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martedì 12 dicembre 2017

Uno sguardo al vostro conto corrente? il garante limita la curiosità della banca

Fonte: Garante privacy
Gli istituti di credito devono svolgere controlli interni, con cadenza almeno annuale, per verificare la legittimità e liceità degli accessi ai dati da parte dei propri dipendenti. Il principio è stato ribadito dal Garante privacy che ha dichiarato illecito il comportamento di un dipendente di una banca che aveva effettuato una serie di accessi indebiti al conto corrente di una cliente. [doc. web n. 6629414].

venerdì 24 novembre 2017

Unicredit sanzionata dall'Antitrust per aver sollecitato i clienti all'addebito diretto in conto degli interessi anatocistici

Vi proponiamo, qui di seguito, uno degli interessanti provvedimenti pronunciati dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, nella sua adunanza del 31 ottobre 2017, con la quale ha sanzionato Unicredit per una pratica commerciale scorretta adottata nei confronti dei clienti.

La banca è stata sanzionata per euro 5.000.000,00 per aver adottato una condotta aggressiva verso i correntisti, costretti ad aderire all'addebito diretto degli interessi anatocistici risultanti sul conto corrente.

La condotta aggressiva, contestata anche a Banca Nazionale del Lavoro S.p.A. (4.000.000,00 euro) e Intesa San Paolo S.p.A. (2.000.000,00 euro), ha ad oggetto la recente decisione di reintrodurre l'anatocismo nei rapporti bancari (vedi).

E' noto che l'addebito diretto degli interessi sul conto corrente può avvenire solo con il consenso espresso dal cliente (vedi).

Nella concreta fattispecie, Unicredit ha utilizzato il canale on line con i clienti al fine di incentivare questi ultimi a concedere il consenso per l'addebito diretto sul conto degli interessi anatocistici.


La condotta tenuta da Unicredit è stata considerata aggressiva da AGCM, in violazione degli articoli 24 e 25 del Codice del Consumo, in quanto finalizzata a sollecitare i clienti al consenso
, facendo credere che tale addebito in conto corrente sarebbe un ordinario modus operandi e senza rendere note le possibilità di pagamento alternativo degli interessi negativi.


La strategia di marketing è stata portata avanti sia attraverso l'internet banking (email, comunicazioni personalizzate e pop-up), sia attraverso le filiali dell'istituto di credito e con le comunicazioni tradizionali (posta).

Di seguito, il provvedimento di AGCM.

mercoledì 22 novembre 2017

Mutuo usurario: devono essere considerati tutti gli interessi indicati nel contratto!

Nuovo intervento della Suprema Corte di Cassazione in materia di usura applicata dall'istituto di credito nei rapporti con i propri clienti, ed in particolare con il contratto di mutuo.

Con la recente ordinanza del 4 ottobre 2017, i giudici di legittimità si sono pronunciati in senso favorevole ai consumatori, ridisegnando le norme che disciplinano l'usura bancaria.

- Usura bancaria (art. 1815 c.c., comma 2 - l. 108/1996)
Abbiamo già trattato l'argomento nel blog, ma giova ricordare alcune norme che regolano l'usura applicata ai rapporti bancari, ed in particolare al contratto di mutuo.

L'art. 1815 c.c. disciplina le norme previste in materia di interessi nel contratto di mutuo, ed il secondo chiarisce quale conseguenza deriva nel caso in cui siano pattuiti interessi oltre soglia usura "Se sono convenuti interessi usurari la clausola è nulla e non sono dovuti interessi".

E' noto che dal 1996, la determinazione della soglia usura viene periodicamente determinato secondo i parametri stabiliti dalla l. 108/1996, norma che stabilisce un tasso soglia che non deve mai essere superato dalle banche nella pattuizione degli interessi convenuti con i clienti nei contratti di mutuo. La Banca d'Italia adegua il tasso - soglia periodicamente, adeguandolo ai parametri periodici stabiliti ex lege.

- Cumulo degli interessi convenzionali e moratori: si o no?
L'argomento dibattuto in dottrina e giurisprudenza ha riguardato (ed oggetto di dibattito) l'inclusione nel tasso effettivo applicato dalla banca sia degli interessi convenzionali applicati (quelli che versiamo ogni mese), sia di quelli moratori (ossia quelli che devono essere corrisposti dal cliente alla banca quando non abbiamo pagato le rate mensili, ed hanno natura risarcitoria in favore di quest'ultima).

Ai fini della determinazione del tasso effettivo applicato devono essere inclusi sia gli interessi convenzionali che quelli moratori?

Negli anni si è creata una divisione tra i giudici, con alcuni che hanno considerato legittimo il cumulo (vedi qui e vedi qui), ed altra parte della giurisprudenza di merito che si è espressa in senso negativo (vedi qui e vedi qui).

- La Cassazione: bisogna considerare tutti gli interessi
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza 23192/17, stabilisce che è possibile accertare l'usura degli interessi applicati al mutuo, considerando tutti gli interessi,  corrispettivi e moratori, per la valutazione dell'eventuale accertamento del superamento del  tasso-soglia.


La Cassazione, richiamando un suo precedente (ord. n. 5598/2017) ha evidenziato che "è noto che in tema di contratto di mutuo, l'art. 1 della I. n. 108 del 1996, che prevede la  fissazione di un tasso soglia al di là del quale gli interessi pattuiti debbono essere considerati usurari, riguarda sia gli interessi corrispettivi che quelli moratori (Cass. 4 aprile 2003, n. 5324). Ha errato, allora, il tribunale nel ritenere in maniera apodittica che il tasso di soglia non fosse stato superato nella fattispecie concreta, solo perché non sarebbe consentito cumulare gli interessi corrispettivi a quelli moratori al fine di accertare il superamento del detto tasso".

Va da sé che è legittima la pretesa del consumatore di verificare se il tasso effettivo applicato dalla banca nel contratto di mutuo sia superiore al tasso soglia ex l. 108/1996, con conseguente nullità della clausola ed obbligo da parte del cliente di corrispondere alla banca il solo capitale ricevuto.

Qui la sentenza

domenica 12 novembre 2017

Ti hanno proposto il finanziamento per pagarti la multiproprietà? la Cassazione interviene in tuo favore

Nuovo ed interessante intervento della Suprema Corte di Cassazione in materia di vendita di multiproprietà (o altri certificati vacanza).

Non di rado, infatti, la vendita di questi particolari prodotti vacanza viene accompagnata dalla sollecitazione alla sottoscrizione di un contratto di credito al consumo (finanziamento personale), con il quale il consumatore può pagare la  sua multiproprietà in "comode" rate.

Cosa succede, in particolare?

