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venerdì 17 dicembre 2010

La presunta solidità del sistema bancario italiano e la silenziosa scomparsa del Banco Emiliano Romagnolo

Premessa

Il sistema bancario italiano è stato oggetto, negli ultimi mesi, di continui elogi da parte della stampa italiana la quale ne ha esaltato la solidità rispetto alla crisi internazionale sofferta dall'intero settore dell'intermediazione creditizia di altri importanti paesi. Si pensi a tutti gli istituti di credito falliti negli Stati Uniti (in primo luogo Lehman Brothers), al crac delle banche islandesi, alla crisi del sistema creditizio irlandese fino alle recenti difficoltà attraversate dagli istituti di credito spagnoli.
In questo contesto, sostengono i grossi media nazionali, le nostre banche avrebbero dimostrato una inaspettata solidità finanziaria tale da escluderle dai tracolli vissuti da rilevanti istituti bancari di altri stati e riuscire a superare brillantemente gli stress test realizzati secondo i criteri previsti da Basilea 3.

tutto vero? probabilmente il sistema italiano è integro e sufficientemente organizzato da evitare le crisi vissute da altri stati.

Fa specie, però, il silenzio mediatico calato sulla prossima scomparsa di una banca italiana, seppur di piccole dimensioni, dovuto alle gravi difficoltà finanziarie ed economiche.

Il caso del Banco Emiliano Romagnolo

E' questo il caso del Banco Emiliano Romagnolo (BER), piccolo istituto di credito che ha di recente perduto la sua operatività bancaria in seguito al provvedimento adottato dalla Banca d'Italia lo scorso 6 dicembre 2010.
La banca è da tempo in amministrazione straordinaria a causa della difficoltà del credito ed alle insufficienti disponibilità liquide. 
Tale grave situazione aveva già portato BER alla procedura di amministrazione straordinaria nel 2009, ma era fondata la speranza di poter salvare il piccolo istituto di credito.

Il provvedimento di Bankitalia: sospensione del pagamento delle passività di qualsiasi genere e della restitituzione degli strumenti finanziari alla clientela ex art. 74 TUB

La Banca d'Italia ha invece reso noto, qualche giorno fa, di aver provveduto a bloccare le attività di intermediazione offerte dalla banca ed in particolare il pagamento delle passività e la restituzione degli strumenti finanziari alla clientela, a causa delle difficoltà economico/finanziarie attraversate da BER.


"In data 6 dicembre 2010 i Commissari straordinari del Banco Emiliano Romagnolo “BER” (BO), in amministrazione straordinaria, con il parere favorevole del Comitato di Sorveglianza e previa autorizzazione della Banca d’Italia, hanno deliberato la sospensione del pagamento delle passività di qualsiasi genere e della restituzione degli strumenti finanziari alla clientela, ai sensi dell’art. 74 del d.lgs. 1° settembre 1993, n. 385 (TUB), per il periodo massimo di un mese, fatte salve eventuali proroghe.

La misura si è resa necessaria stante il ricorso di circostanze eccezionali, che si sostanziano nell’insufficienza delle disponibilità liquide a far fronte alle passività in scadenza e nell’impossibilità di attivare canali alternativi di sostegno finanziario.
Nel corso della procedura gli Organi straordinari hanno esperito numerosi tentativi per portare a soluzione la situazione di grave tensione finanziaria della banca, manifestatasi sin dall’avvio dell’amministrazione straordinaria e, con la supervisione della Banca d’Italia, stanno operando per portare a compimento, quanto prima, un piano di intervento che, con il sostegno del Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi e delle banche creditrici, realizzi la salvaguardia degli interessi della clientela.".

Il silenzio mediatico sulla vicenda BER

Tale vicenda, invero, non ci sembra sia stata trattata con attenzione dai grandi media.

Vero è che molto spesso il silenzio viene giustificato per salvaguardare gli interessi dei clienti e dei lavoratori, ma è altresì innegabile che le difficoltà di BER erano conosciute da tempo.


E' inoltre nota la vicenda giudiziaria che riguarda alcuni componenti della vecchia gestione della banca e le operazioni finanziarie azzardate in derivati bancari realizzate con clienti dell'istituto di credio.

In ogni caso, e nella speranza che il Banco Emiliano Romagnolo possa trovare una felice soluzione alle difficoltà finanziarie di recente affrontate, appare evidente che il sistema bancario italiano non è poi così solido come si vorrebbe fare intendere e che tale vicenda potrebbe anche non essere l'unica.

giovedì 16 dicembre 2010

Da Trentino in Blu radio al blog: quando la segnalazione alla Centrale Rischi di Bankitalia diventa illegittima


L'incontro radiofonico di questa settimana è stato dedicato ad un argomento decisamente attuale ed importante: la segnalazione alla Centrale Rischi della Banca d'Italia. Di seguito riportiamo alcuni spunti della trasmissione.

a. Segnalazione alla Centrale Rischi
L'istituto bancario deve usualmente segnalare alla Centrale Rischi presso la Banca d'Italia l'indebitamento del proprio cliente (la c.d. sofferenza bancaria), al fine di rendere noto al sistema bancario l'esistenza di un potenziale cattivo pagatore.

b. Quali sono i presupposti per l'iscrizione?
In realtà non esistono molti parametri in base al quale l'intermediario deve procedere all'iscrizione del cattivo pagatore presso la Centrale Rischi, ma esistono alcuni criteri ormai consolidati e sono:

I criteri di segnalazione sono i seguenti

1) valore del debito
La segnalazione è legittima se ricorre almeno una delle seguenti condizioni:

- la somma dell'accordato ovvero quella dell' utilizzato del totale dei crediti per cassa e di firma è d'importo pari o superiore a 75.000,00 €;

- il valore delle garanzie ricevute complessivamente dall'intermediario è d'importo pari o superiore a 75.000,00 €;

- il valore intrinseco delle operazioni in derivati finanziari è pari o superiore a 75.000,00 €;

- la posizione del cliente è in sofferenza;

- l'importo delle operazioni effettuate per conto di terzi è pari o superiore a 75.000,00 €;

- il valore nominale dei crediti acquisiti per operazioni di factoring, sconto di portafoglio pro soluto e cessione di credito è pari o superiore a 75.000,00 €;

- sono stati passati a perdita crediti in sofferenza di qualunque importo;

- il valore nominale dei crediti non in sofferenza ceduti a terzi dall'intermediario segnalante è pari o superiore a 75.000,00 €;

- sono stati ceduti a terzi dall'intermediario segnalante crediti in sofferenza di qualunque importo;

La normativa bancaria ha provveduto anche a suddividere i c.d. "crediti in sofferenza":

1. crediti di cassa

2. crediti di firma

2) valutazione intermediario stato della sofferenza
La segnalazione del cattivo pagatore alla Centrale Rischi è determinata, in generale, dai criteri stabiliti dalla Banca d'Italia;(come già detto)ma l'intermediario gode, però, di un certo ambito di discrezionalità della banca che può essere individuato nell'esistenza dei presupposti di segnalazione, nella classificazione della sofferenza e nell'aggiornamento della stessa.

La Banca d'Italia ha, sotto questo aspetto, indicato delle linee guida che ogni istituto di credito deve seguire nella segnalazione delle sofferenze bancarie.

Per quanto riguarda il concetto di "sofferenza; in detta categoria categoria va ricondotta l'intera esposizione per cassa nei confronti di soggetti in stato di insolvenza, anche non accertato giudizialmente, o situazioni sostanzialmente equiparabili, indipendentemente dalle eventuali previsioni di perdita formulate dall'azienda. Si prescinde, pertanto, dall'esistenza di eventuali garanzie (reali o personali) a presidio dei crediti.

