domenica 7 luglio 2013

Le Sezioni Unite della Cassazione decideranno in merito alla legittimità della TCG

La Tassa di Concessione Governativa (conosciuta anche con l'acronimo TCG) è una imposta che lo Stato Italiano, dal 1995, richiede agli intestatari di abbonamento a telefonia mobile.

E’ una imposta introdotta con il DPR 26 ottobre 1972, n. 641 ("Disciplina delle tasse sulle concessioni governative"), normativa successivamente adeguata alle novità legislative comunitarie, ed è ancora oggi riscossa dall’ Agenzia delle Entrate attraverso le compagnie telefoniche, le quali trattengono euro 12,91 mensili, nel caso di contratto intestato ad azienda o ditta individuale, e di euro 5,16 se l’utenza è intestata a privato.

Negli ultimi anni la legittimità della TCG è stata messa in discussione, e sono aumentate le decisioni con le quali le commissioni provinciali hanno dichiarato la illegittimità di questa pretesa dello Stato (vedi).

La Cassazione, invece, ha sempre assunto una posizione contraria, ossia ha ritenuto legittima la pretesa dello Stato, affermando che tale imposta è giustificata dalla concessione governativa prevista per coloro che intendono usufruire del servizio pubblico.

Questo orientamento è stato, però, rivisto di recente dalla Corte di Cassazione, la quale ha rimesso alle Sezioni Unite della Cassazione la questione legittimità della TCG.

La Cassazione, con Ordinanza n. 12056 del 2013 e che è possibile leggere di seguito, ha ritenuto che la questione debba essere decisa dalle Sezioni Unite della Cassazione, la quale è stata chiamata a risolvere il contrasto.

La Cassazione ha, in particolare, evidenziato che la riforma nel settore delle telecomunicazioni intervenuta nel 2003, con il D. Lgs. 259/2003, ha reso tutt'altro che certa l'applicazione della Tassa di Concessione Governativa nei confronti degli intestatari di abbonamento di telefonia mobile.

Vi sarebbe, o almeno questo si può intendere dall'Ordinanza della Cassazione, un vuoto legislativo in materia, o comunque non vi sarebbero i presupposti di legge per la pretesa tributaria fatta valere nei confronti dei contribuenti.

In particolare, osserva la Cassazione, il contratto sottoscritto dal cliente con la compagnia telefonica non può essere equiparato a documento sostitutivo del provvedimento amministrativo (licenza di esercizio)  che giustifica il pagamento dell'imposta per la concessione governativa da parte del contribuente.

Per tali ragioni, quindi, la Corte ha ritenuto necessario l'intervento delle Sezioni Unite della Cassazione, al fine di chiarire in modo definitivo la questione ed appurare se l'amministrazione finanziaria può chiedere il pagamento della concessione governativa ai contribuenti.

Cosa fare? come abbiamo già suggerito in una trasmissione radiofonica di Trentino inBlu, conviene inviare una lettera di diffida all'Agenzia delle Entrate, nonché alla compagnia telefonica, per chiedere la restituzione delle somme trattenute a titolo di imposta TCG.

Con la lettera dovete bloccare i termini di prescrizione e chiedere l'immediata restituzione delle somme illegittimamente trattenute dallo Stato (vedi).

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