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domenica 20 dicembre 2015

Bail in: l'audizione di Vegas (Consob) al Senato

Torniamo ad affrontare il tema del bail in (vedi), proponendovi la recente audizione del Presidente di Consob, Vegas, resa alla V° Commissione del Senato.

mercoledì 16 dicembre 2015

Obbligazioni di Banca Marche, Popolare Etruria, CariChieti e CariFerrara. Dopo il danno la beffa per chi ha visto azzerarsi tutto

Fonte
www.ilrisparmiotradito.it
Dopo il danno, anche la beffa. Chi pochi giorni fa ha visto azzerarsi le sue obbligazioni, può prendersela (anche) con la Banca d'Italia per il danno subito, ma il resto deve dire grazie all'informazione economica italiana. Avrà infatti sentito in televisione e letto sui giornali che "non è stato applicato il bail-in", tanto temuto, e che "i risparmiatori sono salvi". La prima affermazione è formalmente vera ma fuorviante, la seconda bellamente falsa.

domenica 6 dicembre 2015

Bond Cirio: a Genova la banca condannata per non aver avvertito il cliente dei rischi

La sentenza che potete leggere di seguito affronta, ancora una volta, uno dei fallimenti imprenditoriali più importanti degli ultimi anni, ossia Cirio, nel quale sono rimasti coinvolti molti risparmiatori che avevano investito i propri risparmi.

La Corte d'Appello di Genova, riformando la sentenza di primo grado, ha ribadito il principio secondo il quale la banca che non renda noto al cliente i rischi collegati all'investimento di un prodotto finanziario ad alto rischio, negoziato fuori dai mercati regolamentati, risponde per i danni subiti dall'investitore.

Il Giudice di secondo grado genovese, riprendendo i principi stabiliti dalla Corte di Cassazione negli ultimi anni, ha chiarito che la banca ha un dovere di informazione verso l'investitore/cliente con il quale deve rendere noto a quest'ultimo le caratteristiche ed i rischi di investimento collegati all'acquisto di questo tipo di prodotti finanziari, e valutare l'adeguatezza dell'investimento rispetto al suo profilo di rischio.

Nella concreta vicenda, è stato dimostrato che il dipendente della filiale ove è stato negoziato il titolo Cirio, il piccolo investitore non era stato reso edotto di tutti i rischi connessi all'acquisto di corporate bond, emessi fuori dai mercati regolamentati.

La banca, in conclusione, viene condannata dalla Corte d'Appello per la propria condotta contraria alle norme di settore, con vittoria del risparmiatore.

Qui la sentenza.

domenica 8 novembre 2015

"For You" - investimento invece che piano pensionistico: nullo il contratto di Monte dei Paschi

La vendita di presunti piani pensionistici denominati "For You", avvenuta nei primi anni 2000, da parte di istituti di credito appartenenti al Gruppo Banca Monte dei Paschi è salita alle cronache degli ultimi anni a seguito dei ripetuti interventi con i quali i giudici hanno dichiarato la nullità di queste operazioni.

Ed anche la recente sentenza n. 15559/2015 della Cassazione ha ad oggetto questo particolare tipo di investimento finanziario, presentato dalla banca come "piano pensionistico integrativo dai profilo di rischio molto basso".

E la Cassazione, chiamata ancora una volta ad analizzare questo particolare tipo di contratto, ha ritenuto non valido questo rapporto finanziario, che non può essere qualificato come un piano previdenziale, ma come un vero investimento con trasferimento dell'alea di rischio verso il cliente/risparmiatore.

E la Corte di Cassazione osserva che in questa tipologia di investimento, si ravvisa un esclusivo trasferimento del rischio verso il consumatore, senza che tale circostanza sia resa nota dalla banca, la quale addirittura si prende quale garanzia i titoli del cliente, e dalle ulteriori garanzie inserite nel contratto.

E la banca avrebbe dovuto chiarire al cliente la natura e la tipologia di questa operazione, solo all'apparenza con finalità previdenziale, mentre in realtà altro non è che un investimento finanziario.

Per tale ragione, la Cassazione arriva a decidere che il ricorso di Monte dei Paschi debba essere rigettato perchè questo tipo di contratto "non integra, ai fini del secondo comma dell'art. 1322 cod. civ., un interesse meritevole di tutela da parte dell'ordinamento, per contrasto con i princpi generali ricavabili dagli artt. 47 e 38 della Costituzione circa la tutela del risparmio e l'incoraggiamento delle forme di previdenza anche privata, quello perseguito mediante un contratto atipico fondato sullo sfruttamento delle preoccupazioni del cliente da parte degli operatori professionali, mediante operazioni negoziali complesse di rischio e di unilaterale riattribuzione del proprio rischio d'impresa, in ordine alla gestione di fondi comuni comprendenti anche titoli di dubbia o problematica redditività nel portafoglio, in capo a colui a cui il prodotto è stato espressamente presentato come rispondente alle sue esigenze di previdenza complementare, quale piano pensionistico a profilo di rischio molto basso e con possibilità di disinvestimento senza oneri in qualunque momento; pertanto, non è efficace per l'ordinamento il contratto atipico il quale, in dette circostanze, consista, tra l'altro, nella concessione di un mutuo, di durata ragguardevole, all'investitore destinato all'acquisto di prodotti finanziari della finanziatrice ed in un contestuale mandato alla banca ad acquistare detti prodotti anche in situazione di potenziale conflitto di interessi".


Qui il testo della sentenza della Corte di Cassazione.   

sabato 31 ottobre 2015

Unicredit condannata a non applicare più l’anatocismo!

Questa domenica vi proponiamo la recente ordinanza pronunciata dal Tribunale di Milano, Sezione VI civile, con la quale il giudice, dott. Antonio S. Stefani, ha ordinato ad Unicredit di non applicare più l’anatocismo ai rapporti di conto corrente con i propri clienti.

Il provvedimento è importante perché rappresenta un nuovo esempio dell’orientamento assunto dal Tribunale di Milano, il quale ha deciso di dare pieno ed immediata applicazione al divieto di anatocismo introdotto dal Governo dal 1° gennaio 2014.

Il Giudice ha ordinato alla banca di avvertire i singoli correntisti della decisione assunta con l’ordinanza, vietando l’applicazione dell’anatocismo bancario per i saldi negativi.

L’aspetto grottesco dell’intera vicenda è che Unicredit sta avvisando i propri clienti di aver proposto reclamo contro l’ordinanza e che la prossima riforma del cicr dovrebbe introdurre le nuove norme in merito all'applicazione dell’anatocismo bancario “si evidenzia, inoltre, che, nella materia della produzione degli interessi, sia attivi che passivi, la Banca si adeguerà scrupolosamente alle disposizioni che il Comitato Interministeriale del Credito e Risparmio (CICR) emanerà, in applicazione dell’art. 120 del Testo Unico Bancario (D. Lgs. 385/93), per stabilire le modalità ed i criteri per la produzione di interessi nelle operazioni poste in essere nell'esercizio dell’attività bancaria”.

