martedì 1 marzo 2022

Mutuo indicizzato - la prova può arrivare anche dal provvedimento dell'Antitrust

Abbiamo già trattato la questione mutuo indicizzato al franco svizzero, evidenziando le diverse clausole vessatorie sottoposte al cliente, così come accertato dai vari giudici, secondo i quali il cliente non dispone, sin dall’inizio, di dati e strumenti di calcolo per prevedere quanto dovrà rimborsare, in punto interessi, alla banca. 

Uno degli istituti di credito che più hanno collocato questo tipo di finanziamenti, Barclays, per anni si è limitata a predisporre nelle proprie condizioni generali di contratto, nei propri moduli, modelli e formulari delle clausole - e tra queste il famigerato articolo 7 - che vincolano l’importo degli interessi dovuti alla banca alle oscillazioni della valuta svizzera. 

La clausola, di per sé, non è di difficile comprensione: gli interessi vengono rimodulati, sulla base dell’andamento del tasso di cambio tra Euro e franco Svizzero, fluttuante dal 2015; più difficile, se non arduo, diventa predeterminare, valutare e ponderare quali sono gli effetti economici di tale clausola sul consumatore.

Per rispondere a tali attese, il consumatore deve essere messo per forza nelle condizioni di conoscere quale formula matematica, e avere a propria disposizione ex ante i dati da inserire in quella formula. 

Purtroppo, non soltanto la Barclays si è sempre guardata bene dal fornire questi importantissimi strumenti al consumatore, ma anche molti tribunali italiani, con quel formalismo che rende questa previsione farraginosa, affermano che è sufficiente conoscere la clausola, e non valutarne gli effetti. 

Tale indeterminatezza è stata presa dalla Barclays, ben consapevole dei vantaggi rappresentati dal libero andamento del tasso di cambio, come pretesto per imporre di volta in volta al cliente rivalutazioni calcolate a propria esclusiva convenienza. 

Non ci dilungheremo tanto su questo argomento, perché sono anni che diciamo che queste clausole, per costante giurisprudenza comunitaria, sono vessatorie se non sono sufficientemente chiare e predeterminate; riprova né è che la Cassazione, nella sentenza oggi in commento, ha nuovamente esplicitato il principio secondo cui: “un consumatore medio, normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto” deve essere “posto in grado di comprendere il funzionamento concreto della modalità di calcolo di tale tasso (quello indicizzato, s’intende) e di valutare in tal modo, sul fondamento di criteri precisi e intelligibili, le conseguenze economiche, potenzialmente significative, di una tale clausola sulle sue obbligazioni finanziarie”. 

Piuttosto, è da valorizzare il valore che la Cassazione, questa volta, ha attribuito al provvedimento dell’Antitrust italiano (l’AGCM) che, tra le attribuzioni che annovera, può dichiarare la vessatorietà delle clausole inserite nei contratti tra i professionisti e i consumatori, quantunque abbia funzioni di public enforcement che trascendono quelle delle parti private (che, di norma, adiscono il giudice ordinario per far valere i propri diritti).

L’Antitrust, non nuova in questo tipo di esperienze, già nel 2018 aveva spiegato che, se non si esplicita il meccanismo di calcolo, non si pone il consumatore nelle concrete condizioni di formulare la propria scelta (vedi qui). 

Sebbene l’Antitrust non sia alla medesima stregua di un giudice civile, le sue deliberazioni, a detta della Corte di Cassazione, costituiscono fonte di prova privilegiata “in un giudizio di fatto espresso sul tenore di un documento contrattuale, valutato a monte nella sua potenzialità di adeguata capacità esplicativa per un comune contraente, versante in posizione di debolezza e di asimmetria informativa, al fine di porlo in condizione, ciononostante, di assumere le proprie decisioni con prudenza e in piena cognizione di causa e operare così scelte consapevoli e corrette”.

Il provvedimento dell'Antitrust può, in ultima istanza, divenire indizio idoneo a determinare il modus operandi del professionista nel rapporto con il consumatore oggetto di decisione da parte del giudice, e nel caso concreto attestare la carenza informativa che ha caratterizzato la vendita del mutuo indicizzato.

Qui di seguito, la sentenza n. 23655/2021 della Cassazione.

Barclays - mutuo in franchi svizzeri - clausole abusive by Consumatore Informato on Scribd

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