Highlights Consumatore informato

Caricamento notizie in corso...
Visualizzazione post con etichetta buona fede. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta buona fede. Mostra tutti i post

giovedì 21 marzo 2024

Euribor alterato. Torino si allontana dalla Cassazione

Come era facile immaginare, la sentenza della Corte di Cassazione con la quale è stata dichiarata la nullità parziale dei contratti di finanziamento (mutuo o leasing) a tasso variabile per il periodo 2005/2008 (vedi qui), ha avuto immediato riscontro contrario dai giudici di merito.

Ed è stato il Tribunale di Torino ad aprire il fronte contrario all'orientamento espresso dal Giudice di legittimità, ribadendo una posizione già assunta (e mantenuta) tempo fa (vedi qui).

Nei prossimi mesi si formeranno gli schieramenti tra i giudici dei vari tribunali, e non ci resterà che attendere un ulteriore intervento risolutivo da parte degli Ermellini.

- Cosa ne pensa il Tribunale di Torino

Come anticipato, il Tribunale di Torino non ha mai aderito alla tesi della invalidità tout court di ogni contratto di finanziamento coinvolto nella vicenda Euribor, ritenendo che la nullità della clausola relativa agli interessi debba essere subordinata alla prova della partecipazione della banca al cartello censurato dalla Commissione europea.

In termini più semplici, il giudice piemontese ritiene che gli effetti dell'intesa illecita, con manipolazione dell'Euribor per il periodo 2005/2008, non possano riguardare le banche che non hanno fatto parte dell'accordo, con conseguente validità delle clausole inserite nei contratti di finanziamenti, anche se tecnicamente nulle.

Secondo il giudice, infatti, "Non è possibile qualificare come contratto “a valle”, agli effetti della repressione dell’intesa anti-concorrenziale, qualsiasi contratto di credito in corso di esecuzione negli anni tra il 2005 e il 2008 e parametrato all’Euribor, a prescindere dall’accertamento — decisivo — dell’adesione dell’impresa bancaria all’intesa per la manipolazione del prezzo".

In questi casi, afferma il Tribunale di Torino, il cliente rimasto danneggiato dall'utilizzo dell'Euribor manipolato può, al più, agire nei confronti dell'istituto di credito, avanzando una azione di risarcimento extracontrattuale, sempreché sia attivata entro i termini prescrittivi.

Tribunale di Torino Sez. I^ Civ. G.U. dott. Astuni - sentenza del 29 gennaio 2024 (visibile con browser Opera - VPN attivo)

sabato 2 aprile 2011

La mera dicitura "dichiaro di aver ricevuto le condizioni contrattuali regolanti il rapporto assicurativo, di averne preso atto e di accettarle integralmente" non è sufficiente a dimostrare l'avvenuta informativa da parte della banca nei confronti del cliente in merito alle caratteristiche della polizza index linked Lehman Brothers

Il Tribunale di Milano si è di recente pronunciato in materia di vendita di polizze assicurative indicizzate, individuando la responsabilità precontrattuale del venditore per il danno subito dalla cliente.
Il giudice, chiamato a verificare se la Compagnia assicuratrice avesse adempiuto all'obbligo di informare la cliente in merito al prodotto "pseudo assicurativo" sostiene che la mera dicitura "dichiaro di aver ricevuto le Condizioni contrattuali regolanti il rapporto assicurativo, di averne preso atto e di accettarle integralmente" contenuta nel contratto non è sufficiente a dimostrare l'adempimento di tale dovere informativo.
Il giudice indica quali informazioni l'intermediario avrebbe dovuto fornire al risparmiatore per soddisfare l'esigenza di completa informativa: " come da prassi- cosa fosse una polizza index linked e in particolare che il suo rendimento era indicizzato all'andamento di un paniere di titoli, che il premio versato era legato ad un'obbligazione zero coupon emessa da una primaria banca d'affari internazionale e segnatamente Lehman Brothers, che la polizza prevedeva la corresponsione di un importo a favore dei eneficiari in caso di morte del sottoscrittore.".
Il giudice sostiene, quindi, che tale prodotto - solo all'apparenza assicurativo, ma in realtà prettamente finanziario- avrebbe dovuto portare il professionista (il soggetto venditore) a meglio chiarire la natura del prodotto ed i rischi collegati a tale forma di investimento.
In assenza di tale informativa, il venditore risponde dei danni sofferti dalla cliente per responsabilità precontrattuale (culpa in contrahendo).



TRIBUNALE DI MILANO
SEZIONE SESTA CIVILE

Dott. Laura Cosentini         - Pres.

Dott. Amina Sionetti          - Giudice

Dott. Guido Macripò         - Giudice rel.


sentenza n. 9575/2010 (29/07/2010)

omissis

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente va disattesa l'eccezione di mutamento di rito sollevata dalla banca convenuta.
Nessun dubbio, invero, che in base alla normativa vigente anche le polizze united linked ovvero le polizze index linked, ossia le assicurazioni le cui prestazioni principali sono direttamente collegate al valore di quote di organismi di investimento collettivo del risparmio o di fondi interni ovvero a indici o ad altri valori di riferimento (v. art. 2 D. Lvo n. 209/05) siano prodotti finanziari, e in particolare prodotti emessi da imprese di assicurazione (v. art. 1 comma 1 lett. w - bis) del D. Lgs. 58/98.

