Highlights Consumatore informato

Caricamento notizie in corso...
Visualizzazione post con etichetta mutuo in franchi svizzeri. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta mutuo in franchi svizzeri. Mostra tutti i post

sabato 14 settembre 2024

Mutuo indicizzato - Milano in favore dei consumatori

Nuovo capitolo nella vicenda mutui indicizzati che ha riguardato molti consumatori italiani, convinti di poter ottenere un mutuo versando pochi interessi alla banca e successivamente strangolati dalla conversione euro/franco svizzero e costretti a versare rate estremamente esose.

Questo blog ha trattato la questione in più occasione, contestando la validità dei contratti conclusi da Barclays Bank, come riconosciuto anche dall'Arbitro Bancario (vedi qui).

Il Tribunale di Milano ha affrontato, ancora una volta, la vicenda ed è stato chiamato a valutare la validità delle condizioni contrattuali contenute in un contratto concluso tra dei consumatori e Barclays.

I) le clausole incriminate del contratto di Barclays Bank

Il Tribunale di Milano ha giudicato il carattere abusivo delle clausole di mutuo indicizzato di Barclays, in particolare l'art. 4 disciplina il tasso di interesse applicato dalla banca mutuante ed in particolare il cambio tra euro/franco svizzero, presupposto per il calcolo degli interessi da applicare al cliente.

Il successivo art. 4 bis del contratto di mutuo prevede l'apertura di un deposito a nome della banca sul quale vengono accreditati eventuali accrediti o addebiti derivanti dal cambio applicato al contratto di mutuo.

L'art. 7 dispone, infine, l'ipotesi di estinzione anticipata del contratto di mutuo indicizzato, il quale prevede l'obbligo di ricalcolo della posizione, con versamento delle somme previste in favore della banca, altresì precisando: "In caso di estinzione parziale, la somma restituita dalla parte mutuataria alla banca determina la quota di capitale estinto. Sulla base della quota di capitale estinto viene calcolata la quota di capitale residuo.

Questo capitale residuo è la base di ricalcolo del piano di ammortamento per la durata rimanente del mutuo. Il tasso utilizzato per il ricalcolo sarà quello applicato al contratto di mutuo alla data di estinzione.".

Ma come avviene il calcolo degli interessi per questo contratto indicizzato? l'art. 7 bis del contratto di Barclays chiarisce il sistema di calcolo, attraverso la possibilità di conversione del tasso riferito franco svizzero a quello dell'euro con uno di quelli previsti per i prodotti offerti dalla banca.

Questo sistema, molto complesso e non molto trasparente, ha portato il cliente a dover versare alla banca un importo, a titolo di interessi, notevolmente elevato e non adeguato al prestito ottenuto.

II) Tribunale di Milano - clausole abusive e nulle

Il giudice milanese è stato chiamato a giudicare il carattere vessatorio ed abusivo delle clausole 4, 4bis e 7 del mutuo di Barclays e, quindi, l'eventuale contrasto delle stesse rispetto all'art. 4 della Direttiva comunitaria n. 93/13.

E il ragionamento seguito dal giudice si è fondato sull'orientamento indicato dalla Corte di giustizia dell'Unione europea, la quale ha puntualizzato che: "nell'ambito di un contratto di mutuo espresso in valuta estera, il requisito di trasparenza delle clausole di tale contratto che prevedono che la valuta estera sia la moneta di conto e che l'euro sia la moneta di pagamento e che hanno l'effetto di far gravare il rischio di cambio sul mutuatario, è soddisfatto quando il professionista ha fornito al consumatore informazioni sufficienti ed esatte che consentano a un consumatore medio, normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto, di comprendere il funzionamento concreto del meccanismo finanziario in discussione e di valutare quindi il rischio delle conseguenze economiche negative, potenzialmente gravi, di clausole del genere sui suoi obblighi finanziari nel corso dell'intera durata del contratto medesimo" (Corte di giustizia UE C - 776/2021).

Correttamente, a parere di chi scrive, il Tribunale di Milano richiama i principi generali che devono regolare i rapporti tra professionista e consumatore, e ciò sul presupposto che in questo tipo di rapporti esiste una disparità che deve essere ovviata dal professionista fornendo alla controparte svantaggiata, attraverso la redazione di un contratto con clausole trasparenti e comprensibili (Corte di giustizia UE  3 marzo 2020 C‑125/2018 Marc Gómez del Moral Guasch contro Bankia SA).