Insomma, come ignorare la realtà……..

Qui, l’Ordinanza del Tribunale di Milano

martedì 20 ottobre 2015

Quei fondi italiani gestiti all'estero: se li avete, il consiglio è liberarsene

Fonte:
Il Fatto Quotidiano
27 luglio 2015
Un monito che ricorda le grida manzoniane. Gli intenti della comunicazione Consob n. 55927 del 10-7-2015 sono lodevoli, ma si può scommettere che non cambierà nulla.

Tutto parte da una grave anomalia: il 70% dei fondi comuni sbolognati in Italia a italiani da società italiane sono prodotti la cui gestione e soprattutto regolamentazione è oltre confine. Senza nessuno sciovinismo, vien da chiedersi perché tanti fondi siano domiciliati all'estero e per questo detti estero-vestiti o round-trip. Infatti le loro società di gestione, lussemburghesi o irlandesi, sono spesso possedute o controllate da società italiane.

sabato 10 ottobre 2015

Tribunale di Milano: la banca non può più applicare l'anatocismo bancario dal 1° gennaio 2014

Questa domenica vi proponiamo la recente Ordinanza del 29 luglio 2015, con la quale il Tribunale di Milano, ribadendo un proprio orientamento formatosi negli ultimi mesi, ha negato la possibilità da parte della banca di poter continuare ad applicare la capitalizzazione degli interessi (anatocismo bancario) nei rapporti con i propri correntisti.

Abbiamo già trattato l'argomento di recente, evidenziando che a seguito dell'intervento del Legislatore, con la modifica dell'art. 120 TUB, si è creata un particolare contrasto tra l'interpretazione della norma fornita dai giudici, e quella offerta di recente dalla Banca d'Italia, la cui volontà è quella di ripristinare l'anatocismo (vedi).

Il Tribunale di Milano, già con due ordinanze del 23 marzo e 3 aprile 2015, ribadite dal provvedimento che potete leggere di seguito, ha preso una posizione netta sull'argomento, proprio analizzando l'art. 120 del TUB.

I giudici milanesi hanno evidenziato che la modifica dell'articolo appena richiamato, la quale introduce il divieto di applicazione dell'anatocismo a far data dal 1° gennaio 2014, sarebbe norma immediatamente valida e vincolante nei rapporti tra banca e correntista, senza la necessità di alcuna norma applicativa (nello specifico intervento del Comitato Interministeriale del Credito e Risparmio) che alla data odierna non è ancora intervenuto.

In termini più semplici, il Tribunale di Milano afferma che l'art. 120, comma 2 del TUB è immediatamente valido e vincolante nella parte in cui stabilisce che "gli interessi periodicamente capitalizzati non possano produrre interessi ulteriori che, nelle successive operazioni di capitalizzazione, sono calcolati esclusivamente sulla sorte capitale".

Con l'Ordinanza del 29 luglio 2015, riprendendo le conclusioni già raggiunte in precedenza dallo stesso giudice, il Tribunale di Milano osserva che "la modifica dell'art. 120, II comma Tub introdotta con l'art. 1, comma 629 l. n. 147/13, ha reintrodotto espressamente il divieto di anatocismo in materia bancaria, come emerge dall'interpretazione letterale dell'espressione "gli interessi periodicamente capitalizzati non possono produrre ulteriori interessi", in collegamento col successivo periodo, che impone di calcolare gli interessi capitalizzati esclusivamente sulla sorte capitale.

Questa interpretazione corrisponde anche alla volontà del Legislatore, come si evince dalla relazione di presentazione della proposta di legge alla Camera, nella quale si afferma che la proposta intendeva sancire l'illegittimità della prassi bancaria dell'anatocismo e come si deduce dalla mancata conversione in legge dell'art. 31 D.L. n. 91/14, il quale aveva ripristinato l'anatocismo bancario.

La norma in esame è d'immediata applicazione, senza necessità di attendere l'intervento del CICR, considerato che la norma ha demandato al CICR il compito d'individuare le modalità ed i criteri per la contabilizzazione degli interessi che maturano nel corso del rapporto, fermo restando il divieto di produzione d'interessi ulteriori su quelli contabilizzati periodicamente, sancito dalla lettera b della norma.".

E quindi, il Tribunale di Milano ritiene che, trovando applicazione diretta ed immediata la novità normativa di cui all'art. 120 TUB e non avendola seguita la banca a partire dal 1° gennaio 2014, l'istituto di credito ha violato il generale dovere di correttezza e diligenza nei rapporti con il cliente/consumatore sancito, peraltro, dall'art. 2 della Costituzione.

Qui l'Ordinanza del 29 luglio 2015 pronunciata dal Tribunale di Milano. 

mercoledì 23 settembre 2015

Popolare di Vicenza: avviata l'indagine verso i vertici della banca


E' iniziata, con le perquisizioni eseguite ieri, l'indagine da parte di alcune procure della repubblica nei confronti di Banca Popolare di Vicenza, al fine di verificare la regolarità della gestione amministrativa degli ultimi anni.


La crisi di Popolare di Vicenza parte da lontano, ed è conseguente ad alcune scelte aziendali adottate dal Consiglio di amministrazione negli ultimi anni, risultate quanto meno infelici.

A seguito di vari esposti depositati presso le procure italiane da parte di investitori della banca, la Procura della Repubblica di Vicenza  ha dato avvio all'indagine verso i vertici di PopVi, ipotizzando i reati di aggiotaggio e ostacolo alle funzioni dell'autorità di vigilanza.

Alle perquisizioni effettuate ieri dovrebbero seguire ulteriori indagini ed approfondimenti nei prossimi mesi, al fine di accertare l'eventuale rilevanza penale delle condotte tenute dai principali esponenti della banca, passati e presenti.

Cosa può fare il risparmiatore che ha acquistato titoli PopVi, rimanendo "impelagato" nella vicenda che riguarda il gruppo bancario veneto?

Non possiamo che ribadire i suggerimenti già forniti alcuni mesi addietro (vedi), e seguire l'evoluzione dell'indagine penale avviata verso la banca.

martedì 22 settembre 2015

Anatocismo: no alla modifica dell’art. 120 TUB proposta da Bankitalia

Consumatore Informato non può che esprimere il proprio pieno dissenso alla proposta di modifica dell'art. 120 TUB avanzata da Banca d'Italia attraverso il documento dello scorso 25 agosto, messo a disposizione del Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio (Cicr) e che, di fatto, rappresenta un nuovo aiuto alle banche, reintroducendo di fatto questa pratica cancellata con l'ultimo intervento legislativo (vedasi l. n. 147/2013).
  1. Anatocismo bancario - non si possono più capitalizzare gli interessi con la legge n. 147/2013
L’anatocismo bancario è una pratica seguita nei decenni dalle banche, le quali hanno capitalizzato gli interessi periodicamente maturati nei rapporti bancari con i clienti (specialmente quelli a proprio favore), arrivando a calcolare gli interessi non solo sul capitale, ma anche sugli interessi formatesi nel periodo precedente.