Sono inoltre escluse le posizioni la cui situazione di anomalia sia riconducibile a profili attinenti al rischio-paese.

L'apposizione a sofferenza implica una valutazione da parte dell'intermediario della complessiva situazione finanziaria del cliente e non può scaturire automaticamente da un mero ritardo di quest'ultimo nel pagamento del debito".

Sul punto, occorre osservare che in giurisprudenza si sono sviluppati due orientamenti in merito al alla definizione del concetto "stato di insolvenza", quale presupposto per la segnalazione della sofferenza.

Per un primo orientamento molto restrittivo lo stato di insolvenza indicato dalla Banca d'Italia corrisponde a quello previsto dall'art. 5 l. fallimentare., mentre altra parte della giurisprudenza esclude tale ipotesi, sostenendo che tale interpretazione in particolare l’applicazione della disciplina della legge fallimentare, non può trovare applicazione in quanto avente ad oggetto disciplina diversa, sostiene che sia dovere dell'intermediario individuare lo stato di insolvenza idoneo alla segnalazione nella situazione di potenziale deterioramento del soggetto debitore tale da porre in grave rischio il proprio credito, nonché gli altri eventuali crediti vantati da altri istituti di credito.

In questo senso, la segnalazione da parte della banca non è finalizzata solo alla tutela della propria situazione, ma funge anche da informativa per gli altri intermediari i quali possono meglio valutare la qualità del cliente/cattivo pagatore.

In questa seconda ipotesi è evidenziata la funzione discrezionale della Banca nel segnalare o meno la sofferenza bancaria, in quanto rientra nella mera valutazione del professionista se procedere ad inserire nella centrale rischi il nominativo del proprio cliente.

Apprezzamento che, come specificato dalla norma, implica una valutazione da parte dell'intermediario della complessiva situazione finanziaria del cliente e non può scaturire automaticamente da un mero ritardo di quest'ultimo nel pagamento del debito

In cosa consiste la valutazione da parte dell'intermediario della complessiva situazione finanziaria del cliente?

La giurisprudenza di merito sviluppatasi in materia ha chiarito - riprendendo le "istruzioni per gli intermediari creditizi" - che il solo ritardo nel pagamento del debito non è condizione sufficiente per la segnalazione della posizione a sofferenza.

In realtà, ai fini dell'apposizione di un credito come sofferente, è necessario tenere in considerazione l'intera situazione patrimoniale del debitore, o come chiarito dal Tribunale di Roma, l'intera gamma dei rapporti di credito/debito esistenti tra questi e l'istituto bancario.

Sul punto è meritevole di citazione l'ordinanza promulgata dal Tribunale di Parma, la quale chiarisce il concetto appena esposto affermando che:"ai fini della (legittimità della) segnalazione a sofferenza, non possa, sic et simpliciter, farsi riferimento allo stato di insolvenza, sì come concepito e ricostruito nell'interpretazione dell'art. 5 L.F., là dove l'insolvenza equivale ad uno stato di impotenza economico-finanziaria irreversibile, tale da non consentire l'adempimento regolare delle proprie obbligazioni con mezzi normali di pagamento, debitamente considerando che l'art. 2, sezione I, capitolo I della circolare del 1991 specifica che attraverso il servizio centralizzato dei rischi la Banca d'Italia fornisce agli intermediari partecipanti un'informativa utile, anche se non esaustiva, per la valutazione del merito di credito della clientela, e in generale, per la gestione del rischio di credito” e prosegue inoltre precisando che “in tanto ha senso (e una funzionalità effettiva) il sistema di segnalazione dei rischi in quanto l'interpretazione della norma sia tale da consentire al sistema economico di premunirsi, senza attendere un irreversibile stato di decozione, fondando la propria valutazione su una situazione di crisi finanziaria”.

Per altra giurisprudenza, (Trib. Catania) “la segnalazione in tanto può ritenersi legittima in quanto la difficoltà del cliente, senza assumere toni della cronica ed irreversibile situazione di inadempienza o insolvenza, si riveli connotata da caratteristiche di oggettività tali da incidere sulle possibilità di recupero del credito da parte della banca, dovendosi distinguere tra la posizione che legittima la appostazione della relativa posizione tra quelle a cd incaglio (che si risolve in un temporaneo disagio superabile senza necessità di ricorrere allo strumento giudiziario) e la posizione che giustifica la voltura della posizione a sofferenza, idonea a legittimare la segnalazione perché si concreta in un inadempimento protratto nel tempo, ingiustificato, che rende verosimile, ma non necessariamente attuale e coattivo, il recupero coattivo (pur senza escludersi in astratto la possibilità di rientro o di ristrutturazione del debito)”.

Infine,anche Trib. Parma con sentenza del 6 dicembre 2006 ha affermato che “la banca non può fondare il proprio convincimento sulla base del mero ritardo nell'adempimento, ma deve valutare la complessiva situazione finanziaria del cliente, effettuando, all'uopo, prognosi sulla capacità del cliente di generare quelle risorse di cassa necessarie per il rientro nello scoperto che si è generato".


c. Conseguenze per scorretta ed inesatta segnalazione.

Danno e nesso di causalità.
In ipotesi di segnalazione errata alla Centrale rischi, il danno derivante al cliente consiste, spesso nell'impossibilità del debitore (o presunto tale) di poter usufruire del credito bancario.

Tale danno emerge sia nell'ipotesi di errore nella segnalazione (ex viene indicato il mio nominativo, ma io non sono il soggetto destinatario), sia in ipotesi del c.d. "errore di categoria" (ossia viene indicata la sofferenze ma siamo in ipotesi di finanziamento rielaborato) o ancora in ipotesi di c.d. errore da quantificazione (viene indicato un importo errato - l'importo non è aggiornato etc.).

Nelle prime ipotesi al cliente viene preclusa, in ultima istanza, l'opportunità di poter ottenere altro credito; mentre, specificatamente nella seconda ipotesi, si configura la situazione del c.d. saturazione del credito, la quale impedisce in buona sostanza al cliente di ottenere altro credito dal sistema bancario.

L'erronea segnalazione di un credito configura, secondo il Tribunale di Brindisi, una lesione del diritto di impresa, potendo creare difficoltà insormontabili all'imprenditore che voglia accedere al credito bancario o potendo determinare la revoca di quello già concesso.

A medesime conclusioni giunge altra giurisprudenza (Trib. Bari) il quale considera tali ipotesi come danno da informazione inesatta fornita dal professionista e dalla quale può emergere una lesione della reputazione personale e commerciale dell'imprenditore.

Esiste, peraltro, una giurisprudenza la quale configura, in ipotesi di segnalazione errata, una lesione del diritto di immagine ed alla reputazione della società, laddove la stessa goda di alto merito all'interno del proprio settore merceologico e nell'ambito bancario.

Nel caso di segnalazione errata si determina, peraltro, un danno che si ritiene in re ipsa e che legittima il diritto al risarcimento senza che il danneggiato debba fornire prova del danno (Cass. Civ. sez. III 4881/2001).

giovedì 9 dicembre 2010

La Banca d'Italia mette in gioco le regole economiche con "€conomia - il gioco della politica monetaria" e "Inflation island"

Si chiamano  "€conomia - il gioco della politica monetaria" e "Inflation island" le due iniziative didattiche avviate dalla Banca d'Italia per sensibilizzare i risparmiatori rispetto alle tematiche che caratterizzano la politica economica di uno stato. Le iniziative, proposte come videogame ai quali chiuque può partecipare, sembrano mirate a far comprendere più facilmente quali presupposti economici si nascondono dietro determinate scelte di politica finanziaria che vengono adottate dal singolo stato.