Nella vicenda tasso indicizzato, il contratto Barclays contiene informazioni trasparenti e comprensibili per i clienti?

"Nel caso in esame, peraltro, la banca proponendo a consumatori interessati a contrarre un mutuo per l’acquisto della prima casa che in apparenza era un mutuo fondiario a rata fissa e interesse variabile con garanzia ipotecaria e, quindi, un tipico contratto di finanziamento, aveva obblighi informativi ancora più stringenti in quanto avrebbe dovuto rendere edotti i contraenti del complesso meccanismo della determinazione dei tassi di interesse, della doppia indicizzazione e del funzionamento del deposito fruttifero anche mediante esemplificazioni di ipotesi di estinzione anticipata dopo due/cinque/ dieci anni considerata la durata particolarmente lunga di tali contratti, considerato, peraltro, che come ha ammesso la banca, fino al 2010 questa tipologia di mutuo era “un prodotto molto vantaggioso per i mutuatari” e la banca ha cessato di stipulare tale tipologia di mutuo all’inizio del 2011. L’obbligo di informazione mediante esemplificazioni e chiarimenti rientra nell’obbligo di buona fede oggettiva che nel caso in esame non è stato osservato.".

E la violazione di tale obbligo informativo è ancor più grave, secondo il giudicante, considerando che: "....che avrebbero imposto alla banca un onere informativo rafforzato nei confronti dei clienti che avrebbero dovuto essere resi edotti dell’effettivo esborso a cui andavano incontro e delle conseguenze in cui sarebbero incorsi in caso di estinzione anticipata del mutuo, considerata la durata ventennale e trentennale dei contratti.".

Nel caso di specie, il giudice ha dato applicazione al principio di chiarezza e trasparenza che deve sempre contraddistinguere la redazione del contratto sottoposto al consumatore, e che trova la sua disciplina nel Codice del consumo all'art. 35: "Nel caso di contratti di cui tutte le clausole o talune clausole siano proposte al consumatore per iscritto, tali clausole devono sempre essere redatte in modo chiaro e comprensibile."

Il mancato rispetto di tali presupposti possono, come accaduto nel caso affrontato dal giudice, far dichiarare nulle e non vincolanti per il consumatore le clausole vessatorie, condizionando il ricalcolo della posizione con la banca mutante.

Tribunale di Milano - Sez. VI^ Civ. - sentenza n. 6054/2024 (visibile con browser Opera - VPN attivo)

martedì 1 marzo 2022

Mutuo indicizzato - la prova può arrivare anche dal provvedimento dell'Antitrust

Abbiamo già trattato la questione mutuo indicizzato al franco svizzero, evidenziando le diverse clausole vessatorie sottoposte al cliente, così come accertato dai vari giudici, secondo i quali il cliente non dispone, sin dall’inizio, di dati e strumenti di calcolo per prevedere quanto dovrà rimborsare, in punto interessi, alla banca. 

Uno degli istituti di credito che più hanno collocato questo tipo di finanziamenti, Barclays, per anni si è limitata a predisporre nelle proprie condizioni generali di contratto, nei propri moduli, modelli e formulari delle clausole - e tra queste il famigerato articolo 7 - che vincolano l’importo degli interessi dovuti alla banca alle oscillazioni della valuta svizzera. 

La clausola, di per sé, non è di difficile comprensione: gli interessi vengono rimodulati, sulla base dell’andamento del tasso di cambio tra Euro e franco Svizzero, fluttuante dal 2015; più difficile, se non arduo, diventa predeterminare, valutare e ponderare quali sono gli effetti economici di tale clausola sul consumatore.

Per rispondere a tali attese, il consumatore deve essere messo per forza nelle condizioni di conoscere quale formula matematica, e avere a propria disposizione ex ante i dati da inserire in quella formula. 

Purtroppo, non soltanto la Barclays si è sempre guardata bene dal fornire questi importantissimi strumenti al consumatore, ma anche molti tribunali italiani, con quel formalismo che rende questa previsione farraginosa, affermano che è sufficiente conoscere la clausola, e non valutarne gli effetti. 

