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giovedì 6 dicembre 2012

Beppe Scienza: “L’oro del Reno e del Tevere”

Lo stesso punto di partenza porta in Germania a un'esigenza di rassicurazioni, tipicamente tedesca, in Italia invece a silenzi inammissibili, pretese demagogiche e proposte dilettantesche.
Oro della Bundesbank. Il punto di partenza sono le riserve auree della banca centrale. La corte di conti tedesca ne ha richiesto un inventario, che ne verifichi sia i quantitativi, sia l'autenticità.

Tale richiesta mira anche a fare chiarezza sulle voci secondo cui molto dell'oro della Federal Reserve sarebbe stato segretamente prelevato e magari addirittura sostituito con lingotti di tungsteno dorati. Delle 3.396 tonnellate di oro della Bundesbank ufficialmente più di due terzi non sono a Francoforte sul Meno, bensì 1.536 proprio alla Federal Reserve a New York, 450 alla Bank of England a Londra e 374 alla Banque de France a Parigi. Ai tempi della guerra fredda si voleva così proteggere l'oro da un'eventuale occupazione del Patto di Varsavia. Al riguardo la Germania ha una certa esperienza: il Terzo Reich poté resistere anche grazie all'oro saccheggiato dalle banche centrali degli stati occupati.
Per altro si può convenire col governatore stesso, Jens Weidmann, che obietta che la Bundesbank ha problemi più impellenti che inventariare l'oro, la cui rilevanza è confutata da quotati economisti, quale Wolfgang Münchau.
Oro della Banca d'Italia. Cosa capita invece in Italia? La banca centrale possiede 2.452 tonnellate d'oro del valore attualmente di circa 103 miliardi di euro (Relazione annuale 31-5-2012) ma ben tiene segreto quanto sia depositato all'estero. Quindi per cominciare c'è da chiedersi perché i cittadini siano trattati come sudditi.
Poi potremmo registrare la richiesta di alcune associazioni di consumatori di venderne una parte per rilanciare la crescita economica. È una vecchia storia: ogni tanto qualcuno salta su a farsi bello con tali proposte, che ovviamente non hanno nessun seguito. Per giunta esse non c'entrano nulla col c.d. consumerismo, per cui mai formula richieste simili la tedesca Stiftung Warentest (unica entità a tutela dei consumatori, al posto di alcune decine di associazioni italiane).
Più interessante smontare la trovata del direttore del settimanale il Mondo, ulteriore conferma del basso livello del giornalismo economico italiano. Propone infatti (il Mondo, 2-11-2012 pag. 7) che l'Italia e il Portogallo emettano titoli di stato garantiti dall'oro delle riserve. Un'idea davvero balzana, frutto della totale ignoranza delle dinamiche dei mercati finanziari.
Sorvoliamo sulle difficoltà pratiche: l'oro dovrebbe essere trasferito presso uno stato terzo, perché altrimenti la garanzia non varrebbe nulla. Soprattutto verrebbe dato agli investitori un segnale devastante: l'Italia al livello di chi porta i gioielli al monte di pietà, costretto a darli in pegno per ottenere credito. Gli altri titoli chiaramente crollerebbero, con gioia dei lettori del Mondo cui comunque nei decenni passati sono stati consigliati investimenti sciagurati uno dopo l'altro.
È anche semplicistico affermare che così "non vi sarebbe alcuna necessità di vendere l'oro", perché in caso di insolvenza l'oro verrebbe comunque coattivamente venduto.
Bisogna dire che negli editoriali di Enrico Romagna-Manoja, l'attuale direttore del Mondo, si nota un grave scollamento dalla realtà italiana. Si veda quello del 16-9-2011 (pag. 5) quando scrisse: "Tutti, al nord come al sud, avrebbero accettato senza protestare più di tanto un innalzamento immediato dell'età pensionabile a 65 anni per uomini e donne". Ma aveva provato a chiedere il parere di un qualunque 61-enne, 62-enne ecc. in procinto di andare in pensione?

domenica 11 novembre 2012

Home banking & SMS alert: il correntista ha diritto al risarcimento del danno da phishing se non viene informato tempestivamente della truffa

L'utilizzo di sistemi bancari on line (cd. home banking) si è fortemente sviluppato negli ultimi anni, con conseguente aumento di ipotesi di furto dei dati bancari da parte di truffatori esperti, i quali non esitano a ripulire il conto corrente con bonifici bancari verso l'estero (cd phishing).

Il truffatore si appropria dei codici di accesso al conto corrente on line del cliente e provvede a disporre bonifici on line su un conto corrente aperto ad hoc su stati esteri, chiusi successivamente all'operazione.

Si sono sviluppate, a tal proposito, una serie di misure di protezione e sicurezza predisposte dalla banca in favore del cliente e che sono finalizzate ad evitare, o comunque limitare, il fenomeno appena descritto.
 