Accadeva, ed accade tuttora, che la posizione debitoria del cliente aumenta come semplice conseguenza della trasformazione degli interessi passivi in capitale sul quale la banca calcolava gli interessi nel periodo successivo (capitalizzazione degli interessi debitori).

Di conseguenza, il debito del correntista (o mutuatario) aumenta senza che vi sia alcuna operazione bancaria, ma solo come conseguenza della pratica bancaria adottata, e contraria all'art. 1283 c.c. che stabilisce che gli interessi possono produrre nuovi interessi solo a seguito della domanda giudiziale avanzata dal creditore, o per una convenzione (accordo) successivo alla loro maturazione.

I ripetuti interventi dei giudici, in primo luogo la Corte di Cassazione (vedasi, tra le tante, Cass. 20172/13), hanno ripetutamente ribadito la nullità della clausola di capitalizzazione degli interessi bancari, proprio perché contraria al citato art. 1283 c.c..

Alla fine, anche il nostro Governo si è dovuto rendere conto che la pratica seguita dagli istituti bancari era contraria anche ai principi costituzionali, ed è intervenuto per prevederne la cancellazione.

Con la legge n. 147/2013 (Legge di Stabilità 2014), il Governo Renzi ha disposto la modifica dell’articolo 120 del Tub, introducendo il divieto assoluto dell'anatocismo bancario (vedi).

La norma, però, ha demandato al Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio (Cicr) di stabilire modalità e criteri per la produzione di interessi nelle operazioni bancarie, con norma di disciplina da rendere attuativa in tutti i rapporti bancari.
  1. La novità introdotta con la legge finanziaria è immediatamente applicabile? si, secondo il Tribunale di Milano
L'aspetto paradossale della vicenda è che da fine 2013 sino alla data odierna, non vi è stata ancora una definitiva stabilizzazione normativa dell'art. 120 TUB, non essendo ancora intervenuto il Cicr.
Nel frattempo, le banche hanno continuato ad applicare l'anatocismo, affermando che si sarebbero adeguate al nuovo quadro normativo solo in seguito all'attuazione delle norme avvenuta con il Cicr, secondo la delega ricevuta dall'esecutivo.
Ma la novità normativa introdotta con la legge finanziaria per il 2014 può/deve trovare applicazione immediata, o dobbiamo attendere l'intervento del Comitato?
La giurisprudenza di merito, ed in particolare il Tribunale di Milano, sembrano aver colto nel segno rispetto al problema, fornendo una soluzione non solo condivisibile, ma rispettosa degli interessi dei correntisti.
I giudici, infatti, hanno chiarito che la modifica legislativa consiste in norma già completa e immediatamente applicabile, senza dover attendere alcun intervento da parte dell'organo legislativo di secondo grado.
Le banche, in altre parole, non possono più applicare l'anatocismo bancario nei rapporti con i propri clienti.
  1. Bankitalia vuole reintrodurre l'anatocismo bancario ignorando l'intervento legislativo!
E visto che siamo alle prese con una delle tante paradossali realtà italiane, la Banca d'Italia non poteva sottrarsi a tale vicenda, e con il recente documento di consultazione del 25 agosto ha voluto proporre le linee guida della normazione del Cicr, cercando di riproporre l'anatocismo bancario.
A tal proposito, Banca d’Italia ha posto in consultazione il testo che vorrebbe proporre al Cicr, e che potete leggere di seguito, con il quale attuare le modifiche dell'art. 120 comma 2 del Testo Unico Bancario.
La proposta di Bankitalia è la seguente:
  • viene riproprosto l'anatocismo, in quanto gli interessi, attivi e passivi, sono oggetto di conteggio con la medesima periodicità annuale;
  • il conteggio avviene, di conseguenza, ogni 31 dicembre di ciascun anno;
  • tutti gli interessi maturati nel periodo devono essere oggetto di contabilizzazione separata rispetto al capitale, al fine di evitare qualsivoglia influenza del calcolo del capitale;
  • gli interessi, sia attivi sia passivi, sono esigibili decorso il sessantesimo giorno dal ricevimento da parte del cliente dell’estratto conto;
  • Superato il termine di sessanta giorni, il cliente può autorizzare l’addebito degli interessi (sul conto o sulla carta di credito), con aumento del debito per conseguenza dell'aggiunta degli interessi passivi.
In altri termini, l'anatocismo bancario uscito dalla porta rischia di rientrare dalla finestra.
La consultazione di Banca d'Italia è aperta sino al prossimo 23 ottobre 2015, termine entro il quale possono essere proposte osservazioni, modifiche e critiche.

Qui, il provvedimento di Banca d'Italia.


martedì 15 settembre 2015

Salvataggio banche - pro e contro del "bail in"

La recente approvazione del decreto di attuazione della Direttiva UE n. 2014/59, anche in Italia viene introdotto il nuovo sistema di salvataggio di una banca da un dissesto finanziario: il bail in (“salvataggio interno”).

Le nuove norme creano un meccanismo di risoluzione delle crisi bancarie del tutto diverso rispetto a quello attuale, prevedendo una partecipazione diretta ed immediata degli azionisti, obbligazionisti e financo i titolari dei conti correnti, e solo indiretta e successiva da parte dello stato.

Il nuovo quadro normativo è destinato ad entrare in vigore a partire dal gennaio 2016, data dalla quale il prelievo forzoso bancario verrà legalizzato con il fine di tutelare contribuenti e mercati.

domenica 6 settembre 2015

Lehman - non valido l'acquisto delle obbligazioni privo di contratto

Questa domenica concludiamo la nostra rapida rassegna delle sentenze pronunciate da vari tribunali italiani, i quali si sono trovati a dover decidere in merito alla condotta tenuta dalle banche che hanno venduto agli investitori obbligazioni Lehman Brothers (vedi).

I giudici sono intervenuti giudicando la responsabilità della banca sotto diversi profili, arrivando a riconoscere il diritto del consumatore ad ottenere la restituzione dell'importo investito in Lehman Brothers.

In molte circostanze, i giudici hanno riconosciuto la responsabilità da parte dell'intermediario finanziario, e del Consorzio Patti Chiari, per non aver avvertito il consumatore in merito all'improvviso deterioramento del titolo obbligazionario, condannando l'istituto di credito per la condotta omissiva.

Questa settimana, invece, vi proponiamo la lettura della sentenza pronunciata dal Tribunale di Brescia, ove il giudice si è limitato ad accertare che la banca aveva operato in favore del cliente in assenza di valido contratto scritto, così come previsto ex art. 23 del Testo Unico della Finanza.

A fronte di questa grave carenza formale, il giudice lombardo ha dichiarato la nullità dell'ordine di investimento, ordinando alla Banca di voler restituire al risparmiatore i soldi versati per l'acquisto di obbligazioni Lehman.