Tale indeterminatezza è stata presa dalla Barclays, ben consapevole dei vantaggi rappresentati dal libero andamento del tasso di cambio, come pretesto per imporre di volta in volta al cliente rivalutazioni calcolate a propria esclusiva convenienza. 

Non ci dilungheremo tanto su questo argomento, perché sono anni che diciamo che queste clausole, per costante giurisprudenza comunitaria, sono vessatorie se non sono sufficientemente chiare e predeterminate; riprova né è che la Cassazione, nella sentenza oggi in commento, ha nuovamente esplicitato il principio secondo cui: “un consumatore medio, normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto” deve essere “posto in grado di comprendere il funzionamento concreto della modalità di calcolo di tale tasso (quello indicizzato, s’intende) e di valutare in tal modo, sul fondamento di criteri precisi e intelligibili, le conseguenze economiche, potenzialmente significative, di una tale clausola sulle sue obbligazioni finanziarie”. 

Piuttosto, è da valorizzare il valore che la Cassazione, questa volta, ha attribuito al provvedimento dell’Antitrust italiano (l’AGCM) che, tra le attribuzioni che annovera, può dichiarare la vessatorietà delle clausole inserite nei contratti tra i professionisti e i consumatori, quantunque abbia funzioni di public enforcement che trascendono quelle delle parti private (che, di norma, adiscono il giudice ordinario per far valere i propri diritti).

L’Antitrust, non nuova in questo tipo di esperienze, già nel 2018 aveva spiegato che, se non si esplicita il meccanismo di calcolo, non si pone il consumatore nelle concrete condizioni di formulare la propria scelta (vedi qui). 

Sebbene l’Antitrust non sia alla medesima stregua di un giudice civile, le sue deliberazioni, a detta della Corte di Cassazione, costituiscono fonte di prova privilegiata “in un giudizio di fatto espresso sul tenore di un documento contrattuale, valutato a monte nella sua potenzialità di adeguata capacità esplicativa per un comune contraente, versante in posizione di debolezza e di asimmetria informativa, al fine di porlo in condizione, ciononostante, di assumere le proprie decisioni con prudenza e in piena cognizione di causa e operare così scelte consapevoli e corrette”.

Il provvedimento dell'Antitrust può, in ultima istanza, divenire indizio idoneo a determinare il modus operandi del professionista nel rapporto con il consumatore oggetto di decisione da parte del giudice, e nel caso concreto attestare la carenza informativa che ha caratterizzato la vendita del mutuo indicizzato.

Qui di seguito, la sentenza n. 23655/2021 della Cassazione.

venerdì 17 settembre 2021

Mutuo in valuta estera - la clausola abusiva non invalida l'intero contratto

Questa domenica torniamo a trattare la vicenda prestiti in valuta estera, e  la validità di questi contratti proposte con insistenza anche ai consumatori italiani.

Abbiamo già trattato questo tipo di vicende (vedi qui), in quanto il presunto vantaggio nella conclusione di questo tipo di contratti di mutuo si è rapidamente azzerato a causa del valore del moneta e il cambio tra le divise. 

La Corte di Giustizia ha avuto modo di intervenire in questa maniera in più circostanze (vedi qui), fornendo alcuni importanti chiarimenti in merito all'applicazione dei principi comunitari all'interno dei vari stati.

Uno degli aspetti più controversi riguardanti questi contratti è legato alla validità dei prestiti, laddove sia riconosciuta la nullità della clausola che disciplina il calcolo del cambio tra le divise e, in ultima istanza, le rate mensili che devono essere pagate dal mutuatario.

Non di rado, il consumatore si è rivolto al giudice chiedendo che, accertata la invalidità del contratto nella parte in cui dispone il calcolo degli interessi dovuti dal mutuatario sulla base di criteri di cambio poco trasparente, disponga la nullità integrale del contratto.

La Corte di Giustizia ha, invece, chiarito che la singola clausola abusiva non può comportare l'automatica invalidità dell'intero contratto, dovendo invece comportare una mera nullità parziale che non compromette l'intero accordo intervenuto tra banca e consumatore.

In tale caso, il giudice nazionale deve limitarsi a sostituire la norma contrattuale nulla, integrando il contratto con la legge nazionale, ossia stabilire il tasso di interesse applicato al contratto in sostituzione di quello convenzionale dichiarato nullo.

