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giovedì 31 marzo 2011

Da Trentino inBlu al Blog: titoli Islanda - a che punto siamo?

La crisi islandese rappresenta un nuovo ed emblematico caso nel quale un Stato è riuscito, attraverso le proprie banche più prestigiose, a raggiungere un livello di indebitamento elevato, superiore alle capacità patrimoniali dell'intera propria popolazione.


Evoluzione storica del debito bancario islandese


Alla base della crisi sofferta dal sistema bancario islandese risiede la struttura del sistema legislativo del mercato nazionale, estremamente deregolamentato, il quale ha favorito l'attività degli speculatori, nazionali ed esteri, interessati ad utilizzare l'Islanda come bolla speculativa.
L'estrema volatilità del mercato, che negli anni '90 aveva favorito la crescita dell'economia locale, venne favorito dal Governo islandese, il quale tra il 2001 e il 2003, varò politiche di liberalizzazione del sistema bancario interno, attirando definitivamente i capitali esteri, interessati ad investire in uno Stato, l'Islanda, privo di “paletti legislativi” in materia di investimenti.
La politica liberista adottata in quegli anni venne, più o meno volontariamente, avvallata dalla Banca centrale islandese, la quale operò una politica dei tassi che, di fatto, aiutò l'arrivo di capitali esteri e l'attività speculativa internazionale attuata per mezzo dell'Islanda.
L'Islanda si ritrova, tra il 2003 e il 2007, in uno stato di apparente prosperità economica, il quale si regge su un profondo buco di debiti accumulati attraverso ingenti investimenti esteri.
Le principali banche del paese (in primis Glitnir) reinvestirono il denaro ottenuto all'estero ed accumulano ingente debito, tanto da costringere lo Stato ad emettere grossi quantitativi di obbligazioni per coprire tale debito.
Obbligazioni vendute ad investitori europei, in particolare inglesi ed olandesi ed italiani, che si sono trovati prodotti finanziari apparentemente solidi.


2008/2009: il debito dell'Isola si scioglie – il primo rifiuto del popolo islandese alla ristrutturazione del debito bancario


Il sistema islandese, fondato su equilibri fragilissimi, collassò allorché la crisi finanziaria mondiale, avviata con i mutui subprime, colpì i sistemi economici europei.

Il rapporto tra la moneta locale (la corona islandese) e le principali valute mondiali schizza immediatamente, tant'è che gli stessi islandesi cominciarono a rendersi conto di camminare su un mare di debiti. Il debito accumulato non consente al Stato islandese di garantire i servizi e pagare i dipendenti pubblici. In altri termini, l'Islanda arriva vicina alla dichiarazione di fallimento.

Nel mesi successivi, oltre agli inevitabili cambiamenti politici, si registra il primo tentativo di ristrutturazione del debito islandese, con richiesta al popolo – attraverso il referendum – di accettare le dure condizioni necessarie per garantire la salvezza dello Stato.

Lo storico voto contrario espresso dagli islandesi rispetto alla richiesta di ristrutturazione rappresenta, a parere di chi scrive, uno degli esempi più brillanti di opposizione popolare al capitalismo speculativo sviluppatosi nel mondo in questi ultimi decenni. Gli islandesi decisero, infatti, di non accollarsi un debito creato da pochi e sciagurati speculatori.

Nel frattempo, la Banca Giltnir veniva dichiarata fallita ed ogni obbligazionista veniva invitato a partecipare alla procedura fallimentare con insinuazione al passivo.



A che punto siamo?


Qualche settimana fa, gli islandesi sono stati chiamati a decidere in merito ad un piano di ristrutturazione di un'altra banca islandese fallita nel 2008, la Landsbanki, il quale prevedeva una forma di favore nel rimborso degli obbligazionisti inglesi ed olandesi.

Gli islandesi hanno risposto per la seconda volta “no” alla proposta di restituzione di quattro miliardi ai risparmiatori inglesi e olandesi colpiti dal fallimento della banca on line Icesave, controllata da Landsbanki, fallita nel 2008.

Il professor Juan Manuel Aragues ha di recente commentato l'esito del referendum affermando ”Gli islandesi l’hanno detto chiaro: che il debito lo paghi chi lo crea, che la crisi la paghi chi l’ha prodotta.” (vedasi http://www.vocidallastrada.com/2011/03/islanda-una-rivoluzione-messa-tacere.html).


Ed i piccoli risparmiatori italiani?

Purtroppo ancora una volta i piccoli risparmiatori sono rimasti colpiti dalla crisi islandese trovandosi tra le mani titoli privi di valore.

Allo stato attuale, stante il rifiuto opposto dallo Stato Islandese di rimborsare il proprio debito, l'unica strada percorribile é quella della causa contro la banca che ha venduto tali titoli, garantendone la sicurezza in quanto inclusi nella lista “obbligazioni a basso rischio” di “Patti chiari”.

domenica 27 marzo 2011

Tribunale di Cassino: limiti della responsabilità della banca per operazioni false disposte sul conto del correntista

  La sentenza di questa settimana è stata di recente pronunciata dal Tribunale di Cassino che è ritornato sullo spinoso argomento della responsabilità della banca per il comportamento infedele di un dipendente il quale abbia cagionato un danno al cliente.

Il giudice ha delineato i limiti della responsabilità della banca ed ha evidenziato che l'eventuale risarcimento del danno in favore del correntista è condizionato dal comportamento da quest'ultimo tenuto.

Nella vicenda affrontata dal Tribunale di Cassino, il cliente, venuto a conoscenza delle irregolarità contabili realizzate dalla banca in suo danno, non si è attivato per tempo al fine di evitare il danno.

Tale inerzia del cliente esclude parzialmente la responsabilità della banca, in quanto, come commenta il giudice, "il comportamento assolutamente negligente dell'attore  [cliente] assume i connotati di una condotta colposa di efficacia tale da rompere il nesso eziologico fra la causa ed il danno ed idonea ad escludere ogni diritto al risarcimento del danno da parte della Banca ai sensi dell'art. 1227 c.c.. Tale palese concorso di colpa, infatti, è senza dubbio idoneo ad escludere sia la responsabilità oggettiva della Banca, sia quella ex art. 2409 c.c. perché il comportamento omissivo del Ca. è stato l'unico elemento che ha, di fatto, provocato il danno lamentato ed incrementato i suoi effetti negativi (Trib. Brescia, 23 dicembre 2002).".
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI CASSINO
SEZIONE CIVILE

riunito in camera di consiglio in persona dei Magistrati:
Dr. Giuseppe De Carolis di Prossedi - Presidente
Dr. Andrea Petteruti - Giudice Relatore ed Estensore
Dr.ssa Simona Rossi - Giudice
ha pronunciato la seguente
SENTENZA

nella causa iscritta al n. xxxxx del R.G.A.C.C., avente ad oggetto risoluzione contratto, pagamento somme e risarcimento danni, vertente

Tra

Ca.Sa., rappresentato e difeso, in virtù di procura generale alle liti conferita con atto a rogito del notaio Or.Di., Rep. (...), dall'avv. Ni.Se. ed elettivamente domiciliato in Cassino (FR), (...), presso lo studio dell'avv. Em.Ve.
Attore

E

Ce.Su. s.p.a., in persona del suo legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, in virtù di procura in calce alla memoria di costituzione di nuovo difensore, dagli avv.ti Lo.De. e Pa.Ca. ed elettivamente domiciliata presso lo studio di quest'ultima in Cassino (FR), (...)

Nonché:
Ad.An.
Ri.An.
Contumaci

discussa all'udienza del 17 dicembre 2010, sulle seguenti

CONCLUSIONI

per l'attore ed il convenuto costituito: come da verbali ed atti di causa.


Svolgimento del processo e motivi della decisione


1. Fatti accertati.

L'istruzione probatoria svolta ha consentito di accertare quanto segue.
Non è contestato che l'attore, nell'anno 2002, era titolare di una somma pari a Lire 9.714.807.099 giacente su un conto corrente in dollari U.S.A. ed un conto corrente in Euro, entrambi accesi presso la Cr.Su. S.p.A. (di seguito anche Banca), istituto di credito presso cui era stato anche acceso, in data 15 gennaio 2002, un "conto investimento" a lui intestato.

Il Ca., inoltre aveva conferito alla Banca un "mandato per la gestione patrimoniale G." in data 2 ottobre 2002 (si veda la copia del mandato in allegato al fascicolo della Banca).

Nemmeno è contestato che Ad.An. fosse promotore finanziario per conto della Cr.Su. S.p.A. almeno dal 17 dicembre 2001 e che lo stesso fu, successivamente all'accertamento dei fatti per cui è causa, allontanato dalla Banca convenuta per gravi irregolarità.

Dall'esame dei documenti in atti, poi, si evince che l'Ad. ha disposto di somme facenti capo all'attore per complessivi Euro 1.054.000,00, di cui Euro 735.500,00 in favore di Ri.An., a mezzo di bonifici bancari con firma apocrifa (si vedano i bonifici e la C.T.U. in atti).

Non è contestato che l'Ad. tentò di effettuare, senza autorizzazione dell'attore, un ordine di trasferimento di U.S.D. 2.754.843,00 in favore di "Gr.Ca." presso la Banque (...) di Monaco e che lo stesso non è andato a buon fine.

Pure pacifico è che l'Ad. ha, sempre senza autorizzazione dell'attore, venduto anzitempo un'obbligazione a lungo termine di U.S.D. 1.600.000,00 intestata al Ca..

E' stato, inoltre, dimostrato che fu effettuato un trasferimento di Euro 1.000.000,00 sulla Co.Ba. di Lugano.

2. Posizione di Ri.An.

La convenuta Ri. ha senza dubbio beneficiato di versamenti effettuati dall'Ad. a mezzo di bonifici con firma apocrifa del Ca. per Euro 735.500,00 (si vedano il prospetto dei bonifici prodotto dalla banca ed i bonifici in atti).

Non vi è alcuna prova, tuttavia, né della collusione fra costei e l'Ad., né del fatto che la Ri. fosse a conoscenza della provenienza illecita delle somme accreditate sul suo conto corrente.

L'istruttoria svolta (si vedano gli estratti conto prodotti dalla Banca Se. S.p.A. in esecuzione dell'ordine di esibizione del Tribunale e le dichiarazioni rese dai testi escussi), infatti, ha dimostrato unicamente che:

a) il Ca. conosceva bene la Ri., che sapeva essere la madre dell'Ad.; b) sul conto di quest'ultima sono affluiti alcuni bonifici bancari provenienti dall'estero (per somme cospicue) e non dal conto corrente del Ca., nonché dal conto corrente del di lei figlio (per importi molto ridotti).

Null'altro.

Di tale grave carenza probatoria, del resto, mostra di essere consapevole lo stesso attore, il quale, in comparsa conclusionale, ammette espressamente che "...l'Ad. probabilmente con la collaborazione della madre....ha depauperato il patrimonio del Ca...".

Ne consegue che la domanda risarcitoria avanzata nei confronti della Ri. va rigettata.

Va, invece, accolta la domanda avente ad oggetto la restituzione di dette somme, costituendo le stesse oggetto di una indebita appropriazione.

La Ri. va, dunque, condannata, in solido con Ad.An. (che è colui che materialmente ha operato l'illegittimo trasferimento dei fondi), a restituire all'attore la somma complessiva di Euro 735.500,00, oltre interessi dal di dei singoli bonifici.

