sabato 13 maggio 2023

Art. 1957 c.c. - clausola vessatoria ed effetti sul fideiussore

La sentenza del Tribunale di Pavia che trovate qui di seguito si inserisce nella lunga discussione che investe, negli ultimi anni, una particolare tipologia di contratti bancari: la fideiussione bancaria.

La fideiussione bancaria è una forma di garanzia che la banca acquisisce per tutelarsi nei confronti del debitore, attraverso un garante a cui possa rivolgersi nel caso in cui il soggetto principale non riesca ad onorare il proprio debito con l'istituto di credito.

Abbiamo già trattato questa vicenda ed abbiamo osservato come questo tipo di contratti prevedono una serie di obblighi assunti dal garante (fideiussore), tra i quali emerge quello di cui all'art. 1957 c.c..

La norma prevede che: "Il  fideiussore   rimane   obbligato   anche   dopo   la  scadenza dell'obbligazione principale, purché' il  creditore  entro  sei  mesi abbia proposto le sue istanze contro  il  debitore  e  le  abbia  con diligenza continuate.".

L'art. 1957 obbliga la banca a dover agire nei confronti del debitore, entro il termine di sei mesi, al fine di salvaguardare ogni successiva azione verso il fideiussore, pena la decadenza di ogni suo diritto verso quest'ultimo nel caso di omesso rispetto del termine appena richiamato.

Gran parte delle fideiussioni bancarie, però, prevedono l'esclusione esplicita di questa clausola, consentendo alla banca di poter agire nei confronti del fideiussore anche oltre i sei mesi previsti dall'art. 1957 c.c..

Orbene, la clausola che esonera la banca dal limite di cui all'art. 1957 c.c. ha natura vessatoria nei confronti del fideiussore privato?

Il Tribunale di Pavia risponde in senso affermativo, sostenendo che: "premessa la qualifica di consumatore dell'attrice, in linea generale, ed in punto di diritto, l'art. 33, lett. t) del d.lgs. 206/2005, in parte riprendendo quasi testualmente ed accorpando alcune delle previsioni dell'art. 1341 c.c., pone la presunzione di vessatorietà delle clausole che abbiano l'effetto di “sancire a carico del consumatore decadenze, limitazioni della facoltà di opporre eccezioni, deroghe alla competenza dell'autorità giudiziaria, limitazioni all'adduzione di prove, inversioni o modificazioni dell'onere della prova, restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti con in terzi”

La norma opera, tuttavia, in modo del tutto diverso sul piano degli effetti e, soprattutto, per quel che concerne il superamento della presunzione di vessatorietà. 

Invero, a tal fine, non è affatto sufficiente il mero adempimento formale della specifica approvazione per iscritto, ma è necessario, nei contratti conclusi su moduli o formulari, che il professionista dia prova che le clausole unilateralmente predisposte siano state oggetto di trattativa individuale (ex art. 34, co. 5, d.lgs. 206/2005). 

Non v'è dubbio che le parti possano, nell'ambito della loro autonomia negoziale, convenzionalmente escludere la decadenza del creditore dalla garanzia prevista dall'art.  1957 c.c., ma quando il garante rivesta la qualità di consumatore, la conclusione di tale accordo derogatorio deve necessariamente essere perfezionata nel rispetto delle forme di tutela non più formali ma sostanziali.".

Nel caso in cui la fideiussione bancaria presenti una deroga alla decadenza prevista ex art. 1957 c.c. in favore del fideiussore, la rinuncia a tale diritto da parte di quest'ultimo assume valore solo se oggetto di trattativa personalizzata idonea a dimostrare il consenso informato del consumatore alla rinuncia di una sua prerogativa.

Di seguito, il Tribunale di Pavia - sentenza n. 736/2022


 TRIBUNALE DI PAVIA

Sentenza n. 736/2022 del 24-05-2022

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 TRIBUNALE ORDINARIO di PAVIA SEZIONE TERZA CIVILE Il Tribunale, nella persona del  ha pronunciato la seguente 

SENTENZA

 nella causa civile iscritta al n. r.g. 3159/2021 promossa da:  , elettivamente domiciliata in , presso lo studio dell'Avv.  che la rappresenta e difende giusta procura in atti, il quale ha dichiarato di voler ricevere comunicazioni come in atti 

PARTE ATTRICE/OPPONENTE 

contro 

S.P.A. (c.f.     ) in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in        , presso lo studio dell'Avv.       e dell'Avv.        che la rappresentano e difendono giusta procura in atti, i quali dichiarato di voler ricevere comunicazioni come in atti      