Così viene presentata l'iniziativa dalla Banca d'Italia "Come è possibile assicurare la stabilità dei prezzi? In che modo la vita di tutti noi è influenzata dai diversi andamenti del livello dei prezzi?
Sono queste le domande a cui vogliono dare risposta due nuovi tools multimediali realizzati dall'Eurosistema e rivolti a giovani che desiderano apprendere i meccanismi fondamentali della politica monetaria anche senza avere specifiche conoscenze economiche."








domenica 5 dicembre 2010

La Cassazione riafferma il diritto del correntista a riottenere gli interessi anatocistici

Nuovi problemi per le banche dopo la pronuncia delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, le quali con sentenza n. 24418 dello scorso 2 dicembre 2010, hanno definitivamente stabilito la illegittimità degli interessi anatocistici applicati da parte della banca nei confronti dei clienti.

La Cassazione ha in particolare stabilito che il correntista che abbia indebitamente versato gli interessi anatocistici ha il diritto alla restituzione delle somme versate, chiedendo la nullità della clausola anatocistica: "dopo la conclusione di un contratto di apertura di credito bancario regolato in conto corrente, il correntista agisce per far dichiarare la nullità della clausola che prevede la corresponsione di interessi anatocistici e per la ripetizione di quanto pagato indebitamente a questo titolo, il termine di prescrizione decennale cui tale azione di ripetizione è soggetta decorre, qualora i versamenti eseguiti dal correntista in pendenza del rapporto abbiano avuto solo funzione ripristìnatoria della provvista, dalla data in cui è stato estinto il saldo di chiusura dei conto in cui gli interessi non dovuti sono stati registrati.".

Il diritto alla ripetizione di tali somme vale per tutta la durata del rapporto di conto corrente, mentre il termine decennale di prescrizione per richiedere alla banca la restituzione degli interessi anatocistici è di 10 anni dalla chiusura del conto corrente.

aggiornamento: testo sentenza

venerdì 3 dicembre 2010

«Quanto si è ripreso sui bond argentini» - Prof. Beppe Scienza

Di recente ci è stato chiesto quale è il valore ottenuto per chi ha aderito al concambio 2010 dei bond Argentina.
Di seguito vi proponiamo un contributo del Prof. Beppe Scienza con il quale viene fatta chiarezza sul punto.

Ringraziamo il Prof. Scienza per l'autorizzazione all'utilizzo del suo contributo.

tratto da La Repubblica, 22-11-2010, Affari & Finanza, p. 23
Cinque anni fa l’offerta dell’Argentina ai suoi sventurati obbligazionisti, travolto dal crac del dicembre 2001, fu bollata come indecente, vergognosa ecc. e comunque inaccettabile. Quest’anno ha proposto ancor meno e quasi nessuno ha fiatato.

La riapertura dell’offerta pubblica di scambio (ops) di Buenos Aires è stata una ciambella di salvataggio lanciata soprattutto ai risparmiatori italiani. Solo in Italia così tanti non aderirono nel 2005, vittime del tiro mancino giocatogli da chi si atteggiava a loro paladino. Se oltre 200 mila rimasero col cerino acceso in mano è perché Federconsumatori, Codacons, Adiconsum ecc. si premuravano di “sconsigliare ai risparmiatori di aderire ad un’offerta capestro” e Altroconsumo addirittura derideva chi, come il sottoscritto, spiegava quanto fosse autolesionista un rifiuto.

Ma questa volta anche i sassi avevano capito che le possibilità di vincere cause o arbitrati contro la repubblica sudamericana sono praticamente nulle. Così molti hanno pensato che convenisse salire sull’ultimo treno e hanno consegnato le loro vecchie obbligazioni in cambio di un pacchetto di titoli e qualche soldo. Recentemente è tutto arrivato sui depositi titoli e sui conti, a volte prima a volte dopo, a seconda dell’intermediario.

Capire quanto è stato effettivamente recuperato non è immediato e varia leggermente da titolo a titolo. Nel caso in particolare dei piccoli risparmiatori, bisogna sommare cinque voci (vedi tabellina), arrivando così a circa 54 euro per ogni 100 di valore nominale delle obbligazioni originarie. È più di quanto ci si aspettava al momento dell’offerta, perché i titoli argentini sono complessivamente saliti. È però comunque meno rispetto a quanti, in barba ai tanti cattivi consigli, aderirono già nel 2005. Costoro hanno ottenuto 6,7 euro aggiuntivi grazie ai pagamenti dello strano titolo Argentina Pil 2035, con un recupero complessivo intorno ai 61 euro.

A proposito di una seconda chance, sarebbe carino se l’offrisse anche il Tesoro italiano per i rimborsi delle obbligazioni Alitalia, ormai in dirittura d’arrivo. Le poche mancate adesioni non sono neppure da attribuire a intenzioni bellicose (e velleitarie) nei confronti dello stato italiano, come per l’Argentina, ma solo a dimenticanza o a obiettive difficoltà per un’offerta che scadeva (l’anno scorso) fa proprio alla fine agosto.

Di seguito la tabella per comprendere il livello di perdita per chi ha accettato il concambio



giovedì 2 dicembre 2010

Da Trentino inBlu al Blog: I SIC

Indipendentemente dal tipo di finanziamento richiesto risulta importante la corretta esecuzione del contratto sottoscritto nei confronti dell'istituto finanziatore.

Infatti, in mancanza di corretto adempimento le conseguenze possono essere anche molto pesanti e comportano normalmente una serie di conseguenze poco piacevoli:

Tra queste ricordiamo:

• maggiorazione degli interessi dovuti con l'applicazione di una mora stabilita per legge

• rescissione unilaterale del contratto da parte dell'istituto finanziatore anche per il mancato pagamento di una sola rata, conseguentemente cliente sarà ritenuto a rimborsare all'istituto tutte le spese bancarie nonché eventuali spese di protesto e tutti gli oneri sostenuti dall'istituto per recuperare le somme dovute oltre che naturalmente un'eventuale penale

• inserimento del nominativo del cliente inadempiente nella lista dei aperte" cattivi pagatori" e conseguentemente segnalazione tutti gli enti di tutela del credito (meglio conosciuti come SIC) con conseguente maggior difficoltà in futuro per l'inadempiente ad ottenere altri finanziamenti

In questo contesto non possiamo non affrontare il problema legato ad un diritto molto importante del consumatore che è conosciuto come diritto all'oblio.

Che cos'è il diritto all'oblio?

Potremmo dire che il diritto all'oblio è il diritto riconosciuto al consumatore, come ad altre persone di non vedere diffusi o meglio conservati i propri dati, in rapporto a situazioni già definite o comunque non più rilevanti per il diritto.

In merito ai tempi di conservazione dei dati inerenti ad un finanziamento il garante per la protezione dei dati personali (garante della Privacy) ha disposto, in base al principio di correttezza del trattamento dei dati personali che coloro che erogano il finanziamento devono fornire al debitore gli estremi indicativi delle centrali rischi destinatarie dei dati raccolti anche al fine di agevolare l'esercizio dei diritti previsti e cioè la verifica della correttezza di dati e la cancellazione di quelli non veritieri.

Lo stesso garante inoltre per ovviare ai problemi legati alle segnalazioni di scarsa entità destinate ad avere effetti dannosi ha previsto nel provvedimento che le segnalazioni di morosità alle centrali rischi devono essere effettuate solo in caso di mancato pagamento di somme consistenti, di più rate o di gravi ritardi. Le banche e le finanziarie, in ogni caso, prima di effettuare la segnalazione devono dare un preavviso agli interessati affinché possano eventualmente intervenire.


Dove finiscono i nostri dati?