"L’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, deve essere interpretato nel senso che esso non osta a una normativa nazionale che, per quanto riguarda i contratti di mutuo conclusi con un consumatore, commini la nullità di una clausola relativa al divario nel cambio considerata abusiva e obblighi il giudice nazionale competente a sostituire a quest’ultima una disposizione di diritto nazionale che impone l’uso di un tasso di cambio ufficiale, senza prevedere la possibilità, per il giudice, di accogliere la domanda del consumatore interessato diretta all’annullamento dell’intero contratto di mutuo, quand’anche lo stesso giudice ritenga che la conservazione del contratto sia contraria agli interessi del consumatore, in particolare alla luce del rischio di cambio che quest’ultimo continuerebbe a sopportare in base ad un’altra clausola del contratto, purché in compenso il medesimo giudice, nell’esercizio del suo pieno potere discrezionale e senza che la volontà espressa dal consumatore possa prevalere su quest’ultimo, ravvisi che l’applicazione delle misure previste dalla normativa nazionale consente effettivamente di ripristinare la situazione di diritto e di fatto in cui il consumatore si sarebbe trovato in assenza di tale clausola abusiva.".

Qui di seguito, la sentenza C-239/2019 del 2 settembre 2021.

venerdì 11 ottobre 2019

Mutuo indicizzato? valido se la banca fornisce tutte le informazioni al consumatore

Chi ha comprato i “diamanti da investimento” o, meglio, delle pietre piazzate con la collaborazione di molte banche come “beni rifugio” al doppio del loro reale valore e per di più con certificati incompleti e falsi, rimarrà deluso dalla sentenza resa dal Tribunale di Milano, la n. 66 dell’8 gennaio 2019

Il giudice milanese, in buona sostanza, è giunto a negare che la banca abbia assunto responsabilità di qualche tipo nel rapporto concluso tra il risparmiatore e le società di settore (tra le note: la ormai fallita Intermarket diamond business (Idb) di Milano  e Diamond private investment di Roma), anche se le vendite dei preziosi avvenivano nei suoi locali. 

Percorriamo, ora, i motivi che hanno spinto il Tribunale a rigettare il rimborso, cogliendo fin da subito che per vincere in giudizio è essenziale saper mettere in luce il ruolo autonomo che le banche assumono in questo tipo vendite (c.d. vendite piramidali).


Abbiamo già visto che tra il 2010 ed il 2015 alcuni istituti bancari – complice anche la formidabile demonizzazione dei risparmiatori italiani che si ostinano a tenere liquidità infruttifera nei propri conti dormienti ) – hanno fattivamente collaborato con alcune società, mettendo a loro disposizione il proprio pacchetto di clienti per proporre l’investimento in diamanti.

È facile, almeno nei fatti, scorgere una commistione di interessi tra la banca e le società di settore per truffare i clienti, ma molto più complesso evidenziarlo nelle aule di giustizia: a nostro parere, la mossa vincente è quella di far risaltare gli accordi commerciali che le banche stabiliscono con le società di settore e, posta questa premessa, contestare sin da subito la responsabilità da contatto sociale (vedi qui).

Tuttavia, così non è stato fatto nel caso che ci occupa, tanto è vero che la difesa del risparmiatore si è limitata a rappresentare alcune circostanze molto indicative, ma non determinanti, come ad esempio la vendita delle pietre all’interno dei locali della banca e per mezzo di suoi promotori, per poi chiedere, per ciò solo, sia l’annullamento del contratto concluso tra il cliente e la società di settore che l’inadempimento contrattuale, oltre che il risarcimento del danno in stretto collegamento.

Giocoforza il giudice, ha stoppato la domanda di risarcimento, peraltro affermando che “non solo le azioni di invalidità o di risoluzione devono essere ritenute infondate, non essendo state intentate nei confronti della controparte contrattuale, ma anche le azioni di natura restitutoria e risarcitoria.
Ciò in quanto le stesse sono inevitabilmente correlate (“per l’effetto”), come da conclusione, alle suddette azioni di natura contrattuale, e non sono state sviluppate in via autonoma, ossia dando risalto al ruolo autonomo di parte convenuta. (...) Mai del resto la posizione di parte convenuta [n.d.r. la banca] è stata specificamente illustrata nell’atto di citazione alla stregua di un terzo rispetto alla parte alienante, e ne è riprova la circostanza che ciò avrebbe comportato uno specifico onere argomentativo, nel senso di chiarire il fondamento sistematico di una responsabilità del terzo in ordine ad un contratto stipulato da altri soggetti”.


