Highlights Consumatore informato

Caricamento notizie in corso...
Visualizzazione post con etichetta ministero dell'economia e delle finanze. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta ministero dell'economia e delle finanze. Mostra tutti i post

giovedì 7 giugno 2012

BTP ITALIA? MAGARI NO – BEPPE SCIENZA

La prima emissione è stata un successo per il Tesoro. Non per i risparmiatori che l'hanno sottoscritta. Il primo può vantarsi e si è vantato ai quattro venti di avere piazzato 7,3 miliardi di euro di Btp Italia 2,45% 26-3-2016. I secondi invece non hanno motivi per essere contenti: i titoli pagati 100 valevano venerdì scorso circa 96,5.
Meglio la mattonella. Gli sarebbe quindi convenuto tenere i soldi sotto il materasso e sottoscrivere ora la nuova emissione, cioè i Btp Italia 11-6-2016 in collocamento fino al 7 giugno, sempre che l'ardore patriottico non gli sia passato. Né questi sono commenti col senno del poi, perché limiti e rischi di quel prestito erano noti già al momento del collocamento, quando giornalisti, gestori di fondi e altri pretesi esperti sproloquiavano all'unisono, colti da un improvviso attacco di nazionalismo finanziario.

Si vedano le critiche alla precedente emissione in un mio articolo su la Repubblica (26-3-2012, Affari & Finanza, pag. 21), disponibile con parecchi altri approfondimenti nella mia pagina web all'Università di Torino
Principali difetti. Che dire dell'imminente seconda emissione di Btp Italia? Non è una schifezza, ma il Tesoro (bontà sua!) non ha mai emesso schifezze, come invece di regola le banche e le assicurazioni italiane (e non solo).
Strutturalmente identica alla prima, paga interessi pari all'inflazione italiana maggiorati di una percentuale che non potrà essere inferiore al 3,55% su base annua. Il maggiore tasso reale non è però frutto di generosità, ma del famigerato spread, ora più alto che nella bonaccia illusoria di qualche mese fa. Alla scadenza rimborsa il capitale con un premio risibile per chi la detiene per tutti i 4 anni.
L'aggancio all'inflazione italiana è sensato, ma non è mica detto che essa sarà più alta che nell'eurozona. La durata breve non è un vantaggio, perché tutela meno nel caso di periodo di alta inflazione. Ogni semestre viene corrisposta l'inflazione del periodo, ma chi spende integralmente le cedole, di fatto erode il potere d'acquisto del capitale investito. Anche qui è preferibile la formula finanziaria dei Btp-i e ancor di più quella dei buoni postali.
Ma il secondo Btp Italia conserva soprattutto due limiti di fondo per chi cerca davvero la sicurezza:

1. È emesso dallo Stato italiano e verrebbe quindi coinvolto da una sua insolvenza, tuttora per altro improbabile.
2. Resta comunque il rischio di rimetterci, dovendolo vendere prima della scadenza. Quest'ultimo rischio non si corre coi buoni fruttiferi postali indicizzati all'inflazione, di cui fra l'altro la serie di giugno (J25) è migliore delle quattro precedenti.

Giornalismo sempre scadente. Insomma, non è cambiato molto rispetto all'emissione precedente. Neppure nel livello del giornalismo economico italiano, che resta bassissimo. La scheda on line sui Btp Italia del Sole 24 Ore sembra un testo pubblicitario, come al solito. Tutto appare positivo, con toni apologetici anche per aspetti secondari (e in realtà discutibili), come quando scrive "Durata quadriennale: si tratta di una durata pensata per il risparmiatore, che si spinge facilmente fino ai tre anni e che ha difficoltà a fare il salto passando a cinque anni".
Al Tesoro hanno scoperto che fra il 3 e il 5 c'è il 4: un applauso!
Ancora più sconcertante l'articolo sul Mondo (8-6-2012, pag. 37) di Fabio Sottocornola che dà l'altoparlante a Valentina Vicinanza di Banca Akros, dai cui commenti deduce "un bel vantaggio in termini di rendimento reale" che proprio non si vede. La suddetta prevede poi che il tasso minimo garantito "non sarà diverso dal precedente, comunque non molto più alto". Prontamente smentita dai fatti.

domenica 27 febbraio 2011

La banca è responsabile per le scorrettezze del proprio promotore finanziario

Negli ultimi anni si sono moltiplicati i casi di condotta scorretta del promotore finanziario nei confronti del cliente.

