lunedì 4 marzo 2019

Il consumatore non può subire il rischio cambio nel mutuo in valuta estera

Nuovo interessante intervento della Corte di giustizia dell'Unione europea in materia di contratti di mutuo in valuta straniera, vicenda che sta riguardando molti risparmiatori italiani, coinvolti nelle proposte commerciali di Barclays (vedi qui).

Occorre premettere che il caso è peculiare, avendo ad oggetto uno Stato dell'Unione europea, l'Ungheria, che ha adottato una normativa specifica in materia, cancellando questo tipo di mutui.

La vicenda
Due consumatori ungheresi, durante l'anno 2008, hanno concluso un contratto di mutuo in franchi svizzeri (CHF), con la previsione di rate mensili da versare in fiorini ungheresi, ma il cui valore doveva essere determinato all'esito della conversione al tasso di cambio tra il fiorino ungherese e il franco svizzero. Inoltre, 

Il modello contrattuale sottoposto alla firma dei consumatori menziona, al suo interno, i vari rischi connessi al mutuo, tra i quali viene indicato anche quello di cambio nell'ipotesi di fluttuazione del tasso di cambio tra le valute. 

E tali fluttuazioni sono intervenuti, durante il 2013, con notevole aumento delle rate mensili versate dai clienti alla banca.

Per tale ragione, questi ultimi hanno citato in giudizio l'istituto di credito, al fine di contestare la validità della clausola inerente il rischio di cambio, affermando che la stessa fosse redatta in modo poco chiaro e trasparente, e quindi abusiva.

La tesi difensiva dei clienti veniva, peraltro, suffragata dalla nuova normativa introdotta in Ungheria nel 2014, con la quale sono stati eliminati dal mercato i contratti di mutuo espressi in valuta estera determinate clausole abusive, con conversione del debito in fiorini ungheresi.

La vicenda è stata sottoposta alla decisione della Corte di giustizia dell'Unione europea, al fine di verificare il carattere abusivo della norma contrattuale rispetto al sistema legale nazionale ed europeo.

Corte di giustizia dell'Unione europea: C- 51/17
La Corte ha valutato la questione sia sotto il profilo della normativa esistente, sia con riguardo al modello contrattuale sottoposto alla firma dei consumatori.
Tralasciando la questione relativa alla normativa nazionale, l'aspetto interessante della sentenza in oggetto riguarda la validità delle clausole di cambio in materia di mutuo in franchi svizzeri.
Il giudice comunitario ha ribadito, ancora una volta, che deve essere considerata abusiva la clausola che non prevede in modo chiaro, univoco e trasparente la conversione del tasso in questi contratti, addossando al contraente debole ogni rischio collegato ad eventuali oscillazioni.
La banca, infatti, è tenuta non solo a fornire ai mutuatari informazioni complete ed idonee a comprendere  la particolarità del contratto e consentire di adottare decisioni corrette e consapevoli.
E ciò riguarda anche la clausola di conversione ed il relativo rischio di cambio che deve essere chiara sia sotto il profilo formale (descrittivo), che sotto il profilo concreto ed effettivo.

In altri termini, il contenuto della clausola non deve essere generico e difficilmente comprensibile, ma deve consentire al consumatore medio, normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto, deve poter non solo essere consapevole della possibilità di deprezzamento della valuta nazionale rispetto alla valuta estera in cui il mutuo è stato espresso, ma anche valutare le conseguenze economiche, potenzialmente significative, di una clausola del genere sui suoi obblighi finanziari. 


Se tali caratteri non sono rispettati, la clausola deve essere dichiarata abusiva (o vessatoria) dal giudice nazionale, e conseguentemente non vincolante per il consumatore nei confronti della banca.
Qui la sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea.

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