Conclusioni delle parti 

Le parti hanno precisato le conclusioni come da udienza del 10.3.2022, svoltasi in forma scritta, e fogli depositati in via telematica e, segnatamente: 

Per parte attrice  Tribunale adìto, rigettata e respinta ogni contraria istanza, eccezione, deduzione, conclusione e domanda avversa, così giudicare: In Per i motivi tutti esposti in atti, inclusi il rilevato contrasto con la normativa prevista dal codice del consumo e la ritenuta violazione della normativa antitrust, accertare e dichiarare la nullità della clausola di rinuncia ai termini di decadenza di cui all'art. 1957 c.c. contenuta nel contratto sub judice. 2) Per l'effetto, dichiarata la decadenza ex art. 1957 c.c. del creditore dal diritto di agire per l'adempimento dell'obbligazione di garanzia, revocare o comunque dichiarare inefficace il decreto ingiuntivo n. 757/2021 notificato alla sig.ra In  Nella denegata ipotesi in cui si ravvisi nel rapporto sub judice un contratto autonomo di garanzia anziché di fideiussione, dichiarare comunque estinto l'obbligo del garante al momento della cessione del credito non avendo egli mai prestato il consenso alla novazione soggettiva del creditore. 4) Per l'effetto, revocare o comunque dichiarare inefficace il decreto ingiuntivo n. 757/2021 notificato alla sig.ra  In ogni caso condannare la società opposta al pagamento in favore dell'opponente delle spese di giudizio”. 

Per parte convenuta  l'On.le Tribunale adito, contrariis reiectis, accogliere le seguenti conclusioni: “In via principale e nel merito: l'opposizione poiché infondata in fatto ed in diritto, per i motivi esposti in narrativa, e comunque accertare e dichiarare la debenza di parte opponente nei confronti di   e per l'effetto condannare la stessa al pagamento di quanto dovuto. In ogni caso:  e dichiarare che la sig.ra  è debitore nei confronti della  e per l'effetto condannarla al pagamento del dovuto. Con il favore di spese, compensi professionali di causa, oltre spese generali IVA e CPA”. 

Svolgimento del processo 

Con atto di citazione ritualmente notificato, conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di  S.p.a., proponendo opposizione avverso il decreto ingiuntivo n.  (R.G. ), emesso dal Tribunale di    in favore dell'opposta per la somma di     oltre interessi e spese, a titolo di saldo debitore di un contratto di finanziamento. 

In particolare, quanto al fatto, l'opponente deduceva di aver stipulato, in data 13.02.2013, unitamente a ### un contratto di finanziamento personale, in virtù del quale si era costituita garante del debito di quest'ultimo nei confronti di     S.p.a. per l'importo di    da restituire in 120 rate mensili (doc. 4 monitorio); successivamente, il debito non veniva onerato, sicché la banca, previa comunicazione di messa in mora del 09.11.2017, dichiarava i debitori decaduti dal beneficio del termine richiedendo il pagamento del residuo. Il credito vantato da       S.p.a. veniva successivamente ceduto pro soluto all'odierna opposta, con notifica della cessione al debitore ceduto in data 29.04.2019 (doc. 12 monitorio). 

Nel merito, l'opponente eccepiva l'estinzione della fideiussione dalla stessa prestata in favore del debitore principale, derivante dalla nullità della clausola di deroga dell'art.  1957 c.c. (prevista dall'art. 9 del contratto di finanziamento), in quanto non oggetto di trattativa individuale, così come invece imposto dall'art. 35, co. 5, del Codice del        norma applicabile al caso di specie secondo l'opponente, giusta la qualità di “consumatore” del fideiussore. 

Per effetto della nullità della deroga all'art. 1957 c.c., l'opponente deduceva altresì di non essere tenuta al pagamento di alcuna somma nei confronti dell'opposta dal momento che era spirato il termine di sei mesi, decorrente dalla scadenza dell'obbligazione principale, in cui il creditore aveva la possibilità di far valere il proprio diritto. In ogni caso, deduceva che anche ove fosse stata esclusa la natura di fideiussione, la garanzia dalla stessa prestata doveva comunque ritenersi estinta, se non altro al momento della cessione del credito, giusta l'assenza di consenso da parte della stessa alla novazione soggettiva del creditore. 

Si costituiva       S.p.a, eccependo, nel merito, l'errata qualificazione della posizione contrattuale in capo all'opponente quale fideiussore, essendo piuttosto la stessa cointestataria del finanziamento, e quindi obbligata allo stesso modo del debitore principale al pagamento del saldo debitore. In ogni caso, deduceva che, al più, l'obbligazione assunta dall'opponente poteva qualificarsi come garanzia autonoma, giusta la previsione dal pagamento “a prima richiesta” contenuto nel finanziamento. 