Le principali banche dati a cui vengono conferiti i dati relativi ai finanziamenti erogati possono essere sia pubbliche che private. Loro compito, giova sottolinearlo è la raccolta di dati e delle informazioni sull'accesso al credito dei cittadini esclusivamente per finalità collegate alla tutela del credito e al contenimento dei rischi.

Le più conosciute sono:

• Centrale rischi pubblica, gestita dalla Banca d'Italia, per finanziamenti di importo superiore ad euro 75.000.

• Centrale rischi pubblica, gestita dalla società interbancaria per l'automazione e sotto la vigilanza della Banca d'Italia per finanziamenti di importo inferiore a € 75.000 è superiore a € 30.000-

• Vi sono poi delle centrali rischi private, tra le quali sicuramente la più conosciuta è la Crif (centrale rischi intermediazione finanziaria ) che gestisce il sistema Eurisc per finanziamenti di importo inferiore a € 30.000.

Queste banche dati vengono aggiornate periodicamente, ed è importante che il consumatore controlli regolarmente la propria posizione nelle banche dati, anche eventualmente dopo la cessazione di qualsiasi rapporto di finanziamento che sia stato o meno accompagnato da momenti critici.

Giova precisare inoltre che il garante per la privacy ha stabilito comunque delle modalità ed i tempi che devono essere seguiti per esempio prima che il ritardo nel pagamento venga effettivamente registrato o visualizzato in queste tipologie di banche dati.

Si ricordi infatti che:

• il primo ritardo non può essere visualizzato nelle banche dati prima che siano scadute almeno due rate mensili consecutivi prima di 60 giorni dall'aggiornamento mensile.

• Nel caso di un professionista di impresa i ritardi non possono essere visualizzati prima di 30 giorni dall'aggiornamento mensile.

• i ritardi successivi sono visualizzati nel momento stesso in cui si verificano e le può rimanere registrazione per 12 mesi a partire dal giorno dell'avvenuto pagamento

• i ritardi superiori che sono stati sanati restano comunque registrati per 24 mesi a partire dal giorno dell'avvenuto pagamento

• i ritardi non sanati non potranno comunque rimanere registrati più di 36 mesi dalla data di scadenza contrattuale del finanziamento o dalla data in cui è stato necessario l'ultimo aggiornamento

Tabella riassuntiva tempi massimi di conservazione dei dati:

6 mesi: per le richieste di finanziamento se l'istruttoria lo richiede, o un mese in caso di rifiuto della richiesta da parte dell'istituto o rinuncia del cliente al finanziamento

12 mesi dalla regolarizzazione: per morosità di due rate o due mesi in seguito sanati

24 mesi dalla regolarizzazione: anche per ritardi superiori sanati anche su transazione

36 mesi: dalla rata di scadenza contrattuale del rapporto o dalla data in cui risultato necessario l'ultimo aggiornamento (in caso di successivo accordo o altri eventi rilevanti in relazione al rimborso) nel caso di esiti negativi (morosità, gravi inadempimenti sofferenze) non sanati

36 mesi: dall'ultimo pagamento effettuato nei rapporti sorti positivamente cioè senza ritardi o eventi negativi

Doveroso precisare che avere uno storico creditizio non significa affatto essere indicati come persone non solventi o comunque inadempienti, ma semplicemente rimane una traccia storica dei propri precedenti finanziamenti tanto meglio se vi è stata un'estrema regolarità nei rimborsi, ciò infatti può costituire ovviamente un'informazione molto positiva.

Diffidate da operatori che nella loro proposta di finanziamento sostengono di poter incidere o comunque provvedere cancellare i dati negativi nelle banche dati come sopra illustrate prima dei tempi stabiliti. Solitamente questi tipi di operatori alla fine posso chiedere la cancellazione eventualmente di soli dati positivi cioè relativi a posizioni regolari e rimborsi corretti. Appare evidente che tale cancellazione è del tutto controproducente.

Se in teorica quindi il termine massimo in cui le centrali rischi dovrebbero trattenere i nostri dati (naturalmente dopo la cessazione del finanziamento con tutti i possibili eventi positivi e negativi che vi possano essere stati) è al massimo 36 mesi in realtà ciò non avviene perché spesso queste società trattengono i dati ben oltre quanto stabilito dalla legge e dal garante per cederli anche a magari anche a caro prezzo per altri soggetti che gestiscono finanziamenti.

giovedì 25 novembre 2010

Da Trentino inBlu al blog. Il prestito ipotecario vitalizio


Talvolta succede purtroppo e nell’ultimo periodo sempre più frequentemente, che per vari motivi persone in pensione, quindi oltre i 65 anni e proprietarie della sola casa di abitazione, vengono a trovarsi in situazioni di difficoltà economiche , per una spesa improvvisa o per le aumentate spese di cura dovute all’avanzare dell'età.

Per queste persone le normali forme di finanziamento risultano difficilmente accessibili, e pertanto le soluzioni proposte dalle banche dagli operatori economici o dalla persone loro vicine sono principalmente due:

1) L'istituto di riferimento invita i parenti prossimi o eredi a coprire i debiti della persona anziana con concettuale contestuale cessione della proprietà della casa a favore degli eredi, con concessione del diritto di l'usufrutto vita natura durante a favore dell’anziano.

2) Qualora non vi siano eredi disposti ad accollarsi il debito dell'anziana parente o a prestare del denaro alla persona in gravi difficoltà economica, si invita la stessa persona a vendere l'immobile in cui si trova precisamente la nuda proprietà, e iscrivere a favore del venditore diritto reale di usufrutto vita natural durante.

Queste due metodologie per porre fine ad una situazione ”critica” in cui si trova l'anziano, nei fatti però privano lo stesso del diritto di proprietà ponendo la persona anziana anche in una situazione di stress psicologo come colui che magari, dopo una vita di sacrifici, si trova a trascorrere gli ultimi anni di vita in una casa che non sente più sua. Inoltre spesso succede che l'anziano in questa situazione si trovi a dover vendere la propria abitazione ad un prezzo anche nettamente inferiore al reale valore di mercato e per entrare in possesso di cifre che sono ben lontane da quanto possibile ricavare in una situazione non emergenziale.

Anche per evitare questa tipologia tradizionale di percorsi è bene ricordare che dal 2005 ed esattamente con decreto legge 30 settembre 2005, n 203 , anche in Italia è stato introdotto l’istituto del ”Prestito vitalizio ipotecario, per le persone che abbiano raggiunto i 65 anni di età.

Come funziona ?

Questo tipo di finanziamento, è un finanziamento a lungo termine assistito da ipoteca di primo grado sulla casa di proprietà, riservata alle persone fisiche proprietarie dell'immobile che abitano, e che abbiano compiuto i 65 anni.

Il proprietario dell'immobile chiedendo il finanziamento dispone contestualmente che la propria abitazione venga ipotecata e posta garanzia dello stesso prestito. Questo tipo di finanziamento prevede, che da parte finanziato non sia mai effettuato alcun tipo di pagamento o rimborso durante tutta la sua vita, nemmeno il pagamento degli interessi. Gli interessi e le spese annuali vengono sommate annualmente ed il debito complessivo verrà rimborsato in un'unica soluzione alla morte del mutuatario.

Nel caso di finanziamento posto a carico di coniugi conviventi il finanziamento deve essere cointestato e sarà rimborsato soltanto con la scomparsa del più longevo dei due cointestatari.

Quanto dura?

Il prestito non ha una scadenza predeterminata, per questo viene chiamato vitalizio.

Chi paga ?

In questo caso il pagamento spetta, qualora siano interessati ad entrare in possesso dell'immobile, agli eredi che con la successione acquisiscono la proprietà dell'immobile insieme al debito da rimborsare. La proprietà dell'abitazione pertanto rimane sempre all'intestatario e dalla sua famiglia.