Il caso tipico, affrontato nella sentenza che vi proponiamo di seguito, è quello del promotore che si appropria delle somme ricevute dal cliente per i singoli investimenti finanziari.

La Corte ribadisce il principio della responsabilità della banca per il fatto illecito del proprio promotore, in quanto esiste un collegamento necessario tra l'attività del promotore e l'istituto di credito.

Agli occhi del cliente, in altri termini, il promotore rappresenta la banca  la quale ha il dovere di controllare la regolarità dell'attività svolta dal private banker.
Nel caso di omesso controllo, la banca deve rimborsare il cliente delle somme sottratte dal professionista.


Corte di Cassazione, sez. III Civile, 
sentenza 10 dicembre 2010 – 25 gennaio 2011, n. 1741

Presidente Amatucci – Relatore Amendola

Svolgimento del processo
I fatti di causa possono essere così ricostruiti sulla base della sentenza impugnata.
Con citazione del 30 ottobre 2001 L..D.  convenne in giudizio innanzi al Tribunale di Trieste BNL Investimenti S.I.M. p.a. (di seguito BNL S.I.M.) e T..R.  chiedendone la condanna al risarcimento dei danni nella misura di Euro 432.671,06, oltre rivalutazione e interessi.
Espose che negli anni 1995/1996 aveva eseguito, su indicazioni del R.  , il quale, all’epoca promotore finanziario monomandatario della BNL, le aveva proposto alcuni investimenti all’estero, versamenti di rilevanti somme, parte a mezzo di bonifici in favore di BNL Fiduciaria Gestioni e di GE.FIN. S.A. di San Marino, parte a mezzo di assegni bancari consegnati direttamente al R.  e da lui incassati; che, insospettita dalla mancanza di comunicazioni da parte della BNL, aveva contattato la società, la quale le aveva comunicato di non avere riscontrato la sua posizione e di non avere più alcun rapporto di collaborazione col R..,che gli assegni da questi consegnatile, a fronte della sua richiesta di disinvestimento, erano andati protestati; che il R.  , tratto a giudizio per rispondere del reato di cui all’art. 646 cod. proc. civ. in suo danno, aveva patteggiato; che lo stesso era stato altresì cancellato dall’albo dei promotori per disposizione della CONSOB; che di tali fatti erano responsabili in solido il R.  e BNL, ex art. 5 legge 2 gennaio 1991, n. 1, poi sostituito dall’art. 23 d.lgs. 23 luglio 1996, n. 415 e successivamente dall’art. 31 d.lgs. n. 58 del 1998.
BNL, costituitasi in giudizio, contestò l’avversa pretesa, chiedendo e ottenendo di chiamare in causa, per esserne manlevata in caso di soccombenza, Lloyds di Londra, società con la quale aveva stipulato una polizza assicurativa per la responsabilità civile, nonché GE.FIN. S.A.
I chiamati in causa, a loro volta, chiesero il rigetto delle domande azionate nei loro confronti.
Con sentenza del 5 febbraio 2004 il giudice adito condannò i convenuti, in solido tra loro, al pagamento in favore dell’attrice, della somma di Euro 276.859r00, oltre interessi; ordinò a Lloyds di Londra di tenere indenne BNL, nei limiti dell’80% di quanto liquidato alla D.  ; condannò il R.  a rimborsare a BNL quanto quest’ultima avrebbe pagato per effetto della sentenza.
Proposto gravame principale da BNL Investimenti s.p.a. e incidentale da Lloyds di Londra, la Corte d’appello di Trieste, in data 26 aprile 2006, lo ha accolto, per l’effetto rigettando la domanda proposta da L..D.
Avverso detta pronuncia propone ricorso per cassazione D.L.  , formulando quattro motivi con pedissequi quesiti e notificando l’atto a RASBANK s.p.a., a T..R.  , a LLOYDS di Londra e a GEFIN S.A.
Resistono con due distinti controricorsi RASBANK S.A. e LLOYDS, già LLOYDS di Londra.
Tutte le parti hanno depositato memoria.