Per questi motivi

, non era applicabile l'art. 1957 c.c. e, pertanto, nel caso di specie, il creditore non poteva considerarsi decaduto. 

Eccepiva, inoltre, l'infondatezza dell'eccezione di vessatorietà della clausola di deroga dell'art. 1957 c.c., giusta la specifica approvazione della stessa da parte dell'opponente. 

Quanto, infine, alla novazione soggettiva deduceva che la mancata prestazione di consenso ad hoc da parte dell'opponente non poteva inficiare il perfezionamento della cessione dei crediti in blocco, indi in alcun modo intaccare la legittimazione ad agire in capo alla stessa opposta. 

Rigettata l'istanza di provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo, il giudice, all'udienza del 09.02.2022, preso atto della richiesta congiunta delle parti, fissava udienza di precisazione delle conclusioni e, seguito di questa, tratteneva la causa in decisione assegnando alle parti termini ridotti ai sensi dell'art. 190, co. 2, c.p.c. per il deposito delle memorie conclusionali e delle repliche. 

Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione Preliminarmente, quanto alla domanda di accertamento della nullità derivante dalla clausola di rinuncia ai termini di cui all'art. 1957 c.c., per violazione dell'art. 2, co. 2, lett. a, L. 287/1990, dedotta, dall'opponente in sede di note scritte per l'udienza del 27.10.2021, e successivamente riformulata in sede di precisazione delle conclusioni e in comparsa conclusionale (pag. 13) si osserva quanto segue. 

Con il provvedimento n. 55 del       della      d'     ha ritenuto che “gli artt. 2, 6 e 8 dello schema contrattuale predisposto dall'ABI per la fideiussione a garanzia delle operazioni bancarie (fideiussione omnibus) contengono disposizioni che, nella misura in cui vengano applicate in modo uniforme, sono in contrasto con l'articolo 2, comma 2, lettera a) della legge n. 287/1990”. 

La giurisprudenza di legittimità ormai prevalente ha precisato come “i contratti di fideiussione a valle di intese dichiarate parzialmente nulle dall'      in relazione alle sole clausole contrastanti con la L. n. 287 del 1990, art. 2, comma 2, lett. a) e art. 101 del Trattato sul funzionamento dell'     sono parzialmente nulli, ai sensi dell'art. 2, comma 3 della      succitata e dell'art. 1419 c.c., in relazione alle sole clausole che riproducano quelle dello schema unilaterale costituente l'intesa vietata, salvo che sia desumibile dal contratto, o sia altrimenti comprovata, una diversa volontà delle parti” (in termini recentemente Cass. 30.12.2021 SS.UU. n. 41194; in precedenza, nel senso della nullità parziale, ex multis Cass. 19.2.2020 n. 4175, Cass. 26.09.2019, n.24044; nel merito, ex multis  23.1.2020 n. 610  Roma 11.9.2019 n. 17243; 03.05.2019; contra, nel senso della nullità totale cfr. ex multis  Salerno 19.08.2020, n. Salerno 23.08.2018, n.3016; L'Aquila, 15.10.2019 n.740; sulla nullità, senza alcuna specificazione Cass. 12.12.2017, n.29810) Tuttavia, la fattispecie concreta dedotta in giudizio non risulta sussumibile all'interno della cornice astratta che pure ha trovato accoglimento nelle citate pronunce di legittimità e di merito. 

Invero, come risulta dalla lettera del dictum della  d'    l'oggetto dell'accertamento dell'intesa anticoncorrenziale nel provvedimento del 2005 è costituito dalle condizioni generali della fideiussione c.d. omnibus, ossia di quella particolare garanzia personale che per effetto della c.d. clausola estensiva impone al fideiussore il pagamento di tutti i debiti, presenti e futuri, che il debitore principale ha assunto entro un limite massimo predeterminato, ai sensi dell'art. 1938 c.c.. 

Al contrario, nella fattispecie in esame, a seconda delle diverse ricostruzioni delle parti, è possibile configurare una fideiussione specifica, ovvero un contratto autonomo di garanzia , esulando entrambe le ipotesi dalla fattispecie presa in esame dalla  D' e sanzionata dalla giurisprudenza di legittimità e merito sopra evidenziata ( Bologna 13.1.2022 n. 64 ;  Monza 18.2.2022 n. 375;   Napoli 26.5.2021 n. 4969). 

In ragione di quanto esposto, l'eccezione di nullità con riferimento a tale profilo risulta infondata. 