Buona lettura.

domenica 30 agosto 2015

La roulette delle obbligazioni in valuta estera. State attenti al tasso di cambio

Fonte:
Il Fatto Quotidiano
Il crollo di quello che gli economisti chiamano il saggio d'interesse, in pratica la redditività del denaro, ha disintegrato parecchie aspettative. Ma molti non vogliono rassegnarsi all'idea che i loro risparmi, sudati o ereditati, fruttino ora pochissimo; quasi niente, tolte imposte e costi vari. Si lasciano così lusingare da proposte presentate in maniera tendenziosa. Tipica l'insistenza del venditore di prodotti obbligazionari che dice: "Con la Borsa può ottenere molto di più", senza aggiungere "...oppure molto di meno".

Discorso analogo vale per il reddito fisso in valute estere, che attrae per gli alti tassi nominali offerti. Un titolo in lire turche o in rubli rende un 10% abbondante e uno della Nuova Zelanda pur sempre più del 3% annuo, seppur lordo, rispetto allo 0,6% dei Btp a cinque anni.

martedì 18 agosto 2015

Popolare di Vicenza: modificate le regole dello statuto in vista di una nuova riduzione delle azioni?

Lo scorso 30 giugno 2015, il Consiglio di Amministrazione della Popolare di Vicenza ha approvato una serie di interventi finalizzati, secondo le intenzioni del board della banca veneta, a consentire la futura trasformazione della banca in una società per azioni, come previsto dalle norme del Testo Unico Bancario, e dalle circolari della Banca d'Italia (vedi).

Il Consiglio di Amministrazione di BPopVi ha adeguato le disposizioni normative in vista della trasformazione, ma non si può negare il dubbio che tale intervento possa, di fatto, aprire la strada verso una nuova contrazione del valore delle azioni emesse dalla banca vicentina (sul punto, si veda qui).

Invitiamo i possessori di titoli Banca Popolare di Vicenza di rimanere in constante aggiornamento rispetto all'evoluzione societaria dell'istituto di credito, e non esitare a contattare l'Associazione (info@consumatoreinformato.it) che sta predisponendo una azione comune volta a tutelare i piccoli azionisti.

Si invita, chi interessato, a contattarci per predisporre comuni iniziative e far sentire la voce dei piccoli consumatori.

lunedì 3 agosto 2015

Le paure sbagliate sul bail-in. Però delle banche è meglio diffidare

Fonte:
Il fattoquotidiano
13-07-2015
Molti risparmiatori sono preoccupati. Il Parlamento italiano ha infatti recepito una direttiva europea per cui dal 2016 sarà più facile che le crisi bancarie si ripercuotano anche su di loro. In realtà alcune preoccupazioni forse sono eccessive, mancando ancora i provvedimenti che fisseranno importanti aspetti e limiti. Circolano però voci del tipo: "i conti correnti non sono più garantiti", "hanno autorizzato prelievi forzosi sui conti", "i soldi in banca non sono più al sicuro" ecc.

Parecchi sedicenti esperti attizzano infatti i timori dei risparmiatori, per rifilargli immondizia finanziaria e previdenziale. Meglio quindi chiarire fin d'ora un paio di cose. Per cominciare sono previste varie soluzioni per evitare i salvataggi delle banche a carico dello Stato. 

sabato 25 luglio 2015

Azioni illiquide - PopVi, i titoli non quotati e le difese del consumatore

Il problema emerso lo scorso 11 aprile, all'esito dell'Assemblea degli azionisti di della Banca Popolare di Vicenza, non è del tutto nuovo e sta riguardando gli istituto di credito, in particolar modo le banche popolari, che hanno venduto ai propri clienti titoli illiquidi e non facilmente commerciabili sul mercato, in particolar modo alla luce della recente svalutazione.

Gli azionisti, in quella sede, hanno potuto apertamente contestare la riduzione del valore delle azioni, pari al 23%, aprendo seri dubbi sulla possibilità di poter recuperare il capitale investito in valori mobiliari privi di mercato.

a. Titoli illiquidi: cosa sono?
La categoria dei titoli illiquidi è divenuta molto famosa di recente, nel momento in cui alcuni istituti di credito hanno accusato la crisi, dovendo svalutare il valore delle azioni collocate presso il pubblico, in particolare i propri clienti.

Questi strumenti finanziari sono stati oggetto di molti interventi da parte della Consob, a seguito delle direttive comunitarie emanate in materia finanziaria, la quale ha previsto gli obblighi informativi che devono essere assolti dal venditore con Comunicazione n. 9019104 del marzo 2009, e che potete leggere di seguito.

L'Autorità ha definito i prodotti finanziari illiquidi quelli per i quali all'investitore siano posti ostacoli o limitazioni per la vendita, tali da rendere difficile lo smobilizzo entro un lasso di tempo ragionevole, a condizioni di mercato soddisfacenti per il risparmiatore.

In tale categoria rientrano, tra gli altri, i valori mobiliari non quotati, come le azioni emesse da Banca Popolare di Vicenza (ma anche Carife e Banca Veneto), ossia titoli esclusi dalla quotazione della borsa e quindi, più difficilmente alienabili.

In termini più semplici, la illiquidità di questi valori mobiliari sorge dalla difficoltà alla vendita nel momento in cui l'acquirente intenda smobilizzare il proprio portafoglio, e tale aspetto emerge in modo più evidente laddove, come nel caso di PopVi, l'istituto di credito denunci una minore solidità patrimoniale, con conseguente difficoltà per i titolari di titoli della banca di poter trovare qualcuno interessato ad acquisire un prodotto rischioso.

Ecco perché, nel caso di vendita di questo tipo di titoli, come chiarito dalla Consob con la citata Comunicazione del 2009, la banca deve indicare in modo corretto e trasparente, le caratteristiche del titolo oggetto di vendita, proprio per colmare il gap informativo esistente tra l'intermediario e il cliente.

L'obbligo a carico della banca permane anche in seguito alla vendita di questo tipo di prodotti finanziari, e si estende anche nelle comunicazioni annuali successive, proprio al fine di consentire all'investitore di poter comprendere l'eventuale difficoltà di vendita dei titoli presenti nel proprio portafoglio.

La questione, invero, si allarga nel momento in cui l'acquisto di questi valori mobiliari è stato accoppiato all'accensione di un contratto di mutuo o un finanziamento, e quindi, il cliente viene "costretto" ad acquistare (vedi).

b. La vicenda Banca Popolare di Vicenza: - 23% del valore dei titoli e consumatori rimangono....al palo
La vicenda Vicenza, invero, trae fondamento dagli aumenti di capitale intervenuti negli ultimi anni, ove i clienti della banca sono stati invitati ad acquistare questo tipo di valore mobiliare, proprio sulla base della presunta solidità della banca veneta.