Per il conto corrente on line è previsto il codice password, nonchè il codice di accesso al codice on time (cd token) che consente di personalizzare l'accesso al conto corrente.

Una ulteriore mezzo di sicurezza del cliente è il sistema di sms alert: il correntista viene avvisato dalla banca che sul proprio conto corrente è stato impartito un ordine di bonifico bancario verso terzi. 

Egli può accedere al proprio conto corrente, verificare se si tratta di truffa ed annullare l'ordine impartito dal truffatore.
 
La sentenza che proponiamo questa settimana affronta tale problematica, chiarendo che esiste un obbligo da parte della banca di predisporre idonee misure per evitare truffe on line a danno del proprio cliente (cd. phishing).

La predisposizione di tali misure esclude la responsabilità dell'intermediario bancario per eventuali truffe avvenute sul conto corrente del cliente.

Quest'ultimo, come esposto in precedenza, può attivarsi appena viene informato del tentativo di truffa ed evitare di subire il pregiudizio economico nei propri confronti.

Per contro, se la banca non predispone corretti sistemi di controllo e sicurezza del conto corrente, come ad esempio un sistema di avviso via sms di tentativo di bonifico on line,  ossia il c.d. Sms alert, è responsabile del danno sofferto dal correntista.

Tale strumento, chiarisce il Tribunale di Verona, "consiste nell'invio al correntista della segnalazione di effettuazione di disposizioni di bonifico a distanza di pochi minuti dal momento in cui sono le stesse sono avvenute e assolve, quindi, una specifica funzione informativa, suppletiva rispetto a quella consistente nella visione dell'estratto conto, che è funzionale alla revoca della operazione, disposta per errore o in modo fraudolento.".

L'errato o parziale funzionamento dello stesso è causalmente connesso al danno patito dal correntista e comporta una grave violazione del dovere di controllo che incombe sulla banca al fine di evitare episodi di furto sul conto corrente on line del cliente.

L'istituto di credito è costretto, come si legge nella sentenza che trovate di seguito, a risarcire il danno sofferto dal cliente a causa della propria condotta negligente. 

TribunaleVR Phishing

mercoledì 7 novembre 2012

Banca BPM: già più di duemila adesioni alla conciliazione del bond convertendo

Il bond convertendo 2009/2012, caduto in default ed oggetto di indagine anche da parte della Consob, ha convinto Banca Popolare di Milano ad avviare una procedura di conciliazione con gli acquirenti di questo prodotto finanziario. In accordo con alcune dei consumatori, l'istituto di credito ha previsto dei tavoli di conciliazione ove vengono prese in considerazione tutte le posizioni "critiche" (vedi).  BPM sta cercando di chiudere questi rapporti con i propri clienti in via transattiva, proponendo un rimborso di parte del valore nominale investito dai piccoli risparmiatori.  
La procedura di conciliazione, che dovrebbe partire con i primi mesi del 2013, sta riscontrando un imprevisto successo, in quanto sino ad oggi pare che oltre 2000 domande di adesione siano state avanzate dai piccoli risparmiatori rimasti "scottati" dall'acquisto della vicenda.

La Banca Popolare di Milano ha comunicato che Ã¨ ancora possibile  aderire alla procedura sino al prossimo aprile 2013.

Consumatore Informato ribadisce la propria perplessità in merito a tale iniziativa ed invita coloro che intendono partecipare alla conciliazione di verificare le condizioni concrete di conciliazione previste.


mercoledì 17 ottobre 2012

Bond Lehman: arriva la seconda tranche di rimborso per gli obbligazionisti italiani

Nuovo rimborso per i risparmiatori italiani che hanno acquistato i bond Lehman, caduto in default, e che hanno aderito alla procedura fallimentare della banca americana (cd Chapter 11) avviata dal Tribunale di New York.

Ricordiamo che gli obbligazionisti italiani, più di 50.000, avevano già ottenuto un primo rimborso lo scorso aprile, così come avevamo evidenziato a suo tempo (vedi).

Nei primi giorni di ottobre, la procedura fallimentare ha provveduto a liquidare una seconda tranche di rimborso, pari al 3,8% sul valore nominale per i bond emessi direttamente dalla banca americana, e del 2,4% sul valore nominale per i bond emessi dall società olandese LBT, consociata di Lehman.

Invitiamo i possessori di obbligazioni Lehman Brothers che hanno aderito alla procedura fallimentare di prendere contatto con la propria banca e verificare l'accredito sul proprio conto corrente della somma liquidata dal Tribunale di New York.

domenica 14 ottobre 2012

Tribunale di Torino - gestione patrimoniale - falsi ordini disinvestimento

La chiusura di una gestione patrimoniale in prodotti finanziari deve rispettare il requisito di forma previsto dal contratto, cosicché non è valido l'ordine di disinvestimento impartito con e-mail nel caso in cui tale modalità non sia contemplata dal contratto quadro sottoscritto dal cliente.