Ne consegue che le controversie aventi ad oggetto la vendita anche di tali prodotti finanziari rientrano in base all'art. 1 lett. d) D. L.vo n. 5/03 tra le controversie assoggettate al rito societario.
Poiché la legge regolatrice del processo, secondo l'art. 5 c.p.c., è quella vigente al momento della sua istaurazione e atteso che la giurisdizione e la competenza - e, quindi, anche il rito applicabile attengono appunto al processo, essi si determinano con riferimento alla legge in vigore al momento della proposizione della domanda e non con riferimento alla legge applicabile ai fatti oggetto della controversia (v. anche Cass. S.U. n. 2786/10).
Orbene, attesa l'incidenza in ambito processuale del principio tempus regit actum e rilevato che anche il presente procedimento è stato instaurato con la notificazione dell'atto di citazione in data 14.5.09 è indubbio che il rito societario (visto l'art. 54 comma 1 (L. 69/09) si applica alla presente controverisa, avente ad oggetto il collocamento in data 27.6.05 da parte della banca convenuta all'attrice di una polizza index linked, essendo rilevanti, invece, la data della sottoscrizione della proposta contrattuale e quella dell'accettazione sotto i profili sostanziali della disciplina da applicare al contratto.
Con riferimento all'eccezione di inammissibilità dell'istanza di fissazione udienza sollevata dall'attrice nella nota ex art. 10 D.L.vo n. 5/03, il Tribunale rileva che non è stata riproposta all'udienza del 16.6.2010 e che, anzi, in tale data l'attrice ha chiesto una sollecita sentenza, così evidenziando il suo interesse ad una celere pronuncia sul merito della controversia: il Tribunale ritiene, quindi, che la predetta eccezione di inammissibilità sia stata rinunciata e la stessa non viene esaminata e decisa.
Con riferimento all'eccezione di difetto di legittimazione passiva sollevata dall Banca convenuta in relazione alle domande attoree di nullità della polizza stipulata dalla xxxx ovvero di annullamento della stessa ovvero di risoluzione della stessa per inadempimento contrattuale, il Tribunale ritiene che essa sia meritevole di accoglimento, atteso che il contratto de quo, ossia la polizza Maextra n. xxxxxxx, è stato pacificamente concluso da xxxxxx con la società xxxxxx e non con la xxxxxxx, la quale, quindi, non è parte contrattuale, avendo svolto solo attività di promozione del predetto prodotto finanziario, la cui raccolta della sottoscrizione dell'attrice e il successivo inoltro della proposta alla xxxxx.
Ne consegue che, non essendo la banca convenuta il destinatario degli effetti delle richieste di pronuncia di nullità ovvero di annullamento o di risoluzione della polizza, le domande vanno rigettate per difetto di legitimatio ad causam della convenuta xxxxx spa.
In via subordinata alle predette domande, l'attrice ha proposto la domanda di accertamento della responsabilità extracontrattuale e precontrattuale della banca convenuta, con conseguente condanna al risarcimento dei danni.
Orbene, la banca convenuta è certamente legittimata passiva con riferimento alla domanda risarcitoria proposta, fondata dala comportametno da essa tenuto quale soggetto distributore nella fase precontrattuale e allegato dall'attrice come generatore di un danno.
Va osservato, difatti, in primo luogo che sussisteva un vinvolo contrattuale sorto in data 5.2.02 tra la Compagnia di assicurazione xxx e la convenuta xxxx (v. doc. 2 convenuta "Italian Cooperation Agreement for the distribution of products") in base al quale , come ammesso anche dalla stessa convenuta (v. p. 25 comparsa di risposta), essa era stata nominata esclusivo distributore dei prodotti assicurativi - tra cui la polizza per cui è causa - forniti dall xxxx, e percepiva delle commissioni in relazione a tali prestazioni.
In secondo luogo, essendo ovviamente necessario che il cliente riceva le necessarie informazioni in ordine al contratto che sta per stipulare - come era del resto previsto in modo specifico anche in tema di polizze index linked dalla circolare n. 451/D emanata dall'ISVAP in data 24.7.01, che vista la maggiore complessità e diversificazione dei profili di rischio derivanti dalla stipulazione di tali contratti sottolinea l'esigenza di un'informativa precontrattuale di tali prodotti al pubblico più dettagliata, secondo uno schema fisso di nota inforamtiva- non può affermarsi che il cliente stipulante la polizza tramite uno sportello bancario debba essere tutelato di meno, proprio nella delicata fase precontrattuale, solo perché la Compagnia di assicurazione abbia deciso di avvalersi di distribuzione diverse da quelle rappresentate dagli agenti e dai mediatori di assicurazione, e in particolare si sia avvalso di un canale alternativo rappresentato, come nel caso di specie, dagli sportelli bancari.
Sotto tale profilo rileva il Tribunale, con riferimento alla normativa in vigore al momento della stipulazione dell polizza de qua, che l'art. 109 D.L.vo n. 174/95 prescriveva che "prima" della conclusione del contratto dovessero essere fornite per iscritto al cliente talune informazioni e la citata circolare n. 451/D emanata dall'ISVAP in data 24.7.01 aveva predisposto, quale informativa "precontrattuale", uno schema fisso di nota informativa.
E' chiaro, pertanto, che alla luce della predetta normativa specifica e più in generale del fondamentale canone di buona fede che deve essere osservato ex art. 1337 c.c. nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto, non è sufficiente che contestualmente alla sottoscrizione della proposta contrattuale il cliente dichiari, su un modulo prestampato, "di aver ricevuto le Condizioni contrattuali regolanti il rapporto assicurativo, di averne preso atto e di accettarle integralmente": sarebbe, difatti, del tutto inutile a fini di una scelta realmente informata e consapevole di acquisto che il cliente - il quale stai per negoziare, come evidenziato dall'ISVAP, un contratto che presenta maggiore complessità e diversifcicazione del profilo di rischio, qual'è la polizza index linked stipulata dalla xxx riceva l'informativa dettagliata scritta solo contestualmente alla sottoscrizione del contratto ovvero in precedenza ma con un tempo non sufficiente per formarsi una rappresentazione veritiera e corretta quanto meno degli elementi essenziali concernenti la specifica operazione che va a concludere.