Quanto si può ottenere?

Questo tipo di finanziamento consente a chi lo ottiene di avere a disposizione una somma anche considerevole di denaro senza dover far fronte ai rimborsi. Solitamente l'importo del finanziamento può oscillare tra i 20% e il 50% dell'abitazione. La percentuale di finanziamento aumenta progressivamente con l'età del beneficiario raggiungendo il valore del 40% dell'immobile per le persone oltre di ottant'anni e arrivando sino al 50% per coloro che abbiano superato i 90 anni.
A chi è consigliato?

Questo tipo di prodotto e consigliato a chi ha bisogno di una liquidità molto elevata e significativa o si trova costretto a sostenere spese onerose, per imprevisti, per cura e malattia ed è titolare della sola casa di proprietà, titolare spesso di una pensione a volte minima, laddove non vi sia significativo apporto da parte dei parenti più stretti. In questi casi infatti questo tipo di prestito ipotecario consentirebbe di integrare le proprie entrate e di affrontare più agevolmente spese mediche di assistenza domiciliare o assistenza ad una persona disabile.

Questa forma di prestito inoltre, offre una maggior tutela anche per gli eredi. Infatti le altre soluzioni proposte ed in primis quella di vendere la nuda proprietà e mantenere l'usufrutto dell'immobile priverebbe gli eredi in via definitiva dell'immobile stesso.
Aspetti positivi.

Questo tipo di prestito tutela sicuramente di più il patrimonio familiare in favore degli eredi i quali possono decidere di saldare il debito e recuperare ogni diritto su un immobile, oppure vendere l'immobile e trattenere eventuale ricavato sulla vendita dopo aver coperto il debito.

Gli eredi non hanno alcun obbligo aggiuntivo nei confronti della banca qualora il valore dell'immobile fosse inoltre del debito totale maturato a scadenza.

Gli eredi potrebbero anche godere dell'eventuale rivalutazione dell'immobile nel tempo.

Dal momento della morte del titolare del diritto di proprietà gli eredi hanno tempo un anno per estinguere finanziamento e quindi evitare la banca eserciti il mandato a vendere conferito dall'originario proprietario.

Lo stesso soggetto finanziato rimane comunque libero di vendere l'immobile anche mentre è in vita, salvo naturalmente l'obbligo di rimborsare il prestito vitalizio ricevuto con eventuali penali previste.

Importante ricordare che:

I mutuatari devono avere la residenza nell’immobile oggetto di ipoteca, e non devono essere soggetti fallibili, né datori di ipoteca. Il tasso d'interesse normalmente applicato a questo tipo di finanziamento è più alto rispetto a quelli di mutuo prima casa, e gli interessi sono calcolati annualmente in via posticipata a differenza di quanto avviene con i prestiti rateali. In questo caso è consentito alla banca di percepire gli interessi sugli interessi praticando il cosiddetto anatocismo.

In questo tipo di finanziamento sono previste inoltre spesso cospicue spese aggiuntive che verranno detratte dall'importo erogato, come ad esempio commissioni di istruttoria, spese notarili, imposta sostitutiva, commissioni di gestione, assicurazione obbligatoria incendio.

Questo tipo di finanziamento, oltre ad essere molto costoso comporta spesso anche scelte irreversibili.

La perizia dell'immobile viene fatta in maniera preventiva cioè prima che l’istituto decida se erogare il prestito o no, pertanto anche in caso di non concessione prestito queste spese saranno dovute.

Nel valutare questo tipo di prodotto finanziario è assolutamente necessario affiliarsi a dei provati professionisti anche perché è una scelta a lungo termine che coinvolge sia l’abitazione del finanziato sia eventuali futuri diritti dei figli o eredi che saranno chiamati un domani al rimborso del finanziamento stesso.

lunedì 22 novembre 2010

Il concambio Argentina 2010 e gli strani ritardi nel rimborso

La notizia arriva dal supplemento del Sole24Ore, Plus24, di sabato 20 novembre 2010, ma già da tempo nei vari forum si era levata una lenta, ma continua, protesta per il ritardo dimostrato  da alcuni grossi gruppi bancari nazionali nelle operazioni di concambio dei vecchi titoli Argentina con le nuove obbligazioni, o con le relative somme di denaro concesse ai possessori dei tango bond.
Abbiamo già affrontato in questo blog l'offerta di concambio 2010 avanzata dal Governo Argentino, evidenziando che questa strada avrebbe portato il risparmiatore ad una perdita ingente delle somme investite. Questa strada aveva, ed ha tuttora, il pregio di dare certezza nel rientro, seppur parziale, delle somme investite prima del 2001.
A quanto pare, però, molti risparmiatori si trovano a dover ancora attendere il concambio 2010 a causa di alcuni "strani" ritardi da parte delle banche, le quali giustificano l'ennesimo disservizio con semplici questioni tecniche.
Riteniamo evidente che ancora una volta molti istituti di credito hanno perduto l'occasione per dimostrare la loro professionalità e la volontà di assistere realmente la clientela che già ha dovuto attendere così tanto tempo per ottenere una piccola parte dei soldi "bruciati" con i tango bond.
Consob e Bankitalia dovrebbero, a nostro parere, intervenire ed accertare le ragioni di questi strani ritardi. 

domenica 14 novembre 2010

CONSOB: vietato introdurre nel mercato notizie fuorvianti gli investitori

Questa settimana vi segnaliamo un recente provvedimento adottato dalla CONSOB e con il quale l'Autorità ha stabilito delle condanne nei confronti di chi ha introdotto sul mercato notizie false in merito all'esistenza di una seconda cordata per l'acquisto di ALITALIA.
La sentenza è importante anche per i consumatori perché la CONSOB ribadisce che sono vietate tutte le manovre finalizzate a disturbare il mercato.


Delibera n. 17538
Applicazione di sanzioni amministrative nei confronti del Prof. Antonio Baldassarre, ai sensi degli articoli 187-ter e 187-septies del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58

LA COMMISSIONE NAZIONALE PER LE SOCIETA' E LA BORSA

VISTA la legge 7 giugno 1974, n. 216;

VISTA la legge 24 novembre 1981, n. 689;

VISTO il decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58;

VISTO il regolamento di attuazione degli articoli 2, comma 2, e 4 della legge 7 agosto 1990, n. 241, concernente la determinazione dei termini di conclusione e delle unità organizzative responsabili dei procedimenti della Consob, adottato con propria delibera n. 12697 del 2 agosto 2000 e successive modificazioni;

VISTA la propria delibera n. 15086 del 21 giugno 2005, recante disposizioni organizzative e procedurali relative all'applicazione di sanzioni amministrative, e successive modificazioni;

VISTA la nota del 2 novembre 2009 con la quale, in esito all'attività di vigilanza complessivamente svolta, la Divisione Mercati - Ufficio Insider Trading ha contestato al Prof. Antonio Baldassarre, ai sensi dell'art. 187-septies del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, la violazione dell'art. 187-ter , comma 1, del medesimo decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, per avere egli diffuso, nel periodo compreso tra agosto e dicembre 2007- attraverso dichiarazioni dal medesimo pronunciate e pubblicate da diversi organi di stampa [...omissis...] - informazioni che erano false e comunque idonee a fornire indicazioni false e fuorvianti, concernenti, in particolare, la disponibilità da parte dei soggetti partecipanti alla c.d. "Cordata Baldassarre" a sottoscrivere quote e a conferire risorse finanziarie in una costituenda Newco che avrebbe concorso all'acquisizione della predetta quota del capitale di Alitalia;

CONSIDERATO che il Prof. Baldassarre è stato reso edotto, con la stessa lettera di contestazione, della facoltà di produrre atti difensivi in relazione ai fatti contestati;