Questa è la soluzione raggiunta dal Tribunale di Torino nella incredibile vicenda oggetto della controversia sottoposta alla sua decisione.

La vicenda affrontata dal giudice era alquanto complessa in quanto l'attore era un cliente particolare della banca, avendo aperto un rapporto di conto corrente ed un rapporto di gestione patrimoniale in Italia pur vivendo in Sud Africa.

La banca era solita inviare tutti i documenti via posta al cliente, residente all'estero, tramite posta ordinaria.

L'istituto di credito aveva chiarito al cliente, sia contrattualmente che attraverso le comunicazioni dei propri dipendenti, che la chiusura dei rapporti bancari doveva necessariamente avvenire con comunicazione sottoscritta dallo stesso correntista. Non era prevista alcuna attività via fax o posta elettronica.

Tra il settembre e il novembre del 2008, la banca riceveva distinti ordini di borsa da un indirizzo di posta elettronica - successivamente dimostratosi falso - con il quale un truffatore disponeva la chiusura della gestione patrimoniale e il trasferimento dell'ingente somma ricavata su conti correnti esteri (Indonesia e Sud Africa).

I soldi del cliente venivano, quindi, trasferiti a terzi attraverso bonifici su estero e, cosa più importante, senza il consenso del titolare del conto.

Il cliente della banca, venuto a conoscenza dei trasferimenti di queste somme di denaro senza suo consenso, sporgeva denuncia (sia in Sud Africa che in Italia) e disconosceva gli ordini di disinvestimento sostenendo che le firme apposte sui documenti elettronici non erano sue; non era suo nemmeno l'indirizzo di posta elettronica dal quale erano stati impartiti i diversi ordini al dipendente della filiale.

Il Tribunale di Torino ha osservato, in primo luogo, che il disconoscimento delle sottoscrizioni, tra l'altro inviate come allegato alle e-mail truffaldine, comporta la esclusione della paternità del documento rispetto al piccolo risparmiatore.

Conseguentemente, la banca ha autorizzato le operazioni di chiusura di gestione patrimoniale e di bonifico verso terzi, solo sulla base di e-mail inviate al dipendente della filiale.

Il Tribunale di Torino ha considerato nullo il finto ordine di chiusura del conto gestione, in quanto disposti attraverso una modalità non prevista dal contratto di gestione patrimoniale sottoscritto dal cliente.

Conseguentemente, il Tribunale di Torino ha dichiarato nulli gli ordini di borsa ed ha ordinato alla banca di restituire al cliente tutti i soldi trasferiti via bonifico.

Di seguito, potete leggere la sentenza con la descrizione della vicenda affrontata dal giudice.


gestione patrimoniale - falsi ordini disinvestimento

domenica 23 settembre 2012

La banca non deve avvertire il risparmiatore del prossimo default del titolo Lehman

La vicenda Lehman Brothers ha riguardato molti risparmiatori italiani, i quali hanno investito i propri risparmi nelle obbligazioni emesse dalla Banca d'affari americana.


La banca era considerato un soggetto finanziariamente solido, tant'è che le stesse società internazionali di rating avevano attribuito valore di merito elevatissimo ai titoli obbligazionari emessi da Lehman, considerando estremamente solidi e privi di rischio.

Il giudizio di rating era rimasto invariato sino a poche settimane prima che la banca dichiarasse il default del proprio debito, ossia nel settembre 2008.

Anche il consorzio Patti Chiari, soggetto istituito dall' ABI, aveva incluso le obbligazioni Lehman tra i titoli sicuri e consigliati ai piccoli risparmiatori.

Al fallimento della banca americana sono seguite numerose azioni legali avviate dai risparmiatori italiani nei confronti delle banche che avevano venduto loro bond Lehman, nonché nei confronti dello stesso consorzio Patti Chiari, accusato di aver fuorviato i risparmiatori in merito alle caratteristiche ed ai rischi collegati all'investimento in tali prodotti finanziari.
  
Ad oggi, i tribunali italiani hanno in maggioranza respinto le cause degli investitori non individuando una particolare violazione del dovere di informativa da parte delle banche nella vendita di titoli Lehman.

Anche il Tribunale di Torino, con la sentenza che vi proponiamo di seguito, ha respinto la domanda di risarcimento dell'investitore, sostenendo che la banca avrebbe rispettato i doveri di informativa previsti in materia.

Abbiamo già trattato questa pronuncia del Tribunale di Torino (qui), evidenziando che il giudice ha ritenuto che nella concreta fattispecie non vi sarebbe alcuna responsabilità nè della banca nè del consorzio Patti Chiari.