Nel caso in esame, a fronte delle deduzioni dell'attrice e della documentazione da essa prodotta, non vi è prova del momento in cui sia stata consegnata alla xxxx l'informativa scritta e, quindi, non vi è la prova che al stessa sia stata consegnata "prima" della formazione del contratto e comunque in epoca precednete alla sottoscrizione della proposta in modo da lasciare alla cliente uno spazio di tempo sufficiente per colmare le asimmetrie informative che sussistevano con riferimento alla polizza index linked rispetto alla controparte, e poter così effettuare una scelta consapevole di negoziazione, tenuto conto altresì del profilo personale della xxxx la quale aveva raggiunto il diploma di scuola media inferiore e svolgeva l'attività di collaboratrice domestica ed era cliente da tempo della banca convenuta.
Del resto, è la stessa banca -contraddicendosi- ad ammettere sia di non aver svolto un ruolo meramente esecutivo, di semplice raccolta della sottoscrizione del cliente e di inoltro alla Compagnia di assicurazione, sia l'esigenza di fornire un'informazione ulteriore oltre a quella scritta laddove essa afferma (v. p. 13 comparsa di risposta) -senza poi chiedere al Tribunale di poter fornire la prova- di aver chiarito proprio prima della stipulazione in data 27.6.05 alla xxx -come da prassi- cosa fosse una polizza index linked e in particolare che il suo rendimento era indicizzato all'andamento di un paniere di titoli, che il premio versato era legato ad un'obbligazione zero coupon emessa da una primaria banca d'affari internazionale e segnatamente Lehman Brothers, che la polizza prevedeva la corresponsione di un importo a favore dei eneficiari in caso di morte del sottoscrittore.
D'altro canto, che anche la banca convenuta -sebbene non fosse la controparte contrattuale della polizza- fosse tenuta a fornire la necessaria informativa precontrattuale, deriva dall'avere essa svolto in concreto -nell'ambito del compito che si era assunto di distribuzione dei prodotti assicurativi della xxxxx un'attività di sollecitazione all'investimnto e comunque alla stipulazione della polizza Maextra (v. p. 13 comparsa di risposta "nel maggio - giugno 2005 veniva prospettata all'attrice la possibilità di sottoscrivere delle polizze vita index linked") nei confronti della propria cliente xxxxxx; avendo la banca deciso autonomamente di svolgere tale attività, la stessa avrebbe dovuto essere svolta quanto meno con osservanza delle predette norme in vigore all'epoca della stipulazione del cocntratto e del fondamentale canone di comportamento di buona fede nelle trattative e nella formazione dello stesso, tenuto altresì conto che il prodotto da essa promosso aveva una natura quanto meno mista di strumento assicurativo e strumento finanziario.
E' priva di pregio l'affermazione della banca convenuta secondo cui non vi sarebbe la prova della conclusione del contratto, atteso che la banca stessa a fornirla poichè tra le clausole della proposta sottoscritta dalla xxxxx è previsto che l'ammontare del premio venga addebitato sul conto corrente intrattenuto dalla stessa con la banca "non appena la xxxx comunicherà alla banca stessa l'avvenuta accettazione della proposta" e la banca non ha contestato di aver addebitato l'importo sul conto corrente dell'attrice, né ha dedotto di averlo -in violazione delle clausole- addebitato prima della conclusione del contratto con la xxxxxx.
Non rileva, d'altro canto, che, nonostante il comportamento antigiuridico tenuto dalla banca convenuta in sede di trattative e di formazione del contratto, il contratto sia stato poi concluso: secondo il condivisibile orientamento del Supremo Collegio (v. Cass. n. 14056/10) la violazione del dovere di comportarsi secondo buona fede nella fase anteriore a qualsiasi rapporto contrattuale espone all'obbligo di risarcire i danni, a prescindere dal fatto che il contratto sia stato poi concluso o meno e che la violazione del dovere di buona fede possa o meno aver inciso sulla validità dello stesso.
Pertanto, in considerazione del suddescritto comportamento antigiuridico tenuto dalla banca, va dichiarata la sua responsabilità precontrattuale con riferimento alla stipulazione in data 27.6.05 della polizza index linked Maextra n.......
Avendo stipulato tale polizza index linked senza avere prima ricevuto l'informativa necessaria per operare una scelta realmente consapevole, la xxx ha subito un danno pari alla perdita del premio unico del valore di euro 5.000,00, atteso che la predetta polizza - a causa del default della Banca Lehman Brothers, che aveva garantito il capitale investito nella polizza- non più ha alcun valore, circostanza quest'ultima non contestata specificatamente dalla banca convenuta.
Invero, nell'ipotesi di violazione della buona fede in contrahendo, il danno risarcibile consiste nel c.d. interesse contrattuale negativo, inteso come la pretesa del danneggiato al ripristino della situaizone in cui si sarebbe trovato qualora il contrtto non fosse mai stato concluso.
Non vi è prova che l'attrice abbia ricevuto, a titolo di cedole annuali, taluni importi nell'anno 2006 e nell'anno 2007.
Pertanto, il danno da risarcire va liquidato nella osmma complessiva di euro 5.000,00.
In tema di obbligazione risarcitoria da fatto illecito, la quale costituisce un tipico debito di valore, è dovuto al danneggiato anche il risarcimento del danno da ritardo conseguente alla mancata disponibilità per impieghi remunerativi della somma di denaro in cui il suddetto debito viene liquidato, da corrispondersi mediante i cd. interessi compensativi. Pertanto, su tale somma progressivamente rivalutata anno  per anno dal giorno dell'addebito sul conto corrente dell'attrice, spettano gli interessi in misura legale.