Motivi della decisione

1.1 Col primo motivo l’impugnante lamenta violazione degli artt. 5, comma A, legge 2 gennaio 1991, n. 1; 23, d.lgs. 23 luglio 1996, n. 415; 31 d.lgs. n. 58 del 1998; 2049 e 2697 cod. civ..
Oggetto delle critiche è l’assunto del giudice di merito secondo cui, tenuto conto del disposto delle norme innanzi menzionate – volte a sancire la responsabilità solidale della società di intermediazione per gli eventuali danni arrecati a terzi nello svolgimento delle incombenze affidate ai promotori finanziari – era necessario, per potere affermare la responsabilità della S.I.M., che la dazione di denaro fosse avvenuta all’esclusivo fine (perseguito dal risparmiatore), di effettuare le operazioni di investimento proposte dal promotore, nell’ambito dei prodotti della S.I.M. che lo (aveva) preposto alle relative incombenze, fermo peraltro che l’onere di provare la predetta circostanza gravava su colui che la invocava, e cioè sullo stesso risparmiatore, trattandosi di fatto costitutivo della pretesa risarcitoria.
1/ impugnante sostiene invece che la responsabilità prevista dalle norme innanzi menzionate, di contenuto sostanzialmente sovrapponile, è di natura indiretta e, in definitiva, oggettiva, con conseguente onere del danneggiato di provare il solo nesso di occasionalità necessaria tra fatto illecito del preposto ed esercizio delle mansioni affidategli, e non anche una specifica finalità di investimento in prodotti della SIM per la quale aveva operato il promotore, spettando dunque alla società preponente la prova liberatoria della natura esclusivamente personale del rapporto instauratosi tra promotore e risparmiatore.
Secondo l’esponente, gli artt. 5, legge 2 gennaio 1991, n. 1, 23, comma 3, d.lgs. 23 luglio 1996 e 31, comma 3, d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, avrebbero cioè un contenuto normativo sostanzialmente contiguo al disposto dell’art. 2049 cod. civ., donde l’applicabilità, alla fattispecie dedotta in giudizio, dei principi elaborati in parte qua dalla giurisprudenza, in conformità a quanto ripetutamente statuito dal Supremo Collegio.
In tale prospettiva la Curia territoriale avrebbe dovuto fermarsi alla considerazione che l’attività di promotore del R.  , che aveva già curato diversi investimenti per la D.  , aveva agevolato la commissione del fatto illecito, offrendogli l’occasione di accreditarsi presso la cliente, e tanto a prescindere dagli strumenti finanziari nel cui acquisto erano stati spesi i risparmi dell’investitrice.
1.2 Col secondo mezzo la ricorrente denuncia violazione degli artt. 5, comma 4, legge 2 gennaio 1991, n. 1; 23;d.lgs. 23 luglio 1996, n. 415; 31, d.lgs. n. 58 del 1998; 2049 e 1227 cod. civ.. Le censure si appuntano contro la valorizzazione dell’irregolarità dei versamenti effettuati dalla risparmiatrice, pur non nuova a simili operazioni, in chiave di insussistenza di qualsivoglia prova del necessario nesso tra fatto produttivo del danno e incombenze al cui svolgimento il R.  era stato preposto dalla SIM.
A confutazione delle argomentazioni svolte dalla Corte d’appello, ricorda l’impugnante che, secondo la giurisprudenza di legittimità, l’irregolarità dei mezzi di pagamento non è valutabile in termini di interruzione del nesso di occasionalità necessaria, ma tutt’al più, in concorso con altri elementi, ai fini della valutazione della colpa delle parti, ex art. 1227 cod. civ. E tanto nell’ottica che l’intermediario non può scaricare sul risparmiatore il rischio della violazione di regole di comportamento gravanti sui promotori della cui opera essa si avvale.
1.3 Col terzo motivo l’impugnante lamenta omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in punto di valutazione delle prove.
Ribadito che, in ogni caso, non spettava all’attrice dimostrare la finalizzazione dei suoi versamenti all’acquisto di prodotti finanziari della SIM di riferimento del promotore, evidenzia l’esponente come i prospetti prodotti in giudizio e riportati in ricorso, in due casi sottoscritti anche dal promotore, specificamente menzionassero l’intenzione della risparmiatrice di effettuare un investimento in linea monetaria/obbligazionaria BNL, di talché, a fronte di tale materiale probatorio non era sostenibile che la finalità perseguita dalla D.  fosse quella di eseguire un prestito personale al promotore.
1.4 Col quarto mezzo si deduce omessa considerazione di un fatto decisivo, ai fini della valutazione del nesso di occasionalità necessaria, quale la delibera della CONSOB di radiazione del R.       dall’Albo dei promotori finanziari, delibera adottata proprio a seguito di segnalazione, per iniziativa della stessa SIM ora convenuta in giudizio, dei fatti oggetto del presente giudizio, con conseguente insostenibilità dell’assunto secondo cui le dazioni di danaro sarebbero state eseguite a fini personali e non di investimento.