Questione preliminare di merito, risulta altresì quella dell'esatta qualificazione del contratto stipulato dalla sig.ra  in relazione a tale aspetto, non si ritiene attribuibile ad esso natura di contratto autonomo di garanzia. 

Il vincolo di accessorietà è senz'altro significativamente attenuato dalla consueta previsione dell'obbligo di pagamento a prima richiesta, ma tale clausola non ha rilievo decisivo per la qualificazione di un negozio come “contratto autonomo di garanzia” o come “fideiussione”. 

Invero, tali espressioni potrebbero riferirsi sia a forme di garanzia svincolate dal rapporto garantito (e quindi autonome), sia a garanzie, come quelle fideiussorie, caratterizzate da un vincolo di accessorietà, più o meno accentuato, nei riguardi dell'obbligazione garantita (in tal senso, si veda anche Cass. 09.09.2016 n. 16825). 

Il contratto autonomo di garanzia si caratterizza, invece, rispetto alla fideiussione per l'assenza del vincolo dell'accessorietà della garanzia, derivante dall'esclusione della facoltà di opporre al creditore le eccezioni spettanti al debitore principale (in deroga all'art.  1945 c.c.), e dalla conseguente preclusione del debitore a chiedere che il garante opponga al creditore garantito le eccezioni nascenti dal rapporto principale, nonché dalla proponibilità di tali eccezioni al garante successivamente al pagamento effettuato da quest'ultimo (per i caratteri del contratto autonomo di garanzia, e la distinzione rispetto alla fideiussione, Cass. SS.UU. , 18.02.2010, n.3947) Nella fideiussione a prima richiesta il vincolo di accessorietà non è reciso, perché il garante conserva intatta la facoltà di far valere, seppur con l'onere del previo pagamento del debito garantito, tutte le eccezioni sostanziali relative al rapporto obbligatorio tra debitore principale e creditore ai fini dell'eventuale ripetizione dell'indebito. 

Tanto premesso in punto di diritto, la fattispecie negoziale, in esame è ascrivibile alla fideiussione; depone in tal senso, anzitutto l'inserimento della stessa nell'ambito stesso del contratto di finanziamento , ovvero un criterio di natura topografica , risultando quindi un unicum con quest'ultimo. 

In secondo luogo, in alcun modo è data desumere una clausola preclusiva del debitore in ordine alle eccezioni relative al rapporto principale, nonchè alla proponibilità di tali eccezioni al garante successivamente al pagamento effettuato da quest'ultimo, non essendo in alcun modo sufficiente a riguardo la previsione dell'art. 9. 

In terzo luogo, a fortiori, rileva sul piano letterale la qualifica della sig.ra  non solo come “garante” ma anche “coobbligato”, ovvero, di soggetto obbligato congiuntamente al debitore principale in forza di rapporto di garanzia non caratterizzato da autonomia ma, quindi, strettamente connesso al rapporto principale. 

Parimenti non può, condividersi l'assunto dell'opposta in ordine all'inapplicabilità dell'art. 1957 c.c. alla fattispecie de qua, poiché, in virtù del contratto di finanziamento stipulato, l'opponente insieme al richiedente ### risultava cointestataria del contratto e non, invece, fideiussore. 

Occorre rilevarsi che risulta di tutta evidenza, dall'analisi del contratto di finanziamento, come l'obbligazione nei confronti dell'istituto bancario era stata assunta dall'opponente nell'interesse esclusivo di ### soggetto richiedente il finanziamento. 

Un tale assunto risulta peraltro avvalorato dal già menzionato art. 1 delle “ generali di finanziamento Prestitempo”, dal quale si evince che trattavasi di finanziamento “personale” che la banca concedeva al soggetto richiedente per soddisfare suoi bisogni personali (cfr. pg. 9 del contratto di finanziamento, su cui amplius infra). 

Ciò posto, occorre evidenziare che comunque la natura solidale dell'obbligazione dell'opponente non risulta di per sé incompatibile con l'applicazione, nel caso di specie, delle norme sulla fideiussione, come invece l'opposta pare ritenere. 

L'obbligazione solidale, più che un genere di obbligazione, è, a ben vedere, una modalità, prevista dalla legge, per l'estinzione dei rapporti obbligatori a soggettività complessa. 

Da un tale assunto segue che il fideiussore sarà sempre obbligato in solido con il debitore principale, come peraltro lo stesso art. 1944 c.c. prevede; tuttavia, in questo caso, alle norme generali sull'obbligazione in solido si affiancheranno anche le norme speciali previste per la fideiussione. 