omissis

domenica 27 marzo 2011

Tribunale di Cassino: limiti della responsabilità della banca per operazioni false disposte sul conto del correntista

  La sentenza di questa settimana è stata di recente pronunciata dal Tribunale di Cassino che è ritornato sullo spinoso argomento della responsabilità della banca per il comportamento infedele di un dipendente il quale abbia cagionato un danno al cliente.

Il giudice ha delineato i limiti della responsabilità della banca ed ha evidenziato che l'eventuale risarcimento del danno in favore del correntista è condizionato dal comportamento da quest'ultimo tenuto.

Nella vicenda affrontata dal Tribunale di Cassino, il cliente, venuto a conoscenza delle irregolarità contabili realizzate dalla banca in suo danno, non si è attivato per tempo al fine di evitare il danno.

Tale inerzia del cliente esclude parzialmente la responsabilità della banca, in quanto, come commenta il giudice, "il comportamento assolutamente negligente dell'attore  [cliente] assume i connotati di una condotta colposa di efficacia tale da rompere il nesso eziologico fra la causa ed il danno ed idonea ad escludere ogni diritto al risarcimento del danno da parte della Banca ai sensi dell'art. 1227 c.c.. Tale palese concorso di colpa, infatti, è senza dubbio idoneo ad escludere sia la responsabilità oggettiva della Banca, sia quella ex art. 2409 c.c. perché il comportamento omissivo del Ca. è stato l'unico elemento che ha, di fatto, provocato il danno lamentato ed incrementato i suoi effetti negativi (Trib. Brescia, 23 dicembre 2002).".
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI CASSINO
SEZIONE CIVILE

riunito in camera di consiglio in persona dei Magistrati:
Dr. Giuseppe De Carolis di Prossedi - Presidente
Dr. Andrea Petteruti - Giudice Relatore ed Estensore
Dr.ssa Simona Rossi - Giudice
ha pronunciato la seguente
SENTENZA

nella causa iscritta al n. xxxxx del R.G.A.C.C., avente ad oggetto risoluzione contratto, pagamento somme e risarcimento danni, vertente

Tra

Ca.Sa., rappresentato e difeso, in virtù di procura generale alle liti conferita con atto a rogito del notaio Or.Di., Rep. (...), dall'avv. Ni.Se. ed elettivamente domiciliato in Cassino (FR), (...), presso lo studio dell'avv. Em.Ve.
Attore

E

Ce.Su. s.p.a., in persona del suo legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, in virtù di procura in calce alla memoria di costituzione di nuovo difensore, dagli avv.ti Lo.De. e Pa.Ca. ed elettivamente domiciliata presso lo studio di quest'ultima in Cassino (FR), (...)

Nonché:
Ad.An.
Ri.An.
Contumaci

discussa all'udienza del 17 dicembre 2010, sulle seguenti

CONCLUSIONI

per l'attore ed il convenuto costituito: come da verbali ed atti di causa.


Svolgimento del processo e motivi della decisione


1. Fatti accertati.

L'istruzione probatoria svolta ha consentito di accertare quanto segue.
Non è contestato che l'attore, nell'anno 2002, era titolare di una somma pari a Lire 9.714.807.099 giacente su un conto corrente in dollari U.S.A. ed un conto corrente in Euro, entrambi accesi presso la Cr.Su. S.p.A. (di seguito anche Banca), istituto di credito presso cui era stato anche acceso, in data 15 gennaio 2002, un "conto investimento" a lui intestato.

Il Ca., inoltre aveva conferito alla Banca un "mandato per la gestione patrimoniale G." in data 2 ottobre 2002 (si veda la copia del mandato in allegato al fascicolo della Banca).

Nemmeno è contestato che Ad.An. fosse promotore finanziario per conto della Cr.Su. S.p.A. almeno dal 17 dicembre 2001 e che lo stesso fu, successivamente all'accertamento dei fatti per cui è causa, allontanato dalla Banca convenuta per gravi irregolarità.

Dall'esame dei documenti in atti, poi, si evince che l'Ad. ha disposto di somme facenti capo all'attore per complessivi Euro 1.054.000,00, di cui Euro 735.500,00 in favore di Ri.An., a mezzo di bonifici bancari con firma apocrifa (si vedano i bonifici e la C.T.U. in atti).

Non è contestato che l'Ad. tentò di effettuare, senza autorizzazione dell'attore, un ordine di trasferimento di U.S.D. 2.754.843,00 in favore di "Gr.Ca." presso la Banque (...) di Monaco e che lo stesso non è andato a buon fine.

Pure pacifico è che l'Ad. ha, sempre senza autorizzazione dell'attore, venduto anzitempo un'obbligazione a lungo termine di U.S.D. 1.600.000,00 intestata al Ca..

E' stato, inoltre, dimostrato che fu effettuato un trasferimento di Euro 1.000.000,00 sulla Co.Ba. di Lugano.

2. Posizione di Ri.An.

La convenuta Ri. ha senza dubbio beneficiato di versamenti effettuati dall'Ad. a mezzo di bonifici con firma apocrifa del Ca. per Euro 735.500,00 (si vedano il prospetto dei bonifici prodotto dalla banca ed i bonifici in atti).

Non vi è alcuna prova, tuttavia, né della collusione fra costei e l'Ad., né del fatto che la Ri. fosse a conoscenza della provenienza illecita delle somme accreditate sul suo conto corrente.

L'istruttoria svolta (si vedano gli estratti conto prodotti dalla Banca Se. S.p.A. in esecuzione dell'ordine di esibizione del Tribunale e le dichiarazioni rese dai testi escussi), infatti, ha dimostrato unicamente che:

a) il Ca. conosceva bene la Ri., che sapeva essere la madre dell'Ad.; b) sul conto di quest'ultima sono affluiti alcuni bonifici bancari provenienti dall'estero (per somme cospicue) e non dal conto corrente del Ca., nonché dal conto corrente del di lei figlio (per importi molto ridotti).

Null'altro.

Di tale grave carenza probatoria, del resto, mostra di essere consapevole lo stesso attore, il quale, in comparsa conclusionale, ammette espressamente che "...l'Ad. probabilmente con la collaborazione della madre....ha depauperato il patrimonio del Ca...".

Ne consegue che la domanda risarcitoria avanzata nei confronti della Ri. va rigettata.

Va, invece, accolta la domanda avente ad oggetto la restituzione di dette somme, costituendo le stesse oggetto di una indebita appropriazione.

La Ri. va, dunque, condannata, in solido con Ad.An. (che è colui che materialmente ha operato l'illegittimo trasferimento dei fondi), a restituire all'attore la somma complessiva di Euro 735.500,00, oltre interessi dal di dei singoli bonifici.

Nulla va, invece, riconosciuto a titolo di rivalutazione monetaria.