2 Le censure, che si prestano a essere esaminate congiuntamente, per la loro stretta connessione, sono fondate.
Occorre muovere dalla considerazione che gli artt. 5, comma 4, legge 2 gennaio 1991, n. 1, 23, d.lgs 24 febbraio 1998, n. 415, e 31, comma 3, d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, via via succedutisi nel tempo, pongono a carico dell’intermediario la responsabilità solidale per gli eventuali danni arrecati a terzi nello svolgimento delle incombenze affidate ai promotori finanziari anche se tali danni siano conseguenti a responsabilità accertata in sede penale.
Non interessa in questa sede soffermarsi a discutere se quella così configurata sia o meno una forma di responsabilità oggettiva, né indagare, in astratto, sui suoi rapporti sistematici con la responsabilità contemplata, in via generale, dall’art. 2049 cod. civ. a carico dei padroni e dei committenti per i fatti illeciti imputabili ai domestici e ai commessi, ancorché la giurisprudenza di questa Corte ne abbia ripetutamente sottolineato l’appartenenza alla medesima area concettuale (confr. Cass. civ. 24 luglio 2009, n. 17393).
Preme invece rimarcare che la suindicata responsabilità dell’intermediario preponente, la quale pur sempre presuppone che il fatto illecito del promotore sia legato da un nesso di occasionalità necessaria all’esercizio delle incombenze a lui facenti capo (cfr. Cass. n. 20588 del 2004 e Cass. 10580 del 2002), trova la sua ragion d’essere, per un verso, nel fatto che l’agire del promotore è uno degli strumenti dei quali l’intermediario si avvale nell’organizzazione della propria impresa, traendone benefici ai quali è ragionevole far corrispondere i rischi, secondo l’antica regola per cui ubi commoda et eius incommoda; per altro verso, e in termini più specifici, nell’esigenza di offrire una adeguata garanzia ai destinatari delle offerte fuori sede loro rivolte dall’intermediario per il tramite del promotore, giacché appunto per le caratteristiche di questo genere di offerte la buona fede dei clienti può più facilmente esserne sorpresa e aggirata (confr. Cass. civ. 7 aprile 2006, n. 8229).
Se dunque la trasparente ratio legis è quella di rafforzare la garanzia del risparmiatore e se, in tale ottica, il legislatore ha avuto cura di precisare che la commissione di un illecito penale da parte del promotore non può essere invocata dal soggetto abilitato come causa di interruzione del nesso di causalità (perché di questo, in definitiva, si tratta), l’assunto secondo cui per affermare la responsabilità della S.I.M. è necessario che la dazione di denaro sia avvenuta all’esclusivo fine, perseguito dal risparmiatore, di effettuare le operazioni di investimento nell’ambito dei prodotti della stessa preponente – assunto che costituisce uno dei postulati intorno ai quali ruota l’impianto argomentativo della sentenza impugnata – è invincibilmente errato.
È sufficiente al riguardo considerare che gli indici ermeneutici non solo non avvalorano tale lettura, ma piuttosto la smentiscono, nella misura in cui il meccanismo normativo appare congegnato in modo da responsabilizzare l’intermediario nei riguardi dei comportamenti di soggetti – quali sono i promotori – che egli medesimo sceglie, della cui opera si avvale per il perseguimento dei suoi interessi imprenditoriali, e sui quali, conseguentemente, nessuno meglio dell’intermediario è concretamente in grado di esercitare efficaci forme di controllo, di talché nulla autorizza ad attribuire all’inciso nello svolgimento delle incombenze affidate ai promotori finanziari una valenza limitativa della tutela dell’investitore alle sole operazioni aventi ad oggetto strumenti finanziari della S.I.M. preponente.
3 Pure condivisibili sono le critiche formulate alla pretesa insussistenza di ogni prova in ordine alla finalizzazione dei versamenti effettuati dalla D. .all’acquisto di prodotti finanziari, in ragione della irregolarità degli stessi.
Sul punto, questa Corte ha più volte ribadito che le disposizioni regolamentari che la Consob è stata chiamata a dettare, in base al disposto degli artt. 5, comma 8, legge 2 gennaio 1991, n. 1, 23, comma 6, d.lgs. 23 luglio 1996, n. 415 e 31^d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, in ordine alle regole che i promotori devono osservare nel riceversi somme di denaro dai loro clienti, sono consustanzialmente dirette a porre obblighi di comportamento in capo al promotore e traggono la propria fonte da prescrizioni di legge, come quelle citate, espressamente volte a tutelare gli interessi del risparmiatore, di talché non è logicamente postulabile che esse, viceversa, si traducano in un onere di diligenza a carico di quest’ultimo, tale per cui l’eventuale violazione di detta prescrizione ad opera del promotore si risolva in un addebito di colpa (concorrente, se non addirittura esclusiva) a carico del cliente danneggiato dall’altrui atto illecito.