Nulla va, invece, riconosciuto a titolo di rivalutazione monetaria.

E' noto, infatti, che la Suprema Corte, avuto riguardo all'area di applicazione della norma di cui all'art. 1224, comma 2, c.c. ha affermato a più riprese che il maggior danno va risarcito solo laddove il creditore dimostri, da un lato, che per la mancata disponibilità di un bene della vita sia stato costretto a sopperirvi con un altro (ottenuto eventualmente tramite il ricorso al credito bancario) e, dall'altro, che il danno deve essere in concreto provato attraverso l'allegazione di elementi idonei ad evidenziare le reali propensioni economiche del creditore ed a provare la sua appartenenza ad una determinata categoria di soggetti utilizzatori di denaro, non essendo sufficiente il mero richiamo al suo status (si vedano sul punto Cass. Civ., n. 2182/91; Cass. Civ., n. 7337/98; Cass. Civ., n. 1257/98; Cass. Civ., 25365/06; Cass. Civ., n. 24142/07).

2. Banca

2.1. Ordine di trasferimento presso la Bangue (...).

Lo stesso attore riferisce nell'atto introduttivo del giudizio che detto ordine di trasferimento non è andato a buon fine.

Alcuna richiesta risarcitoria o restitutoria, dunque, può essere avanzata con riferimento alla somma oggetto del trasferimento.

2.2. Operazione presso la Co.Ba..

Quanto all'operazione sulla Co.Ba., invece, si evidenzia che non vi è prova del fatto che le somme che ne hanno formato oggetto siano state prelevate dall'Ad. dal conto corrente intrattenuto dall'attore presso la Cr.Su. S.p.A..

Ed invero: a) il Ca. ha depositato unicamente la copia di una ricevuta di versamento di Euro 1.000.000,00, dal cui esame non si evince né l'ordinante il trasferimento, né la provenienza della somma; b) la Co.Ba. non ha esibito la documentazione richiesta dal Tribunale; c) l'attore era titolare di conti correnti anche presso altre banche (si vedano le dichiarazioni rese dal teste Ca.).

In ogni caso, pur volendosi prescindere da tale assorbente valutazione, come ammesso dall'attore stesso, dette somme sono ancora presso la Co.Ba., per cui, di fatto, non è avvenuta alcuna distrazione (si veda il capitolo di prova sub e) dell'atto di citazione, in cui l'attore chiede dimostrarsi che la somma di Euro 1.000.000,00 oggetto del trasferimento è ancora ivi depositata).

2.3. Vendita dell'obbligazione "It. 27 sep. 23 6,875 US.D.".

Quanto all'obbligazione a lungo termine di cui sopra, è stato dimostrato che la stessa è stata anzitempo venduta dall'Ad. senza autorizzazione del Ca., ma non che il primo si sia appropriato dell'importo risultante dalla vendita.

Nemmeno è stato provato che dalla vendita sia derivato un danno per l'attore, sia (per quanto appena detto) sotto forma di distrazione, sia sotto forma di mancato guadagno.

Il mancato guadagno, del resto, poiché il disinvestimento è del 22 aprile 2004 ed è stato conosciuto dall'attore nell'estate del 2004, sarebbe, al limite, ridotto ai due/tre mesi intercorrenti fra la vendita e la conoscenza della stessa, atteso che il Ca., per il periodo successivo, avrebbe potuto immediatamente reinvestire proficuamente le somme.

Nemmeno con riferimento a tale breve lasso di tempo, però, vi è prova dell'esistenza di un danno effettivo.

Il Ca., infatti, non ha in alcun modo dimostrato, attraverso la produzione di idonea documentazione, che il titolo in questione ha avuto, nel corso del tempo, un costante valore superiore a quello che aveva al momento dell'ordine di acquisto o della vendita: egli, infatti, si è limitato ad effettuare un calcolo sulle cedole dovute non solo con riferimento a tutta la durata dell'investimento, ma, oltretutto, completamente avulso da ogni valutazione circa la natura del titolo e, quindi, assolutamente inattendibile.

Nemmeno è ipotizzabile una richiesta di risarcimento danni per la perdita di chances, atteso che il Ca. non ha concretamente dimostrato l'uso alternativo che avrebbe potuto fare, per il periodo compreso fra il 22 aprile 2004 e la scoperta del disinvestimento, delle somme nella sua disponibilità a seguito della vendita del titolo.

Ne consegue che alcuna pretesa restitutoria o risarcitoria di qualsivoglia genere può essere avanzata anche con riferimento a detta operazione.

2.4. Bonifici.

Si è detto l'Ad. ha sottratto la somma complessiva di Euro 1.057.400,00 a mezzo bonifici bancari con firma apocrifa del Ca. (si vedano i bonifici in atti).

Al riguardo si osserva quanto segue.

Va in primo luogo evidenziato che alcuna domanda restitutoria può essere avanzata nei confronti della Banca: le somme, in epoca successiva all'esecuzione degli ordini di bonifico, infatti, non sono e non sono mai state in possesso della società convenuta.

L'unica domanda che merita attenzione è, dunque, quella risarcitoria.

Fatta questa premessa, si osserva che la falsità delle firme apposte sugli ordini di bonifico, attesa la grande somiglianza del tratto di scrittura usato rispetto a quello del Ca., non poteva essere conosciuta dalla Banca usando la diligenza del bonus argentarius (si vedano le sottoscrizioni apposte sugli ordini di bonifico).

Ciò, tuttavia, è a dirsi soprattutto ove si consideri che lo stesso C.T.U. nominato in corso di causa ha chiaramente evidenziato che "... il grafismo del signor Sa.Ca. ha un notevole ambito di variabilità nelle componenti esteriori, tanto che le sottoscrizioni finiscono per presentarsi diverse fra loro negli aspetti formali...".

Insomma, le sottoscrizioni non apparivano palesemente apocrife e solo all'esame di un occhio esperto ed all'esito di specifiche analisi potevano essere qualificate come false.

Sul punto, infatti, la giurisprudenza è unanime nell'affermare che la banca convenuta in giudizio può fornire la prova liberatoria del pagamento per essere la falsità non rilevabile con l'ordinaria diligenza richiesta nell'esercizio dell'attività bancaria (ex plurimis Cass. Civ., n. 12471/01).

Quanto esposto, poi, va affermato indipendentemente dal fatto che non a tutti gli ordini via telefax sia seguito il deposito degli originali: anche ove tale attività fosse stata espletata, infatti, comunque la Banca non avrebbe potuto rilevare la falsità della sottoscrizione usando l'ordinaria diligenza richiesta nello svolgimento dell'attività bancaria.

Assume notevole rilevanza, poi, il comportamento dell'attore.

Lo stesso Ca. nel proprio atto di citazione ha ammesso di avere affidato all'Ad. circa 5.000.000,00 di Euro e di essersi completamente disinteressato della sua situazione patrimoniale sino al 2004, allorché si è accorto che era stata effettuata anzitempo la vendita di un'obbligazione a lungo termine.

Se ne deduce che dall'estate del 2004 in poi l'attore era pienamente consapevole dell'anomalo andamento della propria gestione patrimoniale e che costui avrebbe potuto evitare ogni danno ulteriore semplicemente cessando immediatamente ogni rapporto con la Banca convenuta e con l'Ad..

Ciò, tuttavia, è a dirsi anche con riferimento agli anni precedenti.

Il teste Ca.Gi., infatti, escusso in corso di causa, ha riferito che l'istante ogni anno si recava in Italia nel periodo estivo per controllare i propri affari e che se lui non era presente sul territorio nazionale, i controlli erano sempre effettuati dai suoi figli.

Se così è, appare assolutamente impossibile che l'attore non si sia accorto dei consistenti ammanchi di somme ben prima dell'estate del 2004 e già dalla fine del 2002 (data di inizio dei rapporti con l'Ad.) o, al massimo, gii inizi del 2003, ciò specie ove si consideri che a fine marzo dell'anno 2003 era stata già sottratta la somma di Euro 500.000,00 circa.

In ogni caso, il Ca., che, giova evidenziare, ha svolto in passato attività imprenditoriale, e, quindi, era sicuramente a conoscenza delle dinamiche dei rapporti bancari, avrebbe dovuto senza dubbio accorgersi delle anomalie facendo uso dell'ordinaria diligenza, a nulla rilevando, ovviamente, le "rassicurazioni telefoniche" ricevute dall'Ad., le quali non valgono certo ad esonerare l'attore dal proprio obbligo di diligenza.

Egli, infatti, tenuto anche conto della rilevanza dei depositi (oltre Euro 5.000.000,00), avrebbe dovuto consultare con regolarità gli estratti conto inviatigli dalla Banca (che sono tutti allegati in copia agli atti del processo), documenti da cui sarebbe emersa immediatamente l'anomala gestione dell'Ad..

Lasciano stupefatti soprattutto le seguenti circostanze: a) il Ca. nulla ha comunicato alla Banca prima del 2004; b) costui, verificato che un ordine di vendita era stato emesso senza sua autorizzazione, non ha tempestivamente interrotto ogni rapporto in essere con la Cr.Su. S.p.A.; c) l'attore stesso era domiciliato presso la Banca.

Ciò induce a ritenere che, ammesso e non concesso che le comunicazioni periodiche non siano state effettivamente ritirate dall'avv. Pa. (suo procuratore), era, come detto, comunque onere del Ca. prendere tempestiva e costante conoscenza degli estratti conto periodici inviatigli dalla Banca.

Ed invero, il primo estratto conto comunicato dalla Cr.Su. S.p.A. presso il domicilio eletto del Ca. è quello al 31 dicembre 2002 (comunicato in pari data) documento dal cui esame l'attore avrebbe facilmente rilevato il primo bonifico disposto in favore della Ri. (in data 14 ottobre 2002) senza sua autorizzazione.

Se ciò avesse fatto, il Ca., si ribadisce, avrebbe immediatamente verificato l'ammanco ed avrebbe potuto immediatamente allertare la Banca e/o cessare ogni rapporto con la stessa.

In contrario non giova evidenziare che gli estratti conto fino al marzo del 2003 furono ritirati da un falsus procurator: il ritiro, infatti, è del marzo del 2003, mentre il primo estratto conto è, giova ribadire, del 31 dicembre 2002 ed è stato comunicato in pari data, ossia, ben prima del ritiro della corrispondenza da parte dell'avv. Pa..

Insomma, il comportamento assolutamente negligente dell'attore assume i connotati di una condotta colposa di efficacia tale da rompere il nesso eziologico fra la causa ed il danno ed idonea ad escludere ogni diritto al risarcimento del danno da parte della Banca ai sensi dell'art. 1227 c.c.. Tale palese concorso di colpa, infatti, è senza dubbio idoneo ad escludere sia la responsabilità oggettiva della Banca, sia quella ex art. 2409 c.c. perché il comportamento omissivo del Ca. è stato l'unico elemento che ha, di fatto, provocato il danno lamentato ed incrementato i suoi effetti negativi (Trib. Brescia, 23 dicembre 2002).

La Suprema Corte, del resto, ha affermato a chiare lettere che la responsabilità oggettiva dell'intermediario deve essere esclusa ex art. 1227 c.c. ogni volta che si provi che vi sia stata "se non collusione, quantomeno acquiescenza del cliente alla violazione, da parte del promotore, delle regole di condotta su quest'ultimo gravanti" (Cass. Civ., 8229/06).