Si presenta alla porta il promotore della società che ti vuole vendere la multiproprietà, e dopo averti "assediato" per alcune ore sull'opportunità di sottoscrivere il contratto, ti sottopone il  modulo per  la firma.

E qui il consumatore si rivolge al promotore con la famigerata "uscita": "non abbiamo i soldi per comprare questa multiproprietà", convinto che tale ultima affermazione possa fare desistere il venditore.

E  invece no!.....qui scatta la proposta finanziamento (a meno che non ti siano proposte le cambiali....insomma, "barba e capelli" ti viene proposto in qualsiasi  modo) attraverso una finanziaria.

Il promotore ti dice: tranquillo che abbiamo una finanziaria che ti può concedere la somma nello spazio di qualche giorno/settimana......e quindi, oltre a firmare il contratto di acquisto del certificato vacanza, ti trovi a firmare anche il contratto di finanziamento.

A volte, questa firma interviene qualche giorno dopo in una filiale della banca dove venite invitati per la firma del contratto di finanziamento (con tanto di assicurazione).

Come abbiamo sostenuto in più circostanze su questo blog, questo contratto di finanziamento è necessariamente collegato a quello di acquisto del diritto vacanza, in quanto il consumatore "si vede costretto" ad accendere il credito al consumo per permettersi il prezioso "certificato" di iscrizione al club.

Va da sé che se è possibile dimostrare che il contratto di acquisto del certificato vacanza (multiproprietà o diritto turnario) non è valido, diviene non valido anche il collegato contratto di finanziamento.

La Cassazione, con un importante e recente intervento, ha riaffermato questo principio, chiarendo che i contratti di credito al consumo finalizzati all'acquisto di un bene o servizio devono essere dichiarati nulli/risolti nel caso di nullità o risoluzione di quello principale. Tale soluzione può  (deve) essere adottata dal giudice, a prescindere dalla sussistenza di una esclusiva del finanziatore nella concessione del credito ai clienti dei fornitori.

Quindi, se acquistate un certificato di iscrizione ad un club, o una multiproprietà, e la pagate con un finanziamento, se il contratto principale non è stato adempiuto totalmente (ad esempio vi dicono che potete prenotare in qualsiasi parte dell'anno ed invece non è vero), è possibile ottenere anche la restituzione dei soldi versati con il finanziamento.

Qui di seguito la sentenza.

giovedì 2 novembre 2017

Cariferrara, Banca Marche, Banca Etruria e Carichieti: la domanda per l'arbitrato scade il prossimo 11 novembre

Gli obbligazionisti delle quattro banche in liquidazione (Cariferrara, Banca Marche, Banca Etruria e Carichieti) che non hanno aderito/o sono stati esclusi all’indennizzo forfettario possono avviare il procedimento di arbitrato avanti all'Autorità nazionale anticorruzione.

L'obbligazionista, o il suo successore, può compilare il modulo per richiedere l’accesso al Fondo di solidarietà tramite procedura arbitrale, così come previsto dal decreto n. 83/2017.

La norma in parola ha previsto che con il ricorso all'arbitrato il richiedente è obbligato ad inviare tutte le informazioni necessarie per consentire la valutazione da parte di ANAC, allegando tutta la documentazione inerente gli strumenti subordinati acquistati (contratto quadro, moduli di sottoscrizione, attestazione degli ordini eseguiti) ed ogni altro documento idoneo a valutare la fondatezza della domanda risarcitoria.

Vi ricordiamo che la domanda deve, a pena di decadenza, essere presentata entro e non oltre il prossimo 11 novembre 2017 con l'indicazione di tutte le ragioni poste a fondamento della richiesta del ristoro dei danni, ed allegazione dei relativi documenti.

Qui di seguito, il modulo per l'avvio della procedura alla camera arbitrale di ANAC.

mercoledì 1 novembre 2017

Errata segnalazione in banca dati privata? si al danno d'immagine!

L'errata segnalazione di un debitore in una banca dati legittima quest'ultimo ad ottenere il risarcimento del danno d'immagine. Questo il principio affermato dalla Corte di Cassazione (III^ Sez. Civ.) con la recente sentenza n. 16659/2017, pubblicata in data 6 luglio 2017.

La Corte di Cassazione, chiamata a valutare un caso di errata segnalazione di una società in una banca dati (con qualifica di cattivo pagatore), ha riconosciuto il diritto di quest'ultima al risarcimento della propria immagine, lesa dall'errata indicazione nella banca dati.

Il Giudice di legittimità ha osservato, infatti, che in siffatta circostanza esiste un diritto d'immagine e reputazione sociale, riconosciuto dall'art. 2 della Costituzione e dall'art. 8 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea e che per una società commerciale assume ancor più rilievo.

Il soggetto commerciale, infatti, si pone sul mercato (ove esiste una forte concorrenza) con una sua immagine/reputazione verso i clienti, i fornitori e, più in generale, gli altri competitors del settore.

E' evidente che nel caso in cui vi sia una errata segnalazione, il danno d'immagine sofferto è maggiore e meritevole di tutela.

La Corte, peraltro, puntualizza che la parte che eccepisce il danno d'immagine ha l'onere di allegare e fornire prova della lesione sofferta e che può essere risarcita se rispetta il criterio causale della "condotta materiale - evento lesivo - conseguenza dannosa".

La prova del danno può essere fornita anche attraverso le presunzioni, ma consigliamo a chi intenda ottenere il ristoro del danno d'immagine in queste circostanze, di attivarsi e trovare elementi che provino un effettivo pregiudizio della propria reputazione ed immagine.

Qui la sentenza della Corte di Cassazione n. 16659/2017.

domenica 1 ottobre 2017

CMS al vaglio della Cassazione

Come si dice in questi casi: "non c'è due senza tre" e quindi, dopo aver rinviato alle Sezioni Unite della Cassazione la questione relativa alla validità dei contratti di intermediazione finanziaria e bancari privi di firma della banca (vedi) e la questione dell'usura nei contratti tra banca e cliente per i rapporti pre 1996 (vedi), un'altra questione viene affidata alla soluzione dei giudici di legittimità nella loro più importante formazione.

Ancora una volta, quindi, la Cassazione non è riuscita a superare un contrasto, così dovendo affidare la questione alle Sezioni Unite, per trovare una soluzione unitarie, forse, definitiva.

Nel caso di specie, stiamo parlando della Commissione di Massimo Scoperto, ovvero la commissione che è stata fatta pagare ai correntisti per anni e legata ai saldi passivi segnati nei rapporti con le banche.

Successivamente all'intervento del 2008, ratificato con la legge n. 2/2009, le norme in materia di CMS sono cambiate e divenute - negli anni - più trasparenti e rispettose dei rapporti tra intermediario bancario e cliente, consentendo a quest'ultimo di comprendere con più chiarezza quali costi è tenuto a sopportare quando il conto finisce in rosso (vedi qui).