Il valore del titolo, arrivato fino ad 62,50 euro, verso aprile 2015 subisce un improvviso (ma non troppo) scossone, con il quale viene ridotto a 48 euro, con una improvvisa riduzione del 23% del valore nominale.

Gli acquirenti dei titoli PopVi si trovano, di fatto, in mano valori mobiliari già fortemente deprezzati, con il rischio di veder ulteriormente ridotto il prezzo reale e, quindi, azzerato l'investimento. 

La vicenda azioni illiquide, invero, non riguarda la sola Banca Popolare di Vicenza, ma molti altri soggetti emittenti, i quali hanno venduto prodotti finanziari non quotati, e quindi al di fuori delle regole Mifid che regolano i mercati.

c. Risparmiatori: che fare?

Per chi possiede questi titoli e, magari, ha già provato venderli sul mercato, consigliamo di inviare una lettera di reclamo alla banca, chiedendo spiegazioni in merito alle recenti vicende e, se del caso, avanzando una diffida verso l'intermediario perché provveda a restituire tutto il capitale.

Nel caso in cui la risposta fornita dalla banca non sia ritenuta soddisfacente, è possibile avviare una procedura di mediazione o un ricorso al garante bancario (Ombudsman).

Per maggiori informazioni, info@consumatoreinformato.it

Di seguito, la Comunicazione n. 9019104 del  2 marzo 2009.

lunedì 20 luglio 2015

Tribunale di Milano: vendita Lehman Brothers e violazione obblighi di condotta da parte della banca

Se l'ordine di borsa prevede uno specifico obbligo da parte della banca di informare il cliente in caso di rischio default del titolo, l'intermediario assume uno specifico obbligo contrattuale verso l'investitore. 

La violazione di tale obbligo contrattuale configura una responsabilità nei confronti della banca, la quale può essere condannata al risarcimento del danno verso il risparmiatore.

Questa è la conclusione raggiunta dal Tribunale di Milano, in una recente sentenza che potete leggere di seguito, ove il giudice è stato chiamato a valutare la responsabilità dell'intermediario bancario per non aver informato tempestivamente il cliente in merito al prossimo default dei titoli Lehman Brothers.

Il Tribunale di Milano, dando applicazione anche all'art. 21, comma 2 del Testo Unico della Finanza, ha riconosciuto un obbligo informativo continuo da parte della banca, la quale non deve limitarsi ad informare il cliente in merito ai rischi di investimento al momento dell'acquisto del titolo, ma deve fornire a quest'ultimo ogni ulteriore informazione anche in seguito, laddove vi siano significative variazioni di valore.

Nel caso affrontato dal giudice, il titolo obbligazionario aveva ricevuto valutazioni positive dalle agenzie di rating, ma vi erano molti dati economici e finanziari che avevano, sin dall'anno antecedente al fallimento della banca d'affari americana, denotato un progressivo peggioramento della situazione.

La banca avrebbe dovuto, adempiendo all'obbligo contrattuale indicato nell'ordine di investimento, avvertire il cliente del peggioramento dell'obbligazione, e l'omesso adempimento di tale obbligo legittima il risparmiatore ad ottenere il risarcimento del danno, pari quantomeno alla somma investita in Lehman Brothers.

Qui la sentenza. 

sabato 4 luglio 2015

Popolare Vicenza: da esempio virtuoso alla crisi delle azioni svalutate

Un nuovo caso di un istituto di credito in difficoltà finanziaria é quello che sta riguardando la Banca Popolare di Vicenza, ossia una realtà del nord est che negli ultimi tempi è salita alla cronaca causa una situazione contabile ed economica tutt'altro che florida.

Le azioni di Banca Popolare di Vicenza sempre più sotto pressione, con conseguente svalutazione di titoli divenuti, sia formalmente che di fatto, illiquidi.

Ormai la situazione appare consolidata e, dai rumors, fuori dal controllo di Popolare Vicenza, anche perché le recenti ispezioni svolte dalla Bce di  Francoforte, nonché l'indagine avviata da Consob sul prezzo  delle azioni e gli ordini di vendita dei clienti pare che abbiano accertato gravi anomali. Tale risultato pare confermato dalla recente dimissione dichiarata da Samuele Sorato, consigliere della Banca Popolare di Vicenza.

mercoledì 24 giugno 2015

Tribunale di Cuneo - Patti Chiari condannata per Lehman Brothers

Questa domenica torniamo ad affrontare la vicenda Lehman Brothers, proponendovi una nuova sentenza ove l'intermediario finanziario è stato riconosciuto colpevole per non aver valutato ed esposto al cliente il rischio collegato a questo tipo di investimento. Il Tribunale di Cuneo, con una sentenza del gennaio 2015 che potete leggere di seguito, ha riconosciuto la responsabilità della banca che ha venduto i titoli Lehman Brothers, Banca Regionale Europea.

Nel caso affrontato, però, il giudice piemontese ha altresì riconosciuto la presponsabilità solidale del consorzio Patti Chiari, per aver inserito nella propria lista "obbligazioni sicure" un titolo dimostratosi altamente rischioso.

Nella concreta fattispecie, come accertato dal giudice, l'ordine di investimento predisposto dalla BRE indicava chiaramente che "il titolo in ordine fa parte dell'elenco delle obbligazioni a basso rischio - rendimento "pattichiari" emesso alla data dell'ordine. N.B. in base agli andamenti di mercato il titolo negoziato potrà uscire dall'elenco successivamente alla data dell'ordine. Il cliente sarà tempestivamente informato se un titolo facente parte dell'elenco subisce una significativa variazione del livello di rischio".

I clienti della banca, per tale ragione, hanno citato in giudizio anche Patti Chiari, ritenendo anche il Consorzio responsabile per il danno subito a causa del default di Lehman.

Il Tribunale di Cuneo, accogliendo la domanda di risarcimento del danno proposta dai clienti, ha considerato solidalmente responsabili sia la Banca che il Consorzio, per aver fornito all'investitore informazioni parziali e approssimative, fondando il proprio giudizio di solidità di Lehman sul solo rating della banca d'affari indicato dalle principali società di rating internazionale.

Il Giudice di Cuneo ritiene, invece, che Banca Regionale Europea avrebbe dovuto valutare la solidità dell'obbligazione proposta ai clienti utilizzando altri indici di rischio dai quali sarebbe risultato agevole accertare una scarsa affidabilità del titolo Lehman oggetto di negoziazione

E il Giudice piemontese individua, in particolare, le variazioni dell'indice di rischio rappresentato dal VaR (Value at Risk) che nel caso dei bond Lehman aveva ottenuto una significativa variazione già nel 2007 e, in modo più marcato, nell'anno 2008.

Da una analisi approfondita delle obbligazioni Lehman, il Tribunale di Cuneo ha accertato che il titolo in oggetto non presentava alcuna solidità e sicurezza tale da poter essere inserito nel listino Patti Chiari, come obbligazione a basso rischio.

