venerdì 26 dicembre 2014

Rifiuto illegittimo della banca a ricevere l’assegno del correntista–risarcimento del danno del cliente

Può la banca rifiutarsi di ricevere un assegno postdatato da parte del cliente e provvedere all'incasso?  e nel caso in cui tale rifiuto sia illegittimo, quali possono essere le conseguenze a carico dell'intermediario bancario che si sia reso responsabile di tale condotta? può essere chiamato a risarcire i danni subiti dal correntista?

Questi argomenti sono stati trattati dall'Arbitro bancario finanziario con la decisione n. 468/2013 resa nel 2013 e che potete leggere in questo post.

All'Arbitro bancario si era rivolto un correntista che si era visto rifiutare l'incasso di un assegno da parte della banca, in quanto recava al suo interno come data il 30 giugno 2019, in luogo del 30 giugno 2011.

La banca non solo non aveva provveduto al pagamento dell'assegno, ma aveva altresì avviato la procedura di protesto, con segnalazione del titolo di credito.

Il correntista, rivolgendosi all'ABF, contestava la decisione assunta dall'istituto di credito, considerando irrilevante sotto il profilo della validità dell'assegno la data (ed anzi sostenendo che la data era il 30 giugno 2011), e quindi illegittimo il rifiuto della banca trattaria di provvedere al pagamento del proprio titolo di credito.

La banca, per contro, insisteva nel ritenere del tutto legittima la propria condotta, sostenendo che non vi era possibilità alcuna di procedere all'incasso del titolo di credito. 

A.- Rifiuto illegittimo
L'ABF, presa visione dei documenti prodotti dalle parti, ha considerato non legittimo il rifiuto opposto dalla banca al cliente alla richiesta di pagamento dell'assegno bancario, non ritenendo sussistere i presupposti, per tali motivi "Ora, anche ammesso (e non concesso) che la data di emissione dell’assegno fosse il 30/06/2019, deve chiedersi se sia stato legittimo il rifiuto della banca trattaria di provvedere al pagamento per l’asserita “irregolarità” della data di emissione. In verità, l’emissione di un assegno post-datato al di fuori dell’ipotesi prevista dall’art. 121 del R.D. 1736/1933 non dà luogo alla nullità del titolo di credito, ma soltanto del patto di postdatazione in quanto in frode alla legge, che conferisce all’assegno funzione di mezzo di pagamento e non di credito

Ne consegue che l’assegno postdatato, non diversamente da quello regolarmente datato, deve considerarsi venuto ad esistenza come titolo di credito e mezzo di pagamento nel momento stesso della sua emissione, coincidente con il distacco dalla sfera giuridica del traente e con il passaggio nella disponibilità del prenditore (Cass., 3 marzo 2010, n. 5069, Cass., 6 giugno 2006, n. 13259, Cass., 31 gennaio 2006, n. 2160; Cass., 25 maggio 2001, n. 7135, Cass., 30 maggio 1996, n. 5039, Cass., 11 maggio 1991, n. 5278 nonché, tra le pronunce dell’ABF, Collegio di Napoli, decisione n. 2269 del 24 ottobre 2011). È quindi espressamente consentita la presentazione immediata dell’assegno post-datato per il pagamento a vista (ex art. 31, 2° comma, R.D. 1736/1933), residuando delle implicazioni di natura fiscale (applicazione all’assegno dell’imposta prevista per le cambiali) e sull’efficacia di titolo esecutivo (in prevalenza negata anche a seguito di regolarizzazione nel bollo), che però non impediscono alla banca trattaria di provvedere al pagamento o, in caso di mancanza di fondi, di inviare il titolo al protesto ed avviare la procedura per l' iscrizione del nominativo nella Centrale di Allarme Interbancaria (CAI)."

Il giudice sostiene, in buona sostanza, che l'indicazione di una data posteriore, seppur estremamente lontana, non invalida l'assegno che deve essere considerato come venuto ad esistenza, e quindi accettato per l'incasso da parte dell'intermediario bancario che lo riceve.

B.- Conseguenze del rifiuto illegittimo
Quali sono le conseguenze nel caso in cui la banca si rifiuti illegittimamente di incassare l'assegno per conto del correntista? può rispondere dei danni subiti da quest'ultimo?

