martedì 5 novembre 2019

Risparmio, rendimento e rischio non sempre vanno a braccetto

Fonte: Il Fatto Quotidiano
10 giugno 2019
I Btp italiani sono più rischiosi di quelli greci, ha recentemente sbattuto in prima pagina il Sole 24 Ore. Il motivo? I titoli quinquennali del Tesoro rendevano leggermente più di quelli ateniesi, il che significherebbe maggiori probabilità di fallimento per l’Italia rispetto alla Grecia. Il Fatto Quotidiano ha subito contestato tale conclusione affrettata.

Ma il discorso merita di essere ampliato, per smontare uno dei tanti falsi teoremi dell’educazione finanziaria. Cioè che rendimento e rischio vadano sempre a braccetto. In realtà molte sono le eccezioni alla tesi che i titoli che rendono poco siano sempre i meno rischiosi (e viceversa). Una regoletta troppo semplicistica per la complessità della realtà finanziaria.

Prendiamo la famigerata iniziativa “Patti Chiari” delle banche italiane. Fra i titoli definiti a basso rischio e basso rendimento c’erano le obbligazioni delle tre banche islandesi, poi fallite, e soprattutto le Lehman Brothers. Che rendessero poco era vero, alla faccia però del basso rischio!

Analogo discorso per obbligazioni subordinate di Banca Etruria, Banca Marche ecc. È falsa la versione avvalorata da esponenti del Partito Democratico, per coprire la loro pessima gestione delle crisi bancarie. Cioè che erano tutti titoli straconvenienti scelti da speculatori. Falso, alcuni erano stati rifilati agli sportelli a tassi vicini a quelli dei titoli di Stato, ma con rischi ben maggiori. Tanto che furono azzerati, ingloriosa fine che non toccò a nessun Btp e Cct.

Non è però neppure vero che un’alta redditività da sola implichi sempre un maggiore rischio. In mano a risparmiatori italiani vi sono ancora buoni fruttiferi postali sottoscritti nel 1996. Alcuni di essi rendono l’11,5% annuo fino al 2026, mentre altri fruttano solo lo 0,5%. Forse che i secondi sono più sicuri dei primi? No, da nessun punto di vista.

Tornando ai Btp, in effetti per un risparmiatore italiano essi sono sostanzialmente meno rischiosi di quelli greci o di altri paesi in condizioni analoghe. Cioè con una finanza pubblica non proprio a prova di bomba. Sono meno rischiosi indipendentemente dal livello di redditività, in quanto per essi è scontata una qualche salvaguardia fino a una certa cifra, almeno per i piccoli risparmiatori, nella malaugurata eventualità di un default dell’Italia. Vedi gli indennizzi ora per le banche “fallite” e prima per l’Alitalia. Coi titoli greci un italiano non può aspettarsi nessuna tutela simile, che Atene negò addirittura ai propri stessi cittadini.

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