sabato 28 febbraio 2015

Polizza unit linked ed obbligo di informativa precontrattuale: banca condannata a risarcire il cliente

La banca è tenuta ad informare il cliente in merito alla tipologia del prodotto finanziario che sta proponendo, specificando la natura, le caratteristiche ed i rischi collegati a tale investimento.

Tale obbligo deve essere assolto dall'intermediario finanziario in modo più completo, laddove la proposta di acquisto abbia ad oggetto una polizza assicurativa indicizzata, ossia un prodotto che all'apparenza potrebbe rientrare nella generica definizione di "polizza assicurativa", ma che in realtà consiste in un vero e proprio strumento finanziario.

E secondo il Tribunale di Gela, nella sentenza che vi proponiamo di seguito, tale rischio di confusione nella quale può cadere il cliente, deve essere evitato dall'intermediario finanziario, il quale operando in buona fede deve rendere noto che una polizza unit linked consiste in uno strumento finanziario, e non in una normale polizza assicurativa.

Tale dovere informativo deve essere adempiuto dalla banca nella fase precontrattuale, ossia al momento della vendita della polizza unit linked, proprio con il fine di comunicare al cliente tutte le informazioni necessarie che consentano a questi ultimi di essere "sempre adeguatamente informati" (art. 21 TUF).

Ed il giudice pare proprio non aver riscontrato che tale informazioni siano state fornite dall'intermediario al cliente secondo i criteri previsti dalla legge, ed anzi, dopo aver qualificato il prodotto oggetto di proposta come uno strumento finanziario, ha ritenuto violate le norme in materia previste dal citato TUF e dal Regolamento Consob attuativo ratione temporis applicabile.

Quale conseguenza all'inadempimento da parte della banca? il risarcimento del danno in favore del cliente, quantificato nella differenza tra quanto versato al momento dell'acquisto ed il valore residuo attuale.

Di seguito, la sentenza n. 8629/2013 del Tribunale di Gela. 

giovedì 12 febbraio 2015

Anche Banca dell’Etruria e del Lazio finisce commissariata

Con questo comunicato, nella giornata di ieri siamo venuti a conoscenza che una nuova banca è stata oggetto di commissariamento <<Il Ministero dell’Economia e delle Finanze, con Decreto n. 45 del 10.2.2015, ha disposto, su proposta della Banca d’Italia, lo scioglimento degli organi con funzioni di amministrazione e controllo della Banca Popolare dell’Etruria e del Lazio – Società Cooperativa, con sede in Arezzo, ai sensi dell’art. 70, comma 1, lett. B), e, in qualità di capogruppo dell’omonimo gruppo bancario, dell’art. 98 del Testo Unico Bancario>>.

Il commissariamento della banca, soggetto operante in molte regioni italiane, arriva al termine di una serie di controlli portati avanti dalla Banca d’Italia e dai quali sono emerse anomalie finanziarie, con gravi perdite nel patrimonio dell’istituto di credito.

Purtroppo dobbiamo segnalare, ancora una volta, che una nuova banca sia oggetto di controlli dai quali emergono condotte poco chiare, con danno per gli azionisti e per la clientela.

lunedì 9 febbraio 2015

Bond Lehman Brothers - banca condannata perché "non poteva non sapere"

La banca non poteva non avere alcuna conoscenza della situazione economica e finanziaria di Lehman Brothers e, di conseguenza, avrebbe dovuto avvertire i propri clienti, invitandoli a non acquistare bond emessi da un soggetto altamente rischioso.

Queste le conclusioni, pressoché simili, raggiunte dai giudici italiani in due recenti sentenze aventi ad oggetto la responsabilità dell'istituto di credito per i danni occorsi al risparmiatore per aver investito i propri denari in obbligazioni Lehman.

I risparmiatori, non avvertiti dal dipendente della banca in merito ai rischi di investimento finanziario, perdevano i capitali investiti a causa dell'improvviso default dichiarato dalla banca d'affari americana in data 15 settembre 2008. 

martedì 3 febbraio 2015

Collegamento negoziale nel credito al consumo: importante intervento della Cassazione

L'acquisto di beni e servizi avviene sempre più spesso attraverso forme più o meno particolari di credito al consumo, ossia un finanziamento concesso da parte della banca e che consente al consumatore di perfezionare l'acquisto e rimborsare la somma ricevuta all'istituto di credito, attraverso più rate.