Qualificato il rapporto come fideiussorio, sempre quanto all'esame nel merito della domanda dell'opponente, occorre rilevare come abbia carattere assorbente l'eccezione di decadenza del creditore dalla garanzia fideiussoria. 

Tale eccezione postula sul piano logico e giuridico il rilievo dell'invalidità della clausola di cui all'art. 9 del contratto di finanziamento sottoscritto dalle parti (doc. 4 monitorio), nella parte in cui dispone che “Il garante dispensa la     dall'agire verso il Cliente inadempiente nei termini di cui all'art. 1957 c.c.”. 

A tale riguardo, giova rammentare come la giurisprudenza si sia interrogata sulla possibilità di ricondurre le clausole di deroga dell'art. 1957 c.c. all'interno del novero delle clausole c.d. “vessatorie”. 

Si deve in particolare dar conto di un orientamento giurisprudenziale risalente a parere del quale: “La rinuncia preventiva del fideiussore a far valere la decadenza prevista dall'art. 1957, co. 1, c.c. a carico del creditore che non abbia proposto le sue istanze contro il debitore e le abbia con diligenza continuate, entro sei mesi dalla scadenza dell'obbligazione garantita non rientra tra le clausole particolarmente onerose di cui all'art. 1341 c.c. esige, nel caso che siano predisposte da uno dei contraenti, la specifica approvazione per iscritto dell'altro contraente” (in tal senso si era espressa Cass. 10.07.1974 n. 2034). 

Tale risalente orientamento non può essere accolto acriticamente, ma merita una serie revisione, alla luce dell'introduzione nel nostro     di una disciplina fortemente protettiva dei diritti del consumatore (quale il d.lgs. 206/2005 “     del Consumo”). 

In primo luogo, invero, si osserva che già con riguardo alla disciplina codicistica, di cui all'art. 1341, co. 2, l'esclusione della clausola di deroga dal novero delle clausole “vessatorie” è sorretta da una motivazione tutt'altro che convincente. 

A ben vedere, infatti, per mezzo dell'esclusione della possibilità di far valere la decadenza del creditore negligente, la clausola di deroga si risolve surrettiziamente in una limitazione per il fideiussore della facoltà di opporre eccezioni. 

D'altra parte, in un sistema precedente all'introduzione dei  del  in cui l'unico strumento di tutela per il contraente debole aveva natura formale ed era costituito dalla mera doppia sottoscrizione ex art. 1341, co. 2, c.c., il consenso legittimamente manifestato dal garante risultava senz'altro idoneo ad escludere l'inefficacia. 

Infatti, in virtù di tale impostazione si giustificano le pronunce della giurisprudenza a mente delle quali “la decadenza del creditore dal diritto di pretendere dal fideiussore l'adempimento dell'obbligazione principale per mancata tempestiva proposizione delle azioni contro il debitore principale nel termine semestrale previsto dall'art. 1957, co. 1, c.c., può essere convenzionalmente esclusa per effetto di rinuncia preventiva da parte del fideiussore e non opera, in particolare, ove le parti abbiano previsto che la fideiussione si estingua solo all'estinguersi del debito garantito” (in tal senso si è espressa Cass. 13.04.2007 n.8839). 

Ciò posto, occorre osservare come i principi sinora affermati cedano il passo rispetto alle ben più incisive forme di tutela previste in ambito consumeristico. 

Nella fattispecie in esame, in via preliminare, non può dubitarsi, della qualifica di consumatore in capo alla sig.ra     In via generale e in punto di diritto “la qualifica di consumatore di cui al D.Lgs.      , n. 206, art. 3 - rilevante ai fini della identificazione del soggetto legittimato a avvalersi della tutela di cui all'art. 33 del citato D.Lgs. - compete alle sole persone fisiche allorché concludano un contratto per la soddisfazione di esigenze della vita quotidiana estranee all'attività imprenditoriale o professionale eventualmente esercitata" (Cass.,  , n. 5705)” (in termini recentemente con giurisprudenza citata Cass. 31.12.2021, n.42091). 

Nella fattispecie in esame, a tal fine depone, in primo luogo, la circostanza che l'art.  1 delle “   generali di finanziamento Prestitempo”, sottoscritto dall'opponente in qualità di “garante” (doc. 4 monitorio), prevede che: “     è un contratto di credito al consumo nella forma di finanziamento personale che (la banca) concede (…) a quel soggetto che rientri nella definizione di consumatore, di cui all'art. 121, co. 1, lett. b) Tub (…) e che abbia inoltrato la relativa richiesta (…) a fine di soddisfare bisogni inerenti alla sua vita privata” (cfr. pag. 9 del contratto di finanziamento). 