La nuova disciplina, però, è stata oggetto di critiche e contrasti, tant'è che la stessa Prima Sezione della Suprema Corte di Cassazione (relatore Dolmetta) ha ritenuto di dover ottenere un chiarimento in merito alla nuova disciplina in tema di commissione di massimo scoperto introdotta dall’art. 2-bis della l. n. 2 del 2009, ponendosi questo dilemma: queste norme hanno natura di interpretazione autentica della normativa già esistente in materia di usura, ovvero presentano una peculiare innovazione tale da renderle applicabili, e qui sta il punto dolente, applicabili solo ai rapporti bancari sorti successivamente all'entrata in vigore della legge?

La soluzione della questione è di rilievo centrale, in quanto se dovesse essere affermato il carattere innovativo della norma, per i rapporti antecedenti all'entrata in vigore della citata l. 2/2009, ai fini del controllo del tasso effettivo globale, per la valutazione del carattere usurario degli interessi, non dovrebbe essere inclusa la commissione di massimo scoperto.

Nel caso opposto, ossia se la l. 2/2009 è norma di interpretazione autentica che nulla innova in materia, la conseguenza sarebbe estremamente chiara: l'interpretazione della norma produrrebbe i propri effetti anche per i rapporti bancari antecedenti alla sua entrata in vigore, sicché ai fini della determinazione degli interessi usurari dovrebbe essere considerata anche la cms.

Qui potete leggere il provvedimento.

venerdì 15 settembre 2017

A San Marino c’è speranza per tutti i banchieri

Fonte: Fatto Quotidiano 6-7-2017
l sistema bancario di San Marino è in subbuglio per vari motivi. Una famiglia saudita tratta l’ingresso in un suo istituto di credito, suscitando legittimi interrogativi sui suoi obiettivi. Ma soprattutto le banche sammarinesi sono zavorrate dai famigerati non performing loan (Npl). Questo il quadro in cui s’inserisce una vicenda sconcertante.

sabato 2 settembre 2017

Nuove regole per il cambio del conto corrente

La recente riforma, intervenuta con il  decreto legislativo 15 marzo 2017, n. 37, norma attuativa della Direttiva UE 2014/92/UE, ha introdotto nuove norme per coloro che intendono spostare il proprio conto corrente verso un nuovo istituto di credito.

Stiamo parlando della c.d. "portabilità del conto corrente", ossia quando il correntista estingue il conto corrente, accendendo un nuovo rapporto bancario in una nuova banca.

Le nuove norme in materia si sono rese necessarie alla luce delle condotte tenute dalle banche quando il correntista chiede di voler estinguere il proprio conto, e trasferire i propri fondi verso altra banca.

Quali sono le novità?

venerdì 25 agosto 2017

Conto corrente di base: ecco le novità per i consumatori

Le recenti novità introdotte con il Decreto Legislativo 15 marzo 2017, n. 37, norma attuativa della Direttiva 2014/92/UE, hanno proposto nuove regole per il c.d. conto corrente di base, tipologia di rapporto bancario che gli Istituti di credito devono adottare a far data dal  14 aprile 2017, data di entrata in vigore del decreto.

Il tema conto corrente di base non è completamente nuovo, come già trattato (vedi), ma le novità introdotte di recente non riguardano alcune categorie, ma la grande platea dei consumatori.

Di seguito, alcune regole particolari introdotte con il D. Lgs. n. 37/2017.

martedì 22 agosto 2017

Veneto Banca: sanzione dall'Antitrust per la vendita di mutui

Non finiscono le grane per Veneto Banca, istituto di credito coinvolto in uno degli ultimi scandali bancari, ed oggetto di una nuova sanzione da parte dell'Antitrust,  per un ammontare complessivo di 5 milioni di euro, e connessa alla vendita di prodotti bancari in violazione delle norme del Codice del Consumo.

L'autorità garante, in particolare, ha contestato a Veneto Banca di aver posto in essere due pratiche commerciali scorrette nella erogazione dei contratti di mutuo in favore dei consumatori attraverso  il modello della vendita combinata ovverossia collegata all'acquisto di proprie azioni o altri prodotti bancari presso lo stesso operatore, come ad esempio un conto corrente.

Nella concreta fattispecie, così come già rilevato da AGCM in altra indagine conclusa verso Banca Popolare di Vicenza (vedi), avrebbe condizionato l'erogazione di un finanziamento/mutuo in favore di un consumatore all'acquisto di azioni della banca, e tale pratica commerciale scorretta è avvenuta in occasione delle operazioni di ricapitalizzazione dell'istituto di credito avvenute tra il 2012 e il 2014.

In quel periodo, la banca versava in grave crisi patrimoniale e decise di far gravare la propria situazione sui sottoscrittori dei mutui, imponendo loro l'acquisto dei titoli azionari.

La figura del “mutuo socio” è stata creata, secondo la conclusione raggiunta da AGCM, per i  consumatori al fine di ottenere gli stessi pacchetti minimi di azioni della Banca pari a n. 200 azioni, superiore a quello minimo necessario per diventare soci (pari a n. 100 azioni), imponendo al mutuatario di non procedere alla vendita del pacchetto azionario per un determinato periodo, al fine di non perdere le condizioni economiche previste per il mutuo.

Vero è che il mutuo soci garantisce dei vantaggi in favore dei consumatori sottoscrittori, ma è altresì dimostrato che tali aspetti positivi sono stati compensati, in termini negativi, dai costi connessi al pacchetto azionario al quale tale prodotto era di fatto vincolato.

A ciò si aggiunga, come sopra evidenziato, che oltre all'acquisto di titoli azionari, Veneto Banca ha indotto molti consumatori a sottoscrivere un conto corrente presso la stessa filiale e su cui regolare il rapporto di mutuo.


L’Antitrust ha rilevato che tali condotte, limitative della libertà di scelta dei consumatori, siano contrarie ai principi del Codice del Consumo, condannando Veneto Banca per pratiche commerciali scorrette.


Di seguito, il provvedimento di AGCM.

martedì 15 agosto 2017

Fondi chiusi, gli iscritti a loro insaputa

Fonte: Il Fatto quotidiano - 19 aprile 2017
L’italico genio per le soluzioni pasticciate ne ha escogitata un’altra: gli iscritti-fantasma ai fondi pensione. A monte vi è una strategia applicata da qualche anno per truccare le carte della previdenza integrativa. Nei rinnovi contrattuali i sindacati sottraggono una quota di aumento salariale per i lavoratori e la dirottano d’imperio ai propri fondi pensione, pure per chi saggiamente non vi vuole aderire. Sono somme a volte minime, come 100 euro l’anno.

domenica 6 agosto 2017

A chi è rimasto il cerino in mano delle obbligazioni Alitalia?