E' noto, infatti, che la Suprema Corte, avuto riguardo all'area di applicazione della norma di cui all'art. 1224, comma 2, c.c. ha affermato a più riprese che il maggior danno va risarcito solo laddove il creditore dimostri, da un lato, che per la mancata disponibilità di un bene della vita sia stato costretto a sopperirvi con un altro (ottenuto eventualmente tramite il ricorso al credito bancario) e, dall'altro, che il danno deve essere in concreto provato attraverso l'allegazione di elementi idonei ad evidenziare le reali propensioni economiche del creditore ed a provare la sua appartenenza ad una determinata categoria di soggetti utilizzatori di denaro, non essendo sufficiente il mero richiamo al suo status (si vedano sul punto Cass. Civ., n. 2182/91; Cass. Civ., n. 7337/98; Cass. Civ., n. 1257/98; Cass. Civ., 25365/06; Cass. Civ., n. 24142/07).

2. Banca

2.1. Ordine di trasferimento presso la Bangue (...).

Lo stesso attore riferisce nell'atto introduttivo del giudizio che detto ordine di trasferimento non è andato a buon fine.

Alcuna richiesta risarcitoria o restitutoria, dunque, può essere avanzata con riferimento alla somma oggetto del trasferimento.

2.2. Operazione presso la Co.Ba..

Quanto all'operazione sulla Co.Ba., invece, si evidenzia che non vi è prova del fatto che le somme che ne hanno formato oggetto siano state prelevate dall'Ad. dal conto corrente intrattenuto dall'attore presso la Cr.Su. S.p.A..

Ed invero: a) il Ca. ha depositato unicamente la copia di una ricevuta di versamento di Euro 1.000.000,00, dal cui esame non si evince né l'ordinante il trasferimento, né la provenienza della somma; b) la Co.Ba. non ha esibito la documentazione richiesta dal Tribunale; c) l'attore era titolare di conti correnti anche presso altre banche (si vedano le dichiarazioni rese dal teste Ca.).

In ogni caso, pur volendosi prescindere da tale assorbente valutazione, come ammesso dall'attore stesso, dette somme sono ancora presso la Co.Ba., per cui, di fatto, non è avvenuta alcuna distrazione (si veda il capitolo di prova sub e) dell'atto di citazione, in cui l'attore chiede dimostrarsi che la somma di Euro 1.000.000,00 oggetto del trasferimento è ancora ivi depositata).

2.3. Vendita dell'obbligazione "It. 27 sep. 23 6,875 US.D.".

Quanto all'obbligazione a lungo termine di cui sopra, è stato dimostrato che la stessa è stata anzitempo venduta dall'Ad. senza autorizzazione del Ca., ma non che il primo si sia appropriato dell'importo risultante dalla vendita.

Nemmeno è stato provato che dalla vendita sia derivato un danno per l'attore, sia (per quanto appena detto) sotto forma di distrazione, sia sotto forma di mancato guadagno.

Il mancato guadagno, del resto, poiché il disinvestimento è del 22 aprile 2004 ed è stato conosciuto dall'attore nell'estate del 2004, sarebbe, al limite, ridotto ai due/tre mesi intercorrenti fra la vendita e la conoscenza della stessa, atteso che il Ca., per il periodo successivo, avrebbe potuto immediatamente reinvestire proficuamente le somme.

Nemmeno con riferimento a tale breve lasso di tempo, però, vi è prova dell'esistenza di un danno effettivo.

Il Ca., infatti, non ha in alcun modo dimostrato, attraverso la produzione di idonea documentazione, che il titolo in questione ha avuto, nel corso del tempo, un costante valore superiore a quello che aveva al momento dell'ordine di acquisto o della vendita: egli, infatti, si è limitato ad effettuare un calcolo sulle cedole dovute non solo con riferimento a tutta la durata dell'investimento, ma, oltretutto, completamente avulso da ogni valutazione circa la natura del titolo e, quindi, assolutamente inattendibile.

Nemmeno è ipotizzabile una richiesta di risarcimento danni per la perdita di chances, atteso che il Ca. non ha concretamente dimostrato l'uso alternativo che avrebbe potuto fare, per il periodo compreso fra il 22 aprile 2004 e la scoperta del disinvestimento, delle somme nella sua disponibilità a seguito della vendita del titolo.

Ne consegue che alcuna pretesa restitutoria o risarcitoria di qualsivoglia genere può essere avanzata anche con riferimento a detta operazione.

2.4. Bonifici.

Si è detto l'Ad. ha sottratto la somma complessiva di Euro 1.057.400,00 a mezzo bonifici bancari con firma apocrifa del Ca. (si vedano i bonifici in atti).

Al riguardo si osserva quanto segue.

Va in primo luogo evidenziato che alcuna domanda restitutoria può essere avanzata nei confronti della Banca: le somme, in epoca successiva all'esecuzione degli ordini di bonifico, infatti, non sono e non sono mai state in possesso della società convenuta.

L'unica domanda che merita attenzione è, dunque, quella risarcitoria.

Fatta questa premessa, si osserva che la falsità delle firme apposte sugli ordini di bonifico, attesa la grande somiglianza del tratto di scrittura usato rispetto a quello del Ca., non poteva essere conosciuta dalla Banca usando la diligenza del bonus argentarius (si vedano le sottoscrizioni apposte sugli ordini di bonifico).

Ciò, tuttavia, è a dirsi soprattutto ove si consideri che lo stesso C.T.U. nominato in corso di causa ha chiaramente evidenziato che "... il grafismo del signor Sa.Ca. ha un notevole ambito di variabilità nelle componenti esteriori, tanto che le sottoscrizioni finiscono per presentarsi diverse fra loro negli aspetti formali...".

Insomma, le sottoscrizioni non apparivano palesemente apocrife e solo all'esame di un occhio esperto ed all'esito di specifiche analisi potevano essere qualificate come false.

Sul punto, infatti, la giurisprudenza è unanime nell'affermare che la banca convenuta in giudizio può fornire la prova liberatoria del pagamento per essere la falsità non rilevabile con l'ordinaria diligenza richiesta nell'esercizio dell'attività bancaria (ex plurimis Cass. Civ., n. 12471/01).

Quanto esposto, poi, va affermato indipendentemente dal fatto che non a tutti gli ordini via telefax sia seguito il deposito degli originali: anche ove tale attività fosse stata espletata, infatti, comunque la Banca non avrebbe potuto rilevare la falsità della sottoscrizione usando l'ordinaria diligenza richiesta nello svolgimento dell'attività bancaria.