Il Tribunale di Cuneo, inoltre, ha contestato alla Banca e a Patti Chiari di non disporre di indici di valutazione del rischio appropriati per valutare il reale livello di rischiosità dei titoli Lehman, e quindi fornire al cliente informazioni appropriate per una decisione consapevole.

Banca Regionale Europea viene condannata, quindi, in quanto responsabile per non aver informato il cliente sui rischi di investimento e per non aver valutato la conformità dell'investimento rispetto al profilo di rischio dei clienti.

I risparmiatori piemontesi, grazie alla sentenza pronunciata dal Tribunale di Cuneo, hanno ottenuto la restituzione dell'importo investito in bond Lehman brothers, e gli interessi legali non percepiti negli anni.

Di seguito, la sentenza del Tribunale di Cuneo.

domenica 14 giugno 2015

Vicenza. Il segreto dei prestiti all'1%

Fonte:
Il Fatto quotidiano
15 aprile 2015
Molti lamentano quanto sia difficile ottenere prestiti dalle banche italiane. Mica vero: l'anno scorso la Banca Popolare di Vicenza (Bpvi) era dispostissima a concederne a un misero 1% d'interesse, rimborsabili in cinque anni. Però chi l'ha fatto, se n'è pentito. Doveva infatti impiegare i soldi ricevuti per sottoscrivere azioni della banca a 62,5 euro. Peccato che la settimana scorsa essa abbia deciso che valevano più solo 48 euro. Così chi c'è cascato, registra adesso una perdita intorno al 170% rispetto a quanto finora versato. Evidentemente la banca veneta mira a rinverdire i fasti della salentina Banca 121, che con For You riuscì a produrre risultati nell'ordine del meno 330%.

martedì 9 giugno 2015

Tribunale di Venezia: obbligazioni Lehman - banca responsabile per non aver informato il cliente del default

Negli ultimi mesi sono in aumento le sentenze aventi ad oggetto vendite di titoli obbligazionari Lehman Brothers ove è stata riconosciuta la responsabilità della banca per non aver fornito valide informazioni in merito al prossimo default della banca d'affari americana.

Una recente pronuncia del Tribunale di Venezia, che potete leggere di seguito, ha condannato la banca a restituire al proprio cliente l'importo oggetto di investimento in titoli Lehman, accertando che nella specifica fattispecie, l'istituto di credito non avrebbe valutato in modo corretto la conformità dell'investimento rispetto al profilo di rischio del risparmiatore. 


Nel caso di specie, gli investitori convenivano in giudizio la Banca Popolare di San Marco, contestando all'intermediario finanziario gravi violazioni di legge, ed in particolare del D. Lgs. n. 58/1998 (Testo Unico della Finanza), e chiedendo la restituzione di tutte le somme investite nel valore mobiliare Lehman Brothers TV/2012.

Il Tribunale di Venezia, a seguito di CTU, ha appurato che il titolo Lehman Brothers presentava gravi rischi economici e finanziari sin dall'estate 2007, allorché vi era stata una lenta, ma costante, discesa del prezzo del titolo. 

Così il Giudice veneziano ha analizzato le valutazioni del consulente tecnico "Il Ctu, er arrestarsi ad uno solo di parametri da lui valutati (gli altri sono l'andamento dei CDS e il criterio VaR) ha chiaramente affermato [...] che il prezzo di mercato dei titoli obbligazionari in oggetto è stato sostanzialmente stazionario dal giorno di emissione (20/7/2005) fino al giugno 2007; nel mese di agosto 2007 ha iniziato a scendere vertiginosamente con un breve rialzo alla metà di settembre, per procedere poi nella discesa con un forte picco in ribasso nel marzo 2008, un rialzo in aprile e maggio 2008, e una ridiscesa vertifinosa da giugno alla metà di settembre. Ciò disegna le vicende di un titolo che gli investitori più accorti progressivamente rifiutavano. Fra gli investitori più accorti non può annoverarsi una Banca, tanto più se essa, come la convenuta, intratteneva rapporti di mercato e affari con Lehman, come riferisce il CTU" (Tribunale di Venezia). 

Il Giudice è chiaro nel sostenere che la banca non poteva non conoscere la reale situazione del soggetto emittente, sia per il ruolo di investitore istituzionale che, nello specifico, per l'attività commerciale svolta direttamente con Lehman.

Ed anzi, il Giudice veneziano, arriva ad osservare che "In sostanza, la banca, che deteneva uno stock di titoli Lehman, consapevole della progressiva (e non recente) caduta del loro apprezzamento sul mercato, segnale da solo di rischio elevato - ove anche non si fossero avute notizie dirette sulla salute della società emittente [...]".

Tutte queste valutazioni hanno indotto il Tribunale di Venezia, accertata la violazione di norme di condotta da parte dei dipendenti di Banco Popolare, ha annullato l'ordine di investimento, ordinando alla banca la restituzione delle somme versate.

Di seguito, la sentenza del Tribunale di Venezia.

domenica 10 maggio 2015

Mutuo e copertura assicurativa - la banca obbligata a chiarire le condizioni dell'assicurazione

L'intermediario bancario presso il quale avviate un contratto di mutuo, con collegato una copertura assicurativa, è tenuto a fornirvi tutte le informazioni relative ai due rapporti contrattuali, consentendovi di valutare in modo concreto e completo tutti i vantaggi e svantaggi connessi.

La Corte di Giustizia ha, infatti, ribadito di recente che l'intermediario - banca, finanziaria o compagnia assicuratrice - è tenuto ad esporre in modo chiaro e completo le condizioni della polizza assicurativa che viene usualmente fatta sottoscrivere congiuntamente al contratto di mutuo o di finanziamento.

E' normale, infatti, che con il contratto di finanziamento, il consumatore sia invitato/sollecitato a sottoscrivere una copertura assicurativa per caso di morte, invalidità permanente, malattia non chiarendo al cliente, anche durante la fase della trattativa, le condizioni fondamentali del rapporto contrattuale.

Il giudice comunitario ha chiarito, con la sentenza che potete leggere di seguito, che sussiste in capo alla banca un obbligo di trasparenza che la obbliga a chiarire al cliente le condizioni generali del contratto, la modalità di funzionamento dell'assicurazione, ed ogni altra informazione idonea a consentire il contraente debole (il consumatore) di valutare in modo consapevole la convenienza dell'assicurazione che sta sottoscrivendo.

Il giudice, correttamente a nostro parere, ha stabilito che "un contratto di assicurazione deve esporre in modo trasparente, intellegibile il funzionamento del meccanismo di assicurazione, in modo che il consumatore possa valutarne le conseguenze economiche". 

