sabato 28 aprile 2018

Hanno aumentato i costi del conto corrente di 25 euro? non è sempre legittimo (come difendersi)

Il Collegio di Torino dell'ABF, con la recente decisione n. 4845 del 5 maggio 2017, ha dichiarato illegittima la condotta della banca che aumenta i costi del conto corrente in assenza di un giustificato motivo.

Nel caso di specie, un correntista si è rivolto all'ABF per chiedere la restituzione delle spese addebitate dalla banca a titolo di "spese per elaborazione competenze del periodo di liquidazione" un aumento di euro 25,00, giustificate quale partecipazione una tantum del correntista alla creazione del Fondo Nazionale di Risoluzione creato per le crisi bancarie.

La banca, quindi, aveva giustificato l'addebito ai clienti con il recepimento in Italia della Direttiva 2014/59/UE che ha istituito del citato Fondo, al quale ogni intermediario bancario deve partecipare.

La scelta è stata, nella specifica vicenda affrontata dall'Arbitro, così giustificata "Il Banco in questo frangente ha ritenuto opportuno evitare di aumentare strutturalmente il costo puntuale di singoli prodotti o voci di spesa (peraltro i nostri conti correnti, come da tabelle di confronto degli Indici Sintetici di Costo, continuano a rimanere tra i più competitivi del mercato), ma ha preferito agire con la massima trasparenza introducendo una spesa, della quale viene chiaramente indicata la finalità, limitata alla sola liquidazione del 31/12/2016. La nota in calce alla "proposta" precisa, infatti, che a partire dal 1/1/2017 le spese in esame torneranno ad assumere il valore precedentemente attribuito".

L'Arbitro ha ritenuto tale aumento una tantum non legittimo, ovvero non conforme all'esercizio da parte della banca dello ius variandi che le spetta ex art. 118 TUB, ovvero la possibilità di poter modificare unilateralmente le condizioni del rapporto bancario con aumento - anche momentaneo - delle spese di tenuta del conto corrente.

In particolare, l'ABF ha ritenuto che la banca non abbia rispettato il principio del giustificato motivo, presupposto necessario per legittimare la modifica delle condizioni contrattuali, né abbia chiarito tali ragioni al cliente.

E quindi, il cliente ha ottenuto la restituzione dei 25 euro addebitati dalla banca.

Cosa vi consigliamo? diffidate la banca a restituirivi gli euro addebitati dalla banca e, in caso di risposta negativa, rivolgetevi all'Arbitro Bancario Finanzario.

giovedì 19 aprile 2018

Conto corrente - la modifica unilaterale delle condizioni da parte della banca non è sempre legittima

Negli ultimi mesi sono numerose le comunicazioni con le quali la banca rende noto ai clienti la modifica unilaterale delle condizioni applicate al conto corrente.

E non è raro che tale modifica comporti un aumento delle spese di tenuta del conto corrente, con conseguente maggiori costi per il cliente.

Questo aumento/modifica è legittimo? la banca può imporre le condizioni (salvo consentirci di cambiare il conto)?

L'argomento, attuale, riguarda le recenti modifiche che molte banche hanno introdotto nei contratti, come ad esempio il Banco Popolare, e che sono state oggetto di numerose polemiche.

La Banca d'Italia, con una recente nota del 28 marzo 2017, ha fornito una serie di indicazioni agli intermediari, volte a chiarire quando le banche possono modificare unilateralmente le condizioni contrattuali con i clienti, esercitando lo jus variandi, previsto dall'art. 118 TUB.

La nota, che potete leggere di seguito, chiarisce che da una parte la banca può modificare unilateralmente le condizioni con la clientela, previa comunicazione, e dall'altra limita tale possibilità da parte dell'intermediario.

In particolare, il diritto di modifica unilaterale delle condizioni può avvenire se:
(a) è prevista dal contratto;
(b) sussiste un “giustificato motivo”.


La Banca d'Italia ha chiarito, sul punto, che il “giustificato motivo” deve essere reso noto al cliente, secondo i criteri di trasparenza e correttezza che deve accompagnare la condotta dell'intermediario bancario nei confronti della clientela.


Proprio per tale ragione, la nota inviata da Banca d'Italia lo scorso 28 marzo 2017 include un invito rivolto alle banche di valutare le modifiche contrattuali introdotte nel 2016, con le quali sono state previste variazioni temporanee delle tariffe (c.d. modifiche una tantum).

Banca d'Italia ricorda, a tal proposito, che tale modifica è legittima solo se:
- è preceduta da comunicazione al cliente (2 mesi prima);
- il cliente può recedere dal contrato senza dover versare alcuna penalità;
- è supportata da "giustificato motivo";
- la ragione della modifica è chiarita al cliente.

Se la banca non ha rispettato questi presupposti, potete rivolgervi all'arbitro bancario per chiedere che sia dichiarata l'illegittimità della modifica contrattuale, previo reclamo inviato alla banca.

Qui di seguito, la nota della Banca d'Italia.

lunedì 16 aprile 2018

Cambiale: cos'è e cosa succede se non la pago

Nonostante l’evoluzione dei mezzi di pagamento, abbiamo potuto riscontrare che la cambiale è una modalità ancora utilizzata dai consumatori, molto spesso costretti a firmare alcuni effetti ai venditori per poter acquistare un bene/servizio.

