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giovedì 31 ottobre 2019

Buoni serie "O" - ABF ancora contro i risparmiatori

Anche l'Arbitro Bancario Finanziario si allinea all'orientamento definitivamente indicato dalla Corte di Cassazione in materia di buoni fruttiferi, così definitivamente affossando le speranze dei molti risparmiatori che hanno richiesto il maggior rimborso degli interessi.

Abbiamo già trattato diffusamente la questione (vedi qui)  evidenziando come il decreto ministeriale del 13 giugno 1986 abbia sensibilmente ridotto i tassi d’interesse riconosciuti ai risparmiatori, sicuramente inferiore a quello riportato sui buoni cartacei all'atto della sottoscrizione.

La Cassazione, con decisione  richiamata dall'ABF nel provvedimento in lettura, ha ritenuto legittima la riduzione operata dal citato decreto, legittimando la riduzione degli interessi riconosciuti al risparmiatore (vedi qui).


Di seguito, il provvedimento del Collegio di Torino.

giovedì 17 ottobre 2019

Etruria & C.: la via crucis burocratica per i risparmiatori vittime dei crac

Fonte: Il Fatto Quotidiano
8 luglio 2019
La Consap, società del ministero dell’economia, ha aperto il portale del Fondo indennizzi risparmiatori (Fir) delle banche “fallite”: Banca Etruria, Veneto Banca ecc. Manca solo la data, imminente, da cui partiranno i 180 giorni entro cui presentare le domande.

Nessuna obiezione sulla cosa in sé. Gravissime sono infatti le responsabilità degli organi di controllo e vigilanza, che hanno lasciato incancrenire le situazioni degli istituti di credito in questione, chiudendo gli occhi su cosa combinavano, allo sportello e nei bilanci. Qualche critica sulla procedura d’indennizzo però ci sta, in particolare per la burocrazia richiesta. Impietoso è il confronto con la vicenda degli azionisti e obbligazionisti Alitalia, conclusasi giusto dieci anni fa. Allora bastò firmare un modulo e consegnarlo alla banca o sim. Adesso è un lavoraccio: ci vuole una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, la prova dell’eventuale provenienza da familiari o per successione e, oltre ad altro, in particolare gli estremi contabili degli acquisiti. Personalmente conservo i documenti bancari dal 1974, ma temo che alcuni risparmiatori siano meno ordinati.

venerdì 11 ottobre 2019

Mutuo indicizzato? valido se la banca fornisce tutte le informazioni al consumatore

Chi ha comprato i “diamanti da investimento” o, meglio, delle pietre piazzate con la collaborazione di molte banche come “beni rifugio” al doppio del loro reale valore e per di più con certificati incompleti e falsi, rimarrà deluso dalla sentenza resa dal Tribunale di Milano, la n. 66 dell’8 gennaio 2019

Il giudice milanese, in buona sostanza, è giunto a negare che la banca abbia assunto responsabilità di qualche tipo nel rapporto concluso tra il risparmiatore e le società di settore (tra le note: la ormai fallita Intermarket diamond business (Idb) di Milano  e Diamond private investment di Roma), anche se le vendite dei preziosi avvenivano nei suoi locali. 

Percorriamo, ora, i motivi che hanno spinto il Tribunale a rigettare il rimborso, cogliendo fin da subito che per vincere in giudizio è essenziale saper mettere in luce il ruolo autonomo che le banche assumono in questo tipo vendite (c.d. vendite piramidali).


Abbiamo già visto che tra il 2010 ed il 2015 alcuni istituti bancari – complice anche la formidabile demonizzazione dei risparmiatori italiani che si ostinano a tenere liquidità infruttifera nei propri conti dormienti ) – hanno fattivamente collaborato con alcune società, mettendo a loro disposizione il proprio pacchetto di clienti per proporre l’investimento in diamanti.

È facile, almeno nei fatti, scorgere una commistione di interessi tra la banca e le società di settore per truffare i clienti, ma molto più complesso evidenziarlo nelle aule di giustizia: a nostro parere, la mossa vincente è quella di far risaltare gli accordi commerciali che le banche stabiliscono con le società di settore e, posta questa premessa, contestare sin da subito la responsabilità da contatto sociale (vedi qui).

Tuttavia, così non è stato fatto nel caso che ci occupa, tanto è vero che la difesa del risparmiatore si è limitata a rappresentare alcune circostanze molto indicative, ma non determinanti, come ad esempio la vendita delle pietre all’interno dei locali della banca e per mezzo di suoi promotori, per poi chiedere, per ciò solo, sia l’annullamento del contratto concluso tra il cliente e la società di settore che l’inadempimento contrattuale, oltre che il risarcimento del danno in stretto collegamento.

Giocoforza il giudice, ha stoppato la domanda di risarcimento, peraltro affermando che “non solo le azioni di invalidità o di risoluzione devono essere ritenute infondate, non essendo state intentate nei confronti della controparte contrattuale, ma anche le azioni di natura restitutoria e risarcitoria.
Ciò in quanto le stesse sono inevitabilmente correlate (“per l’effetto”), come da conclusione, alle suddette azioni di natura contrattuale, e non sono state sviluppate in via autonoma, ossia dando risalto al ruolo autonomo di parte convenuta. (...) Mai del resto la posizione di parte convenuta [n.d.r. la banca] è stata specificamente illustrata nell’atto di citazione alla stregua di un terzo rispetto alla parte alienante, e ne è riprova la circostanza che ciò avrebbe comportato uno specifico onere argomentativo, nel senso di chiarire il fondamento sistematico di una responsabilità del terzo in ordine ad un contratto stipulato da altri soggetti”.


In altre parole, nonostante il ruolo della banca sia abbastanza articolato in queste vicende (e il dibattito ne dà atto) la difesa del cliente non è riuscita a sviluppare in modo determinate il ruolo della banca ed in particolare il profilo degli accordi commerciali. 


Di seguito, la sentenza n. 66/2019 del Tribunale di Milano.

sabato 5 ottobre 2019

Deutsche bank: la fine del mito bancario tedesco

La vicenda che sta riguardando il Gruppo Deutsche Bank nelle ultime settimane non può passare inosservata e rappresenta, ancora una volta, la fine del tradizionale metodo di concessione del credito in modo aggressivo e, alla lunga, inefficace.

E come al solito, coloro che subiscono (e subiranno) le conseguenze della grave crisi che ha riguardato il colosso tedesco sono (e saranno) i lavoratori, vittime della scure dei licenziamenti previsti dal maxi piano di ristrutturazione, e i consumatori (vedasi i piccoli investitori) che hanno visto i propri investimenti nella banca perdere valore negli ultimi tempi.

Analisti ed osservatori considerano positivo questo piano, idoneo a riposizionare Deutsche Bank nella giusta dimensione, e quindi dettato da un realismo in merito alle potenzialità della banca tedesca.

Non sappiamo se questo pensiero, positivo ed ottimista, sarà accompagnato da un miglioramento dei conti del Gruppo, ma a nostro parere questo piano di tagli rappresenta, innanzitutto, il fallimento della politica del credito attuata da Deutsche negli ultimi anni, da quanto cioè la banca ha cercato di proporsi sui mercati con il medesimo ruolo assunto dalle banche d'affari americane (Goldman Sachs, JP Morgan etc).

Questo ruolo ha portato la banca a depauperare molte risorse in operazioni risultate fallimentari, e coperte attraverso una politica fondata sui derivati finanziari, che alla lunga ha presentato il suo conto estremamente salato.

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