Anche a livello comunitario, quindi, si stabilisce l'obbligo di trasparenza in capo all'intermediario bancario che propone il contratto di assicurazione accompagnato al finanziamento.

giovedì 23 aprile 2015

Tassi. Il segreto della repressione finanziaria

Fonte
Il fatto quotidiano
25 febbraio 2015
Sarà la barriera linguistica, sarà la superficialità degli italiani. Fatto sta che in Germania il concetto di repressione finanziaria è costantemente presente sugli organi d'informazione. A sud delle Alpi è invece praticamente sconosciuto, benché la situazione sia analoga. L'espressione fu introdotta a Stanford nel 1973 dagli economisti Ronald McKinnon ed Edward Shaw, finendo nel dimenticatoio dopo gli choc petroliferi. Essa designa leggi, provvedimenti monetari, blocchi al movimento dei capitali ecc. finalizzati a comprimere i tassi di interesse. Allora l'obiettivo era tenerli sotto all'inflazione.

martedì 7 aprile 2015

Maxi sanzione ad UnipolSai e Generali dall’Antitrust

Fonte: AGCM
comunicato stampa del 26 marzo 2015
Due multe, per complessivi 29 milioni di euro, sono state irrogate dall’Antitrust alle compagnie di assicurazioni Generali (euro 12.013.443) e Unipol-Fondiaria, queste ultime confluite oggi nel gruppo UnipolSai (euro 16.930.031). L’Autorità ha sanzionato così un’intesa restrittiva della concorrenza sulla partecipazione alle gare per la copertura assicurativa Rca dei mezzi di 15 aziende di Trasporto pubblico locale (Tpl) in altrettante città italiane. 

sabato 28 marzo 2015

“CREDIamoCI”. Arriva il nuovo progetto di collaborazione banche/consumatori

Nuovo accordo tra l'Associazione Bancaria Italiana e le Associazioni dei consumatori per migliorare il rapporto banca/utente nei servizi di consulenza ed erogazione del credito.

Il Protocollo d'intesa "CREDIamoCI" si propone, nell'intenzione degli aderenti, di migliorare il rapporto tra l'istituto di credito ed i piccoli consumatori, in particolare le famiglie in difficoltà, fornendo nuove soluzioni volte a sostenere ed assistere coloro che non riescono ad adempiere al proprio obbligo di rimborso del finanziamento ottenuto dalla banca.
Il programma biennale di "CREDIamoCI" è focalizzato verso specifici argomenti, indicati dalla stessa ABI, e che sono di seguito sinteticamente richiamati:

sabato 7 marzo 2015

Merkel. Certi sconti non sono mai volontari

Fonte
Il Fatto quotidiano
2 febbraio 2015
Chi va con lo zoppo, impara a zoppicare. Forse è colpa dei troppi soggiorni in Italia, se anche Angela Merkel ha incominciato a raccontare frottole, come i politici locali fanno impunemente da decenni. Vedi le sue recenti affermazioni sulla crisi greca all Hamburger Abendblatt, riprese dalla stampa italiana: "C'è già stata una rinuncia volontaria dei creditori privati; alla Grecia le banche hanno già abbuonato miliardi".

Peccato che non sia vero. L'hanno provato sulla loro pelle i risparmiatori italiani ma anche tedeschi che, contro la loro volontà, nel 2012 si sono ritrovati con circa 25 euro ogni 100 che avevano di titoli di Stato greci. Per giunta senza la minima tutela per i piccoli risparmiatori, come avvenuto invece per Argentina, Parmalat o Alitalia.

sabato 28 febbraio 2015

Polizza unit linked ed obbligo di informativa precontrattuale: banca condannata a risarcire il cliente

La banca è tenuta ad informare il cliente in merito alla tipologia del prodotto finanziario che sta proponendo, specificando la natura, le caratteristiche ed i rischi collegati a tale investimento.

Tale obbligo deve essere assolto dall'intermediario finanziario in modo più completo, laddove la proposta di acquisto abbia ad oggetto una polizza assicurativa indicizzata, ossia un prodotto che all'apparenza potrebbe rientrare nella generica definizione di "polizza assicurativa", ma che in realtà consiste in un vero e proprio strumento finanziario.

E secondo il Tribunale di Gela, nella sentenza che vi proponiamo di seguito, tale rischio di confusione nella quale può cadere il cliente, deve essere evitato dall'intermediario finanziario, il quale operando in buona fede deve rendere noto che una polizza unit linked consiste in uno strumento finanziario, e non in una normale polizza assicurativa.

Tale dovere informativo deve essere adempiuto dalla banca nella fase precontrattuale, ossia al momento della vendita della polizza unit linked, proprio con il fine di comunicare al cliente tutte le informazioni necessarie che consentano a questi ultimi di essere "sempre adeguatamente informati" (art. 21 TUF).

Ed il giudice pare proprio non aver riscontrato che tale informazioni siano state fornite dall'intermediario al cliente secondo i criteri previsti dalla legge, ed anzi, dopo aver qualificato il prodotto oggetto di proposta come uno strumento finanziario, ha ritenuto violate le norme in materia previste dal citato TUF e dal Regolamento Consob attuativo ratione temporis applicabile.

Quale conseguenza all'inadempimento da parte della banca? il risarcimento del danno in favore del cliente, quantificato nella differenza tra quanto versato al momento dell'acquisto ed il valore residuo attuale.

Di seguito, la sentenza n. 8629/2013 del Tribunale di Gela. 

giovedì 12 febbraio 2015

Anche Banca dell’Etruria e del Lazio finisce commissariata

Con questo comunicato, nella giornata di ieri siamo venuti a conoscenza che una nuova banca è stata oggetto di commissariamento <<Il Ministero dell’Economia e delle Finanze, con Decreto n. 45 del 10.2.2015, ha disposto, su proposta della Banca d’Italia, lo scioglimento degli organi con funzioni di amministrazione e controllo della Banca Popolare dell’Etruria e del Lazio – Società Cooperativa, con sede in Arezzo, ai sensi dell’art. 70, comma 1, lett. B), e, in qualità di capogruppo dell’omonimo gruppo bancario, dell’art. 98 del Testo Unico Bancario>>.

Il commissariamento della banca, soggetto operante in molte regioni italiane, arriva al termine di una serie di controlli portati avanti dalla Banca d’Italia e dai quali sono emerse anomalie finanziarie, con gravi perdite nel patrimonio dell’istituto di credito.

Purtroppo dobbiamo segnalare, ancora una volta, che una nuova banca sia oggetto di controlli dai quali emergono condotte poco chiare, con danno per gli azionisti e per la clientela.

lunedì 9 febbraio 2015

Bond Lehman Brothers - banca condannata perché "non poteva non sapere"

La banca non poteva non avere alcuna conoscenza della situazione economica e finanziaria di Lehman Brothers e, di conseguenza, avrebbe dovuto avvertire i propri clienti, invitandoli a non acquistare bond emessi da un soggetto altamente rischioso.

Queste le conclusioni, pressoché simili, raggiunte dai giudici italiani in due recenti sentenze aventi ad oggetto la responsabilità dell'istituto di credito per i danni occorsi al risparmiatore per aver investito i propri denari in obbligazioni Lehman.