ESAMINATA la nota del 1° dicembre 2009, con cui il Prof. Baldassarre ha presentato deduzioni difensive volte a confutare i fatti contestati e ha, altresì, chiesto di essere sentito personalmente;

ESAMINATO il verbale di audizione del 16 febbraio 2010 e l'allegato file audio;

ESAMINATA la Relazione Istruttoria dell'11 maggio 2010, con la quale la Divisione Mercati - Ufficio Insider Trading ha espresso le proprie valutazioni in merito alle difese svolte dal Prof. Baldassarre nel senso di ritenerle inidonee a rimuovere la fondatezza dei fatti oggetto di contestazione;

VISTA la nota del 20 maggio 2010, con la quale l'Ufficio Sanzioni Amministrative ha comunicato al Prof. Baldassarre l'avvio della "Parte istruttoria della decisione" del procedimento sanzionatorio ed ha contestualmente inoltrato al medesimo copia della sopra richiamata Relazione Istruttoria, indicando altresì la facoltà per l'interessato di presentare memorie scritte e produrre documenti entro il termine di trenta giorni dalla ricezione della Relazione medesima;

RILEVATO che con nota in data 23 giugno 2010 il Prof. Baldassarre ha presentato ulteriori deduzioni difensive chiedendo, altresì, di avere accesso agli atti del procedimento e di essere audito personalmente;

ESAMINATO il verbale di accesso agli atti del 14 luglio 2010;

ESAMINATO il verbale dell'audizione del Prof. Baldassarre tenutasi il 30 luglio 2010;
ESAMINATA la Relazione dell'Ufficio Sanzioni Amministrative del 15 ottobre 2010, con la quale lo stesso Ufficio - tenuto conto delle risultanze procedimentali e della posizione difensiva complessivamente rappresentata dal soggetto interessato nel corso dell'intero procedimento - ha espresso considerazioni conclusive nel senso di ritenere accertata la violazione contestata ed ha formulato conseguenti proposte in merito alla quantificazione delle relative sanzioni amministrative;

RITENUTO, sulla base delle risultanze istruttorie, accertata la violazione da parte del Prof. Antonio Baldassarre dell'art. 187-ter, comma 1, del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e ciò avuto riguardo, in particolare, alle seguenti circostanze:

egli ha diffuso, nel periodo agosto-dicembre 2007 - attraverso reiterate dichiarazioni dal medesimo rilasciate e pubblicate dalla stampa - informazioni false e comunque idonee a fornire indicazioni false e fuorvianti in merito alle azioni Alitalia, che hanno accreditato la sussistenza di una "cordata" di imprenditori italiani e stranieri dotati delle risorse finanziarie e tecniche necessarie a rilevare la quota del capitale di Alitalia posta in vendita dal Ministero dell'Economia e delle Finanze, laddove, invece, nessuno dei soggetti di volta in volta partecipanti alla Cordata ha mai assunto in concreto l'impegno a mettere a disposizione le risorse necessarie a sostenere l'iniziativa;

la credibilità di tali informazioni e la loro conseguente fuorvianza è risultata amplificata in ragione delle prestigiose cariche, istituzionali e non, ricoperte in passato dal Prof. Baldassarre e del ruolo concretamente svolto nel caso di specie, non soltanto di advisor legale della Cordata, ma anche di coordinatore e, in taluni casi, di promotore della stessa;

VISTO il più volte richiamato art. 187-ter del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, ai sensi del quale le condotte illecite sostanzianti manipolazione del mercato sono punite con sanzione amministrativa pecuniaria da un minimo di € 100.000,00 a un massimo di € 25.000.000,00;



VISTO l'art. 187-quater, comma 1, del medesimo decreto, ai sensi del quale l'applicazione di sanzioni amministrative pecuniarie per violazione del predetto art. 187-ter comporta la perdita temporanea dei requisiti di onorabilità e l'incapacità temporanea ad assumere incarichi di amministrazione, direzione e controllo nell'ambito di società quotate e di società appartenenti al medesimo gruppo di società quotate, per una durata non inferiore a due mesi e non superiore a tre anni;

CONSIDERATO che i criteri generali in tema di sanzioni amministrative previsti dall'art. 11 della legge 24 novembre 1981, n. 689 trovano applicazione con riguardo sia alle sanzioni amministrative pecuniarie, sia alle sanzioni amministrative accessorie;

CONSIDERATO con riguardo alla gravità oggettiva della violazione che il Prof. Baldassarre ha rilasciato alla stampa molteplici dichiarazioni in un arco di tempo considerevole (agosto-dicembre 2007), così ponendo in essere una condotta illecita volta ad ingenerare il convincimento, rivelatosi errato e comunque fuorviante, circa l'effettiva esistenza di una cordata di imprenditori interessati all'acquisizione della quota di capitale di Alitalia posta in vendita dal Ministero dell'Economia e delle Finanze; tutto ciò in un contesto di mercato caratterizzato da numerosi e pressoché quotidiani rumors e da uno spiccato interesse, anche mediatico, circa le future sorti della compagnia di bandiera;

RITENUTO, sotto il profilo soggettivo, che la condotta illecita accertata è stata posta in essere quantomeno con colpa grave;

CONSIDERATO, inoltre, che la condotta illecita risulta grave attesa anche la personalità dell'autore come già sopra rilevato;

SULLA BASE di quanto precede nonché dei fatti, delle valutazioni e delle motivazioni contenuti nell'Atto di accertamento, che è unito alla presente delibera e ne forma parte integrante;

D E L I B E R A:
Nei confronti del Prof. Antonio Baldassarre, nato a Foligno (PG) il 18 dicembre 1940 e residente a Roma, […omissis…], sono applicate le seguenti sanzioni:

1) sanzione amministrativa pecuniaria, ai sensi dell'art. 187-ter del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, di € 400.000,00, della quale è contestualmente ingiunto al medesimo il pagamento;
2) sanzione amministrativa accessoria, ai sensi dell'art. 187-quater, comma 1, dello stesso decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, per un periodo di mesi quattro.
[…omissis…]

La presente delibera è notificata all'interessato e sarà pubblicata, per estratto, nel Bollettino della Consob.
Avverso il presente provvedimento è ammesso ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio entro sessanta giorni dalla comunicazione.

Roma, 25 ottobre 2010
IL PRESIDENTE VICARIO

Vittorio Conti

sabato 6 novembre 2010

Mastercard e otto banche sanzionate per pratiche scorrette nella commercializzazione di carte di credito

Mano pesante dell'Antitrust nei confronti di alcuni gruppi bancari, sanzionati per oltre 6 milioni di euro per pratiche scorrette nella vendita di carte di credito. Mastercard e otto banche sono state considerate responsabili di intese ristrittive della concorrenza nel settore delle carte di pagamento. 
L'Autorita', infatti, ha accertato e comminato sanzioni nei confronti di Banca Monte dei Paschi di Siena, Bnl, Banca Sella Holding, Barclays Bank, Deutsche Bank, Intesa Sanpaolo, ICBPI e Unicredit per aver posto in essere attività volte a restringere la concorrenza.
Gli istituti di credito hanno agito, si legge dal provvedimento adottato dal Garante, con la sola finalità di mantenere elevata la commissione interbancaria sui pagamenti attraverso le carte di credito e di debito (carte revolving) emesse dal circuito Mastercard.
Tale commissione denominata "MIF" veniva trasferita (spalmata) sulle commissioni richieste ai negozianti convenzionati, con effetti sui prezzi praticati ai consumatori.
Riteniamo positivo l'intervento del Garante anche se conviene attendere l'esito del ricorso che gli istituti di credito sicuramente proporrano avverso il provvedimento.
Per maggiori dettagli vi rimandiamo al sito web del Garante concorrenza http://www.agcm.it/

aggiornamento 31 gennaio 2011

Il TAR del Lazio ha sospeso l'efficacia delle sanzioni amministrative irrogate nei confronti di vari istituti di credito ed ha fissato udienza per la discussione del merito per il prossimo 22 giugno 2011 (maggiori dettagli a http://www.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2011-01-29/sospende-multe-antitrust-mastercard-125656.shtml?uuid=AaJg683C)

aggiornamento 30 luglio 2011


Il TAR del Lazio accoglie il ricorso presentato dal Gruppo Mastercard ed annulla i provvedimenti sanzionatori emanati dall'Autorità Garante Concorrenza e Mercato.

domenica 31 ottobre 2010

Secondo la Cassazione anche l'emittente di un prodotto finanziario è responsabile del danno subito dal risparmiatore

La sentenza della Suprema Corte non è recentissima, ma riteniamo utile proporla in quanto stabilisce che il soggetto emittente di prodotti finanziari, in particolar modo fondi comuni di investimento, è tenuto a controllare l'attività svolta dagli intermediari che sollecitano l'investimento presso la propria clientela.