Non giova in contrario evidenziare, come fatto dall'attore, che la Banca era a conoscenza dell'avvenuta radiazione dell'Ad. dall'albo dei promotori finanziari tenuto presso la Consob: detta radiazione, infatti, è stata disposta del 2008 (si veda la delibera Consob n. 16349/08 in atti), ossia ben sei anni dopo i fatti di causa.

Anzi, la Banca ha correttamente operato, in quanto, non appena venuta a conoscenza dei fatti, ha immediatamente cessato, come ammesso dallo stesso attore, ogni rapporto con l'Ad..

Le uniche appropriazioni che non potevano essere agevolmente evitate dal Ca. sono quelle relative al periodo antecedente al gennaio del 2003, essendo il rapporto con l'Ad. iniziato alla fine del 2002 ed il primo estratto conto comunicato in data 31 dicembre 2002.

Tutti i prelievi successivi, infatti, o erano conosciuti dal Ca. o avrebbero dovuto esserlo perché riportati negli estratti conto periodici ritualmente comunicati.

Anche con riferimento a detti ammanchi, tuttavia, la Banca è esente da colpa, poiché, come detto, anche usando la ordinaria diligenza del bonus argentarius, non avrebbe potuto rilevare la falsità delle firme apposte sui bonifici.

In conclusione, tutte le domande risarcitorie e restitutorie avanzate nei confronti della Banca, su qualsiasi titolo fondate, devono essere rigettate.


4. Posizione di Ad.An..
4.1. Ordine di trasferimento presso la Bangue (...).

Si ribadisce che lo stesso attore riferisce nell'atto introduttivo del giudizio che detto ordine di trasferimento non è andato a buon fine.

Alcuna richiesta risarcitoria o restitutoria, dunque, può essere avanzata con riferimento alla somma oggetto del trasferimento.

4.2. Operazione presso la Co.Ba..

Quanto all'operazione sulla Co.Ba., ancora si ribadisce quanto già detto, ossia che non vi è prova del fatto che le somme che ne formano oggetto siano state prelevate dal conto intrattenuto dall'attore presso la Cr.Su. S.p.A.: il Ca., infatti, ha depositato unicamente la copia della ricevuta di versamento di Euro 1.000.000,00 dal cui esame, tuttavia, non si evince la provenienza della somma e la Co.Ba. non ha esibito la documentazione richiesta dal Tribunale.

In ogni caso, come ammesso dall'attore stesso, dette somme sono ancora presso la Co.Ba., per cui, di fatto, non è avvenuta alcuna distrazione (si veda il capitolo di prova sub e) dell'atto di citazione, in cui l'attore chiede dimostrarsi che la somma di Euro 1.000.000,00 oggetto del trasferimento è ancora ivi depositata).

4.3. Vendita dell'obbligazione "Italy 27sep23 6,875 U.S.D.".

Quanto alla vendita dell'obbligazione a lungo termine di cui sopra, è stato dimostrato che la stessa è stata anzitempo venduta dall'Ad. senza autorizzazione del Ca., ma, giova ripetere, non che il primo si sia appropriato dell'importo risultante dalla vendita.

Nemmeno, si ribadisce, è stato provato che dalla vendita sia derivato un danno per l'attore, sia (per quanto appena detto) sotto forma di distrazione, sia sotto forma di mancato guadagno.

Il mancato guadagno, del resto, poiché il disinvestimento è del 22 aprile 2004 ed è stato conosciuto dall'attore nell'estate del 2004, sarebbe, al limite, ridotto ai due/tre mesi intercorrenti fra la vendita e la conoscenza della stessa, atteso che l'attore, per il periodo successivo, avrebbe potuto immediatamente reinvestire proficuamente le somme.

Nemmeno con riferimento a tale breve lasso di tempo, però, vi è prova dell'esistenza di un danno effettivo.

Il Ca., infatti, non ha in alcun modo dimostrato, attraverso la produzione di idonea documentazione, che il titolo in questione ha avuto, nel corso del tempo, un costante valore superiore a quello che aveva al momento dell'ordine o della vendita.

Nemmeno è ipotizzabile una richiesta di risarcimento danni per la perdita di chances, atteso che il Ca. non ha concretamente dimostrato l'uso alternativo che avrebbe potuto fare delle somme nella sua disponibilità a seguito della vendita del titolo.

Ne consegue che alcuna pretesa restitutoria o risarcitoria di qualsivoglia genere può essere avanzata anche con riferimento a detta operazione.

4.4. Bonifici.

E' stato, invece, dimostrato che il D'A. ha sottratto la somma complessiva di Euro 1.057.400,00 a mezzo bonifici bancari con firma apocrifa del Ca. (si vedano i bonifici e le C.T.U. in atti).

Per quanto attiene alla pretesa risarcitoria, anche con riferimento a tali atti di distrazione vale tutto quanto detto avuto riguardo alla Banca: il Ca., poiché ogni anno, di persona o per tramite dei propri figli, riceveva informazioni sui propri affari e poiché, essendo domiciliato presso la Banca, avrebbe dovuto conoscere, usando l'ordinaria diligenza, la propria situazione patrimoniale esaminando gli estratti conto inviati, di nulla può dolersi se non ha immediatamente informato la Banca delle anomalie riscontate e riscontrabili tempestivamente e se non ha interrotto ogni rapporto con quest'ultima, così impedendo all'Ad. di continuare ad operare sui propri conti.

Le uniche appropriazioni che non potevano essere agevolmente evitate dal Ca. sono quelle relative al periodo antecedente al gennaio del 2003, essendo il rapporto con l'Ad. iniziato alla fine del 2002, ed essendo stato comunicato il primo estratto conto in data 31 dicembre 2002 presso il domicilio eletto dell'istante.

Tutti i prelievi successivi, infatti, o erano conosciuti dal Ca. o avrebbero dovuto esserlo perché riportati negli estratti conto periodici che, come si evince dall'esame della documentazione agli atti del processo (si vedano gli estratti conto dal luglio 2002 al 31 dicembre 2004 depositati dalla Banca) erano stati comunicati all'attore.

In contrario non giova evidenziare, ancora una volta, che gli estratti conto fino al marzo del 2003 furono ritirati da un falsus procurator; il ritiro, infatti, è del marzo del 2003, mentre il primo estratto conto del 2003 è stato comunicato in data 31 dicembre 2002.

Orbene, i bonifici effettuati con firma apocrifa nell'anno 2002 sono: 1) bonifico in data 14 ottobre 2002 di Euro 35.000,00; 2) bonifico in data 25 ottobre 2002 di Euro 60.000,00; 3) bonifico in data 28 novembre 2002 di Euro 90.000,00.

Tutti gli altri recano, invece, date successive al 2002.

L'Ad., dunque, va condannato a risarcire l'attore per i danni subiti unicamente in conseguenza di detti indebiti prelievi.

Il danno subito, in difetto di prova di un uso alternativo che l'attore avrebbe potuto fare delle somme nella sua disponibilità, non può che ammontare alla sommatoria degli importi dei bonifici di cui sopra, pari ad Euro 185.000,00.

Detta somma, poi, considerato che l'obbligazione risarcitoria costituisce debito di valore, essendo diretta a reintegrare integralmente il patrimonio del danneggiato, deve essere attualizzata computando, anche d'ufficio (per tutte si vedano Cass. Civ., n. 10433/94; Cass. Civ., n. 166/96), sia il danno da svalutazione monetaria per il periodo intercorrente tra la data dell'illecito e la presente pronuncia (in base agli indici ISTAT del costo della vita), sia, in via equitativa, il danno da lucro cessante, applicando gli interessi legali sull'importo iniziale annualmente rivalutato (Cass. Civ., Sez. Un., n. 1712/95).

Mentre, infatti, la rivalutazione monetaria ha la funzione di attualizzare il valore dell'equivalente monetario del bene perduto, gli interessi compensativi svolgono la funzione di risarcire il danno da lucro cessante dovuto al mancato godimento della somma liquidata a titolo di risarcimento del danno che, qualora fosse stata corrisposta al momento dell'illecito, sarebbe stata presumibilmente investita per ricavarne un utile finanziario.

Tale voce di danno deve essere liquidata equitativamente (Cass. Civ., Sez. Un., n. 1712/95), ma a base del calcolo, non va presa la somma sopra liquidata ai valori attuali, ma l'originario importo (ricavato mediante la devalutazione dei valori espressi all'attualità) rivalutato anno per anno e su tale importo va applicato il saggio degli interessi legali con decorrenza dalla data dell'illecito all'attualità.

Sulla somma risultante sono inoltre dovuti gli interessi legali dalla presente pronuncia fino all'effettivo soddisfo.

L'Ad. va poi condannato a restituire all'attore tutte le residue somme di cui ha disposto a titolo di bonifico con firma apocrifa: detti atti dispositivi, infatti, hanno consentito l'indebita appropriazione della somma complessiva di Euro 872.400,00 (Euro 1.057.400,00, pari al totale dei bonifici, detratta la somma da restituire a titolo di risarcimento del danno).

Detto importo, dunque, maggiorato di interessi legali dal dì di ogni singolo bonifico, l'Ad. va condannato, in solido con Ri.An. per Euro 735.000,00, a restituire all'attore.

Nulla, invece, è dovuto a titolo di rivalutazione monetaria su detto importo.

Come si osservava, infatti, la Suprema Corte, avuto riguardo all'area di applicazione della norma di cui all'art. 1224, comma 2, c.c., ha affermato a più riprese che il maggior danno va risarcito solo laddove il creditore dimostri, da un lato, che per la mancata disponibilità di un bene della vita sia stato costretto a sopperirvi con un altro (ottenuto eventualmente tramite il ricorso al credito bancario) e, dall'altro, che il danno deve essere in concreto provato attraverso l'allegazione di elementi idonei ad evidenziare le reali propensioni economiche del creditore ed a provare la sua appartenenza ad una determinata categoria di soggetti utilizzatori di denaro, non essendo sufficiente il mero richiamo al suo status (si vedano sul punto Cass. Civ., n. 2182/91; Cass. Civ., n. 7337/98; Cass. Civ., n. 1257/98; Cass. Civ., 25365/06; Cass. Civ., n. 24142/07).

5. Conclusioni.

In conclusione, a) va rigettata la domanda di risarcimento danni avanzata nei confronti di Ri.An.; b) in accoglimento della domanda restitutoria, quest'ultima va condannata a pagare, in solido con Ad.An., in favore dell'attore la somma complessiva di Euro 735.500,00, oltre interessi legali dal di dei singoli bonifici; c) vanno rigettate tutte le domande avanzate nei confronti della Banca; d) Ad.An. va condannato a risarcire i danni subiti dall'attore, che si quantificano in complessivi Euro 185.000,00, oltre interessi e rivalutazione come in precedenza indicato; e) Ad.An. va, inoltre, condannato a restituire all'attore, la somma di Euro 872.400,00, di cui Euro 735.500,00 in solido con Ri.An., oltre interessi legali dal di dei singoli bonifici.
Le spese di lite, nei rapporti fra le parti seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
Le spese per la espletata C.T.U. vanno, attese le risultanze della stessa, definitivamente poste a carico del convenuto Ad.An..

 P.Q.M.