I risparmiatori, non avvertiti dal dipendente della banca in merito ai rischi di investimento finanziario, perdevano i capitali investiti a causa dell'improvviso default dichiarato dalla banca d'affari americana in data 15 settembre 2008. 

martedì 3 febbraio 2015

Collegamento negoziale nel credito al consumo: importante intervento della Cassazione

L'acquisto di beni e servizi avviene sempre più spesso attraverso forme più o meno particolari di credito al consumo, ossia un finanziamento concesso da parte della banca e che consente al consumatore di perfezionare l'acquisto e rimborsare la somma ricevuta all'istituto di credito, attraverso più rate.

La materia è sempre più dibattuta, in particolar modo laddove il consumatore non ottenga il bene e il servizio oggetto di finanziamento, e quindi si trovi nella bizzarra situazione di dover pagare per un disservizio.

La Cassazione è intervenuta di recente, chiarendo alcuni aspetti inerenti la materia, ed in particolare diritti ed obblighi del consumatore e del soggetto che eroga il credito in suo favore.

La Suprema Corte di Cassazione ha ritenuto, con la sentenza che potete leggere di seguito, di dover specificare i limiti e l’ambito di applicazione dell’art. 125, comma 4 del Testo Unico Bancario (norma vigente al periodo oggetto dell’intervento giurisprudenziale), chiarendo che l’azione legale prevista dalla norma in parola non esclude le altre azioni previste in favore del consumatore,ma anzi rappresenta un mezzo di difesa ulteriore per il contraente debole.

I giudici di legittimità intervengono in un settore, quello del credito al consumo, molto diffuso in questi ultimi anni, ove si sono ripetuti gli episodi di rapporti bancari accesi con il solo fine di finanziare l’acquisto di un bene, o la fornitura di un servizio. Il tema molto delicato, affrontato anche nella sentenza pronunciata lo scorso settembre 2014, è collegata alla circostanza, tutt’altro che rara, che a fronte del pagamento delle rate del contratto di finanziamento, il consumatore non ottiene il bene finanziato, oppure si trova di fronte ad un inadempimento da parte della società che offre il servizio. Si pensi, a tal proposito, all’acquisto di un certificato di associazione o di altro diritto di multiproprietà, argomento molto trattato in questo blog, e all’impossibilità da parte del consumatore di poter usufruire del periodo vacanza.

Si pensi, come nel caso affrontato dalla Suprema Corte, all’acquisto di un veicolo avvenuto a mezzo di finanziamento, altro argomento ripetutamente trattato da Consumatore Informato, e all’evenienza che l’auto risulti presentare vizi che non ne consentano un corretto uso.

In tali casi, il consumatore si trova nella assurda situazione di dover “pagare per un disservizio”, e quindi non poter giovarsi del bene/servizio oggetto di finanziamento.

A seguito della riforma del 2010, il D. Lgs. n. 385/1993 prevede che “Nei contratti di credito collegati, in caso di inadempimento da parte del fornitore dei beni o dei servizi il consumatore, dopo aver inutilmente effettuato la costituzione in mora del fornitore, ha diritto alla risoluzione del contratto di credito, se con riferimento al contratto di fornitura di beni o servizi ricorrono le condizioni di cui all’articolo 1455 del codice civile”.

Con la risoluzione del contratto principale, il consumatore può decidere di non pagare le rate future del finanziamento e chiedere la restituzione degli importi già versati, proprio in ragione del collegamento esistete tra i rapporti contrattuali.

In tema di credito al consumo, l’esistenza di un collegamento tra i contratti è conosciuta e disciplinata già da prime del 2010, e nel caso affrontato dalla Corte sono stati presi in considerazione gli articoli 121 e seguenti del TUB, in particolare l’art. 124, comma 3 il quale, secondo la Cassazione, deve “essere interpretata come previsione di un collegamento negoziale di fonte legale tra i contratti di credito al consumo che abbiano a oggetto l'acquisto di determinati beni o servizi, contenenti i requisiti ivi indicati, ed i contratti di acquisto degli stessi beni o servizi, a prescindere dalla sussistenza di un accordo che attribuisca al finanziatore l'esclusiva per la concessione di credito ai clienti dei fornitori. Nei casi di inadempimento del fornitore di beni e servizi l'azione diretta del consumatore contro il finanziatore prevista dall'art. 125, comma 4, si aggiunge alle azioni che il consumatore può già esercitare sulla base delle disposizioni applicabili ad ogni rapporto contrattuale. Conseguentemente, il soddisfacimento delle condizioni di cui a tale articolo può essere richiesto solo rispetto alle azioni proposte ai sensi di detta disposizione. In ogni altro caso, spetta al giudice di merito individuare le conseguenze, in riferimento al contratto ed al rapporto di finanziamento, del collegamento negoziale istituito per legge tra il contratto di finanziamento e quello di vendita, secondo i principi vigenti in materia contrattuale.”.

La Corte chiarisce che la norma del Testo Unico Bancario non si sostituisce ai normali rimedi messi a disposizione del consumatore, ma rappresenta un ulteriore mezzo di difesa e tutela in favore di quest'ultimo, sempre che ne ricorrano i presupposti.

venerdì 23 gennaio 2015

Intesa Banca d’Italia–AGCM per tutelare i consumatori

Il Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, e il Presidente dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM), Giovanni Pitruzzella, hanno firmato un Protocollo d’intesa in materia di tutela dei consumatori nel mercato bancario e finanziario. Il Protocollo, che sostituisce il precedente del 22 febbraio 2011, rafforza il coordinamento fra le due Autorità al fine di rendere più efficace la tutela dei consumatori nei rapporti con le banche e gli intermediari finanziari. In particolare, il Protocollo intende favorire lo sviluppo della cooperazione attraverso:

mercoledì 7 gennaio 2015

Risparmio. La sorpresa dei fondi pensione

Fonte
Fatto Quotidiano
29 ottobre 2014
Non tutto il male viene per nuocere. L'aumento della tasse sulla previdenza integrativa, previsto dalla legge di stabilità, può essere l'occasione buona per interrompere i versamenti o evitare di sana pianta fondi pensione, piani individuali previdenziali (pip) ecc. Necessariamente ci basiamo sul testo presentato dal governo, salvo rifare i conti, se il Parlamento apporterà rilevanti modifiche.

Il discorso è duplice, ma conduce alla stessa conclusione. Primo, vediamo cosa dicono i numeri, ragionando sulle nuove aliquote: l'imposta su interessi, rivalutazioni ecc. passa per il TFR dall'11 al 17% e per la previdenza complementare al 20%, dopo che era già stata elevata all'11,5% da luglio. C'è anche una piccola cattiveria del governo, perché l'aumento per il TFR scatta dal 2015, mentre nel secondo caso opera da inizio 2014. Infatti, non per merito dei gestori, ma per le buone sorti del mercato obbligazionario, quest'anno i fondi pensione dovrebbero rendere bene. Al che il governo si è detto: "Piatto ricco, mi ci ficco".

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