Il settore del risparmio gestito ha scontato negli ultimi anni grosse perdite ed il malcontento dei risparmiatori, i quali non hanno tratto alcun giovamento da questo tipo di operazioni finanziarie.

In molti casi, l'investitore si è rivolto al soggetto emittente il prodotto lamentando di non essere stato adeguatamente informato sulle caratteristiche del prodotto venduto.

Quest'ultimo declinava qualsiasi responsabilità per le negative performance segnate dallo strumento finanziario ed invitava il consumatore a rivolgersi, eventualmente, alla sua banca per contestazioni in merito all'informativa.

La Cassazione ha stabilito che anche il soggetto emittente può, a seconda dei casi, essere responsabile per i danni subiti dal cliente per l'esito negativo del prodotto finanziario.


Corte di Cassazione Sez. III Civile, 5 giugno 2009, n. 12994 – Pres. Vittoria – Rel. Lanzillo.

omissis


Fatto

- Il giorno 12.11.2008 è stata depositata in cancelleria la seguente relazione, ai sensi dell'art. 380 bis cod. proc. civ.:

"1.- Con atto notificato il 15.4.1992 C.G. e P.S. hanno convenuto davanti al Tribunale di Messina la s.p.a. Interbancaria Nazionale di Gestione (d'ora in avanti, I.N. GESTIONE), per sentirla condannare al risarcimento dei danni subiti a causa del comportamento illecito di un agente della società.

Esponevano che nel 1989, avendo deciso di investire i propri risparmi nei fondi gestiti dalla società convenuta, avevano consegnato a B.R.M., responsabile dell'Agenzia di Messina dell'Interbancaria, due assegni per complessive L. 12.300.000, ricevendo successivamente lettere 4.4.1989 e 25.7.1989 di conferma dell'investimento, su carta intestata della società convenuta.

Nell'ottobre del 1990, avendo chiesto il rimborso dell'investimento e degli interessi maturati, nulla avevano potuto ottenere, in quanto il B. si era indebitamente appropriato del loro denaro, come di quello di altri clienti, per il che ha successivamente riportato condanna in sede penale.

Avendo essi chiesto il risarcimento dei danni alla convenuta, questa li aveva invitati a rivolgersi alla s.p.a. Interbancaria Nazionale Investimenti (d'ora in avanti, I.N.INVESTIMENTI) che aveva conferito al B. l'incarico di agente. Quest'ultima non aveva dato alcun seguito alle loro richieste e pertanto essi hanno citato in giudizio la società titolare della gestione del fondo.

2.- La I.N.GESTIONE si è costituita, contestando la sua legittimazione passiva, in quanto la distribuzione delle quote del fondo da essa gestito era affidata ad altra società, cioè alla suddetta I.N.INVESTIMENTI, per la quale lavorava come agente il B.; che pertanto ogni responsabilità per gli illeciti di quest'ultimo era da ascrivere a questa seconda società.

3.- Gli attori hanno chiesto di essere autorizzati a chiamare in causa la I.N. INVESTIMENTI, ma il Tribunale non si è pronunciato sull'istanza e - con sentenza n. 2157 del 2002 - ha condannato la società convenuta alla restituzione della somma versata dagli attori, con la rivalutazione monetaria e gli interessi, nonchè al risarcimento dei danni, equitativamente liquidati in L. 2.500.000, oltre al rimborso delle spese processuali.

4.- Su appello della società soccombente, a cui hanno resistito i danneggiati, con sentenza 26 marzo-29 maggio 2007 la Corte di appello di Messina, in riforma della sentenza impugnata, ha respinto le domande di risarcimento dei danni, per difetto di legittimazione attiva della I.N.Gestione.

Ha rilevato la Corte di appello che l'appellante ha documentato di essere società separata e diversa dalla consociata I.N.Investimenti, alla quale era affidato il collocamento dei fondi da essa gestiti, e che il B.R. era agente provinciale di questa seconda società, la quale ultima, quindi, è tenuta rispondere dell'illecita appropriazione dei denari dei clienti. Ha condannato gli appellati a restituire le somme ricevute in esecuzione della sentenza di primo grado ed a pagare la metà delle spese dei due gradi di giudizio, compensando la metà rimanente.

5.- Con atto notificato il 13.12.2007 i coniugi C.- P. propongono ricorso per cassazione avverso la sentenza, affidandone l'accoglimento ad un solo motivo. Resiste con controricorso la I.N. Gestione (oggi BNL Gestioni Società di gestione del risparmio p.a.).

6.- Con l'unico motivo - deducendo violazione di norme di diritto ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 3, i ricorrenti assumono che la società resistente è da ritenere responsabile ai sensi della L. 4 giugno 1985, n. 281, art. 15, comma 4, e dell'art. 7 n. 7 del Regolamento Consob 10 luglio 1985 n. 727, norme che entrambe subordinano il rilascio dell'autorizzazione all'esercizio di attività di sollecitazione del pubblico risparmio alla presentazione di garanzie relative al risarcimento dei danni arrecati a terzi da coloro che a qualunque titolo operino nel loro interesse, nonchè all'impegno di risarcire tali danni. La stessa responsabilità va desunta dall'art. 2049 cod. civ. e dalla L. 2 gennaio 1991, n. 1.

Rilevano che agli effetti della responsabilità non occorre un rapporto di subordinazione fra la società e l'ausiliario che abbia arrecato il danno, essendo sufficiente la mera collaborazione e, quanto al nesso causale, un rapporto di occasionalità necessaria fra il danno arrecato a terzi e l'incombenza disimpegnata per il contraente. La società resistente è da ritenere responsabile poichè essa stessa gestiva i fondi di cui era stato affidato al B. il collocamento nella provincia di Messina. Si tratterebbe pertanto di un rapporto di commissione, idoneo a far sorgere la responsabilità del soggetto che ha conferito l'incarico. Il motivo di ricorso si conclude con il seguente quesito: "Dica la Corte di cassazione se nel caso in esame vi sia stata, da parte della Corte di appello di Messina, violazione di legge per la mancata applicazione dell'art. 2049 cod. civ., essendosi di fatto instaurato un rapporto di commissione ex art. 1188 cod. civ., idoneo a far sorgere la responsabilità del soggetto che ha dato l'incarico, per il fatto illecito compiuto dall'incaricato".

7.- Il ricorso è inammissibile.