Assume notevole rilevanza, poi, il comportamento dell'attore.

Lo stesso Ca. nel proprio atto di citazione ha ammesso di avere affidato all'Ad. circa 5.000.000,00 di Euro e di essersi completamente disinteressato della sua situazione patrimoniale sino al 2004, allorché si è accorto che era stata effettuata anzitempo la vendita di un'obbligazione a lungo termine.

Se ne deduce che dall'estate del 2004 in poi l'attore era pienamente consapevole dell'anomalo andamento della propria gestione patrimoniale e che costui avrebbe potuto evitare ogni danno ulteriore semplicemente cessando immediatamente ogni rapporto con la Banca convenuta e con l'Ad..

Ciò, tuttavia, è a dirsi anche con riferimento agli anni precedenti.

Il teste Ca.Gi., infatti, escusso in corso di causa, ha riferito che l'istante ogni anno si recava in Italia nel periodo estivo per controllare i propri affari e che se lui non era presente sul territorio nazionale, i controlli erano sempre effettuati dai suoi figli.

Se così è, appare assolutamente impossibile che l'attore non si sia accorto dei consistenti ammanchi di somme ben prima dell'estate del 2004 e già dalla fine del 2002 (data di inizio dei rapporti con l'Ad.) o, al massimo, gii inizi del 2003, ciò specie ove si consideri che a fine marzo dell'anno 2003 era stata già sottratta la somma di Euro 500.000,00 circa.

In ogni caso, il Ca., che, giova evidenziare, ha svolto in passato attività imprenditoriale, e, quindi, era sicuramente a conoscenza delle dinamiche dei rapporti bancari, avrebbe dovuto senza dubbio accorgersi delle anomalie facendo uso dell'ordinaria diligenza, a nulla rilevando, ovviamente, le "rassicurazioni telefoniche" ricevute dall'Ad., le quali non valgono certo ad esonerare l'attore dal proprio obbligo di diligenza.

Egli, infatti, tenuto anche conto della rilevanza dei depositi (oltre Euro 5.000.000,00), avrebbe dovuto consultare con regolarità gli estratti conto inviatigli dalla Banca (che sono tutti allegati in copia agli atti del processo), documenti da cui sarebbe emersa immediatamente l'anomala gestione dell'Ad..

Lasciano stupefatti soprattutto le seguenti circostanze: a) il Ca. nulla ha comunicato alla Banca prima del 2004; b) costui, verificato che un ordine di vendita era stato emesso senza sua autorizzazione, non ha tempestivamente interrotto ogni rapporto in essere con la Cr.Su. S.p.A.; c) l'attore stesso era domiciliato presso la Banca.

Ciò induce a ritenere che, ammesso e non concesso che le comunicazioni periodiche non siano state effettivamente ritirate dall'avv. Pa. (suo procuratore), era, come detto, comunque onere del Ca. prendere tempestiva e costante conoscenza degli estratti conto periodici inviatigli dalla Banca.

Ed invero, il primo estratto conto comunicato dalla Cr.Su. S.p.A. presso il domicilio eletto del Ca. è quello al 31 dicembre 2002 (comunicato in pari data) documento dal cui esame l'attore avrebbe facilmente rilevato il primo bonifico disposto in favore della Ri. (in data 14 ottobre 2002) senza sua autorizzazione.

Se ciò avesse fatto, il Ca., si ribadisce, avrebbe immediatamente verificato l'ammanco ed avrebbe potuto immediatamente allertare la Banca e/o cessare ogni rapporto con la stessa.

In contrario non giova evidenziare che gli estratti conto fino al marzo del 2003 furono ritirati da un falsus procurator: il ritiro, infatti, è del marzo del 2003, mentre il primo estratto conto è, giova ribadire, del 31 dicembre 2002 ed è stato comunicato in pari data, ossia, ben prima del ritiro della corrispondenza da parte dell'avv. Pa..

Insomma, il comportamento assolutamente negligente dell'attore assume i connotati di una condotta colposa di efficacia tale da rompere il nesso eziologico fra la causa ed il danno ed idonea ad escludere ogni diritto al risarcimento del danno da parte della Banca ai sensi dell'art. 1227 c.c.. Tale palese concorso di colpa, infatti, è senza dubbio idoneo ad escludere sia la responsabilità oggettiva della Banca, sia quella ex art. 2409 c.c. perché il comportamento omissivo del Ca. è stato l'unico elemento che ha, di fatto, provocato il danno lamentato ed incrementato i suoi effetti negativi (Trib. Brescia, 23 dicembre 2002).

La Suprema Corte, del resto, ha affermato a chiare lettere che la responsabilità oggettiva dell'intermediario deve essere esclusa ex art. 1227 c.c. ogni volta che si provi che vi sia stata "se non collusione, quantomeno acquiescenza del cliente alla violazione, da parte del promotore, delle regole di condotta su quest'ultimo gravanti" (Cass. Civ., 8229/06).

Non giova in contrario evidenziare, come fatto dall'attore, che la Banca era a conoscenza dell'avvenuta radiazione dell'Ad. dall'albo dei promotori finanziari tenuto presso la Consob: detta radiazione, infatti, è stata disposta del 2008 (si veda la delibera Consob n. 16349/08 in atti), ossia ben sei anni dopo i fatti di causa.

Anzi, la Banca ha correttamente operato, in quanto, non appena venuta a conoscenza dei fatti, ha immediatamente cessato, come ammesso dallo stesso attore, ogni rapporto con l'Ad..

Le uniche appropriazioni che non potevano essere agevolmente evitate dal Ca. sono quelle relative al periodo antecedente al gennaio del 2003, essendo il rapporto con l'Ad. iniziato alla fine del 2002 ed il primo estratto conto comunicato in data 31 dicembre 2002.

Tutti i prelievi successivi, infatti, o erano conosciuti dal Ca. o avrebbero dovuto esserlo perché riportati negli estratti conto periodici ritualmente comunicati.

Anche con riferimento a detti ammanchi, tuttavia, la Banca è esente da colpa, poiché, come detto, anche usando la ordinaria diligenza del bonus argentarius, non avrebbe potuto rilevare la falsità delle firme apposte sui bonifici.

