtroppo siamo di nuovo falliti". Allora non raccontiamo la storia che la Grecia non è fallita: la Grecia è fallita!".

Prof. Beppe Scienza

sabato 12 maggio 2012

Da Trentino inBlu al Blog: come investire in modo responsabile (1)


Questa settimana riprendiamo alcuni suggerimenti forniti dalla Commissione Nazionale per le Società e la Borsa (CONSOB) a coloro che intendono investire i propri risparmi in prodotti finanziari (azioni, obbligazioni, fondi comuni di investimento, gestioni patrimoniali etc.).

Investire in modo responsabile ed oculato è, infatti, necessario per vedere valorizzati i propri risparmi. Il piccolo investitore deve, quindi, avere piena consapevolezza delle opportunità (e rischi) a cui va incontro nel momento in cui destina i propri denari al mercato finanziario.


Regole pratiche per il cd. “investitore informato”.

1° Valutare le proprie esigenze e preferenze in materia di investimenti finanziari
Ogni singolo investitore ha conoscenze, esperienze e livello di rischio diverso.
Ne consegue che anche gli obiettivi finanziari perseguiti dal singolo investitore/risparmiatore variano e sono collegati alle sue preferenze in materia finanziaria.
Colui che intende investire in prodotti finanziari deve quindi avere una chiara idea dell'investimento che intende operare, sia sotto il profilo del rendimento atteso che sotto l'aspetto del periodo d'investimento.
E' evidente, infatti, che le aspettative di rendimento variano a seconda del periodo in cui intendiamo operare sul mercato finanziario acquistando determinati prodotti.
In altri termini, se è nostro interesse quello di operare un investimento sul breve periodo, ci dovremo orientare su prodotti dinamici e immediatamente redditizi; se riteniamo di voler operare un investimento a lungo termine, ci potremo orientare verso prodotti con minor rischio di investimento, ma che generano il proprio vantaggio negli anni.
Quale conseguenza?
Come chiarisce la CONSOB, “Se l'orizzonte temporale è di breve periodo è bene che l'investimento sia a basso rischio e, quindi, tenda soprattutto a conservare il capitale: il breve periodo temporale, infatti, non ci consentirebbe di recuperare eventuali perdite.
Al contrario, in un’ottica di lungo periodo è possibile, ammesso che la nostra propensione al rischio lo consenta, accettare rischi maggiori per conseguire maggiori guadagni: il lungo orizzonte temporale rende infatti possibile compensare eventuali perdite dovute ad andamenti negativi dei mercati
”.
Questo suggerimento deve, a nostro avviso, essere equilibrato con la propensione al rischio dell'investitore, ovverossia la sua propensione a sopportare perdite patrimoniali conseguenti all'andamento del singolo titolo acquistato o del mercato finanziario in generale.

2° Informarsi sul prodotto finanziario
Prima di operare un investimento, il risparmiatore deve acquisire le necessarie informazioni sul prodotto finanziario verso il quale intende destinare i propri risparmi.
Cercate di informarvi attraverso i vari mezzi informativi tradizionali o più recenti e se operate attraverso un consulente finanziario o un promotore, chiedetegli informazioni e/o di fornirvi eventuali documenti obbligatori che accompagnano l'investimento.
Prima di firmare il contratto, inoltre, cercate di leggere attentamente i documenti che vi vengono sottoposti e chiedete informazioni sul prodotto acquistato.

3° il promotore di un investimento deve essere autorizzato ad operare in materia finanziaria
Prima di effettuare un investimento e consegnare i tuoi denari, accerta che l'intermediario a cui ti rivolgi sia autorizzato ad operare sul mercato finanziario.
Ogni operatore, infatti, deve essere autorizzato ad intermediarie sul mercato finanziario e tale autorizzazione viene conferita solo all'esito di controlli da parte della Banca d'Italia e della CONSOB.
L'autorizzazione, infatti, viene rilasciata solo in presenza di specifici requisiti che sono anche oggetto di controllo costante da parte delle Autorità di vigilanza.
Tale controllo ha funzione di garanzia del mercato e dei risparmiatori.
Gli intermediari che usualmente operano su questo mercato sono banche, imprese di investimento che hanno ottenuto apposita autorizzazione, oppure promotori finanziari che possono operare solo dopo aver superato un esame di idoneità ed essere iscritti all'albo.