In sostanza, l’implicito presupposto dal quale muovono tutte le disposizioni volte a conformare a regole prefissate il comportamento di intermediari e promotori è proprio l’insufficienza delle tradizionali forme di tutela dell’investitore affidate alla mera sottoscrizione di moduli e formulari, di talché, ove si ammettesse la possibilità per l’intermediario di scaricare in tutto o in parte sull’investitore il rischio della violazione di regole di comportamento gravanti sui promotori, si finirebbe per vanificare lo scopo della normativa.
In tale contesto, ancorché non sia stata affatto negata, in assoluto, la possibilità di applicare l’art. 1227 cod. civ. (comma 1 o 2, a seconda dei casi), qualora l’intermediario provi che vi sia stata, se non addirittura collusione, quanto meno una consapevole e fattiva acquiescenza del cliente alla violazione, da parte del promotore, di regole di condotta su quest’ultimo gravanti, si è tuttavia escluso sia che la mera allegazione del fatto che il cliente abbia consegnato al promotore finanziario somme di denaro con modalità difformi da quelle con cui quest’ultimo sarebbe stato legittimato a riceverle valga, in caso d’indebita appropriazione di dette somme da parte del promotore, ad interrompere il nesso di causalità esistente tra lo svolgimento dell’attività del promotore finanziario medesimo e la consumazione dell’illecito, e quindi precluda la possibilità d’invocare la responsabilità solidale dell’intermediario preponente; sia che un tal fatto possa essere addotto dall’intermediario come concausa del danno subito dall’investitore in conseguenza dell’illecito consumato dal promotore al fine di ridurre l’ammontare del risarcimento dovuto (confr. Cass. civ. n. 8229 del 2006 e n. 17393 del 2009 cit.).
4 Deriva da quanto sin qui detto che l’approccio del giudice di merito al materiale istruttorio acquisito è stato fuorviato da un equivoco di fondo in ordine alla incidenza della allegata irregolarità di alcuni dei mezzi di pagamento utilizzati dall’investitore per l’acquisto dei prodotti finanziari. A ciò aggiungasi che la mancata considerazione del provvedimento di radiazione del R.  adottato dalla CONSOB, acquisito agli atti del giudizio, implica certamente un vizio di motivazione, trattandosi di documento, se non decisivo, certamente potenzialmente significativo del livello di coinvolgimento del preponente nella vicenda dedotta in giudizio.
In definitiva, in accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio alla Corte d’appello di Trieste, in diversa composizione che provvederà anche sulle spese del presente giudizio e che nel decidere, oltre a tener conto del provvedimento di radiazione testé menzionato, si atterrà ai seguenti principi di diritto:
1) gli artt. 5, comma 4, legge 2 gennaio 1991, n. 1; 23 d.lgs 24 febbraio 1998, n. 415, e 31, comma 3, d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, che pongono a carico dell’intermediario la responsabilità solidale per gli eventuali danni arrecati a terzi nello svolgimento delle incombenze affidate ai promotori finanziari anche se tali danni siano conseguenti a responsabilità accertata in sede penale, richiedono, ai fini della sussistenza della responsabilità del soggetto abilitato, un rapporto di necessaria occasionalità tra incombenze affidate e fatto del promotore, rapporto che, non aprioristicamente limitato alle sole negoziazioni che abbiano ad oggetto prodotti finanziari della S.I.M. preponente, è ravvisabile in tutte le ipotesi in cui il comportamento del promotore rientri nel quadro delle attività funzionali all’esercizio delle incombenze allo stesso affidate;
b) la circostanza che il cliente abbia consegnato al promotore finanziario somme di denaro con modalità difformi da quelle con cui quest’ultimo sarebbe stato legittimato a riceverle, non vale, in caso di indebita appropriazione di dette somme da parte del promotore, a interrompere il nesso di causalità esistente tra lo svolgimento dell’attività del promotore finanziario e la consumazione dell’illecito, e non preclude, pertanto, la possibilità di invocare la responsabilità solidale dell’intermediario preponente. Un tal fatto, in mancanza di altri elementi di giudizio, neppure può essere tout court individuato quale concausa del danno subito dall’investitore, in conseguenza dell’illecito consumato dal promotore, al fine di ridurre l’ammontare del risarcimento dovuto.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Trieste in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di cassazione