In conclusione, tutte le domande risarcitorie e restitutorie avanzate nei confronti della Banca, su qualsiasi titolo fondate, devono essere rigettate.


4. Posizione di Ad.An..
4.1. Ordine di trasferimento presso la Bangue (...).

Si ribadisce che lo stesso attore riferisce nell'atto introduttivo del giudizio che detto ordine di trasferimento non è andato a buon fine.

Alcuna richiesta risarcitoria o restitutoria, dunque, può essere avanzata con riferimento alla somma oggetto del trasferimento.

4.2. Operazione presso la Co.Ba..

Quanto all'operazione sulla Co.Ba., ancora si ribadisce quanto già detto, ossia che non vi è prova del fatto che le somme che ne formano oggetto siano state prelevate dal conto intrattenuto dall'attore presso la Cr.Su. S.p.A.: il Ca., infatti, ha depositato unicamente la copia della ricevuta di versamento di Euro 1.000.000,00 dal cui esame, tuttavia, non si evince la provenienza della somma e la Co.Ba. non ha esibito la documentazione richiesta dal Tribunale.

In ogni caso, come ammesso dall'attore stesso, dette somme sono ancora presso la Co.Ba., per cui, di fatto, non è avvenuta alcuna distrazione (si veda il capitolo di prova sub e) dell'atto di citazione, in cui l'attore chiede dimostrarsi che la somma di Euro 1.000.000,00 oggetto del trasferimento è ancora ivi depositata).

4.3. Vendita dell'obbligazione "Italy 27sep23 6,875 U.S.D.".

Quanto alla vendita dell'obbligazione a lungo termine di cui sopra, è stato dimostrato che la stessa è stata anzitempo venduta dall'Ad. senza autorizzazione del Ca., ma, giova ripetere, non che il primo si sia appropriato dell'importo risultante dalla vendita.

Nemmeno, si ribadisce, è stato provato che dalla vendita sia derivato un danno per l'attore, sia (per quanto appena detto) sotto forma di distrazione, sia sotto forma di mancato guadagno.

Il mancato guadagno, del resto, poiché il disinvestimento è del 22 aprile 2004 ed è stato conosciuto dall'attore nell'estate del 2004, sarebbe, al limite, ridotto ai due/tre mesi intercorrenti fra la vendita e la conoscenza della stessa, atteso che l'attore, per il periodo successivo, avrebbe potuto immediatamente reinvestire proficuamente le somme.

Nemmeno con riferimento a tale breve lasso di tempo, però, vi è prova dell'esistenza di un danno effettivo.

Il Ca., infatti, non ha in alcun modo dimostrato, attraverso la produzione di idonea documentazione, che il titolo in questione ha avuto, nel corso del tempo, un costante valore superiore a quello che aveva al momento dell'ordine o della vendita.

Nemmeno è ipotizzabile una richiesta di risarcimento danni per la perdita di chances, atteso che il Ca. non ha concretamente dimostrato l'uso alternativo che avrebbe potuto fare delle somme nella sua disponibilità a seguito della vendita del titolo.

Ne consegue che alcuna pretesa restitutoria o risarcitoria di qualsivoglia genere può essere avanzata anche con riferimento a detta operazione.

4.4. Bonifici.

E' stato, invece, dimostrato che il D'A. ha sottratto la somma complessiva di Euro 1.057.400,00 a mezzo bonifici bancari con firma apocrifa del Ca. (si vedano i bonifici e le C.T.U. in atti).

Per quanto attiene alla pretesa risarcitoria, anche con riferimento a tali atti di distrazione vale tutto quanto detto avuto riguardo alla Banca: il Ca., poiché ogni anno, di persona o per tramite dei propri figli, riceveva informazioni sui propri affari e poiché, essendo domiciliato presso la Banca, avrebbe dovuto conoscere, usando l'ordinaria diligenza, la propria situazione patrimoniale esaminando gli estratti conto inviati, di nulla può dolersi se non ha immediatamente informato la Banca delle anomalie riscontate e riscontrabili tempestivamente e se non ha interrotto ogni rapporto con quest'ultima, così impedendo all'Ad. di continuare ad operare sui propri conti.

Le uniche appropriazioni che non potevano essere agevolmente evitate dal Ca. sono quelle relative al periodo antecedente al gennaio del 2003, essendo il rapporto con l'Ad. iniziato alla fine del 2002, ed essendo stato comunicato il primo estratto conto in data 31 dicembre 2002 presso il domicilio eletto dell'istante.

Tutti i prelievi successivi, infatti, o erano conosciuti dal Ca. o avrebbero dovuto esserlo perché riportati negli estratti conto periodici che, come si evince dall'esame della documentazione agli atti del processo (si vedano gli estratti conto dal luglio 2002 al 31 dicembre 2004 depositati dalla Banca) erano stati comunicati all'attore.

In contrario non giova evidenziare, ancora una volta, che gli estratti conto fino al marzo del 2003 furono ritirati da un falsus procurator; il ritiro, infatti, è del marzo del 2003, mentre il primo estratto conto del 2003 è stato comunicato in data 31 dicembre 2002.

Orbene, i bonifici effettuati con firma apocrifa nell'anno 2002 sono: 1) bonifico in data 14 ottobre 2002 di Euro 35.000,00; 2) bonifico in data 25 ottobre 2002 di Euro 60.000,00; 3) bonifico in data 28 novembre 2002 di Euro 90.000,00.

Tutti gli altri recano, invece, date successive al 2002.

L'Ad., dunque, va condannato a risarcire l'attore per i danni subiti unicamente in conseguenza di detti indebiti prelievi.

Il danno subito, in difetto di prova di un uso alternativo che l'attore avrebbe potuto fare delle somme nella sua disponibilità, non può che ammontare alla sommatoria degli importi dei bonifici di cui sopra, pari ad Euro 185.000,00.