E' interessante, sotto tale profilo, l'intervento dell'ABF, il quale determina un potenziale danno che il cliente può aver sofferto dalla condotta illegittima tenuta dall'intermediario bancario, così argomentando la propria decisione 
"Accertata l’illegittimità del rifiuto della banca trattaria resistente, il Collegio ritiene, in sintonia con la giurisprudenza della Suprema Corte (ex multis, Cass., S.U., 26 giugno 2007, n. 14712), che l’obbligo posto a carico del banchiere dall’art. 31 del R.D. 1736/1933 costituisca un’obbligazione ex lege, riconducibile, in base all’art. 1173 c.c., ad ogni altro atto o fatto idoneo a costituire fonte di obbligazione in conformità dell’ordinamento giuridico, alla cui violazione consegue il diritto al risarcimento a favore del danneggiato. 

Tale conclusione non è posta in discussione, peraltro, dall’obiezione sollevata dalla banca trattaria, ad avviso della quale la mancata levata del protesto ed apertura della pratica CAI non sarebbe idonea a pregiudicare l’esercizio dei diritti da parte del prenditore nei confronti del traente, secondo quanto previsto dall’art. 45 del R.D. 1736/1933 (cfr. fra le ultime le decisioni n. 2791/11,1635/11) protesto al solo fine di legittimare le azioni cartolari di regresso contro gli ulteriori giratari e che la mancata levata non importi decadenza dall’azione di regresso contro altrettanto certo che la funzione del protesto non è soltanto quella di impedire la decadenza dalle azioni di regresso eventualmente esperibili, ben potendo esso venir rilevato, del tutto legittimamente, anche al solo scopo di far attestare,ad indurre l’insolvente a far fronte alla propria obbligazione per evitare il segnale socioeconomico negativo che il protesto rappresenta. 

A ciò deve aggiungersi il fatto, non trascurabile, che il rifiuto della banca trattaria di eseguire l’ordine impartito dal traente dell’assegno adducendo l’irregolarità della data di emissione ha impedito anche l’avvio della procedura di segnalazione in CAI, che notoriamente ha l’analogo effetto di spingere il traente verso un sollecito pagamento dell’assegno, al fine di evitare la corresponsione degli interessi e della penale prevista in caso di adempimento tardivo o, in mancanza, la revoca di sistema delle convenzioni di assegno. Infine, la condotta illegittima della banca trattaria ha frustrato il vincolo di destinazione della provvista sorto nei confronti del traente con l’emissione dell’assegno, che, a seguito della circolazione e della presentazione alla banca trattaria, assume un rilievo che non può più essere limitato alle parti contraenti ma si estende anche nei confronti del prenditore, che ha ricevuto l’assegno nel presupposto dell’esistenza dell’ordine di pagamento impartito dal traente alla banca e del suo adempimento. 

Se è vero che il Collegio non ha elementi circa l’esistenza di sufficienti fondi disponibili alla data della presentazione dell’assegno per il pagamento, è indubbio che, anche ammesso il caso contrario, il comportamento della banca trattaria abbia quanto meno impedito alla società ricorrente di accertare tempestivamente la presenza o meno di detti fondi ed assumere le iniziative più opportune per il recupero del proprio credito o per l’interruzione di eventuali ulteriori forniture di merci. 

Ne consegue che, pur non avendo pregiudicato, in astratto, i diritti della società ricorrente, la condotta della banca trattaria resistente ha comunque sensibilmente ridotto le chances di recupero del credito portato dal titolo (in questo senso v. anche la decisione di questo Collegio n. 2791 del 21 dicembre 2011). La misura del pregiudizio subito dalla ricorrente non può ricondursi al valore facciale del titolo non onorato, dato che, in primo luogo, ai sensi dell’art. 4 del R.D. 1736/1933, l’assegno bancario non può essere accettato dalla banca trattaria convenuta. In ogni modo, la perdita di un’opportunità è fatto la cui capacità lesiva – soprattutto laddove non vi è la prova, come nel caso di cui si discute, che il comportamento dell’intermediario sia stato doloso o collusivo con gli interessi del traente – va valutata in ragione delle concrete utilità che il suo sfruttamento avrebbe potuto assicurare e che non può tradursi nel mero accollo, sul soggetto responsabile, dell’intero pregiudizio economico subito dal danneggiato. 

Tenuto conto di quanto sopra, il Collegio stima in via equitativa il danno da perdita di chance connesso alla condotta illegittima della banca trattaria resistente nella misura del dieci per cento del valore facciale dell’assegno contestato, ossia euro 5.040. [...]".

Di seguito, il testo integrale della decisione n. 468/2013 dell'ABF.
Assegno bancario - rifiuto della banca trattaria - illegittimità

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