venerdì 2 ottobre 2009

Zopa.it





ZOPA.IT: BANKITALIA AFFOSSA IL SOCIAL LENDING IN ITALIA?
L'estate 2009 è stata caratterizzata dalla vicenda Zopa.it che potrebbe passare alla storia come quella che ha segnato la prematura fine del social lending in Italia.


Cos'è il social lending?
Il social lending (definito anche peer – to – peer lending) rappresenta una nuova forma di prestito, e si fonda sul passaggio della moneta direttamente dal prestatore (lender) al richiedente (borrower) con la quasi assenza di un intermediario (almeno secondo l'interpretazione offerta da taluni analisti).
Zopa.it, ovvero il più famoso social lending esistente, opera secondo una modalità semplice e rapida: il richiedente si iscrive al sito web, compilando un questionario con il quale fornisce le proprie caratteristiche finanziarie. Contestualmente egli indica l'importo che intende richiedere (tra i 1.500,00 € e i 15.000,00 €) e la durata del prestito.
La società, sulla base dei dati ricevuti, esprime una classifica di merito del richiedente (A+, A, B, C) fondata sulla garanzia di rimborso del credito. I richiedenti che risultino nella classifica di merito oltre la lettera "C" vengono automaticamente scartati e la loro richiesta non viene accettata.
A seconda della classifica di merito ricevuta, il richiedente potrà vedere irrogata la somma di denaro secondo modalità prestabilite e con un tasso relativamente basso (sicuramente inferiore a quello previsto dai principali istituti di credito).
Simultaneamente, Zopa.it provvede a ricercare i prestatori di denaro (c.d. lender) che, di fatto, mettono a disposizione liquidità per soddisfare le richieste. La ricerca si fonda sull'analisi delle migliori proposte, previo controllo delle caratteristiche e della solvibilità dei prestatori.
La società, raccolto il denaro dai prestatori secondo il tasso di interesse determinato, provvede a "girare" l'importo al richiedente, incaricandosi del servizio di gestione del successivo incasso mensile della rata composta dal capitale rimborsato, maggiorato dei relativi interessi.
La forza dell'iniziativa appena succintamente descritta è quella di ridurre al minimo i costi di intermediazione, garantire tassi di interesse più bassi rispetto a quelli ordinari e, più in generale, limitare l'attività svolta dall'intermediario alla mera figura del mediatore creditizio.