Il Tribunale, definitivamente pronunciando nel giudizio di cui al R.G.A.C.C., n. 1114/07, instaurato ad istanza di Ca.Sa. nei confronti di Ri.An., di Ad.An. e della Cr.Su. S.p.A. in persona del suo legale rappresentante pro tempore, rigettata ogni altra istanza, domanda ed eccezione, così provvede:
1) rigetta la domanda di risarcimento danni avanzata dall'attore nei confronti di Ri.An.;
2) in accoglimento della domanda restitutoria, condanna quest'ultima a pagare, in solido con Ad.An., in favore dell'attore la somma complessiva di Euro 735.500,00, oltre interessi legali dal di dei singoli bonifici;
3) rigetta tutte le domande avanzate dall'attore nei confronti della Cr.Su. S.p.A.;

4) condanna Ad.An. a risarcire i danni subiti dall'attore, che si quantificano in complessivi Euro 185.000,00, oltre interessi e rivalutazione come indicato in motivazione;

5) condanna Ad.An. a restituire all'attore la somma di Euro 872.400,00, di cui Euro 735.500,00 in solido con Ri.An., oltre interessi legali dal di dei singoli bonifici;

6) condanna l'attore a rifondere le spese sostenute per questo giudizio dalla Cr.Su. S.p.A., che si liquidano in complessivi Euro 10.000,00, di cui Euro 4.000,00 per diritti ed Euro 6.000,00 per onorari, oltre I.V.A., C.P.A. e rimborso spese generali come per legge;

7) condanna Ri.An. e Ad.An. a rifondere, in solido fra loro, le spese sostenute per questo giudizio dall'attore, che si liquidano in complessivi Euro 10.000,00, di cui Euro 4.000,00 per diritti ed Euro 6.000,00 per onorari, oltre I.V.A., C.P.A. e rimborso spese generali come per legge;
8) pone le spese per la espletata C.T.U. definitivamente a carico di Ad.An..
Così deciso in Cassino, il 17 dicembre 2010.
Depositata in Cancelleria il 31 gennaio 2011.



venerdì 25 marzo 2011

Finalmente l'Antitrust torna a controllare i reali costi imposti dalle banche ai correntisti

Il problema esiste e non si può continuare a nasconderlo: i correntisti bancari sono oggetto di continui ed immotivati aumenti dei costi di sportello da parte delle banche, le quali riducono i propri debiti "mungendo" i piccoli risparmiatori.

L'AGCM ha deciso, finalmente, di tornare a controllare i costi collegati ai servizi bancari offerti.


Siamo fiduciosi che l'Antitrust riuscirà a sortire l'effetto riduzione di tutti i costi occulti fatti inutilmente pagare ai cittadini da parte delle banche.

Tale intervento dovrebbe, a nostro parere, essere incentivato dalla stessa Banca d'Italia ed operazioni di moral suasion potrebbero essere avviate anche dall' ABI.

di seguito il Comunicato stampa dell'Autorità Garante








COMUNICATO STAMPA



BANCHE: ANTITRUST AVVIA INDAGINE CONOSCITIVA SUI COSTI ALLO SPORTELLO E SUGLI OSTACOLI ALLA CHIUSURA DEI CONTI CORRENTI


Dopo le numerose segnalazioni dei consumatori e alla luce di un assetto del sistema bancario profondamente modificato che avrebbe dovuto portare maggiore concorrenza

Nuovo faro dell’Antitrust sui costi applicati dalle banche alla clientela. L’Autorità ha infatti deciso di avviare un’indagine conoscitiva per verificare le tipologie, l’entità e la dinamica dei prezzi dei conti correnti e dei servizi di incasso e pagamento, anche alla luce delle numerose segnalazioni ricevute dai consumatori.

L’indagine, che segue quella conclusa nel 2007, esaminerà l’introduzione o l’aumento delle commissioni su taluni servizi bancari: dalle commissioni sul prelievo del contante allo sportello, ai pagamenti eseguiti sempre allo sportello, ai bonifici bancari, compresi quelli on line, fino quelle sul prelievo bancomat. Si tratta in alcuni casi di commissioni delle quali l’Antitrust aveva chiesto la riduzione o l’azzeramento, visti i tagli ‘a monte’ ai costi interbancari del sistema bancario ottenuti grazie alle proprie istruttorie.

Obiettivo dell’Autorità comprendere come mai, nonostante un assetto del sistema bancario profondamente modificato che avrebbe dovuto innescare una forte spinta concorrenziale, il livello dei prezzi dei servizi e le criticità in termini di trasparenza continuino a segnalare un confronto competitivo tra le banche ancora debole.

L’indagine analizzerà e verificherà anche le difficoltà alla chiusura e trasferimento del conto corrente da una banca all’altra, con connessi costi diretti e spesso indiretti richiesti e i vari ostacoli alla portabilità/surroga dei mutui, denunciati dai cittadini, per comprenderne le ragioni e individuare le possibili soluzioni.




29 marzo 2011 - aggiornamento

Stona, a parere nostro, la dichiarazione rilasciata dall'ABI, la quale sostiene che i conti correnti sarebbero divenuti meno cari negli ultimi anni a causa di una riduzione dei costi. Sinceramente queste effettive riduzioni noi non le abbiamo notate. Solo con i conti on line, infatti, si può parlare di piccola riduzione dei costi di conto corrente.

Di seguito il comunicato ANSA


ROMA, 29 MAR - Tra il 2006 e il 2011 il costo medio annuo del conto corrente bancario e' diminuito del 26% e a dicembre 2010 risultava pari a 114 euro. E' quanto sottolineato dal direttore generale dell'Abi, Giovanni Sabatini, nel corso di un'audizione alla Commissione speciale dei prezzi del Senato, precisando anche che ''nell'ultimo periodo, tra giugno 2010 e dicembre 2010, si osserva una diminuzione dell'1,7%''.
 
fonte: www.ansa.it

domenica 20 marzo 2011

Vendita obbligazioni Parmalat - omessa informativa al cliente dei rischi di investimento e conseguenze per la banca

La sentenza che proponiamo in lettura questa settimana ha ad oggetto la vendita di obbligazioni Parmalat Finance BV, argomento dell'incontro radiofonico dello scorso mercoledì a Trentino inBlu radio (v. "Da Trentino inBlu al Blog: PARMALAT - Il più grande scandalo finanziario italiano. A che punto siamo?").
La pronuncia in oggetto affronta la vendita di obbligazioni estere (emesse nel mercato lussemburghese) e piazzate dalla banca ai clienti retail in assenza di adeguata informativa in merito alle caratteristiche ed ai rischi connessi a tale forma di investimento. 

Secondo il Tribunale di Bari tali rischi emergevano dal documento informativo che accompagnava l'emissione obbligazionaria, la offering circular, nonché
 dalla circostanza che per tali titoli non vi era un giudizio di merito (rating) rilasciato dalle principali società internazionali di rating

Accertata la violazione delle norme di condotta da parte dell'intermediario, il Tribunale analizza le possibili conseguenze e, dopo aver escluso la nullita' dell'operazione di investimento alla luce della ormai nota sentenza n. 27624/2007 delle Sezioni Unite della Cassazione, ritiene la Banca responsabile del pregiudizio sofferto dal cliente e la condanna al risarcimento del danno.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale di Bari, seconda sezione civile, 
in composizione
collegiale, nelle persone dei seguenti magistrati:
Dott. Luigi Di Lalla Presidente
Dott.Nì cola Magaletti Giudice
Dott.ssa Raffaella Simone Giudice est.

ha pronunziato la seguente

S E N T E N Z A

nella causa civile di primo grado iscritta al N. 4792/2006 R.G.
Aff. Cont, riservata all’udienza del giorno 13 maggio 2006 e vertente