Abbiamo ritenuto importante, quindi, dedicare un piccolo spazio del blog a questo mezzo di pagamento, spiegando sia la natura della cambiale, ma anche i possibili effetti collegati alla girata e le conseguenze nel caso di mancato pagamento, ossia la potenziale segnalazione del ritardo con il protesto.

venerdì 13 aprile 2018

Mutuo in franchi svizzeri - abusive le clausole dannose per i consumatori

L'Unione Europea, ancora una volta, si esprime in favore dei consumatori, obbligando gli operatori professionali (una banca nel caso di specie) ad agire sempre con trasparenza nei confronti dei consumatori.

Nel caso di specie, due cittadini rumeni si sono rivolti al giudice europeo per chiedere una interpretazione delle norme europee, ed in particolare il possibile carattere abusivo delle clausole del contratto di mutuo contratto in franchi svizzeri con la banca e che obbligavano l'istituto di credito solo genericamente alla comunicazione di possibili fluttuazioni del divisa straniera.

Nel caso di specie, il contratto di credito era stipulato dai cittadini rumeni in franchi svizzeri, e finalizzato all'acquisto di immobili o, da come si legge dalla sentenza, per il rifinanziamento del credito.

I ricorrenti hanno contestato alla banca, ben consapevole della possibile fluttuazione del franco svizzero, di aver celato tale informazione ai clienti, non prevedendo l'eventuale maggiore costo che sarebbe potuto gravare sui consumatori.

Ricordiamo che l'intermediario bancario deve sempre agire con diligenza, correttzza e trasparenza, evidenziando al contrante debole (il cliente) tutti i rischi connessi all'operazione bancaria e quindi, nel caso di specie, la fluttuazione di cambio.

I Ricorrenti, peraltro, hanno considerato abusive, e quindi inefficaci, le clausole del contratto bancario che prevedevano (e prevedono) il rimborso dei crediti in franchi svizzeri, in quanto di fatto addossavano l'intero rischio di cambio sul richiedente il finanziamento, ossia il consumatore.

La Corte europea, coinvolta dal giudice rumeno, ha affermato il principio secondo il quale l'istituto finanziario che concede un mutuo/finanziamento/credito al consumatore è tenuto a fornire alla controparte tutte le informazioni rilevanti relative al contratto, tenendo una condotta trasparente.

Nel caso di mutuo in valuta estera, la banca deve fornire al mutuatario/consumatore, al momento della conclusione del contratto,  tutte le informazioni idonee per consentirgli una decisione consapevole e completa che consideri tutte le conseguenze economiche di una clausola sui propri obblighi finanziari.

La Corte chiarisce, in particolare che

"Ne deriva, come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi 78, 80 e 82 delle sue conclusioni, che la valutazione del carattere abusivo di una clausola contrattuale deve essere effettuata con riferimento al momento della conclusione del contratto di cui trattasi, tenendo conto dell’insieme delle circostanze di cui il professionista poteva essere a conoscenza in tale momento e che erano idonee a incidere sull’ulteriore esecuzione del contratto in questione, in quanto una clausola contrattuale può essere portatrice di uno squilibrio tra le parti che si manifesta solo durante l’esecuzione di quest’ultimo.

55      Nel caso di specie, emerge dalla decisione di rinvio che la clausola oggetto del procedimento principale, inserita in contratti di mutuo espressi in una valuta estera, prevede che le rate mensili di restituzione del mutuo debbano essere effettuate nella medesima valuta. Una clausola simile, in caso di svalutazione della moneta nazionale rispetto a suddetta valuta, fa dunque pesare il rischio di cambio sul consumatore.


56      A tal proposito, spetta al giudice del rinvio valutare, alla luce di tutte le circostanze della controversia principale e tenendo conto in particolare delle competenze e delle conoscenze del professionista, nel caso di specie la banca, riguardo alle possibili variazioni dei tassi di cambio e ai rischi inerenti alla sottoscrizione di un mutuo in valuta estera, in un primo momento, la possibile violazione del requisito della buona fede e, in un secondo momento, la sussistenza di un eventuale significativo squilibrio, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 93/13.


57      Infatti, per chiarire se una clausola come quella oggetto del procedimento principale determini, malgrado il requisito della buona fede, a danno del consumatore, un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi delle parti derivanti dal contratto, il giudice nazionale deve verificare se il professionista, qualora avesse trattato in modo leale ed equo con il consumatore, avrebbe potuto ragionevolmente aspettarsi che quest’ultimo aderisse ad una siffatta clausola nell’ambito di un negoziato individuale (v., in tal senso, sentenza del 14 marzo 2013, Aziz, C-415/11, EU:C:2013:164, punti 68 e 69).


58      Alla luce delle considerazioni sin qui svolte, occorre rispondere alla prima questione dichiarando che l’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 93/13 deve essere interpretato nel senso che la valutazione del carattere abusivo di una clausola contrattuale deve essere effettuata con riferimento al momento della conclusione del contratto in questione, tenendo conto dell’insieme delle circostanze di cui il professionista poteva essere a conoscenza in tale momento e che erano idonee a incidere sull’ulteriore esecuzione di detto contratto. Spetta al giudice del rinvio valutare, alla luce di tutte le circostanze della controversia oggetto del procedimento principale e tenendo conto in particolare delle competenze e delle conoscenze del professionista, nel caso di specie la banca, riguardo alle possibili variazioni dei tassi di cambio e ai rischi inerenti alla sottoscrizione di un mutuo in valuta estera, la sussistenza di un eventuale squilibrio ai sensi di tale disposizione." 

La posizione assunta dalla Corte di Giustizia dell'Unione europea apre nuove strade per coloro che sono rimasti colpiti dai contratti di mutuo in franchi svizzeri.

Qui di seguito, la sentenza della Corte di Giustizia.

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