Alla luce del contenuto negoziale, risulta pertanto evidente che la signora      abbia sottoscritto il finanziamento per consentire a      quest'ultimo richiedente il finanziamento, di soddisfare bisogni afferenti alla sfera privata, e quindi per finalità all'evidenza estranee all'attività professionale o imprenditoriale. 

Parimenti, il riferimento ai contraenti quali consumatori è presente più volte nel contratto (ad esempio riquadro pag. 1 punto 2 “Il finanziamento sarà erogato in un'unica soluzione al consumatore…”) e negli stessi allegati tra cui “         di base sul credito ai consumatori”. 

In terzo luogo, nel riquadro del contratto relativo alla professione della sig.ra     è espressamente indicato “casalinga”. 

Premessa la qualifica di consumatore dell'attrice, in linea generale, ed in punto di diritto, l'art. 33, lett. t) del d.lgs. 206/2005, in parte riprendendo quasi testualmente ed accorpando alcune delle previsioni dell'art. 1341 c.c., pone la presunzione di vessatorietà delle clausole che abbiano l'effetto di “sancire a carico del consumatore decadenze, limitazioni della facoltà di opporre eccezioni, deroghe alla competenza dell'autorità giudiziaria, limitazioni all'adduzione di prove, inversioni o modificazioni dell'onere della prova, restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti con in terzi”. 

La norma opera, tuttavia, in modo del tutto diverso sul piano degli effetti e, soprattutto, per quel che concerne il superamento della presunzione di vessatorietà. 

Invero, a tal fine, non è affatto sufficiente il mero adempimento formale della specifica approvazione per iscritto, ma è necessario, nei contratti conclusi su moduli o formulari, che il professionista dia prova che le clausole unilateralmente predisposte siano state oggetto di trattativa individuale (ex art. 34, co. 5, d.lgs. 206/2005). 

Non v'è dubbio che le parti possano, nell'ambito della loro autonomia negoziale, convenzionalmente escludere la decadenza del creditore dalla garanzia prevista dall'art.  1957 c.c., ma quando il garante rivesta la qualità di consumatore, la conclusione di tale accordo derogatorio deve necessariamente essere perfezionata nel rispetto delle forme di tutela non più formali ma sostanziali. 

Nel caso di specie, nessuna prova in tal senso è stata offerta dalla banca convenuta che, nel proprio atto difensivo -richiamando tanto la disciplina di cui all'art. 1341 c.c., quanto quella consumeristica-, si è limitata a dedurre il diligente adempimento degli obblighi informativi, giusta la predisposizione di un formulario con apposito spazio in cui indicare le clausole oggetto di specifica approvazione (cfr. pg. 16 comparsa). 

Parimenti , alcuna prova orale è stata offerta con specifico riferimento alle trattative individuali , avendo altresì rinunciato all'assegnazione di termini ex art. 183 sesto comma c.p.c.   E' opinione di questo giudice quella secondo cui non possa ritenersi adeguato il richiamo in blocco delle clausole del contratto, per le quali si richieda alla parte aderente l'approvazione specifica, al fine di richiamare l'attenzione del consumatore sulle clausole oggetto di specifica approvazione, come avvenuto nel caso concreto. 

Tale impostazione risulta peraltro suffragata dalla recente e preferibile giurisprudenza che in tal senso si è espressa: “Il richiamo in blocco di tutte le condizioni generali di contratto o di gran parte di esse, comprese quelle prive di carattere vessatorio, e la sottoscrizione indiscriminata delle stesse, sia pure apposta sotto la loro elencazione secondo il numero d'ordine, non determina la validità ed efficacia di quelle onerose, non potendosi ritenere che in tal caso sia garantita l'attenzione del contraente debole verso la clausola a lui sfavorevole compresa fra quelle richiamate” (in tal senso Cass. 13.11.2014 n. 24193). 

Pertanto, se il “separato” richiamo delle clausole oggetto di specifica approvazione non risulta sufficiente al fine di richiamare l'attenzione del consumatore, lo stesso deve ritenersi a fortiori inidoneo ad inferire l'esistenza di una trattativa idonea ad escludere la vessatorietà della clausola, ex art. 34, commi 4 e 5, d.lgs. 206/2005. 