7.1.- La formulazione del quesito non è in termini, così come non appaiono rilevanti le censure sollevate con il motivo di ricorso. A parte l'erroneo richiamo dell'art. 1188 cod. civ., che nulla ha a che fare con il contratto di commissione e con la responsabilità del mandante, la questione rilevante ai fini del decidere non consiste nello stabilire se l'ausiliario, del cui comportamento il contraente deve rispondere ai sensi dell'art. 1228 cod. civ., possa essere anche un collaboratore non dipendente, ed in particolare un commissionario.

Si tratta invece di stabilire se l'agente che ha commesso l'illecito sia da considerare ausiliario della IN Gestioni, come assume la ricorrente, o ausiliario della IN Investimenti, come ha ritenuto la Corte di appello, negando la legittimazione passiva della prima società, ed in base a quali principi di diritto la decisione impugnata sarebbe da ritenere errata.

La Corte di appello ha accertato in fatto - con valutazione di merito, non suscettibile di riesame in questa sede, e comunque non contestata - che il B. ha ricevuto l'incarico di agente dalla s.p.a. IN Investimenti, società diversa ed autonoma rispetto alla s.p.a. IN Gestioni, pur se appartenente al medesimo gruppo. Ha perciò ritenuto che del comportamento del B. debba rispondere solo la IN Investimenti.

1 ricorrenti avrebbero dovuto specificare a che titolo ed in base a quale principio di diritto l'illecito comportamento del B. sarebbe imputabile non solo alla società che si è direttamente avvalsa della collaborazione di lui, ma anche alla IN Gestioni.

Le leggi speciali richiamate dai ricorrenti (L. 4 giugno 1985, n. 281; Regolamento Consob 10 luglio 1985 n. 727; L. 2 gennaio 1991, n. 1) riguardano in genere obblighi e responsabilità delle società di intermediazione mobiliare, ivi incluse quelle che si occupano solo del collocamento dei valori mobiliari, qual'è la IN Investimenti.

Non sono quindi significative in ordine al problema di stabilire quale delle due società sia da ritenere responsabile del comportamento del B., nel caso di specie.

L'attività di collocamento dei fondi si potrebbe certamente presentare come ausiliaria delle attività di emissione e di gestione (per esempio ove la società di collocamento agisca quale mandataria delle società di emissione e di gestione e non in proprio), si che si potrebbe configurare una responsabilità di queste ultime per il comportamento della prima, ai sensi dell'art. 1228 cod. civ..

Ma, per l'appunto, ausiliaria sarebbe da considerare la società, prima ancora che il singolo dipendente di cui essa si sia avvalsa e che abbia commesso l'illecito (diversamente da quanto prospettato dai ricorrenti), e dovrebbero essere dedotti e dimostrati i presupposti di fatto di una tale qualificazione giuridica (che la società di gestione abbia agito come mandataria e non in proprio, ecc.). Ciò non risulta in alcun modo non solo dalla formulazione del quesito - il che sarebbe di per sè sufficiente a comportare l'inammissibilità del ricorso ai sensi dell'art. 366 bis cod. proc. civ. (cfr. Cass. civ. S.U. 5 gennaio 2007 n. 36; Cass. civ., S.U. 8 maggio 2008 n. 11210; Cass. civ., Sez. 3, 9 maggio 2008 n. 11353) - ma neppure dall'illustrazione del motivo, che trascura l'accertamento in fatto della Corte di appello e formula le censure come se il B. avesse ricevuto l'incarico (ancorchè di mera collaborazione) direttamente dalla società resistente, senza peraltro contestare il relativo accertamento in fatto, contenuto nella sentenza impugnata.

Il motivo di ricorso, ed il quesito in cui esso si riassume, risultano quindi inidonei a giustificare la cassazione della sentenza impugnata.

8.- Il ricorso si presta ad essere avviato alla trattazione in camera di consiglio per essere dichiarato inammissibile." La relazione è stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata ai difensori delle parti.

- Il Pubblico Ministero non ha presentato conclusioni scritte.

Inizio documento


Diritto


1.- Il Collegio, all'esito dell'esame del ricorso e del controricorso, ritiene che erroneamente la Corte di appello abbia escluso la legittimazione passiva della I.N. Gestione, quale responsabile dei danni subiti dai ricorrenti.

2.- Questi hanno dedotto che il B.R., responsabile dell'appropriazione indebita del denaro dei clienti, era il diretto responsabile dell'Agenzia di Messina della resistente, alla quale questa aveva affidato il collocamento dei fondi da essa gestiti, e la circostanza non risulta contestata.

L'agenzia, pur se costituita in forma di società per azioni, ebbe ad agire quale mandataria ed ausiliaria della resistente, ai fini della distribuzione delle quote del fondo.

Tanto è vero che il contratto sottoscritto dai ricorrenti è stato redatto su moduli forniti dalla stessa IN-Gestione e che quest'ultima ebbe a confermare direttamente agli investitori l'avvenuta sottoscrizione delle quote, con lettere 4.4.1989 e 25.7.1989 redatte su propria carta intestata e inviate dalla propria sede in Milano, manifestando così di essere essa stessa la parte contraente.

3.- A fronte di tali elementi di fatto - che non appaiono contestati - la sentenza impugnata non avrebbe potuto escludere, senza motivazione alcuna, la corresponsabilità della IN-Gestione per l'operato della sua mandataria, IN-investimenti, come ha più volte deciso questa Corte, in materia di responsabilità della società mandante per i danni arrecati dagli agenti di assicurazione nell'esercizio delle incombenze loro affidate, quando l'agente si sia avvalso della sua qualità per consumare l'illecito, e la sua attività sia apparsa al terzo in buona fede verosimilmente rientrante nei limiti del mandato (Cass. Civ. Sez. 3^, 27 giugno 1984 n. 3776; Cass. Civ. Sez. 3^, 19 dicembre 1995 n. 12945; Cass. Civ. Sez. 3^, 3 aprile 2000 n. 4005).

La circostanza che l'agente operi in forma di società per azioni non vale ad escludere che, con la responsabilità diretta della società agente per l'operato dei suoi dipendenti - ben messa in luce dalla resistente nelle sue difese - possa concorrere la responsabilità della mandante e diretta interessata al collocamento, in base ai principi generali di cui agli artt. 1228 e 2049 cod. civ., circa la responsabilità del contraente per gli inadempimenti dei suoi ausiliari, qual è da considerare l'agente di vendita (sia esso individuo o società) ed i soggetti del cui comportamento l'agente è tenuto a rispondere.

Ove poi la mandante sia una società di gestione di titoli di investimento, come nel caso di specie, non si può consentire che essa si sottragga alle rigorose norme in tema di responsabilità delle società finanziarie nei confronti degli investitori per il solo fatto che i soggetti a cui abbia affidato la distribuzione delle quote del fondo operino in forma societaria (tanto più quando la società affidataria appartenga al suo medesimo gruppo).

Solo nei rapporti interni fra mandante e mandataria si potrà discutere di quale sia il soggetto effettivamente e direttamente responsabile dell'illecito.

4. - In accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio della causa alla Corte di appello di Catania, la quale deciderà la vertenza uniformandosi ai seguenti principi di diritto:

"In virtù dei principi contenuti negli artt. 1228 e 2049 cod. civ., la società di gestione di fondi di investimento è tenuta a rispondere nei confronti dei terzi in buona fede dei danni loro arrecati dall'illecito comportamento della società mandataria a cui sia stata affidata la distribuzione delle quote del fondo.

La mandante risponde nei confronti dei terzi anche degli illeciti commessi dai dipendenti o dagli ausiliari della mandataria, restando relegata ai rapporti interni la ripartizione delle responsabilità fra mandante e mandataria".




P.Q.M



La Corte di Cassazione accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di appello di Catania, che deciderà anche in ordine alle spese del giudizio di Cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 15 gennaio 2009.

Depositato in Cancelleria il 5 giugno 2009

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