Il caso Zopa.it
La società ZOPA (acronimo di Zone Of Possible Agreement) rappresenta l'esempio più famoso del modello di "prestito sociale" sin qui descritto ed il suo largo successo mondiale dimostra come l'idea di fornire somme a prestito attraverso la rete internet sta trovando apprezzamento da parte dei consumatori.
Zopa, nata in Inghilterra attorno al 2005, ha iniziato ad operare sul territorio italiano dal gennaio 2008, fornendo i propri servizi attraverso il sito web www.zopa.it, previa iscrizione nell'albo degli intermediari finanziari (art. 106 TUB) istituito dalla Banca d'Italia.
Bankitalia, all'atto dell'iscrizione, ha ricondotto l'attività svolta dalla società tra quelle di mera mediazione creditizia, svolta attraverso la piattaforma elettronica, mediante la quale finanziatori e richiedenti possono ritrovarsi.
Inizialmente, quindi, l'Autorità di controllo non ha ravvisato alcuna violazione delle norme previste in materia dal D.Lgs. 385/1983 da parte della Zopa S.p.A. ritenendo legittima l'attività di gestione svolta dalla società presieduta da Maurizio Sella.


Il servizio di prestito sociale offerto da Zopa.it, tuttavia, viene di fatto cancellato dal Ministero dell'Economia e delle Finanze – Dipartimento Tesoro con provvedimento del 26 giugno 2009 (Decreto n.258/385 – C ).
E' lo stesso Maurizio Sella, AD della società, ad informare gli utenti del provvedimento adottato attraverso il blog con comunicazione del successivo 13 luglio 2009.
Quali le ragioni del decreto promulgato dal Ministero?
In buona sostanza, il Ministero ha seguito le indicazioni fornite da Bankitalia, la quale ha ravvisato numerose violazioni della normativa di settore da parte di Zopa.it e, senza voler entrare nei particolari del provvedimento di cui si discute, un certa “opacità” del servizio offerto dal social lender.
In particolare l'Istituto di vigilanza ha contestato alla società l'assenza di un conto ben definito intestato ai prestatori di denaro (lender) ed ove i denari degli stessi vengono usualmente collocati.
E' risultato, infatti, che i fondi accumulati dalla società venivano depositati su un conto alla stessa intestato. Zopa.it: in altre parole, la società si è ritrovata a svolgere attività bancarie priva delle necessarie autorizzazioni.
Bankitalia, secondo altri rumors, avrebbe anche contestato a Zopa.it violazioni in materia antiriciclaggio.
Quest'ultima ha ribadito in queste ultime settimane l'intenzione di avviare un servizio di "apertura di conto di moneta elettronica intestato ad ogni singolo prestatore", cosicché risulterebbe più evidente il collegamento diretto tra prestatore e richiedente, nonché la funzione di mero mediatore assunta dalla stessa Zopa.it.
Il provvedimento del Ministero è stato impugnato dalla Zopa S.p.A. innanzi al Giudice amministrativo: tuttavia sia in prime che in seconde cure l’istanza cautelare di sospensione dell’efficacia del provvedimento impugnato è stata rigettata.
Zopa, pertanto, al momento è stata costretta ad interrompere la propria attività.
Conclusioni
Federcontribuenti ritiene che il social lending sia, in termini generali, una forma alternativa di svolgimento del servizio di prestito del denaro che merita grande attenzione e rispetto. Ciò anche in considerazione delle difficoltà con le quali è possibile ottenere un finanziamento.
Ciò premesso, condividiamo l'atteggiamento severo assunto da Bankitalia, che ha ravvisato caratteri di "scarsa trasparenza" nel servizio offerto dalla società di lending.
Questa Associazione ha sempre ritenuto fondamentale, ai fini del corretto svolgimento dei servizi bancari, che ogni intermediario agisca nel pieno rispetto della normativa di settore e quindi con correttezza e trasparenza.
Federcontribuenti non può che plaudire alla Banca d'Italia per il proprio intervento nella speranza, però, che tale comportamento severo ed intransigente venga tenuto anche nei confronti degli intermediari tradizionali.
Allo stesso tempo, riteniamo importante che Zopa.it, data giusta risposta alle richieste avanzate da Bankitalia, possa continuare a svolgere la propria attività di mediazione creditizia offrendo un servizio alternativo ai risparmiatori, estremamente conveniente.
fonte: Federcontribuenti

Trasforma questo post