4° L’investimento può essere operato solo se viene compresa la natura ed i  rischi
Per operare un acquisto in prodotti finanziari consapevole e responsabile è necessario comprendere tutte le informazioni che si acquisiscono e relative alla natura, le caratteristiche ed i rischi di investimento che accompagnano questo tipo di acquisto. Come ogni prodotto, anche lo strumento finanziario presenta specifiche caratteristiche che devono essere ben individuate dal risparmiatore.
Se tali aspetti non sono ben chiari, o non ne comprendete le norme, allora è meglio non investire.
Il più grande rischio di investimento che potete assumere è quello collegato all'acquisto di prodotti finanziari non accuratamente compresi e le cui caratteristiche e rischi sono consapevolmente assunti.

5° Ogni investimento è accompagnato da un rischio

Questa è la regola che gli investitori/risparmiatori faticano a comprendere: il singolo investimento è accompagnato da un livello di rischio.
Il rischio può essere più o meno elevato, ma è “compagno fedele” di ogni singolo investimento in prodotti finanziari.
I recenti dissesti finanziari hanno reso definitivamente chiaro che il rischio di investimento è collegato anche all'acquisto di titoli obbligazionari emessi da  Autorità Statali.
Altra regola che deve essere tenuta in considerazione è collegata al rendimento del singolo prodotto finanziario: più è alto il rendimento, maggiore è il livello di rischio.
Questo parametro risulta utile anche per comprendere la natura, le caratteristiche ed il livello di rischio connesso ad un determinato prodotto finanziario che si intende acquistare.

venerdì 4 maggio 2012

Antitrust su UGF-PREMAFIN: si limitato all'assemblea per l'aumento di capitale

 
Comunicato stampa
"Premafin potrà procedere con l’aumento di capitale, con la stipulazione degli accordi di ristrutturazione con le banche creditrici in attuazione del Piano di Risanamento e le parti potranno proseguire la negoziazione sui concambi, mentre sono sospese le fasi di sottoscrizione degli aumenti di capitale UGF e Premafin, l’approvazione del progetto di fusione e ogni attività che riguardi la condivisione del piano industriale congiunto della fusione. Lo ha deciso l’Antitrust, che ha giudicato coerenti con la delibera di sospensione, varata il 26 aprile scorso, le modalità di attuazione della delibera stessa presentate dalle parti: vengono infatti sospesi tutti gli atti che avrebbero effetti irreversibili ed è stato presentato l’impegno ad adottare una procedura che preveda un sistema rafforzato di segregazione delle informazioni. A questo fine entro cinque giorni le parti dovranno indicare le specifiche modalità che intendono osservare per garantire che non si realizzi lo scambio di informazioni di natura strategico-industriale.
Coerente con la delibera dell’Autorità anche la predisposizione delle bozze dei prospetti informativi ai fini degli aumenti di capitale UGF e Fonsai.
Resta impregiudicata la valutazione dell’Antitrust sul merito dell’operazione, che è subordinata anche alla specificazione del piano industriale UGF, alla luce degli impegni preannunciati dalle Parti e da Mediobanca."
Roma, 3 maggio 2012

fonte: Autorità Garante Concorrenza e Mercato

venerdì 23 marzo 2012

Lehman Brothers: passo indietro del Tribunale di Torino - non esiste alcun obbligo della Banca di avvisare l'investitore del peggioramento dell'andamento del titolo negoziato


L'intermediario bancario non è obbligato ad avvisare il cliente nel caso di peggioramento dell'andamento dell'obbligazione venduta, anche laddove vi sia un rischio default del soggetto emittente (la Banca Lehman Brothers nel caso di specie) con conseguente perdita dell'intero capitale investito da parte dell'investitore.


Questa sembra la nuova e sbalorditiva conclusione raggiunta dal Tribunale di Torino con una recentissima sentenza pronunciata in materia di adempimento dei doveri informativi ex TUF e Regolamento Consob 16190/2007 da parte dell'operato professionale.