Il giudice torinese ha escluso l'obbligo della banca di dover avvertire il risparmiatore del prossimo fallimento di Lehman, nonchè quello di suggerirgli la vendita del titolo in suo possesso.

Vi invitiamo, quindi, a valutare attentamente l'ipotesi di avviare una controversia contro la vostra banca per l'operazione di investimento in titoli Lehman, facendovi aiutare da un professionista o da una associazione consumatori e considerando tutti gli aspetti legali collegati alla vostra vicenda. 


Tribunale Torino Lehman Brothers

giovedì 13 settembre 2012

Cirio: ancora poche settimane per interrompere la prescrizione

Volete ottenere dalla banca la restituzione dei vostri risparmi andati in fumo con i bond Cirio? avete ancora pochi giorni per avviare una contestazione del debito nei confronti del vostro istituto di credito.

Il prossimo mese di novembre, infatti, scatta il termine di prescrizione decennale del diritto di risarcimento del danno spettante all'investitore per inadempimento da parte del proprio intermediario finanziario.

Il nostro codice civile prevede che il consumatore che intenda contestare alla banca un grave inadempimento contrattuale deve agire entro e non oltre 10 anni dal momento in cui si manifesta il danno lamentato.

In altri termini, la responsabilità contrattuale della banca si prescrive, ex art. 2946 c.c., entro 10 anni dalla data in cui si è creato il danno sofferto dal suo cliente.

Per quel che riguarda l'acquisto di titoli obbligazionari Cirio, la prescrizione scatta, al più tardi, nel mese di novembre 2012, ossia dopo 10 anni dal default Cirio, come chiariamo in seguito.

Cosa dovete fare?
 
Inviate una lettera di messa in mora (vedi qui) verso la banca contestando l'inadempimento contrattuale e chiedendo il risarcimento del danno.

La lettera di diffida al risarcimento del danno produce l'effetto interruttivo del termine di prescrizione.

Per maggiori informazioni e assistenza info@consumatoreinformato.it



Perché l'azione di risarcimento contro la banca si prescrive nel novembre 2012?


Occorre fare un passo indietro e trattare brevemente la vicenda Cirio.

Il Gruppo Cirio era (ed è tuttora) uno dei leader mondiali del settore alimentare.

Verso la fine degli anni '90, messo alle strette dal sistema bancario, Cirio emetteva titoli obbligazionari destinati al mercato retail, ossia a quello dei piccoli risparmiatori.

Le obbligazioni Cirio presentavano numerosi rischi per gli acquirenti, ma tale circostanza era nota solo alle banche e non agli ignari risparmiatori.

Tali titoli erano, in particolar modo, esclusivamente destinati a ripianare il debito che la società accusava nei confronti delle banche.

Le emissioni avvenivano tramite il mercato obbligazionario del Lussemburgo, notoriamente poco trasparente e con scarsi controlli. i bond Cirio, però, venivano "piazzati" sul mercato italiano.

Come ogni prestito obbligazionario europeo, i titoli Cirio prevedevano un soggetto garante degli obbligazionisti, il trustee, i cui compito era quello di accertare eventuali difficoltà di rimborso da parte della società.

Nel novembre 2002, il trustee del prestito obbligazionario di Cirio rendeva noto che la società non aveva rimborsato uno dei prestiti obbligazionari giunto a scadenza.

Il trustee di Cirio, The Debenture Trust, avviava la fase di default dei bond Cirio, concedendo alla società un "periodo di grazia (grace period) per poter onorare il debito contratto con gli obbligazionisti.

La società di Sergio Cragnotti rimaneva inadempiente nei confronti degli obbligazionisti di tutte le emissioni obbligazionarie come segnalato il 22 novembre 2002 dallo stesso trustee «l'emittente e i garanti sono in stato di default nei confronti degli obblighi di pagamento. Non vi è necessità, precisa Law Debenture, che il Trustee certifichi che l'emittente o i garanti sono in default, a fronte dei termini del contratto del Trust e delle condizioni dei bond ...".

Nel novembre del 2002, quindi, si è manifestato il danno subito da tutti i possessori di obbligazioni Cirio e derivante dall'omesso rimborso del denaro investito, nonché degli interessi non percepiti.

Da tale periodo comincia a decorrere il termine entro il quale il singolo investitore può contestare alla propria banca il risarcimento del danno sofferto per il default di Cirio.

Tale termine, come già chiarito in precedenza, scade il prossimo novembre 2012 con conseguente prescrizione del diritto di risarcimento.

La vicenda Cirio è stata trattata anche in uno dei nostri incontri a radio Trentino inBlu e qui puoi trovare ulteriori informazioni.

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