In altre parole, nonostante il ruolo della banca sia abbastanza articolato in queste vicende (e il dibattito ne dà atto) la difesa del cliente non è riuscita a sviluppare in modo determinate il ruolo della banca ed in particolare il profilo degli accordi commerciali. 


Di seguito, la sentenza n. 66/2019 del Tribunale di Milano.

lunedì 4 marzo 2019

Il consumatore non può subire il rischio cambio nel mutuo in valuta estera

Nuovo interessante intervento della Corte di giustizia dell'Unione europea in materia di contratti di mutuo in valuta straniera, vicenda che sta riguardando molti risparmiatori italiani, coinvolti nelle proposte commerciali di Barclays (vedi qui).

Occorre premettere che il caso è peculiare, avendo ad oggetto uno Stato dell'Unione europea, l'Ungheria, che ha adottato una normativa specifica in materia, cancellando questo tipo di mutui.

La vicenda
Due consumatori ungheresi, durante l'anno 2008, hanno concluso un contratto di mutuo in franchi svizzeri (CHF), con la previsione di rate mensili da versare in fiorini ungheresi, ma il cui valore doveva essere determinato all'esito della conversione al tasso di cambio tra il fiorino ungherese e il franco svizzero. Inoltre, 

Il modello contrattuale sottoposto alla firma dei consumatori menziona, al suo interno, i vari rischi connessi al mutuo, tra i quali viene indicato anche quello di cambio nell'ipotesi di fluttuazione del tasso di cambio tra le valute. 

E tali fluttuazioni sono intervenuti, durante il 2013, con notevole aumento delle rate mensili versate dai clienti alla banca.

Per tale ragione, questi ultimi hanno citato in giudizio l'istituto di credito, al fine di contestare la validità della clausola inerente il rischio di cambio, affermando che la stessa fosse redatta in modo poco chiaro e trasparente, e quindi abusiva.

La tesi difensiva dei clienti veniva, peraltro, suffragata dalla nuova normativa introdotta in Ungheria nel 2014, con la quale sono stati eliminati dal mercato i contratti di mutuo espressi in valuta estera determinate clausole abusive, con conversione del debito in fiorini ungheresi.

La vicenda è stata sottoposta alla decisione della Corte di giustizia dell'Unione europea, al fine di verificare il carattere abusivo della norma contrattuale rispetto al sistema legale nazionale ed europeo.

Corte di giustizia dell'Unione europea: C- 51/17
La Corte ha valutato la questione sia sotto il profilo della normativa esistente, sia con riguardo al modello contrattuale sottoposto alla firma dei consumatori.
Tralasciando la questione relativa alla normativa nazionale, l'aspetto interessante della sentenza in oggetto riguarda la validità delle clausole di cambio in materia di mutuo in franchi svizzeri.
Il giudice comunitario ha ribadito, ancora una volta, che deve essere considerata abusiva la clausola che non prevede in modo chiaro, univoco e trasparente la conversione del tasso in questi contratti, addossando al contraente debole ogni rischio collegato ad eventuali oscillazioni.
La banca, infatti, è tenuta non solo a fornire ai mutuatari informazioni complete ed idonee a comprendere  la particolarità del contratto e consentire di adottare decisioni corrette e consapevoli.
E ciò riguarda anche la clausola di conversione ed il relativo rischio di cambio che deve essere chiara sia sotto il profilo formale (descrittivo), che sotto il profilo concreto ed effettivo.

In altri termini, il contenuto della clausola non deve essere generico e difficilmente comprensibile, ma deve consentire al consumatore medio, normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto, deve poter non solo essere consapevole della possibilità di deprezzamento della valuta nazionale rispetto alla valuta estera in cui il mutuo è stato espresso, ma anche valutare le conseguenze economiche, potenzialmente significative, di una clausola del genere sui suoi obblighi finanziari. 


Se tali caratteri non sono rispettati, la clausola deve essere dichiarata abusiva (o vessatoria) dal giudice nazionale, e conseguentemente non vincolante per il consumatore nei confronti della banca.
Qui la sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea.

Trasforma questo post