- Il primo orientamento del Tribunale di Torino


La pronuncia, che appena possibile posteremo sul nostro blog, contrasta con altra sentenza pronunciata dallo stesso Tribunale, Giudice Relatore dr.ssa Tassone, dove era stata riconosciuta la responsabilità di Banca IntesaSanpaolo nei confronti di un proprio cliente per omessa informativa successiva alla negoziazione di un titolo Lehman (vedi qui).


In quel caso, il Tribunale di Torino ha accertato che la Banca aveva assunto veri e propri obblighi di informativa specifica in favore della cliente, impegnandosi a rendere noto al risparmiatore ogni possibile variazione del valore dei titoli.


Tale obbligo informativo successivo, di natura convenzionale, è stato ricavato dall'indicazione contenuta nell'ordine di investimento: "N.B. in base agli andamenti di mercato il titolo potrà uscire dall'elenco successivamente alla data dell'ordine. Il cliente sarà tempestivamente informato se il titolo subisce una variazione significativa del livello di rischio".

La Banca aveva assunto l'obbligo contrattuale di rendere noto all'investitore  l'andamento delle obbligazioni Lehman Brothers ed in particolare ogni significativa variazione del livello di rischio delle stesse.


L'omesso avvertimento da parte della Banca del peggioramento di Lehman ha configurato la violazione dell'obbligo convenzionale di informazione continuativa, con conseguente risarcimento del danno da parte dell'intermediario finanziario in favore del piccolo risparmiatore.


- il secondo orientamento del Tribunale di Torino


Con la recente sentenza, il Tribunale di Torino sembra fare una retromarcia in merito all'esistenza del dovere di informazione successiva alla vendita teorizzato con la sentenza sopra richiamata.


La fattispecie vede ancora coinvolta Banca IntesaSanpaolo ed ha ad oggetto altro ordine di acquisto di bond Lehman Brothers con la medesima indicazione attraverso la quale "Il cliente sarà tempestivamente informato se il titolo subisce una variazione significativa del livello di rischio".


Il Giudice piemontese non ritiene, con questa nuova pronuncia, di attribuire alcun valore negoziale tale indicazione "non pare che la annotazione abbia un contenuto negoziale, poiché manca una manifestazione di volontà diretta ad assumere una specifica obbligazione".


Ed anzi, il Tribunale di Torino sostiene che l'informazione contenuta nel contratto di borsa perde di qualsiasi senso se non letta unitamente al Regolamento di Patti Chiari a cui l'ordine fa riferimento "Gli elementi fondamentali dell'obbligazione descritta in questa annotazione, cioè i presupposti per dar corso all'informazione  e il tempo dell'informazione, sopra indicati con terminologia generica e imprecisa, che si definisce in modo univoco solo in base al regolamento del Consorzio Patti Chiari. In altri termini: l'ordine di borsa non dice quando si verifichi una "variazione significativa del livello di rischio"; né definisce cosa significhi che "il cliente sarà tempestivamente informato". I concetti di variazione del rischio e di tempestività dell'informazione sono essenziali per comprendere l'oggetto dell'obbligazione indicata nell'ordine; essi però non sono contenuti nell'ordine stesso, ma nel regolamento del Consorzio Patti Chiari, a cui l'ordine fa riferimento.".


Il Regolamento di Patti Chiari diviene il codice interpretativo della clausola inserita in calce all'ordine di borsa, sicché, se ben si comprende la pronuncia, tale dovere informativo "opera" in collegamento con Patti Chiari.


Quale conseguenza? la Banca era tenuta ad informare il cliente tempestivamente  solo nel caso in cui il titolo avesse subito una variazione significativa del livello di rischio consistente nella sua uscita dall'elenco di Patti Chiari!


Nel caso di Lehman Brothers, il titolo è uscito dall'elenco di Patti Chiari solo poche ore prima del default dichiarato dalla banca d'affari americana.


Insomma, con tale sentenza viene reso più debole il diritto ad ottenere informazioni da parte del contraente debole (il risparmiatore) mentre viene rafforzata la posizione del contraente forte (la banca).


Patti Chiari, sorto per garantire l'investitore, rischia di divenire un mezzo per limitare/annullare le responsabilità dell'intermediario finanziario.

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