Fonte: Il Fatto Quotidiano 15/5/2017
Chi ci rimetterà da un fallimento della nuova Alitalia? Per forza gli azionisti, poi di sicuro molti fornitori, i contribuenti italiani, i dipendenti ecc. A prima vista nessun risparmiatore. Ma è proprio così? A giudicare da alcuni dati scovati e forniti da Marco Vinciguerra della Tokos, la situazione è peggiore e anche più opaca.

L’Alitalia-Società Aerea Italiana (SAI), cioè l’attuale compagnia subentrata alla precedente, ha emesso diverse obbligazioni per importi rilevanti. Vogliamo però concentrarci su quella da 375 milioni di euro che circola sul mercato secondario, di cui si parla pochissimo o niente. È il prestito Alitalia-SAI 5,25% 30-7-2020, codice Isin XS1263964576, quotato in Irlanda. Sorvoliamo sull’entusiasmo ostentato dell’amministratore delegato Silvano Cassano che lo definiva “un importante segnale di fiducia dei mercati finanziari”, a ulteriore conferma di quanto sia idiota la massima di Borsa “Il mercato ha sempre ragione”.

martedì 1 agosto 2017

Mutuo & Euribor - conviene contestare il calcolo degli interessi alla banca?

Una nuova strada può aprirsi per  i consumatori che hanno acceso un  contratto di mutuo a tasso variabile (collegato all’Euribor) tra gli anni 2005 e 2008.

La recente decisione della Commissione dell’Unione europea (vedi qui) ha evidenziato l’esistenza di un cartello di banche che ha alterato il tasso Euribor, manipolando le rilevazioni periodiche tra il 2005 e il 2008.

Questa alterazione  ha reso, di fatto, non attendibili i tassi  variabili determinati in quel periodo, legittimando i consumatori a chiedere il riconteggio degli interessi.

Nel caso di specie, vari gruppi bancari sono stati oggetto di sanzioni pecuniarie molto salate, avendo violato le norme comunitarie previste in materia di concorrenza, avendo manipolato il tasso di riferimento del mercato interbancario europeo ed usato per determinato il prezzo di moltissimi prodotti finanziari, in primo luogo i mutui a tasso variabile (Euribor).

mercoledì 19 luglio 2017

Rimborso buoni postali? si alla restituzione di tutti gli interessi

La vicenda buoni fruttiferi postali ha riguardato molti risparmiatori che avevano deciso di investire i propri risparmi in titoli sicuri, con la speranza di poter percepire degli interessi elevati al momento del   rimborso.


Purtroppo, Poste Italiane ha ridotto il calcolo degli interessi, offrendo una interpretazione discutibile del quadro normativo esistente, sicché la somma rimborsata al risparmiatore è risulta decisamente decurtata rispetto a quanto promesso al consumatore momento dell’investimento.


Consumatore Informato ha ricevuto molte segnalazioni di consumatori rimasti delusi dalla condotta tenuta da Poste Italiane, ed ha deciso di seguire coloro che hanno ottenuto un rimborso parziale della somma investita.

domenica 2 luglio 2017

Se volete scommettere sui Pir, fatelo da soli e non regalate soldi alle banche

Fonte: Il Fatto  Quotidiano 15-05-2017
Molti risparmiatori italiani reagiscono come il proverbiale cane di Pavlov. Appena gli prospettano di non pagare tasse, accettano qualunque proposta-trappola dell’industria del risparmio gestito: polizze vita, fondi pensione ecc. E di regola si danno la zappa sui piedi.


L’ultima sono i Piani individuali di risparmio (Pir), una formula in sé non assurda per indirizzare i risparmi verso le imprese anche medio-piccole. A fronte del rispetto di determinate regole, si viene dispensati da diverse imposte: sugli interessi, i capital gain, le successioni ecc. Bisogna investire il 70% in certe azioni od obbligazioni e in particolare il 21% fuori delle società più grosse, non disinvestire per almeno un cinque anni ecc. Con una rara decisione giusta, il governo Renzi ha concesso tali agevolazioni anche fuori del risparmio gestito, cioè per il fai-da-te. Non era stato praticamente mai così dal 1974, anno di introduzione dell’Irpef.

lunedì 26 giugno 2017

Contratto quadro e assenza di firma della banca: la questione finisce alle Sezioni Unite della Cassazione

Di recente, la Suprema Corte di Cassazione ha deciso, superando il precedente orientamento, di ritenere privi di validità i contratti di intermediazione conclusi tra banca e investitore nel caso di assenza di sottoscrizione da parte dell'intermediario finanziario.

Abbiamo già affrontato la questione, ricordando che in materia di intermediazione finanziaria sussiste un generale obbligo di forma scritta, in base al quale il risparmiatore può conferire alla banca un generale mandato per la negoziazione di valori mobiliari solo attraverso un contratto firmato.

Tale obbligo di firma, secondo quanto stabilito di recente dalla Cassazione (vedi Cass. n. 5919/2016 e Cass. 8395/2016) riguarda non solo il risparmiatore, ma anche l'istituto di credito. Ne consegue, che se la banca non firma il contratto quadro, questo è nullo con le conseguenze del caso.

La questione, tutt'altro che secondaria, è stata oggetto di nuova analisi da parte del Giudice di legittimità, ed in particolare dalla Sez. I^ Civ, la quale ha ritenuto di devolvere la questione alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, chiamate a risolvere il dubbio interpretativo delle norme.

Qui l'Ordinanza intermedia n. 10447 del 2017.

venerdì 16 giugno 2017

Euribor - illegittimo solo se viene provato che la banca ha partecipato alla manipolazione

Uno degli argomenti che hanno attirato l'attenzione delle associazioni dei consumatori negli ultimi tempi ha riguardato il tasso Euribor che altro non è che il tasso di interesse medio che viene rilevato periodicamente dalla  European Banking Federation sulla base delle segnalazioni ricevute dalle principali banche europee (in Italia Intesa Sanpaolo, Unicredit e Monte dei Paschi di Siena).

Il tasso Euribor viene utilizzato, come è noto, per la determinazione del tasso variabile applicato ai mutui concessi a privati ed imprese, ed è stato oggetto di critiche di recente quando si è venuti a conoscenza di una manipolazione delle rilevazioni tra il 2005 e il 2008 (vedi qui). 

La conseguente assenza di attendibilità e certezza della rilevazione Euribor ha portato esperti e associazioni dei consumatori a ritenere errata la determinazione degli interessi applicati dalle banche ai clienti nella concessione del credito, con conseguente diritto da parte dei consumatori ad ottenere una rideterminazione degli interessi dovuti.