T R A
XXXXX



Testo integrale:
FATTO E DIRITTO
Con citazione notificata il 6/8/.5.2006 …………..conveniva in giudizio, innanzi a questo Tribunale, la banca …..  s.p.a. e la banca  …………..     s.p.a. per sentir accertare l’inesistenza, e/o nullità dell’acquisto delle obbligazioni Parmalat Finance Corporation, effettuato il 23/26.4.2002 per mancanza di forma scritta del contratto di negoziazione, ricezione e trasmissione degli ordini relativi agli strumenti finanziari, in violazione degli artt. 1418 c.c., 2l e 23 del d.lgs. n.58/’98 e 7, 26, 28 e 30 del reg. Consob n.11522/98, con condanna degli istituti di credito alla restituzione integrale del capitale investito, pari ad € 5l.600,00 o del diverso importo dovuto, oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali, con vittoria di spese.
 ln subordine l’attore chiedeva dichiarare che l’operazione di acquisto dei titoli era stata posta in essere in violazione degli artt. 2 del d. l vo. n.58/98 e 28 e 29 del reg. Consob g n.11522/98 e che l’operazione non era adeguata; dichiarare la nullità ai sensi dell'art. 1418 c.c. o l’annullabilità per dolo contrattuale, errore riconoscibile e/o conflitto di interessi ai sensi degli artt. 27 del reg. Consob e 1394 e 1395 c.c., con condanna delle convenute alla restituzione delle somme di cui  innanzi.
 In ulteriore subordine l'attore chiedeva dichiarare l’inadempimento delle convenute agli obblighi di informazione, buona fede contrattuale e precontrattuale e di diligenza, previsti dal d.l.vo n.58/98 e dal reg. Consob e condannarle al pagamento delle somme di cui innanzi.
Costituitasi in giudizio con comparsa del 20/7/2006, la Banca …. eccepiva il difetto di legittimazione passiva, essendo stata effettuata l’operazione presso l’agenzia di Bari della società ……..s.p.a., sportello acquistato con successivo rogito del 30/12/2002.
 Nel merito rilevava la convenuta che nell’esecuzione dell’investimento erano stati osservati tutti gli obblighi previsti dalla legislazione vigente e che sino alla data del default non erano note le anomalie della situazione patrimoniale della societa Parmalat, non percepite da tutti gli organi di controllo, concludendo per il rigetto della domanda e spiegando in subordine domanda di garanzia nei confronti della ……s.p.a., con vittoria di spese.
Con comparsa del 12/10/2006 si costituiva in giudizio ………., eccependo l’incompetenza del Tribunale in ordine alla domanda di garanzia, devolute alla cognizione di collegio  arbitrale, la decadenza della Banca   dal diritto di garanzia e contestando tanto il difetto di legittimazione passiva, quanto le assunte violazioni degli obblighi del d.l.vo n.58/98 e del regolamento Consob, concludendo nei confronti del ………..  per l’estromissione dal giudizio, il rigetto delle domande attoree ed in subordine la restituzione dei titoli, ovvero il riconoscimento del concorso di colpa dell’attore, con limitazione del risarcimento danni e nei confronti della Banca   per la declaratoria di incompetenza od il rigetto dell’azione di  garanzia, il tutto con vittoria di spese.
All’esito dello scambio delle memorie ex artt. 6 e 7 del d lg.vo  n.5/2003, con decreto del 17/l/2007 veniva fissata l’udienza di  discussione ed ordinata alla banca …….  l’esibizione di  documentazione.
Con ordinanza del l9/6/2007 il Tribunale, a seguito della dichiarazione di smarrimento incolpevole dei documenti contrattuali richiesti, conseguenti all’inondamento dell’archivio dell'istituto di credito, ha ammesso gli interrogatori formali e le prove testimoniali richieste dalle parti.  Esaurita l’istruzione, la causa è stata rimessa al Collegio e  riservata per la decisione.
L’eccezione di difetto di legittimazione passiva sollevata dalla  convenuta  …………. s.p.a. è fondata.
Secondo la stessa prospettazione di parte, il …………  era cliente della banca  ……… filiale di Bari, agenzia di…….. in  via ……..  dove era titolare di un conto corrente e dove effettuò l’investimento in oggetto.
Con contratto del 30.12.2002 la Banca …..  cedette alla banca……   un ramo d’azienda "costituito dal complesso di beni e rapporti giuridici organizzati per l’esercizio dell’attività bancaria, nei luoghi dove si trovano 7 sportelli bancari", tra cui la filiale 202 di Bari.
Per quanto rilevi ai fini della presente decisione, il contratto prevedeva che la cessione aveva ad oggetto anche i contratti relativi ai servizi d’investimento (art.3) e che essa avveniva ai sensi e per gli effetti dell'art.58 T.U.B.
La norma stabiliva, nel testo all’epoca vigente, che i creditorii ceduti avevano la facolta — entro tre mesi dalla pubblicazione  nella Gazzetta Ufficiale dell’avvenuta cessione — di esigere dal  cedente l’adempimento delle obbligazioni oggetto della cessione e che, decorso tale termine ii cessionario rispondeva in via esclusiva.
ll rapporto contrattuale tra l’attore e la banca …………  è quindi proseguito con la banca……  , senza soluzione di continuità, con conseguente esclusiva responsabilita di quest'ultima per le obbligazioni derivanti dal contratto stesso.
La disposizione in esame del resto non può ritenersi derogata dalla previsione negoziale, secondo cui “il cedente terrà  manlevata la cessionaria delle passività o insussistenze non  risultanti dalla situazione finanziaria definitiva e conseguenti a pretese scritte di terzi o riferibili ad atti o fatti compiuti dal  cedente prima della data di cessione” (art.l4) .
 E' evidente che trattasi di un negozio accessorio di garanzia fra cedente e cessionario, non opponibile al creditore ceduto,  irrilevante cioè ai fini dell’azione contrattuale proposta dal……..  rispetto alla quale unico legittimato passivo resta la società bancaria…….  in qualita di cessionaria, ai sensi del richiamato art.58, V comma T.U.B.
Nel merito, è pacifico che l’attore nell'aprile 2002  sottoscrisse, presso la filiale di Bari della ……… l’  ordine di acquisto di titoli Parmalat Fin 6,8% Eur.
 Nella distinta   (doc.5 dell'attore) il titolo è  identificato con il codice isin XSO132599175.  Le copie dell'ordine di compravendita prodotte dal ………  e  dalla convenuta recano invero diversa data di sottoscrizione e divergono quanto al valore nominale.
 Al riguardo l’attore ha dichiarato nel corso dell’interrogatorio formale d'aver sottoscritto il documento il 23 aprile 2002 e che  il successivo 26 aprile 2002 fu convocato presso l’istituto  esclusivamente per apporre ulteriori firme. 
 La dichiarazione deve ritenersi veritiera perché confermata dalla deposizione del teste ……..  all’epoca dei fatti  direttore della filiale presso cui fu effettuata l’operazione, il  quale ha confermato che l'ordine risaliva al 23 aprile 2002 e che il documento recante la data del 26 aprile 2002 riepilogava  semplicemente l’investimento, comprovato a tutti gli effetti dal  documento n.3,
Quanto all’ulteriore documentazione prodotta dallo stesso attore,  in particolare le condizioni per il deposito e la custodia dei titoli, il procuratore della Banca……….  ha dichiarato nel corso dell’interrogatorio che tale documentazione fu sottoscritta in costanza d'investimento, nel febbraio 2004, su richiesta del personale dell’istituto di credito subentrato nel rapporto contrattuale, a seguito della distruzione del dossier cartaceo,  conseguente all'allagamento dell’archivio dell’istituto.
In virtù delle prove documentali ed orali offerte dalle parti  deve quindi ritenersi che l'acquisto fu effettuato il 23 aprile  2002 per il valore di 6 51.600,00.
Quanto alle informazioni fornite al cliente ed acquisite dal medesimo, non è emerso dalla prova testimoniale se il documento  sui rischi generali degli investimenti in strumenti finanziari fu  consegnato dal personale della banca ………  all’atto dell’investimento ovvero successivamente dalla subentrata  .
 Al riguardo vanno pertanto valute le dichiarazioni delle parti e  del testimone escusso all’udienza del 29 ottobre 2007.
 Il …….  ha dichiarato in proposito che al momento dell’investimento ebbe contezza che le obbligazioni Parmalat  offrivano rendimenti superiori ai bot e fu informato che l’azienda ……  emittente i titoli era sicura, benchè l’investimento fosse vincolante per sette anni, che le obbligazioni, a differenza delle  azioni, non erano rischiose e che la riscossione del capitale era  garantita.
 Il teste ……….  ha confermato che il…………. non aveva una particolare esperienza, né cultura finanziaria e chiedeva investimenti remunerativi, che tuttavia non esponessero a rischio il capitale.
Ha quindi aggiunto il teste che l’investimento fu suggerito dal consulente della filiale e che fu scelto dal cliente proprio per il rendimento dallo stesso offerto.
Dalle circostanze innanzi richiamate emerge indubbiamente il basso profilo dell’investitore, per nulla propenso al rischio e poco esperto, escludendo invero la qualifica di assistente operatore tecnico di azienda ospedaliera ed il documentato diploma di licenza media specifiche cognizioni finanziarie.
La confermata volontà di impiego sicuro del capitale denota del resto che l’investitore non fu ben informato sulla natura dell’operazione che si accingeva ad effettuare.
Al riguardo infatti il paragrafo 1.3 del documento sui rischi generali degli investimenti, della cui consegna all’atto dell’operazione non vi è certezza, in riferimento ai titoli di  debito, precisa che “il rischio che le societa o gli enti finanziari emittenti non siano in grado di pagare gli interessi o di rimborsare il capitale prestato si riflette nella misura degli interessi che tali obbligazioni garantiscono all’investitore.
Quanto maggiore e la rischiositá percepita dall’emittente tanto maggiore e il tasso d’interesse che l’emittente dovrà corrispondere all’investitore”. Inoltre, nel paragrafo 1.4 dello stesso documento, si dice che “l’investitore deve tener presente che la misura effettiva degli interessi si adegua continuamente alle condizioni di mercato attraverso variazioni del prezzo dei titoli stessi”.
Se dunque il connubio maggiore redditività — maggiore rischio di rimborso fosse stato ben illustrato al ….. questi, aspirando alla sicura riscossione del capitale e constatando la maggiore remunerativita del titolo Parmalat, indicativa della maggiore rischiosità, avrebbe compreso la non rispondenza della scelta alle sue aspettative.
 Il……….. ha infatti ha acquistato obbligazioni emesse da una società olandese del gruppo Parmalat, collegata alla societa italiana.  All'atto dell’emissione dei titoli sul mercato primario gli stessi sono stati sottoscritti esclusivamente da investitori istituzionali e solo successivamente i titoli sono stati oggetto di negoziazione fra la banca ed il cliente, che li ha conseguentemente acquistati sul mercato secondario.
 Le gravissime irregolarità di bilancio sono emerse, com’è noto, nelle ultime settimane del 2003.
Nell’aprile 2002, data di esecuzione dell’operazione, le obbligazioni Parmalat avevano i rating riportati negli allegati a) e b) dell’indagine conoscitiva delle Commissioni riunite della Camera dei Deputati e del Senato ( doc.6)  ed il titolo acquistato era  privo di rating.
L’investimento aveva quindi natura speculativa e non era pertanto adatto al profilo di rischio del………...
Quanto agli obblighi previsti dal Tuf e dal Regolamento Consob richiamati dall’attore, secondo le S.U. della Suprema Corte, "in tema_di intermediazione finanziaria, la violazione dei doveri di informazione e di corretta esecuzione delle operazioni che la legge pone a carico dei soggetti autorizzati alla prestazione dei servizi di investimento finanziario, da luogo a responsabilità precontrattuale, con conseguenze risarcitorie, ove dette violazioni avvengano nella fase antecedente o coincidente con la stipulazione del contratto di intermediazione destinato a regolare i successivi rapporti tra le parti (cd. “contratto quadro", il quale, per taluni aspetti, può essere accostato alla figura del mandato); può dar luogo, invece, a responsabilità contrattuale, ed eventualmente condurre alla risoluzione del contratto suddetto, ove si tratti di violazioni riguardanti le operazioni di investimento o disinvestimento compiute in esecuzione del "contratto quadro";
 in ogni caso deve escludersi che mancando una esplicita previsione normativa, la violazione dei menzionati doveri di comportamento possa determinare, a norma dell'art.1418 primo comma c.c., la nullità del cosiddetto "contratto quadro" o dei singoli atti negoziali posti in essere in base ad esso" (Cass. S.U. n.26/4/2007).
Nel caso di specie ricorre inadempimento colpevole dell’istituto bancario, del quale la Banca ….. è responsabile per i rilievi innanzi svolti, in relazione al dovere di informazione attiva, previsto dall’art.2l, lett.b) del d.l.vo n.58/98, nonché all’obbligo di astensione dall’esecuzione di operazione non adeguata, previsto dall’art.29 del regolamento Consob.
Tali rilievi giustificano l' accoglimento delle domande subordinate di declaratoria di inadempimento e di condanna della Banca…..  previa restituzione dei titoli, al risarcimento dei danni, quantificati in E 5l.600,00, importo corrispondente alla somma investita, dalla quale vanno decurtate le cedole riscosse, oltre agli interessi legali dal 23/4/2002 al soddisfo.
Non eccedendo l’indice di svalutazione monetaria il tasso degli interessi legali del periodo null’altro compete a titolo risarcitorio.
Quanto alla domanda di garanzia, spiegata anche in via riconvenzionale, dalla ……. verso  ……. l’eccezione di arbitrato è fondata.
L’art.23 del contratto di cessione dispone che "le eventuali divergenze sull’interpretazione e esecuzione del contratto" siano devolute alla cognizione di un collegio arbitrale che giudicherà
secondo diritto in via rituale.
La domanda diretta pertanto all'accertamento dell'efficacia —nella controversia in oggetto — della garanzia prevista nel contratto di cessione è sottratta alla cognizione del giudice  ordinario e rimessa a collegio arbitrale, cosi come stabilito dalle parti, nell’ambito della loro autonomia negoziale.
La richiesta quindi va rigettata (la questione non attiene infatti alla competenza in senso tecnico ma al merito).
Le spese processuali, infine, sono regolamentate secondo il  principio della soccombenza, nella misura liquidata in  dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale, in composizione collegiale, definitivamente pronunciando sulla domanda proposta con atto di citazione notificato il…………..da………….  nei confronti della Banca…..  e della………   nonchè sulla domanda proposta  dalla………  verso …………  cosi provvede:
· accoglie la domanda del ………  verso la ………….. e, per l’effetto, condanna quest’ultima al pagamento della somma di E 51.600,00, da decurtare dell’ammontare delle cedole riscosse,oltre agli interessi legali dal 23/4/2002 al  soddisfo;
- rigetta la domanda del……..  e della banca……… verso la………………;
-condanna la banca………… al pagamento delle spese di lite sostenute dall'attore, liquidate complessivamente in €  ……., , oltre spese generali, nonche CAP ed IVA se e come per legge;
-  condanna l’attore e la banca………..   in solido al pagamento delle spese di lite sostenute dalla banca  liquidate complessivamente in €  , oltre spese generali, nonchè CAP ed IVA se e come per legge.
  Bari, 25.9.2009
Il Giudice estensore
Il presidente
Dott.ssa Raffaella Simone
Dott. Luigi Di. Lalla

venerdì 18 marzo 2011

Da Trentino inBlu al Blog: PARMALAT - Il più grande scandalo finanziario italiano. A che punto siamo?