Detta somma, poi, considerato che l'obbligazione risarcitoria costituisce debito di valore, essendo diretta a reintegrare integralmente il patrimonio del danneggiato, deve essere attualizzata computando, anche d'ufficio (per tutte si vedano Cass. Civ., n. 10433/94; Cass. Civ., n. 166/96), sia il danno da svalutazione monetaria per il periodo intercorrente tra la data dell'illecito e la presente pronuncia (in base agli indici ISTAT del costo della vita), sia, in via equitativa, il danno da lucro cessante, applicando gli interessi legali sull'importo iniziale annualmente rivalutato (Cass. Civ., Sez. Un., n. 1712/95).

Mentre, infatti, la rivalutazione monetaria ha la funzione di attualizzare il valore dell'equivalente monetario del bene perduto, gli interessi compensativi svolgono la funzione di risarcire il danno da lucro cessante dovuto al mancato godimento della somma liquidata a titolo di risarcimento del danno che, qualora fosse stata corrisposta al momento dell'illecito, sarebbe stata presumibilmente investita per ricavarne un utile finanziario.

Tale voce di danno deve essere liquidata equitativamente (Cass. Civ., Sez. Un., n. 1712/95), ma a base del calcolo, non va presa la somma sopra liquidata ai valori attuali, ma l'originario importo (ricavato mediante la devalutazione dei valori espressi all'attualità) rivalutato anno per anno e su tale importo va applicato il saggio degli interessi legali con decorrenza dalla data dell'illecito all'attualità.

Sulla somma risultante sono inoltre dovuti gli interessi legali dalla presente pronuncia fino all'effettivo soddisfo.

L'Ad. va poi condannato a restituire all'attore tutte le residue somme di cui ha disposto a titolo di bonifico con firma apocrifa: detti atti dispositivi, infatti, hanno consentito l'indebita appropriazione della somma complessiva di Euro 872.400,00 (Euro 1.057.400,00, pari al totale dei bonifici, detratta la somma da restituire a titolo di risarcimento del danno).

Detto importo, dunque, maggiorato di interessi legali dal dì di ogni singolo bonifico, l'Ad. va condannato, in solido con Ri.An. per Euro 735.000,00, a restituire all'attore.

Nulla, invece, è dovuto a titolo di rivalutazione monetaria su detto importo.

Come si osservava, infatti, la Suprema Corte, avuto riguardo all'area di applicazione della norma di cui all'art. 1224, comma 2, c.c., ha affermato a più riprese che il maggior danno va risarcito solo laddove il creditore dimostri, da un lato, che per la mancata disponibilità di un bene della vita sia stato costretto a sopperirvi con un altro (ottenuto eventualmente tramite il ricorso al credito bancario) e, dall'altro, che il danno deve essere in concreto provato attraverso l'allegazione di elementi idonei ad evidenziare le reali propensioni economiche del creditore ed a provare la sua appartenenza ad una determinata categoria di soggetti utilizzatori di denaro, non essendo sufficiente il mero richiamo al suo status (si vedano sul punto Cass. Civ., n. 2182/91; Cass. Civ., n. 7337/98; Cass. Civ., n. 1257/98; Cass. Civ., 25365/06; Cass. Civ., n. 24142/07).

5. Conclusioni.

In conclusione, a) va rigettata la domanda di risarcimento danni avanzata nei confronti di Ri.An.; b) in accoglimento della domanda restitutoria, quest'ultima va condannata a pagare, in solido con Ad.An., in favore dell'attore la somma complessiva di Euro 735.500,00, oltre interessi legali dal di dei singoli bonifici; c) vanno rigettate tutte le domande avanzate nei confronti della Banca; d) Ad.An. va condannato a risarcire i danni subiti dall'attore, che si quantificano in complessivi Euro 185.000,00, oltre interessi e rivalutazione come in precedenza indicato; e) Ad.An. va, inoltre, condannato a restituire all'attore, la somma di Euro 872.400,00, di cui Euro 735.500,00 in solido con Ri.An., oltre interessi legali dal di dei singoli bonifici.
Le spese di lite, nei rapporti fra le parti seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
Le spese per la espletata C.T.U. vanno, attese le risultanze della stessa, definitivamente poste a carico del convenuto Ad.An..

 P.Q.M.

Il Tribunale, definitivamente pronunciando nel giudizio di cui al R.G.A.C.C., n. 1114/07, instaurato ad istanza di Ca.Sa. nei confronti di Ri.An., di Ad.An. e della Cr.Su. S.p.A. in persona del suo legale rappresentante pro tempore, rigettata ogni altra istanza, domanda ed eccezione, così provvede:
1) rigetta la domanda di risarcimento danni avanzata dall'attore nei confronti di Ri.An.;
2) in accoglimento della domanda restitutoria, condanna quest'ultima a pagare, in solido con Ad.An., in favore dell'attore la somma complessiva di Euro 735.500,00, oltre interessi legali dal di dei singoli bonifici;
3) rigetta tutte le domande avanzate dall'attore nei confronti della Cr.Su. S.p.A.;

4) condanna Ad.An. a risarcire i danni subiti dall'attore, che si quantificano in complessivi Euro 185.000,00, oltre interessi e rivalutazione come indicato in motivazione;

5) condanna Ad.An. a restituire all'attore la somma di Euro 872.400,00, di cui Euro 735.500,00 in solido con Ri.An., oltre interessi legali dal di dei singoli bonifici;

6) condanna l'attore a rifondere le spese sostenute per questo giudizio dalla Cr.Su. S.p.A., che si liquidano in complessivi Euro 10.000,00, di cui Euro 4.000,00 per diritti ed Euro 6.000,00 per onorari, oltre I.V.A., C.P.A. e rimborso spese generali come per legge;

7) condanna Ri.An. e Ad.An. a rifondere, in solido fra loro, le spese sostenute per questo giudizio dall'attore, che si liquidano in complessivi Euro 10.000,00, di cui Euro 4.000,00 per diritti ed Euro 6.000,00 per onorari, oltre I.V.A., C.P.A. e rimborso spese generali come per legge;
8) pone le spese per la espletata C.T.U. definitivamente a carico di Ad.An..
Così deciso in Cassino, il 17 dicembre 2010.
Depositata in Cancelleria il 31 gennaio 2011.



Trasforma questo post