Questa conclusione è valida e viene seguita dai tribunali? a quanto pare, l'idea dei giudici è ben diversa da quella che via abbiamo appena proposto, in quanto l'orientamento è quello di ritenere non applicabile il tasso Euribor solo nel caso in cui sia data prova della effettiva partecipazione della banca che ha concesso il credito al pool che ha alterato/manipolato il tasso Euribor anche violando le norme europee.

Questa soluzione è stata proposta di recente dal Tribunale di Torino, nonostante la pubblicazione del provvedimento sanzionatorio della Commissione europea, ha ritenuto di non accogliere la contestazione sollevata da un cliente che aveva eccepito la manipolazione del tasso Euribor, con conseguente illegittima determinazione del tasso di interesse del mutuo.

Il giudice torinese ha osservato, sul punto, che "Nonostante queste cautele, la manipolazione del tasso è possibile, come hanno dimostrato in questi anni le indagini compiute dalle Autorità di vigilanza e dalla Commissione europea (fatto notorio). Può essere cioè che la banca segnalante comunichi deliberatamente dati alterati. O che più banche s’accordino per concertare le segnalazioni al fine di influenzare il risultato finale, per ridurre il costo della raccolta (ad es. obbligazioni bancarie) o aumentare la remunerazione degli strumenti indicizzati al parametro (ad es. mutui a tasso variabile, derivati IRS ecc.).

Lo scrivente conviene che un’intesa siffatta può determinare violazione dell’art. 101 del trattato UE. L’intesa è nondimeno indimostrata, indimostrato ne è l’effetto sui tassi e, soprattutto, che                   ne sia stata parte. Tanto appare sufficiente a refutare l’eccezione del cliente.
".


Ne consegue che se volete contestare la manipolazione del tasso Euribor, dovete dimostrare che il vostro istituto di credito ha partecipato attivamente all'alterazione delle rilevazioni periodiche.

Qui la sentenza.

venerdì 9 giugno 2017

Popolare di Vicenza - nullo l'acquisto delle azioni della stessa banca

Questa domenica vi proponiamo la recente sentenza pronunciata dal Tribunale di Verona - Sez. III Civ. n. 687/2017 G.U. Dott. Massimo Vaccari con al  quale è stata dichiarata la violazione dei doveri di informazione da parte di Banca Popolare di Vicenza nella vendita di propri titoli azionari verso una correntista della stessa banca.

Nel caso  affrontato dal giudice veronese, una investitrice era stata sollecitata dai dipendenti della filiale  di Banca Popolare di Vicenza all'acquisto di azioni della Banca in assenza di precise informazioni in merito alla natura dei titoli oggetto di acquisto.

In particolare, il  Tribunale ha accertato che la banca non ha informato  in modo corretto e trasparente  che i titoli offerti erano illiquidi, ossia non collocati nei mercati finanziari ordinari, e quindi più difficilmente rivendibili.

Banca Popolare di Vicenza, inadempimento dei propri obblighi di diligenza e correttezza, avrebbe dovuto informare in modo appropriato la correntista, fornendo le informazioni previste peraltro dalla Consob, attraverso la comunicazione n. 9019104 del 2009 in materia di vendita di titoli illiquidi (per maggiori informazioni sui titoli illiquidi, guarda qui).

La sentenza è chiara nel ritenere violati i doveri di informazione nella vendita di questi prodotti finanziari, come peraltro già osservato in questo blog per molti altri casi inerenti Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca,

La pronuncia è interessante laddove ritiene che tale carenza informativa ha inciso anche sotto il profilo della scelta della consumatrice, la quale non è stata adeguatamente resa edotta della circostanza che il prezzo più elevato di ogni singola azione era giustificato dal particolare grado di rischio dei titoli illiquidi.

Il Tribunale di Verona ha concluso, accogliendo la domanda di risarcimento della consumatrice, obbligando la banca a restituire l'importo investito maggiorato degli interessi.

Qui la sentenza.

giovedì 1 giugno 2017

Barclays: le difese per il mutuo in franchi svizzeri

Una decina di anni addietro andava molto di moda, anche per motivi di risparmio, accendere un contratto di mutuo legandolo ai franchi svizzeri, ossia con un tasso di indicizzazione in valuta straniera.

Questo tipo di prodotto bancario ha, a seguito della svalutazione della valuta elevetica, creato notevoli problemi per i risparmiatori che volevano (o vogliono) estinguere il rapporto, costretti a versare ingenti somme alla banca.

In aiuto dei risparmiatori è intervenuta la recente sentenza del Tribunale di Roma, il quale ha riconosciuto le ragioni dei consumatori, aumentando le speranze di coloro che hanno contratto un mutuo collegato al cambio euro/franco svizzero e che ora non riescono ad uscire dal contratto perché la banca, Barclays in particolare, pretende il versameto di ingenti somme.

La sentenza tratta una complessa questione e coinvolge centinaia di clienti-consumatori che hanno stipulato la medesima tipologia di mutuo a tasso variabile indicizzato al franco svizzero e che vorrebbero ora anticipare l’estinzione del loro contratto o spostarsi ad altra banca con una surroga.

Se fino ad oggi, la strada per uscire da questi contratti era impraticabile, ora esistono più possibilità anche alla luce della sentenza con la quale il Tribunale di Roma ha rilevato la nullità parziale di questo tipo di mutui, nella parte relativa al calcolo degli interessi.

La vicenda
Nel caso di specie, un consumatore stipula con la Banca un contratto di mutuo che prevede “l'indicizzazione rapportata ad una valuta straniera”, vincolando l’importo degli interessi dovuti alla banca alle oscillazioni della valuta svizzera.

Così facendo, al momento della sua anticipata estinzione o in sede di surroga, Barclays richiede il versamento di una consistente somma derivante dall'applicazione del meccanismo della doppia conversione previsto da una apposita clausola contrattuale (art. 7).

Il consumatore viene incentivato a sottoscrivere questo tipo di contratto dietro la promessa, proveniente dai funzionari della banca, di poter ottenere un  risparmio evidente sugli interessi da versare alla banca.

Accade, invece, che a con l’applicazione di questa regola contrattuale, il consumatore che voglia estinguere il mutuo si trovi a versare ingenti somme in favore della banca, favorita dall’applicazione del cambio (e della famosa clausola 7).

Questa norma è regolare? Dovete sapere che nei rapporti bancari esiste una norma, l’art. 116 del Testo Unico Bancario, che impone alla banca di comunicare al cliente in modo completo e trasparente tutte le clausole del mutuo che non devono essere ambigue ed indeterminate.

Anche la clausola relativa agli interessi deve essere chiara e non deve far ricadere sul consumatore lo squilibrio dei diritti ed obblighi, altrimenti è vessatoria ai sensi dell’articolo 33 del Codice del Consumo.

