domenica 4 settembre 2022

Clausole vessatorie - non è sempre valida la doppia sottoscrizione

Ogni tanto vogliamo tornare a trattare l'argomento clausole vessatorie ex artt. 1341 - 1342 c.c., in quanto la materia non è così chiara, e quindi riteniamo ricordare alcuni principi già esposti in precedenza (vedasi qui).

Ecco perché la sentenza oggi in commento, pubblicata dal Tribunale di Torino il 21 maggio 2018 a conferma di un decreto ingiuntivo emesso a favore di una banca, è concisa nel puntualizzare come le clausole, se reputate onerose e vessatorie, vanno richiamate in calce ad un contratto, nel caso la prestazione di una fideiussione

Ben sappiamo che il Codice Civile, all’articolo 1341, considera come valide ed efficaci soltanto quelle clausole che siano state specificamente approvate per iscritto da parte del consumatore, la consueta parte debole del rapporto contrattuale. 

Altrettanto noto è che, a tali riguardi, non bastano alcuni formalistici rinvii al corpo del contratto: il consumatore si limiterebbe ad apporre acriticamente la propria firma sotto a clausole che, prese singolarmente, si rivelerebbero enigmatiche e confusive. 

Esauriti i cenni teorici, entriamo nell’argomento che interessa direttamente i nostri lettori. Il significato dell’avverbio “specificamente” di cui all’articolo 1341 codice civile – “specificamente approvate per iscritto” -, all’apparenza tanto lapalissiano, va spiegato. 

Anzitutto, l’avverbio si riferisce alla parola “approvato”: s’intende, cioè, che l’approvazione da parte del consumatore deve essere prestata soltanto, ed esclusivamente, dopo che il professionista ha richiamato la sua particolare attenzione sul contenuto della clausola. 

La Cassazione (sentenza 22984/2015, a cui fa riferimento il giudice ordinario) ha chiarito quali sono le modalità di richiamo che si reputano idonee a ottenere l’attenzione del consumatore. 

In particolare, il richiamo della clausola:  

- deve essere messo in calce, cioè in fondo, al formulario contrattuale (e, fin qui, nulla di nuovo); 

- deve riportare il contenuto della clausola già presente nel corpo del contratto. È sufficiente un breve riassunto del contenuto, ma è da escludere la mera indicazione del numero della clausola (ad esempio, formule così redatte “la parte contrattuale approva specificamente e per iscritto, agli effetti di legge, la clausola n. X (…) e n. Y (…) oppure il richiamo cumulativo delle clausole (un esempio: “il contraente approva, avendole lette e specificamente approvate, le clausole qui elencate: N. 1, 2, 3, n”); 

- se la legge, per quello specifico tipo contrattuale, prevede una forma scritta particolare (ad esempio, l’atto pubblico), allora si seguirà quello specifico onere formale. 

In definitiva, il consumatore può (e dovrebbe) diffidare di quelle modalità di richiamo che non gli consentono di intendere direttamente il contenuto del contratto e, qualora non comprenda il significato delle clausole, farsi esplicitare dal professionista il loro valore. 

Qui il provvedimento del Tribunale di Torino

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