La vicenda Parmalat

Quando lo scorso gennaio l'ex presidente di Parmalat, il Cav. Tanzi, è stato riconosciuto responsabile per il disastro finanziario della multinazionale del latte, egli ha continuato a professare la propria innocenza ed incolpare le banche, considerate vere responsabili per l'ingente debito finanziario accumulato.

La vicenda Parmalat è caratterizzata da falsi bilanci, scarsi controlli e rapporti di favore da parte di tutte le più importanti banche mondiali che hanno sempre concesso ampio credito al Gruppo leader nel settore agroalimentare.

In particolare e come accertato successivamente dalle indagini penali, sin dalla fine degli anni '90, l’esposizione di Parmalat nei confronti del sistema bancario era già estremamente elevata.

La relazione del 21 giugno 2004 redatta dal Commissario Straordinario di Parmalat Finanziaria spa puntualizza che “dal 31.12.1998 al 31.12.2003, il Gruppo ha assorbito circa 14,2 miliardi di euro di risorse finanziarie di cui 13,2 miliardi di euro sotto forma di finanziamenti direttamente forniti o ottenuti per il tramite del sistema bancario , un miliardo di euro sotto forma di flusso di cassa lordo proveniente dalle operazioni industriali”.

L'ingente debito finanziario accumulato da Parmalat è stato parzialmente coperto attraverso le emissioni di titoli obbligazionari con i quali i debiti bancari sono stati spostati dalla multinazionale agli ignari acquirenti dei titoli Parmalat, con la partecipazione, più o meno convinta, delle banche.

In realtà, il ruolo assunto dalle banche nel crac Parmalat non è stato secondario in quanto, essendo a conoscenza della reale situazione economico/finanziaria del gruppo di Collecchio, non hanno esitato a consigliare l’acquisto dei bond, rassicurando gli investitori sul buon esito dell’operazione ed “intascando” le commissioni.

Il fallimento della Parmalat, avviato con il default del debito obbligazionario dichiarato nel dicembre 2003 e certificato successivamente con il fallimento, ha causato una perdita totale pari a 14 miliardi di euro con un danno nei confronti dei risparmiatori estremamente ingente.
 
A che punto siamo?

Le tappe della vicenda giudiziaria Parmalat?

Richiamiamo il recente articolo da www.ilmessaggero.it che ha efficacemente ricostruito i vari passaggi che hanno portato alla recente condanna del Cav. Tanzi.

2003
- 19 dicembre: Bank of America disconosce l'autenticità di un documento del 6 marzo che attesta l'esistenza di posizioni in titoli e liquidità per quasi 4 miliardi di euro al 31 dicembre 2002 di pertinenza di Bonlat, società delle Isola Cayman del gruppo. Standard & Poor's declassa i titoli Parmalat a Default
- 22 dicembre: primi indagati a Milano, fra cui Tanzi.
- 27 dicembre: Calisto Tanzi viene arrestato a Milano su ordine della Procura di Parma per associazione per delinquere finalizzata alla bancarotta fraudolenta e falso in bilancio. Il 28 ordine di custodia cautelare anche della Procura milanese: aggiotaggio e false comunicazioni a revisori. Tribunale delibera l'insolvenza.

2004
- 10 febbraio: sette banche indagate a Milano per aggiotaggio: Bank of America, Citigroup, Deutsche Bank, Morgan Stanley, UBS, Popolare Lodi e la Sgr di Intesa, Nextra.
- 17 febbraio: arrestati su ordine dei pm di Parma i figli di Tanzi Stefano e Francesca, il fratello Giovanni, quattro dirigenti della holding che opera nel turismo per distrazioni di 900 mln.
- 1 marzo: Cassazione decide: a Milano la competenza delle indagini per aggiotaggio, ostacolo alla vigilanza, falso in comunicazioni. A Parma l'associazione a delinquere e bancarotta.
- 9 aprile: il Gip di Parma concede a Tanzi i domiciliari.
- 26 maggio: la Procura di Milano chiede il rinvio a giudizio per 29 persone fisiche e tre persone giuridiche, tra cui Calisto Tanzi, componenti dell'ex cda, ex sindaci, direttori, contabili, revisori dei conti, funzionari di Bank of America. Richiesta di giudizio anche per Bank of America e le società di revisione Grant Thornton e Deloitte & Touche. Le accuse: aggiotaggio, false comunicazioni dei revisori e ostacolo all'esercizio delle funzioni di vigilanza della Consob.
- 26 settembre: fine degli arresti domiciliari per Calisto Tanzi, che torna in libertà dopo 275 giorni.

2005
- 28 settembre: al via processo di Milano per Tanzi e altri 18.

2006
- 12 gennaio: difesa Tanzi sostiene in dibattimento a Milano che competente a giudicare sul caso Parmalat, anche per l'ipotesi di reato di aggiotaggio, è il tribunale di Parma dove si indaga per il reato più grave di bancarotta fraudolenta.
- 7 febbraio: i giudici della prima sezione del Tribunale di Milano respingono le eccezioni di incompetenza territoriale.

2007
- 21 maggio: i legali di Calisto Tanzi, chiedono al Tribunale di Milano un patteggiamento a due anni e otto mesi per il loro assistito. Anche altri 9 imputati chiedono il patteggiamento
- 31 maggio: il Tribunale, presieduto da Luisa Ponti, decreta «l'inammissibilità» del rito speciale disponendo, invece, la prosecuzione del giudizio a carico di Tanzi e altri imputati

2008
- 6 ottobre: Procura di Milano chiede 13 anni di reclusione per Calisto Tanzi per il crac dell'azienda emiliana.
- 9 dicembre: Si conclude con la riconferma delle richieste di condanna, la replica del procuratore aggiunto di Milano Francesco Greco al processo sul crac della società parmigiana.
- 17 dicembre: i giudici della prima sezione del Tribunale di Milano entrano in camera di consiglio per decidere la sentenza al processo Parmalat che riguarda Calisto Tanzi e altri otto imputati fra persone fisiche e giuridiche.
- 8 dicembre: Calisto Tanzi è riconosciuto colpevole di aggiotaggio, ostacolo all'attività degli organi di vigilanza, concorso in falso con i revisori e condannato a dieci anni di reclusione.

2010
- 26 maggio: la Corte di Appello di Milano conferma la sentenza di primo grado. Tanzi dovrà inoltre risarcire gli oltre 32 mila piccoli risparmiatori con 100 milioni di euro.
- 4 agosto: Napolitano revoca a Tanzi l'onorificenza come Cavaliere di Gran Croce della Repubblica, la più alta che lo Stato italiano riconosca ai suoi cittadini più meritevoli.
- 16 settembre: al processo a Parma requisitoria del pm, che ha annunciato che chiederà la condanna di tutti gli imputati.

Fonte: Il Messaggero

Infine, come detto, di recente si è concluso il processo penale di primo grado avviato al Tribunale di Parma. Il giudice ha riconosciuto la responsabilità penale di Tanzi e dei suoi collaboratori per i danni subiti anche dai risparmiatori.

Contemporaneamente è ancora in corso il processo penale avviato a Milano nei confronti di alcune grandi banche. In entrambi i procedimenti, i risparmiatori si sono costituiti parte civile ed hanno recuperato parte degli importi investiti in titoli Parmalat.

domenica 13 marzo 2011

Vendita obbligazioni Giacomelli - la banca deve informare l'investitore retail dei rischi relativi al bond societario

La sentenza proposta questa domenica ha ad oggetto l'attività di intermediazione svolta da una banca nella vendita di obbligazioni Giacomelli (argomento trattato nella puntata dello scorso mercoledì a Trentino inBlu radio).

Il giudice senese ha considerato la condotta della banca gravemente lesiva degli interessi del consumatore/investitore, in quanto i dipendenti dell'istituto di credito non hanno avvertito il cliente dei rischi collegati all'acquisto di obbligazioni Giacomelli e non avrebbero valutato l'adeguatezza dell'investimento al profilo di rischio, così come previsto ex art. 28 comma 1 Reg. Consob 11522/1998, dell'investitore.

L'obbligo di informazione, violato dalla banca, è espressione dei generali doveri di diligenza, correttezza e trasparenza che sempre devono accompagnare la condotta dell'operatore professionale nei rapporti con l'investitore retail.

La violazione di tali doveri da parte della banca comporta l'obbligo di risarcimento del danno sofferto dal cliente retail per la perdita sofferta a causa del default delle obbligazioni acquistate.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE CIVILE DI SIENA, riunito in Camera di Consiglio e composto dai Magistrati

 [omissis]