Ma il contratto di Barclays prevede una clausola poco trasparente, con maggiori obblighi poco trasparenti per il cliente e quindi, contraria alle norme appena richiamate?

Il Tribunale di Roma in favore dei consumatori
Secondo il Tribunale di Roma, l’art. 7 del contratto del mutuo svizzero è contraria al Testo Unico Bancario e al Codice del consumo è una norma indeterminata, poco trasparente e inapplicabile al consumatore.

Quale ragionamento segue il giudice?

Il Giudice è stato chiamato ad esprimere un giudizio sulle norme del contratto di mutuo, ed ha osservato che il  contratto è scritto in modo tale da non risultare chiaro per il consumatore quale sia il meccanismo di determinazione dei interessi applicati, del criterio di indicizzazione e della modalità di estinzione anticipata del mutuo.

Di conseguenza, al momento della firma, il consumatore non può comprendere né quale sia il tasso di interesse effettivo, né quali gli obblighi all’estinzione, né i rischi, in quanto le clausole del contratto di mutuo  sono così generiche, vaghe ed indeterminate che "rendono equivoci i relativi diritti ed obblighi negoziali attesa la pluralità di singoli atti pur facenti parte di un unico contratto di mutuo".

Il contratto, scritto in modo generico ed indeterminato, produce come effetto la creazione di un significativo squilibrio nel rapporto tra banca e cliente a danno di quest’ultimo.

Tale squilibrio emerge, in particolare, nel momento in cui il consumatore voglia uscire anticipatamente dal contratto, oppure chiede la surroga, perché le condizioni per poter esercitare il suo diritto sono gravose, tali da rendere eccessivamente “cara” tale scelta.

Per tale ragione, il giudice ha dichiarato la nullità parziale del contratto in particolare delle norme relative al calcolo degli interessi nel caso di estinzione anticipata del mutuo tant’è che la banca non può utilizzare tale norma per impedire al cliente di chiudere il mutuo, o trasferirsi ad altra banca.

Grazie a questa sentenza è possibile chiedere alla banca di estinguere il mutuo o surrogarlo verso altra banca senza dover pagare elevati interessi derivanti dal cambio franco svizzero/euro (vedi qui la sentenza).

Cosa fare?
Vi consigliamo di scrivere alla banca, contestando tutte le clausole che vi impediscono di poter liberamente uscire dal contratto, eccependo la nullità degli articoli del contratto che prevedono il ricalcolo degli interessi nel caso di estinzione anticipata o surroga.

Per maggiori informazioni, potete scrivere a info@consumatoreinformato.it

venerdì 26 maggio 2017

Le obbligazioni in valuta estera sono una scommessa, non una sicurezza

Fonte: Il Fatto Quotidiano
Chi ha liquidità da investire, non sa che pesci pigliare. Impieghi tradizionali, come Btp, Cct o buoni fruttiferi postali, hanno ormai rendimenti intorno allo zero, salvo prendersi sul groppone roba lunga col rischio di perdite in caso di smobilizzo anticipato.


Così da un po’ vengono proposti titoli in valute dove i rendimento veleggiano a livelli ben superiori. In questi giorni Banca Imi pubblicizza nel programma Obbligazioni Collezione varie divise: dollari non solo americani, rubli e lire turche. E la Banca Mondiale obbligazioni in diverse valute addirittura “per uno sviluppo sostenibile”.

sabato 20 maggio 2017

Usura bancaria: la questione relativa agli interessi usurari pre 1996 verrà decisa dalle Sezioni Unite

Ancora una volta la Cassazione a Sezioni Unite viene chiamata a decidere una questione relativa al diritto bancario e, in particolare, l'applicazione delle norme in materia di usura bancaria.

Il problema, affrontato più volte dai giudici di merito, riguarda la possibile applicazione delle norme relative all'usura, introdotte nel 1996, anche verso i contratti di mutuo già accesi in quel periodo.

La Cassazione civile, sez. I^ Civile, ha ritenuto necessario una decisione unitaria sul punto, e quindi ha rimesso gli atti per l'assegnazione della causa alle Sezioni Unite Civili in relazione al contrasto sorto in relazione all'applicazione ai contratti di mutuo già avviati prima del 1996 dei criteri previsti dalla l. n. 108 del 1996 per la determinazione degli interessi usurari.

Le Sezioni unite della Cassazione dovranno, in questo senso, sciogliere il dubbio interpretativo della norma, e del suo spazio di applicazione, considerando anche la norma di interpretazione autentica di cui all’art. 1, comma 1, del d.l. n. 394 del 2000 (conv., con modif., nella l. n. 24 del 2001).

Qui l'ordinanza della Cassazione.

martedì 16 maggio 2017

Maximulta di Consob ai vertici di Banca Popolare di Vicenza

Le recenti sanzioni irrogate da Consob verso i vertici di Banca Popolare di Vicenza, attraverso tre distinte delibere, risulta alquanto beffarda (per non dire grottesca) visto l'eccessivo ritardo con il quale l'organo di controllo è intervenuto nella vicenda già trattata in questo blog.

E' di tutta evidenza, infatti, che Consob ha sanzionato la Banca Popolare di Vicenza per condotte irregolari poste in essere dal vertice aziendale tra aprile 2011 e aprile 2015.

Si tratta di violazioni delle norme di settore che hanno cagionato gravi danni ai risparmiatori (clienti - azionisti), finalizzate ad alterare le informazioni dei titoli azionari proposti sul mercato e, più in generale, il reale stato patrimoniale e finanziario dell'istituto di credito.

I provvedimenti hanno riguardato il Consiglio di amministrazione e il Collegio sindacale in carica nel periodo oggetto di verifica, nonchè alcuni dirigenti della banca.

Di seguito, potete leggere una delle delibere Consob, la n. 19930, con la quale Consob ha accertato che la vendita dei titoli della banca sono avvenuti in assenza di corretta e trasparente informativa fornita agli investitori.

La banca, come accertato all'esito dell'ispezione di Consob, ha violato le discipline in materia di regole di condotta degli intermediari nei confronti della clientela, di prospetto, di offerte al pubblico e di informazione societaria.

Peccato che, ancora una volta, questo intervento sia tardivo e di scarsa utilità per i risparmiatori.

Qui il provvedimento di Consob.

domenica 16 aprile 2017

Interessi bancari - si applica il tasso legale se manca il contratto

Questa domenica torniamo ad affrontare un argomento molto rilevante in materia di contratti bancari, ossia quale tasso di interesse la banca può applicare al cliente nel caso di carenza di contratto che disciplini i rapporti tra lo stesso e l'istituto di credito.


La Suprema Corte di Cassazione, Sez. Civ. III ha affermato un importate principio secondo il quale, per i contratti bancari stipulati prima del 1999, in assenza di valido contratto firmato tra le parti, il tasso di interesse  che deve essere applicato all'apertura di credito è quello legale (molto basso) e non quello convenzionale o TUB (Testo Unico Bancario).