Tale interpretazione è adottata da recente e preferibile giurisprudenza con motivazione meritevole di riproposizione secondo cui “In presenza di un contratto rientrante nell'ambito applicativo del D.Lgs. n. 206 del 2005, l'avvenuta negoziazione delle singole clausole costituisce presupposto oggettivo di esclusione dell'applicazione della disciplina del codice ed è circostanza che rappresenta un prius logico anche rispetto all'accertamento dell'eventuale squilibrio di cui si sostanzia l'abusività, conseguendone che la relativa prova compete al professionista (Cass. 8268/2020; Cass. 6803/2010; Cass. 24262/2008), mentre il consumatore può limitarsi ad allegare la sussistenza dei presupposti e dei requisiti sufficienti per ottenere la dichiarazione di inefficacia delle clausole stesse (cfr., in motivazione, Cass. 24262/2008). Nonostante l'apparente tenore letterale contrario del codice, art. 34, comma 5, l'onere della prova della trattativa individuale delle clausole non muta neppure se il contratto non sia destinato a regolare in modo uniforme, in una serie indefinita di casi, i rapporti con la clientela o se, in luogo di impiegare un formulario predisposto, le parti abbiano utilizzato singole clausole approvate dal consumatore ai sensi dell'art. 1341 c.c., (Cass. 3744/2017; Cass. 24262/2008; Cass. 6802/2010). Difatti, il citato decreto, art. 34, comma 5, "esplicita e ribadisce una regola sulla ripartizione della prova volta a favorire, o quantomeno ad alleggerire, la posizione processuale del consumatore, giacchè nell'operare una scelta di carattere sicuramente qualitativo il legislatore ha come detto posto l'onere della prova in capo alla parte - il professionista che in base al ruolo svolto (anche) nel rapporto contrattuale ha senz'altro maggiore possibilità di fornirla" (cfr., testualmente, Cass. 6803/2010).”(in termini con giurisprudenza citata Cass. 14.1.2021 n. 497) Il medesimo orientamento, con riferimento all'onus probandi nonché al contenuto e al carattere delle trattative, ha altresì sottolineato che “Ai sensi del codice, art. 34, comma 5, competeva poi alla società, interessata ad ottenere la disapplicazione della disciplina di tutela del consumatore, dare la prova del fatto positivo dello svolgimento della trattativa, non essendo configurabile un onere del consumatore di provare il fatto negativo della mancanza di negoziazione. Occorreva infine accertare che la trattativa fosse stata caratterizzata dai requisiti della serietà (ossia svolta mediante l'adozione di un comportamento obiettivamente idoneo a raggiungere il risultato di una composizione dei contrapposti interessi delle parti), della effettività (rispettosa della autonomia privata delle parti, non solo nel senso di libertà di concludere il contratto ma anche nel suo significato di libertà e concreta possibilità di determinarne il contenuto), e della individualità (dovendo riguardare tutte le clausole, o elementi di clausola, costituenti il contenuto dell'accordo, prese in considerazione sia singolarmente oltre che nel significato desumibile dal complessivo tenore del contratto: Cass. 24262/2008; Cass. 18785/2010; Cass. 14287/2015).(in termini con giurisprudenza citata Cass. 497/2021 cit.) Per tali motivi, stante il carattere vessatorio della clausola, va dunque rilevata e dichiarata la nullità parziale del contratto di finanziamento personale versato agli atti del fascicolo monitorio, con riguardo al citato art. 9, con la conseguente reviviscenza della disciplina legale da tale clausola derogata e dell'onere per il creditore di coltivare diligentemente le proprie ragioni (non necessariamente in via giudiziale), a pena di decadenza, entro il termine semestrale previsto dall'art. 1957 c.c.. 

Ciò posto, dall'esame degli atti di causa, detto termine deve ritenersi ampiamente spirato, non essendovi prova di alcuna iniziativa nel consistente lasso di tempo intercorso tra la costituzione in mora dei debitori, del 09.11.2017 (doc. 9 monitorio), e la prima intimazione alla regolarizzazione del rapporto (la raccomandata del 23.09.2020 - doc. 14 monitorio). 

Sussistono dunque i presupposti previsti dall'art. 1957 c.c. per dichiarare l'estinzione della garanzia in capo all'opponente che, pertanto, nulla dovrà corrispondere in favore dell'istituto di credito. 