svolgimento del processo
xxx conveniva in giudizio davanti a questo Tribunale ai sensi dell'art. 2 del decreto legisl.vo 5/2003 (rito societario) la Banca legale rappresentante con atto dicitaizone ritualmente notificato ed esponeva che la stessa intratteneva un rapporto di conto corrente con l'istituto convenuto presso filiale di Torino sul quale le veniva addebitato in data 17.6.2002 l'importo complessivo di € 16.069,60 per l'acquisto di obbligazioni GIACOMELLI F07 8,375, che ella non ricordava di avere impartito il relativo ordine, né di avere sottoscritto un contratto quadro per la intermediazione in valori mobiliari, né di aver ricevuto il documento sui rischi generali di investimento, né di aver rilasciato alla banca informazioni sulla sua esperienza in materia di strumenti finanziari, né esposto alla banca i propri obiettivi di investimento e il livello della propria propensione al rischio, che in ogni caso, a prescindere dagli obblighi informativi di carattere generale necessari per un corretto inquadramento del cliente, l'istituto di credito convenuto non aveva assicurato alla cliente alcuna specifica informazione sulla natura, caratteristiche, grado di rischio dell'investimento in obbligazioni GIACOMELLI, prive di rating ufficiale e di prospetto informativo, destinate a investitori istituzionali e che pertanto nessuna reale informazione era stata assicurata in punto ad adeguatezza dell'investimento, soprattutto in relazione allo stato di indebitamento del gruppo GIACOMELLI, nonchè allo stato di tensione finanziaria che era subentrato nel corso del 2003; che inoltre l'operazione era stata assunta dalla banca in conto partita diretta, su un mercato non regolamentato, era in conflitto di interessi, che il grado di conoscenza degli strumenti finanziari da parte della xxx era molto limitato, che in data 9.10.2003 era stato dichiarato dal Tribunale di Rimini lo stato di insolvenza della GIACOMELLI SPORT GROUP s.p.a. garante del prestito obbligazionario con conseguente azzeramento del valore del titolo obbligazionario acquisito, che nulla era stato rimborsato o risarcito, che dai segnati comportamenti tenuti dall'istituto di credito convenuto nei confronti dell'investitore discendeva la nullità del contratto di intermediazione e comunque la nullità dei singoli ordini eseguiti per conto della cliente per in violazione di norme imperative di legge e di regolamento; in subordine veniva richiesto l'annullamento dell'investimento in presenza di un comportamento induttivo dell'intermediario ovvero la risoluzione del contratto per grave inadempimento dell'intermediario per violazione dei doveri di diligenza e correttezza e comunque per violazione delle norme che disciplinano gli obblighi di trasparenza, informazione e conoscenza del mercato e collaborazione con il cliente nello specifico settore della intermediazione finanziaria.
Si costituiva in giudizio la Banca xxx con comparsa di costituzione e risposta ritualmente notificata e depositata in cancelleria e contestava integralmente la domanda dell'attore; assumeva che nel caso in specie era intervenuto tra le parti un regolare contratto quadro per la intermediazione di valori mobiliari in data 23.3.2001 con consegna del documento sui rischi generali; che successivamente la xxxx aveva rilasciato una procura ad operare in titoli al marito, xxxx, riconoscendo la validità e la efficacia degli ordini dallo stesso imparitti, che quest'ultimo aveva operato costituendo un nutrito pacchetto di titoli speculativi tra cui valori obbligazionari emessi da paesi emergenti, manifestando evidente vocazione nell'acquisto di titoli ad alto rendimento e pertanto significava propensione al rischio; che in relazione ai titoli GIACOMELLI, oggetto di causa, era stato lo stesso sig. xxxx a sollecitarne l'acquisto e la stessa operazione si appalesava adeguata al profilo di rischio fino a quel momento assunto dall'investitore; successivamente al default del gruppo GIACOMELLI, intervenuto nell'ottobre 2003, la cliente, che pure aveva incamerato le cedole sui titoli fino a quel momento maturate, aveva cessato i propri rapporti con l'istituto convenuto trasferendo altrove le proprie posizioni; che era seguita una procedura di amministrazione straordinaria del Gruppo GIACOMELLI in relazione alla quale era possibile attendersi parziale rimborso, nella misura stimata del 25% delle obbligazioni de quo che nell'ordine di acquisto, oggetto di contestazione, l'investitore aveva riconosciuto di avere ricevuto informazioni adeguate nella prospettiva dell'investimento de quo.
Deduceva altresì che essa aveva operato nel pieno rispetto di tutta la normativa Consob posta a tutela del consumatore, che aveva reso edotto dei rischi connessi ad ogni singolo investimento, di cui aveva valutato la propensione al rischio, aveva valutato l'adeguatezza di ogni singola operazione di investimento, indirizzando il cliente nelle sue scelte di investimento consegnandogli altresì il "documento generale sui rischi".
Assumeva che non esisteva alcun obbligo di trasmettere ai clienti le conoscenze sulle offering circulars, né sussisteva conflitto di interessi poiché l'istituto convenuto non deteneva i titoli nel proprio portafoglio e che comunque doveva ritenersi legittima la negoziazione dei suddetti titoli su mercati secondari in favore di investitori non professionali nella fase in cui detti tioli non fossero ancora stati emessi; rilevava che non sussistevano i presupposti per pronunciarsi la nullità degli ordini di acquisto dei titoli, in assenza di una violazione relativa alla forma scritta dell'ordine non essendo prevista la sanzione della nullità per la violazione delle norme regolamentari in difetto di imperatività delle stesse; contestava la sussistenza di ipotesi di annullabilità degli ordini e di inadempimento imputabile idoneo a determinare la risoluzione del contratto; comunque, in ipotesi di soccombenza, chiedeva che i titoli oggetto di investimento fossero restituiti.
Le parti scambiavano memorie di replica; quindi, con atto depositato il 27 ottobre 2009, l'attrice formulava l'istanza di fissazione dell'udienza di discussione della causa ai sensi dell'art. 16 del drc. legis. 5/2003.
Desiganto il Giudice istruttore, questi fissava la udienza collegiale di discussione della causa e la Banca convenuta precisava a sua volta le proprie conclusioni.
Alla udienza del 17 Marzo 2010 dinanzi al collegio, come in epigrafe composto, a seguito di scambio di difese conclusionali e della discussione orale, fallito il tentativo di conciliazione delle parti, il Tribunale assumeva la causa in decisione con il termine di legge per il deposito della sentenza
Motivi della decisione
In primo luogo va affermato che la attrice xxxx ebbe a stipulare con la Banca xxxxx un contratto per intermediazione in valori mobiliari e un'apertura di deposito titoli in data 23.3.2001; in tale circostanza la stessa non ebbe a evidenziare particolari propensioni al rischio, esperienza finanziaria, obiettivi di investimento ecc., ma provvedette esclusivamente a sottoscrivere alcuni documenti e alcune clausole contrattuali e a dare atto di avere preso conoscenza del documento sui rischi generali degli investimenti. In data 12 giugno 2002 xxx, marito della xxxx, e titolare di una procura ad operare in titoli sul predetto deposito titoli e in attuazione del contratto di intermediazione di cui sopra, e che già in precdenza aveva imparitto diverse disposizioni in obbligazioni di paesi emergenti e in obbligazioni corporate, impartiva tramite l'intermediario convenuto, l'ordine di acquisto di 16.000 obbligazioni GIACOMELLI F07 8,375 al prezzo di 98,28; l'attrice ebbe a precepire le cedole sul predetto investimento fino a quando, nell'ottobre 2003, veniva dichiarato il default del gruppo GIACOMELLI garante dell'intera operazione finanziaria sottostante la emissione obbligazionaria de quo.
Osserva il Tribunale che, ai sensi dell'art. 23 del decr. leg.vo n. 58/1998, <>. Per giurisprudenza ormai prevalente, che questo Tribunale condivide, la norma di cui all'art. 23, comma primo del decr. leg.vo 58/1998, si riferisce al c.d. contratto quadro (<>), mentre i singoli ordini o le compravendita degli strumenti finanziari o alle prestazioni di servizio, che la Banca pone in essere in esecuzione degli impegni assunti con il contratto quadro, possono rivestire la forma scritta o altra forma stabilita con il regolamento. Le signole operazioni di acquisto di strumenti finanziari sono disciplinate dagli artt. 30 e 60 del Regolamento Consob 11.522 del 1° luglio 1998. Secondo tali norme: <> di cui una copia deve essere consegnata all'investitore, ed in cui devono essere indicate <> (art. 30). Quando l'intermediario riceve gli ordini presso la propria sede legale, deve rilasciare all'investitore una attestazione cartacea contenente gli elementi dell'operazione. Qualora invece l'ordine viene impartito per telefono gli intermediari devono registrarlo su nastro magnetico o supporto equivalente (art. 60). Nel caso in esame, l'acquisto delle obbligazioni GIACOMELLI è avvenuto da parte dell'attrice in costanza del contratto quadro, e di uno specifico e successivo ordine scritto di acquisto che del contratto quadro rappresenta attuazione ed espressione.  
Neppure sussistono le violazioni denunciate dell'attrice xxx relativamente alle operazioni poste in essere dalla Banca in conflitto di interessi (art. 27, comma 2°, Regol. Consob), e alla mancata consegna all'investitore del prospetto informativo approvato dalla Consob e relativo a ciascun titolo e cioé il c.d. <>. Deve invero convenirsi con la difesa della Banca che nessun conflitto di interessi sussiste in ordine alla vendita delle obbligazioni in oggetto. Ed infatti non solo non è stata fornita alcuna prova che la Banca, al momento dell'operazione, già fosse in possesso delle obbligazioni vendute al cliente, ma dalla stessa documentazione fornita dalla convenuta, risulta che la Banca convenuta non si è posta sul mercato quale collocatrice di questi titoli. Quanto alla consegna da parte dell'intermediario finanziario al cliente del prospetto informativo conforme al modello Consob, in occasione delle singole operazioni di acquisto, è sufficiente osservare che un obbligo di consegna all'investitore di tale prospetto informativo (offering circular) non è neppure contemplato dalle norme vigenti all'epoca delle operazioni e neppure successivamente. Il documento illustrativo degli strumenti finanziari e delle relative informazioni che andava consegnato all'investitore è unicamente quello di cui all'art. 28, 1° comma , Regol. Consob , denominato <>, che viene di regola consegnato al momento del contratto quadro, documento che all'attrice fu consegnato con il contratto quadro del 12.1.1998, come dalla stessa attrice non negato. I prospetti informativi specifici dei singoli strumenti finanziari disponibili sul mercato mobiliare (i c.d. <>), sono di norma riservati agli istituti collocatori e non sono perciò disponibili dagli intermediari non collocatori, come la Banca xxxxx, né dovuti obbligatoriamente agli investitori individuali, che agli operatori finanziari si rivolgono in proprio se non nell'ipotesi di "sollecitazione all'investimento" rivolta verso il pubblico.
La Banca di Italia nel bollettino economico n. 41/03 (doc. 8 di parte convenuta), nonché la CONSOB nella audizione del 27.4.2004 alla Camera dei Deputati Commissione Finanze (vedi sentenze Tribunale di Genova 3 Novembre 2006 n. 3771 e n. 1887/2006, nonché Tribunale di Milano 25.7.2005) hanno evidenziato come i titoli emessi nsull'Euromercato ed acquistati, secondo prassi generalizzata, a fermo da investitori istituzionali, siano successivamente negoziabili sul mercato secondario senza l'obbligo della consegna del prospetto informativo, salvo che la successiva vendita assuma le caratteristiche della sollecitazione all'investimento al pubblico sopra indicata. Si è affermato invero da parte della CONSOB e della Banca d'Italia che la successiva vendita agli investitori c.d. retail comporta l'obbligo della consegna del prospetto quando, a fronte di una sollecitazione all'investimento, vi sia stata una attività promozionale qualificabile come offerta, invito ad offrire o messaggio promozionale, che tale offerta sia indirizzata ad un pubblico indistinto di soggetti e che ricorra l'adozione di forme standardizzate per lo svolgimento di tali attività. Non essendo stata fornita la prova della ricorrenza di tali elementi nella fattispecie, deve ritenersi che la convenuta non aveva l'obbligo di rilasciare alcun prospetto informativo sui titoli in oggetto e che la stessa fosse legittimata a negoziare il tiotlo anche sul c.d. grey market, allorquando da un lato gli investitori professionali acquistano i titoli dalle banche collocatrici anticipando il momento della sottoscrizione dei titoli e della loro quotazione sul mercato ufficiale, dall'altro provvedono a negoziarli ai clienti che ne facciano richiesta nell'ambito di un meccanismo assimilabile alla vendita di cosa futura. Con i suddetti prospetti informativi non devono essere confuse <>, informazioni che ai sensi dell'art. 28, comma 2°, Regolam. Consob n. 11.522 del 1998, sono obbligati a fornire agli investitori tutti gli intermediari autorizzati.