Con il recente provvedimento n.   5609/2017, che potete leggere di seguito, il Giudice di legittimità ha chiarito, ancora una volta, che se non esiste una esplicita pattuizione del calcolo degli interessi applicati dalla banca al correntista dovrà essere applicato il tasso legale previsto dall’art. 1284 c.c..

La banca non può regolare in altro modo il calcolo degli interessi, sia sotto il profilo del tasso da applicare sia dal punto di vista della cadenza periodica in vigenza del rapporto bancario.

La Cassazione, oltre a ribadire il carattere illegittimo dell'anatocismo, ha ritenuto non applicabile al contratto condizioni non stabilite per iscritto tra banca e cliente, escludendo il calcolo degli interessi convenzionali  e la commissione di massimo scoperto.

Qui la sentenza.

venerdì 24 marzo 2017

Unicredit si impegna ad essere più trasparente con i propri clienti

La recente vicenda Euribor ha innescato una serie di conseguenze nel sistema bancario (vedi), peraltro chiamato a fronteggiare le continue discese del tasso di riferimento monetario.


Sul punto è intervenuta anche l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato che ha avviato un’indagine nei confronti di Unicredit volta a verificare la trasparenza e correttezza delle clausole contrattuali contenute nei contratti di mutuo a tasso variabile con la presenza di spread.
L’intervento di AGCM è risultato positivo, in quanto è stato accertato che molti contratti di mutuo fatti stipulare in questi ultimi anni ai consumatori da Unicredit non indicano in modo chiaro il tasso reale applicato al mutuatario, rappresentato dal solo spread nel caso di Euribor pari a “0”.
L’Antitrust ha contestato ad Unicredit alcune pratiche commerciali scorrette come si legge nel provvedimento che potete leggere di seguito “La prima pratica, in particolare, riguarda i contratti stipulati prima del verificarsi dei valori negativi dell’Euribor e consiste nella mancata applicazione di tali valori nella determinazione del tasso di interesse applicabile alle rate dei mutui immobiliari ipotecari a tasso variabile; il tutto in assenza di clausole inerenti il tasso minimo e senza informare i consumatori in merito ai criteri di calcolo adottati dalla Banca. La seconda pratica considerata riguarda i contratti stipulati successivamente al divenire negativo dell’indice Euribor e consiste nella carente informativa resa in merito alla circostanza che lo spread rappresenta di fatto il tasso minimo applicabile al contratto di mutuo in presenza di valori negativi dell’indice di riferimento.”.

L’indagine di AGCM ha evidenziato, in altre parole, la reale condotta tenuta da Unicredit di fronte alla progressiva riduzione dei valori Euribor, arrivato a segnare valori negativi, decidendo di adottare un’interpretazione del contratto di mutuo finalizzata ad ottenere comunque una remunerazione minima, in termini di interessi, pari allo spread, senza avvisare i consumatori di tale decisione.

Alcuni modelli contrattuali successivi al 2015, inoltre, presentano una carente informativa in merito al meccanismo applicato nel calcolo degli interessi periodici che conducono ad applicare il tasso fisso (spread) nel caso di Euribor negativo, trasformando di fatto il mutuo da variabile a fisso e periodico.

Tali carenze sono state contestate dall’Antitrust ad Unicredit, la quale ha assunto alcuni impegni per risolvere la questione, ed in particolare:
1) automatica rideterminazione retroattiva e per tutta la durata futura del rapporto del tasso di interesse nominale annuo dei contratti di mutuo a cui la Banca non aveva applicato i valori negativi dell’Euribor;
2) integrazione della documentazione precontrattuale e contrattuale destinata ai consumatori che hanno stipulato o stipuleranno con la Banca contratti che prevedono espresse clausole di tasso minimo pari allo spread, al fine di rendere esplicita, anche nella denominazione del contratto, la presenza di un tasso floor che limita la variabilità del contratto.
Questi impegni, seppur parzialmente, rappresentano un buon risultato garantendo maggior trasparenza per i consumatori che si rivolgeranno ad Unicredit per chiedere un mutuo a tasso variabile.
Di seguito, il provvedimento di AGCM con gli impegni assunti da Unicredit.

domenica 12 marzo 2017

La banca italiana più pericolosa: Mps o Intesa-Sanpaolo?

Fonte: Il Fatto Quotidiano 22/12/2016
Attualmente nell’occhio del ciclone c’è il Monte dei Paschi di Siena (Mps) e poi le due famigerate banche venete. Ma non c’è solo il bail-in, cui pensare. Nell’ottica dei risparmiatori, la banca più pericolosa è semmai Banca Intesa. I tiri mancini del Mps risalgono al passato e indubbiamente l’elenco completo sarebbe lungo: le obbligazioni subordinate rifilate per scalare la Banca Antonveneta, prodotti finanziari tossici quali ‘For You’ o ‘My Way’, un fondo comune come ‘Spazio euro nuovi mercati’ che accumulò perdite per il 104,3% del patrimonio, ecc.


Ma ora come ora Mps non si distingue dalle altre banche italiane nell’escogitare nuove trappole per mettere la mani sui risparmi dei propri clienti. Inoltre essi stanno sul chi vive e per giunta la banca non gode di buona stampa.


Tutti regolarmente elogiativi e spesso entusiastici sono invece gli articoli su Intesa-Sanpaolo, non fosse altro per la generale propensione dei giornalisti italiani ad adulare i potenti in ogni campo. Invece sulla prima banca italiana ci sarebbe ben altro da dire.

giovedì 9 marzo 2017

La banca non indica il tasso di interesse nel contratto? Non si pagano gli interessi

La Corte di giustizia dell'unione europea è intervenuta, ancora di recente, in materia di contratti bancari riaffermando un interessante principio secondo il quale l'intermediario bancario  che conclude un contratto di credito al consumo (finanziamento) con il cliente deve indicare in modo preciso tutte le principali condizioni contrattuali, a pena di nullità.

L'intervento della corte si è reso necessario a seguito di rinvio pregiudiziale operato dal giudice slovacco in una controversia tra una banca e una cliente, la quale lamentava la carenza di informazioni nel suo contratto bancario ed in particolare l'omessa indicazione del TAEG.

Il giudice nazionale ha investito la questione la Corte di giustizia chiedendo se:
1. ai fini  della validità del contratto sia necessario che le condizioni generali applicate dalla banca siano specificamente sottoscritte dal cliente;
2. l'omessa indicazione del TAEG nel contratto, ammessa dalla normativa nazionale, sia compatibile con le norme europee (in particolare la Direttiva 2008/48/CE).