La materia è sempre più dibattuta, in particolar modo laddove il consumatore non ottenga il bene e il servizio oggetto di finanziamento, e quindi si trovi nella bizzarra situazione di dover pagare per un disservizio.

La Cassazione è intervenuta di recente, chiarendo alcuni aspetti inerenti la materia, ed in particolare diritti ed obblighi del consumatore e del soggetto che eroga il credito in suo favore.

La Suprema Corte di Cassazione ha ritenuto, con la sentenza che potete leggere di seguito, di dover specificare i limiti e l’ambito di applicazione dell’art. 125, comma 4 del Testo Unico Bancario (norma vigente al periodo oggetto dell’intervento giurisprudenziale), chiarendo che l’azione legale prevista dalla norma in parola non esclude le altre azioni previste in favore del consumatore,ma anzi rappresenta un mezzo di difesa ulteriore per il contraente debole.

I giudici di legittimità intervengono in un settore, quello del credito al consumo, molto diffuso in questi ultimi anni, ove si sono ripetuti gli episodi di rapporti bancari accesi con il solo fine di finanziare l’acquisto di un bene, o la fornitura di un servizio. Il tema molto delicato, affrontato anche nella sentenza pronunciata lo scorso settembre 2014, è collegata alla circostanza, tutt’altro che rara, che a fronte del pagamento delle rate del contratto di finanziamento, il consumatore non ottiene il bene finanziato, oppure si trova di fronte ad un inadempimento da parte della società che offre il servizio. Si pensi, a tal proposito, all’acquisto di un certificato di associazione o di altro diritto di multiproprietà, argomento molto trattato in questo blog, e all’impossibilità da parte del consumatore di poter usufruire del periodo vacanza.

Si pensi, come nel caso affrontato dalla Suprema Corte, all’acquisto di un veicolo avvenuto a mezzo di finanziamento, altro argomento ripetutamente trattato da Consumatore Informato, e all’evenienza che l’auto risulti presentare vizi che non ne consentano un corretto uso.

In tali casi, il consumatore si trova nella assurda situazione di dover “pagare per un disservizio”, e quindi non poter giovarsi del bene/servizio oggetto di finanziamento.

A seguito della riforma del 2010, il D. Lgs. n. 385/1993 prevede che “Nei contratti di credito collegati, in caso di inadempimento da parte del fornitore dei beni o dei servizi il consumatore, dopo aver inutilmente effettuato la costituzione in mora del fornitore, ha diritto alla risoluzione del contratto di credito, se con riferimento al contratto di fornitura di beni o servizi ricorrono le condizioni di cui all’articolo 1455 del codice civile”.

Con la risoluzione del contratto principale, il consumatore può decidere di non pagare le rate future del finanziamento e chiedere la restituzione degli importi già versati, proprio in ragione del collegamento esistete tra i rapporti contrattuali.

In tema di credito al consumo, l’esistenza di un collegamento tra i contratti è conosciuta e disciplinata già da prime del 2010, e nel caso affrontato dalla Corte sono stati presi in considerazione gli articoli 121 e seguenti del TUB, in particolare l’art. 124, comma 3 il quale, secondo la Cassazione, deve “essere interpretata come previsione di un collegamento negoziale di fonte legale tra i contratti di credito al consumo che abbiano a oggetto l'acquisto di determinati beni o servizi, contenenti i requisiti ivi indicati, ed i contratti di acquisto degli stessi beni o servizi, a prescindere dalla sussistenza di un accordo che attribuisca al finanziatore l'esclusiva per la concessione di credito ai clienti dei fornitori. Nei casi di inadempimento del fornitore di beni e servizi l'azione diretta del consumatore contro il finanziatore prevista dall'art. 125, comma 4, si aggiunge alle azioni che il consumatore può già esercitare sulla base delle disposizioni applicabili ad ogni rapporto contrattuale. Conseguentemente, il soddisfacimento delle condizioni di cui a tale articolo può essere richiesto solo rispetto alle azioni proposte ai sensi di detta disposizione. In ogni altro caso, spetta al giudice di merito individuare le conseguenze, in riferimento al contratto ed al rapporto di finanziamento, del collegamento negoziale istituito per legge tra il contratto di finanziamento e quello di vendita, secondo i principi vigenti in materia contrattuale.”.

La Corte chiarisce che la norma del Testo Unico Bancario non si sostituisce ai normali rimedi messi a disposizione del consumatore, ma rappresenta un ulteriore mezzo di difesa e tutela in favore di quest'ultimo, sempre che ne ricorrano i presupposti.

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