Venendo poi all'esame degli asseriti comportamenti non regolamentari tenuti dall'istituto di credito e alle conseguenze lesive che ne sono derivate, la parte attrice ha sostenuto che la Banca ha violato gli artt. 21 del decr. leg.vo n. 58/1998 e 27, 28 e 29 del Regolamento Consob 11.522/1998 perch ha omesso di informare esso investitore sulla natrua dell'operazione e sui rischi e le implicazioni che l'acquisto in questione comportava, di valutare l'adeguatezza dell'operazione al profilo di rischio che l'investitore presentava, e per aver violato il divieto di dare corso all'operazione che si presentava come inadeguata al cliente, traendone conseguenze di nullità ovvero di inadempimento contrattuale.
Va a tale proposito evidenziato come alla stregua dei principi regolamentari sopra indicati la intermediazione di prodotti finanziari deve avvenire secondo regole di diligenza, correttezza e trasparenza nell'interesse dei clienti e il rispetto di tali regole, desumibili peraltro dai principi generali in materia di adempimento di obbligazioni da assolversi sulla base della natura dell'attività esercitata e secondo i modelli del soggetto eiusdem professionis et condicionis, di cui agli art. 1175, 1176 II comma, 1374, 1375 c.c., trova riscontro nl comma VI dell'art. 23 TUF in base al quale "nei giudizi di risarcimento dei danni cagionati al cliente nei servizi di investimento e di quelli accessori, spetta ai soggetti abilitati l'onere della prova dia vere agito con la diligenza richiesta".
Nel caso in oggetto, la banca convenuta si è del tutto sottratta a tale onere. In particolare allorché risulti necessario accertare la responsabilità contrattuale per i danni subiti dall'investitore "va accertato se l'intermediario abbia diligentemente adempiuto alle obbligazioni scaturenti dal contratto di intermediazione nonché, in ogni caso, a tutte quelle obbligatoriamente poste a suo carico dal decr. Les.vo 14.2.1998 n. 58 nonché dalla normativa secondaria, risultando così disciplinato il riparto dell'onere della prova: l'investitore deve allegare l'inadempimento delle citate obbligazione da parte dell'intermediario nonché fornire prova del danno e del nesso di causalità tra questo e l'inadempimento, anche sulla base di presunzioni; l'intermediario a sua volta deve provare l'adempimento delle specifiche obbligazioni poste a suo carico allegate come inadempiute dalla controparte e, sotto il profilo soggettivo, di avre agito con la specifica diligenza richiesta" (Cass. Sez. I, 17.2.2009 n. 3773).
Già al sorgere del rapporto di intermediazione emergono rilevantissimi profili di negligenza in capo all'intermediario il quale, assunta tale veste, non si peritò minimamente di acquisire informazioni sulla cliente per apprendere il suo grado di esperienza e di conoscenza del mercato finanziario, i suoi obiettivi di investimento, la rilevanza delle somme da investire, la propensione al rischio della stessa, né si peritò di verificare se la cliente fosse o meno disposta a fornire tali informazioni o a rilevare tali intendimenti ovvero siffatti obiettivi. Tale indagine risultava nella specie ancora più doverosa in quanto la xxx, titolare del deposito e contraente nel rapporto di intermediazione, in calce al quale risulta la sottoscrizione anche del di lei marito xxxx, ebbe a delegare quest'ultimo ad operare l'investimento sui titoli, accettando preventivamente e senza riserve i risultati di un siffatto mandato, rinunciando a qualsiasi contestazione. Orbene, considerata la intensa operatività del xxx sul conto titoli era non solo necessario, ma doveroso, anche a tutela e nell'interesse della contraente rappresentata, l'odierna attrice xxx, che la banca convenuta acquisisse informazioni atte a definire il profilo effettivo dell'investitore, che era appunto il xxxx il quale, si era posto subito ad operare nel settore dei corporate e delle obbligazioni dei paesi emergenti. In conclusione l'intermediario, contravvenendo specifiche disposizioni regolamentari, si era del tutto disinteressato di conoscere il proprio cliente, omettendo qualsivoglia forma di intervista o di preliminare acquisizione di elementi conoscitivi, attività chiaramente propedeutica e strumentale al fine poi di orientare lo stesso cliente nella scelta degli strumenti finanziari, in un periodo (anni 2001 - 2002) di rincorsa all'investimento più remunerativo a fronte di corsi azionari e obbligazionari con rendimenti annuali percentuali a due cifre, ovvero a dissuaderlo da investimenti eccessivamente speculativi in quanto inadeguati rispetto agli obiettivi perseguiti, ovvero non consoni al profilo di investitori e alla sua propensione al rischio, ovvero ancora a procedere all'operazione soltanto su specifica richiesta del cliente a fronte della segnalata inadeguatezza dell'investimento. In definitiva sotto il profilo dell'investimento in strumenti finanziari xxxx e xxxx erano due perfetti sconosciuti per l'intermediario, né una tale conoscenza poteva ritenersi acquisita per il fatto che il xxxx era solito procedere ad acquisti selezionati su titoli obbligazionari ad alta redditività (e quindi ad alto rischio) laddove la propensione al rischio evidenziata dall'investitore nella pratica ma non accompagnata da una preliminare valutazione dello stesso, non costituiva di per sé univoca dimostrazione degli obiettivi di investimento perseguiti dal cliente ovvero espressione di conoscenza approfondita da parte di questi del mercato di riferimento, né ritenersi sintomo di una particolare esperienza e capacità gestionale il fatto che xxx investisse prevalentemente in obbigazioni su paesi esteri emergenti (Turchi, Russia e Brasile), del tutto premettendo altre forme di investimento anche più a lungo termine, laddove costituiscono circostanze rientranti nel fatto notorio la utilità e la importanza di diversificare gli investimenti e di diluire gli stessi nei diversi settori finanziari, a breve e a lungo lasso temporale, azionari ed obbligazionari, così da razionalizzare le risorse a disposizione dell'investitore non istituzionale.
Se é vero che non esiste agli atti la prova che l'attrice e il suo procuratore si siano avvalsi della consulenza dei funzionari della Banca, è anche vero che da nessun atto processuale emerge che il personale dell'agenzia della Banca xxxx iun cui era in essere il rapporto rappresentarono ai clienti il particolare rischio connesso alla operazione di cui all'ordine del 12.6.2002 (obbligazioni GIACOMELLI) e prospettarono la non adeguatezza dell'investimento parametrata al profilo di rischio degli investitori, né la volontà di questi ultimi di procedere ugualmente all'acquisto del prodotto, nonostante l'avviso di non adeguatezza dell'investimento.
Invero né l'ordine di acquisto contiene la clausola di non adeguatezza, speficatamente rappresentata e avvallata dall'ordinante, né quest'ultimo ebbe ad esprimere l'intenzione di procedere all'acquisto sebbene gli forsse rapprestato che l'investimento non presentava profili di suitability.
Tanto meno risulta che qualche funzionario della banca evve a rappresentare il rischio di insolvenza dell'emittente, prima o in epoca successiva all'investimento, ovvero a proporre o a dirottare l'interesse dell'investitore verso altre forme di investimento; risulta invece che l'intermediario ebbe ad assumere l'ordine senza l'allegazione di avere impartito alcuna specifica informazione sul prodotto, nonché di avere verificato la adeguatezza dello stesso rispetto al cliente che chiedeva la esecuzione dell'ordine, laddove le informazioni provenienti dalle agenzie di rating avrebbero dovuto indurre il promotore alla cautela o, comunque, ad una adeguata esposizione al cliente degli elementi che potevano deporre a sfavore di quello specifico investimento.
Senonché, quantunque, sia certo che non sussista alcuna nullità dei singoli negozi di acquisto dei titoli in conformità e nell'ambito del contratto quadro validamente stipulato tra le parti, non profilandosi vizi di forma né contrasto con norme imperative, il comportamento della Banca deve essere valutato in relazione agli obblighi assunti da essa proprio con il contratto quadro, laddove si era impegnata, in adesione in osservanza alle prescrizioni del Regolamento Consob n. 11522/1998 a non eseguire gli ordini di investimento se non dopo aver fornito all'investitore le informazioni adeguate sulla reale natura dell'operazione e sui rischi specifici che essa comportava (artt. 28 e 29 Regol. Consob n. 11.522/1998), nonché l'obbligo di non procedere all'acquisto se non dopo avere acquisito per iscritto la volontà dell'investitore di procedere ugualmente all'acquisto (art. 29, c. 3° Regol. Consob cit.). Nel modulo sottoscritto dal xxx in data 12.6.2002 la clausola ivi contenuta, relativa alla volontà del predetto di effettuare l'operazione di acquisto ancorché non adeguata all'investitore, e nonostante essere stato dalla Banca reso edotto di tale inadeguatezza, non risulta espressamente richiamata e spuntata con la croce e conseguentemente manca qualsiasi collegamento negoziale tra la sottoscrizione del xxx posta in calce al documento di ordine di acquisto, e una manifesta volontà dell'investitore di procedere all'investimento benché lo stesso fosse stato espressamente sconsigliato come inadeguato. Sotto tale aspetto la Banca convenuta si è resa, invero, inadempiente e l'inadempimento appare conclamato. Non solo la Banca, invero, era tenuta a fornire al cliente le informazioni specifiche sul grado di rischio che l'acquisto delle obbligazioni in oggetto comportava, ma a fronte della decisione espressa dal xxx procuratore della xxx di procedere comunque all'acquisto, aveva l'obbligo di acquisire per iscritto l'ordine di acquisto dei titoli in questione evidenziando la consapevolezza dell'investitore in ordine al rischio che assumeva e della segnalazione di inadeguatezza che l'intermediario rappresentava, tanto più nel caso in specie in cui non vi era stata alcuna preliminare attività di indagine sulla esperienza e conoscenza di struemnti finanziari del cliente, delgi obiettivi di investimento e della propensione al rischio e della capacità economica dello stesso. In altri termini, occorre che, in ogni caso, l'intermediario fornisca all'investitore informazioni adeguate sulla specifica operazione richiesta, sui rischi connessi e sulla adeguatezza dell'acquisto al profilo dell'investitore precedentemente acquisito. L'inadempimento della Banca non può considerarsi di scarsa importanza e come tale giustifica la domanda di risoluzione del negozio di acquisto dei tioli avvenuto nel Giugno 2002.
Va chiarito che la risoluzione contrattuale non investe direttamente il contratto qudro che, come fonte del  complesso delle obbligazioni assunte reciprocamente dalle parti, deve ritenersi valido ed efficace, ma concerne unicamente gli specifici ordini di investimento, considerati come singoli ordini di investimento, considerati come singoli negozi di acquisto, sia pure posti in essere in esecuzione del contratto quadro.
L'inadempimento della Banca xxx, infatti, si riferisce alla mancata informazione dell'investitore sui rischi specifici che l'acquisto delle obbligazioni GIACOMELLI comportava e sulla mancata acquisizione dell'ordine scritto del cliente in merito all'esecuzione dell'operazione, pure nella consapevolezza del rischio relativo, e non già all'osservanza delle norme generali e delle prestazioni richiamate o imposte con il contratto quadro. Quantunque i singoli ordini di investimento siano ricollegabili al contratto quadro, essi conservano tuttavia la propria autonomia negoziale e le patologie ad essi afferenti non inficiano automaticamente anche il contratto quadro.
La risoluzione del negozio di investimento del 16.2.2002, relativo all'acquisto di 16.000 obbligazioni GIACOMELLI F07 8,375%, per l'importo di euro 16.069,60 comporta l'obbligo, da parte della Banca xxxx di restituzione all'attrice della somma indicata, maggiorata degli interessi al tasso legale e della rivalutazione determinati equitativamente nella misura omnicomprensiva del 4% dalla data dell'addebito fino al saldo. Vista la domanda restitutoria della banca gli attori vanno dichiarati tenuti a restituire alla Banca le 16.000 obbligazioni e gli interessi percepiti su tali titoli. Nessuna altra somma è dovuta dalla Banca a titolo risarcitorio, non avendo la parte attrice provato ulteriori danni cagionati in rapporto causale diretto con l'operato della Banca. Le spese di causa vanno poste a carico della parte convenuta.

P.Q.M.
[omissis



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