Sul primo quesito, la Corte ha negato l'obbligatorietà di inserire le condizioni contrattuali nel modello contrattuale messo a disposizione della firma del cliente, salvo però garantire a quest'ultimo la possibilità di poter visionare tutte le clausole applicabili  al rapporto su supporto cartaceo o comunque altro supporto durevole, da consegnare prima della firma del contratto.

In merito alla seconda questione, ossia la necessità che il consumatore sia messo nella condizione di poter conoscere le più rilevanti norme contrattuali del credito al consumo, e la conseguente validità del contratto privo di queste informazioni.

La Corte, affrontando la questione sotto il profilo della compatibilità della normativa slovacca rispetto alle norme comunitarie, ha affermato il principio secondo il quale il modello contrattuale deve contenere tutte le informazioni necessarie al cliente per poter comprendere e valutare gli effetti derivanti dalla firma del contratto, come ad esempio le spese per l'istruttoria, il numero delle rate e l'importo della singola  rata, il TAEG, le spese notarili, le garanzie etc.

La carenza di queste informazioni, od anche la loro genericità, comportano la carenza di informazioni, con conseguente nullità parziale del contratto, ed in particolare se questa carenza riguarda il tasso d'interesse, il cliente potrà non pagare gli interessi.

Qui la sentenza.

sabato 18 febbraio 2017

Arriva il decreto salva risparmio

Non sappiamo quanto potrà essere di aiuto ai risparmiatori rimasti coinvolti nelle vicende bancarie degli ultimi anni, da Etruria a Popolare di Vicenza passando attraverso MPS), ma è divenuta legge dello stato la recente proposta (o meglio disegno) portato al vaglio delle camere.

La Camera dei Deputati, infatti, ha dato  approvazione definitiva al disegno di legge di conversione in legge del decreto-legge 23 dicembre 2016, n. 237.
Il provvedimento, già approvato dal Senato, introduce una serie di disposizioni urgenti per la tutela del risparmio nel settore creditizio sia dal punto di vista delle banche che da quello dei risparmiatori/investitori.


Di seguito, potete leggere il testo del disegno di legge trasmesso dal Senato l’8 febbraio 2017 e che verrà pubblicato Gazzetta Ufficiale delle Repubblica.


giovedì 2 febbraio 2017

L'auto non viene consegnata? le rate del finanziamento non devono essere pagate!

Nuovo ed interessante intervento di un giudice chiamato a decidere in merito all'obbligo da parte del consumatore di versare alla finanziaria le rate periodiche per l'acquisto di un  veicolo.

Dobbiamo subito evidenziare che di recente si sono moltiplicati i casi di consumatori che, dopo aver deciso di finanziare l'acquisto del veicolo, sono state costrette dalle finanziarie a pagare le rate del contratto anche nel caso in cui la macchina non sia stata regolarmente consegnata.

Il Tribunale di Benevento, con la recente sentenza che potete leggere di seguito, ha dato applicazione  al più recente orientamento della Cassazione (e della Corte di Giustizia dell'unione europea), ritenendo che il consumatore possa giovarsi delle norme volte a tutelarlo in queste ipotesi.

Il Giudice, richiamando l'art. 125 del Testo Unico Bancario, ha affermato che il consumatore ha diritto alla risoluzione del contratto di credito al consumo (finanziamento) nel caso in cui non abbia ricevuto il veicolo a causa del venditore, considerando questa ipotesi come un caso di inadempimento di non scarsa importanza (ex articolo 1445 Cc) del fornitore del bene o servizio sempreché tale circostanza sia provata dal consumatore.

Nel caso di specie, il giudice ha ritenuto provato, attraverso i testi, l'avvenuta consegna dell'autovettura oggetto del finanziamento da parte del venditore.

Qui la sentenza.

lunedì 23 gennaio 2017

Offerta di transazione di Popolare Vicenza e Veneto Banca. Conviene accettare?

Banca Popolare di Vicenza la definisce "una proposta concreta", mentre il Presidente di Veneto Banca dichiara "Vogliamo dare un segnale forte e tangibile a coloro che hanno subito gravi conseguenze a causa della passata gestione del nostro Gruppo, che sarà oggetto di una rigorosa azione di responsabilità. Sono proposte chiare e concrete, le uniche che possano alleviare in tempi brevi i disagi provocati a tante famiglie e imprese.".

Stiamo parlando delle proposte di transazione tombale avanzate dalle due banche verso i possessori di azioni  acquistate tra il 1° gennaio 2007 e il 31 dicembre 2016.

Le offerte provenienti dagli istituti di credito sono state definite "tombali", in quanto gli aderenti "rinunciano, irrevocabilmente e incondizionatamente a qualunque pretesa - nei confronti di chiunque e in qualunque sede (sia civile, sia penale) - relativa all'investimento".

L'offerta prevede, in buona sostanza, le seguenti condizioni:

- Banca Popolare di Vicenza verserà 9 euro per ogni azione;
- Veneto Banca rimborsa il 15% del valore nominale di acquisto.

Si tratta di un indennizzo, in quanto i titoli rimangono nelle mani dei consumatori, e si perfezionerà solo nel caso di adesione alla proposta dell'80% dei possessori di azioni che rientrano nel regolamento che accompagna l'offerta.

Ricordiamo, infine, che la "proposta concreta" (sic!) rimane valida sino al prossimo 15 marzo 2017, data di scadenza dell'offerta.

> Conviene aderire a questa offerta?

Premettiamo che da una lettura dei regolamenti che riguardano le offerte di Veneto Banca e Banca Popolare di Vicenza e che vi invitiamo a leggere con attenzione (vedi qui per BPVI, e qui per Veneto Banca), si evince con chiarezza che non tutti i possessori dei titoli azionari, anche acquistati successivamente al gennaio 2007, rientrano nell'offerta avanzata dalle banche.

Come anticipato in precedenza, stiamo parlando di una proposta di indennizzo, ove la banca si limita a versare l'importo oggetto di accordo, acquistandosi il silenzio giudiziario del consumatore (cioè il suo diritto ad agire per le vie legali), a fronte di pagamenti molto esigui.

Il valore dell'offerta è decisamente basso, ma può risultare interessante per i consumatori che non hanno intenzione, volontà e risorse monetarie per potersi vedere riconosciuto un reale risarcimento del danno attraverso l'arbitro in materia di investimenti finanziari o il giudice.

> Se non si aderisce? diffida - ricorso all'ACF o la mediazione civile

Chi non aderisce all'offerta dovrebbe, a nostro parere, inviare una diffida alla banca con la quale interrompere il termine di prescrizione e, successivamente, avviare un tentativo di soluzione stragiudiziale attraverso l'Arbitro per le controversie finanziarie (ACF) o con un procedimento di mediazione obbligatoria.

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