martedì 3 febbraio 2015

Collegamento negoziale nel credito al consumo: importante intervento della Cassazione

L'acquisto di beni e servizi avviene sempre più spesso attraverso forme più o meno particolari di credito al consumo, ossia un finanziamento concesso da parte della banca e che consente al consumatore di perfezionare l'acquisto e rimborsare la somma ricevuta all'istituto di credito, attraverso più rate.

La materia è sempre più dibattuta, in particolar modo laddove il consumatore non ottenga il bene e il servizio oggetto di finanziamento, e quindi si trovi nella bizzarra situazione di dover pagare per un disservizio.

La Cassazione è intervenuta di recente, chiarendo alcuni aspetti inerenti la materia, ed in particolare diritti ed obblighi del consumatore e del soggetto che eroga il credito in suo favore.

La Suprema Corte di Cassazione ha ritenuto, con la sentenza che potete leggere di seguito, di dover specificare i limiti e l’ambito di applicazione dell’art. 125, comma 4 del Testo Unico Bancario (norma vigente al periodo oggetto dell’intervento giurisprudenziale), chiarendo che l’azione legale prevista dalla norma in parola non esclude le altre azioni previste in favore del consumatore,ma anzi rappresenta un mezzo di difesa ulteriore per il contraente debole.

I giudici di legittimità intervengono in un settore, quello del credito al consumo, molto diffuso in questi ultimi anni, ove si sono ripetuti gli episodi di rapporti bancari accesi con il solo fine di finanziare l’acquisto di un bene, o la fornitura di un servizio. Il tema molto delicato, affrontato anche nella sentenza pronunciata lo scorso settembre 2014, è collegata alla circostanza, tutt’altro che rara, che a fronte del pagamento delle rate del contratto di finanziamento, il consumatore non ottiene il bene finanziato, oppure si trova di fronte ad un inadempimento da parte della società che offre il servizio. Si pensi, a tal proposito, all’acquisto di un certificato di associazione o di altro diritto di multiproprietà, argomento molto trattato in questo blog, e all’impossibilità da parte del consumatore di poter usufruire del periodo vacanza.

Si pensi, come nel caso affrontato dalla Suprema Corte, all’acquisto di un veicolo avvenuto a mezzo di finanziamento, altro argomento ripetutamente trattato da Consumatore Informato, e all’evenienza che l’auto risulti presentare vizi che non ne consentano un corretto uso.

In tali casi, il consumatore si trova nella assurda situazione di dover “pagare per un disservizio”, e quindi non poter giovarsi del bene/servizio oggetto di finanziamento.

A seguito della riforma del 2010, il D. Lgs. n. 385/1993 prevede che “Nei contratti di credito collegati, in caso di inadempimento da parte del fornitore dei beni o dei servizi il consumatore, dopo aver inutilmente effettuato la costituzione in mora del fornitore, ha diritto alla risoluzione del contratto di credito, se con riferimento al contratto di fornitura di beni o servizi ricorrono le condizioni di cui all’articolo 1455 del codice civile”.

Con la risoluzione del contratto principale, il consumatore può decidere di non pagare le rate future del finanziamento e chiedere la restituzione degli importi già versati, proprio in ragione del collegamento esistete tra i rapporti contrattuali.

In tema di credito al consumo, l’esistenza di un collegamento tra i contratti è conosciuta e disciplinata già da prime del 2010, e nel caso affrontato dalla Corte sono stati presi in considerazione gli articoli 121 e seguenti del TUB, in particolare l’art. 124, comma 3 il quale, secondo la Cassazione, deve “essere interpretata come previsione di un collegamento negoziale di fonte legale tra i contratti di credito al consumo che abbiano a oggetto l'acquisto di determinati beni o servizi, contenenti i requisiti ivi indicati, ed i contratti di acquisto degli stessi beni o servizi, a prescindere dalla sussistenza di un accordo che attribuisca al finanziatore l'esclusiva per la concessione di credito ai clienti dei fornitori. Nei casi di inadempimento del fornitore di beni e servizi l'azione diretta del consumatore contro il finanziatore prevista dall'art. 125, comma 4, si aggiunge alle azioni che il consumatore può già esercitare sulla base delle disposizioni applicabili ad ogni rapporto contrattuale. Conseguentemente, il soddisfacimento delle condizioni di cui a tale articolo può essere richiesto solo rispetto alle azioni proposte ai sensi di detta disposizione. In ogni altro caso, spetta al giudice di merito individuare le conseguenze, in riferimento al contratto ed al rapporto di finanziamento, del collegamento negoziale istituito per legge tra il contratto di finanziamento e quello di vendita, secondo i principi vigenti in materia contrattuale.”.

La Corte chiarisce che la norma del Testo Unico Bancario non si sostituisce ai normali rimedi messi a disposizione del consumatore, ma rappresenta un ulteriore mezzo di difesa e tutela in favore di quest'ultimo, sempre che ne ricorrano i presupposti.
Contratto di finanziamento e collegamento negoziale

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