Ciò posto, anche ove si volesse opinare nel senso di attribuire -a quella che altro non è che una fideiussione con clausola solve et repete la natura di garanzia autonoma, la più recente giurisprudenza di legittimità ha escluso la pretesa incompatibilità tra tale strumento atipico di garanzia e l'eventuale applicazione della decadenza ex art. 1957 c.c.. nonché, sotto ulteriore e connesso profilo, ha ribadito l'applicabilità delle norme del  del  anche a tale tipologia negoziale A quest'ultimo proposito, in particolare , è stato anzitutto precisato che “La disciplina degli artt. 33,34,35 e 36  del  trova applicazione anche ai contratti atipici e ciò, quanto alla previsione dell'art. 36, comma 1, anche là dove la clausola accertata come abusiva esprima il profilo di atipicità del contratto. In relazione al contratto atipico di garanzia a prima richiesta e senza eccezioni, l'accertamento dell'eventuale posizione di consumatore del garante deve avvenire con riferimento ad esso e non sulla base del contratto garantito e nel caso di riconoscimento al garante della posizione di consumatore è applicabile a sua tutela la disciplina degli artt. 33,34,35 e 36     del Consumo” (in termini con giurisprudenza citata Cass. 18.02.2022, n.5423) L'applicazione della disciplina consumeristica e l'assenza di elementi probatori circa le trattative determina, per ragioni analoghe a quelle sopra esposte, l'inapplicabilità della clausola e la conseguente decadenza dall'esercizio del diritto in capo all'istituto. 

Sotto ulteriore e connesso profilo, proprio in ordine all'applicabilità dell'art. 1957 c.c., La giurisprudenza in parola ha infatti precisato che: “in tema di contratto autonomo di garanzia, ove le parti abbiano convenuto che il pagamento debba avvenire “a prima richiesta”, l'eventuale rinvio pattizio alla previsione della clausola di decadenza di cui all'art. 1957, co. 1, c.c., deve intendersi riferito — giusta l'applicazione del criterio ermeneutico previsto dall'art. 1363 c.c. — esclusivamente al termine semestrale indicato dalla predetta disposizione; pertanto, deve ritenersi sufficiente ad evitare la decadenza la semplice proposizione di una richiesta stragiudiziale di pagamento, non essendo necessario che il termine sia osservato mediante la proposizione di una domanda giudiziale, secondo la tradizionale esegesi della norma, atteso che, diversamente interpretando, vi sarebbe contraddizione tra le due clausole contrattuali, non potendosi considerare “a prima richiesta” l'adempimento subordinato all'esercizio di un'azione in giudizio” Cass. 26.09.2017 n. 22346; in senso analogo Cass. 28.2.2020 n. 5598) L'accoglimento dei motivi di opposizione sin qui esaminati ha natura assorbente e consente di soprassedere dalla disamina degli ulteriori profili di impugnativa negoziale. 

Conclusivamente, l'opposizione deve essere accolta e, per l'effetto, il decreto ingiuntivo n. 757/2021 viene revocato; parimenti infondata risulta essere la domanda formulata in via subordinata dalla convenuta avente ad oggetto una condanna generica di pagamento a carico dell'attrice, stante l'intervenuta decadenza e per le ragioni sopra esposte. 

Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza ex art. 91 c.p.c. risultando quindi addebitate su  S.p.a., e sono liquidate in dispositivo, in conformità dei parametri di cui al D.M. 55/2014. 

In particolare, si prende come riferimento, per i giudizi di cognizione dinanzi al         lo scaglione di valore compreso tra       ed      (valore effettivo di causa) applicando il parametro medio per le fasi di studio e introduttiva, minimo per decisionale (prevalentemente ripetitiva di questioni già affrontate) ed escludendo l'istruttoria (in assenza di memorie ex art. 183 sesto comma c.p.c. e in quanto non svolta), risultando quindi i compensi pari a ### oltre spese generali al 15% iva e c.p.a. oltre spese di contributo e marca da bollo, pari a ### Circa le spese della procedura di ingiunzione, si evidenzia che, secondo giurisprudenza ormai maggioritaria, la fase monitoria e quella di cognizione costituiscono parte di un unico processo in cui l'onere delle spese deve essere disciplinato in base all'esito finale del giudizio (Cass. 13.07.2007 n. 15725; recentemente Cass. n. 9587 12.05.2015 n. 9587). 

Pertanto, analogamente a quanto disposto per il presente giudizio, le spese della procedura monitoria, restano addebitate su parte convenuta opposta.  

P.Q.M.  

 ogni diversa istanza o eccezione disattesa o assorbita, definitivamente pronunciando, così dispone: - I)Accoglie, nei limiti e per le ragioni di cui in motivazione, la domanda di parte attrice  (c.f.    ) e, per l'effetto: 

a) revoca il decreto ingiuntivo n. , del 12.04.2021, emesso dal    di  

b) rigetta la domanda di pagamento proposta dall'opposta,  S.p.a. (cf. ), nei confronti dell'opponente II)condanna la convenuta   S.p.a. a rimborsare all'attrice     le spese di lite del presente giudizio che si liquidano in 145,50 per spese     per compensi oltre spese generali al 15% iva e c.p.a  

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