mercoledì 27 febbraio 2019

Diamanti: Bankitalia spiega le responsabilità delle banche

Negli ultimi mesi, le principali associazioni dei consumatori hanno rivolto la loro attenzione alla vendita - tutt'altro che chiara - dei certificati di diamanti avvenuta a danno dei consumatori con la fattiva partecipazione degli istituti di credito.

Anche questo blog ha trattato l'argomento, evidenziando le carenze informative intervenute in questo tipo di vendite e la responsabilità, peraltro da più parti invocata, da parte delle banche.

Riteniamo, infatti, che la banca abbia avuto un suo ruolo nella vendita dei preziosi avvenuta, all'interno dei propri locali, da parte degli agenti della società specializzate nel settore.

Invero, sono proprio quest'ultime che hanno parlato di rapporto commerciale tra le stesse ed i vari istituti di credito, riconoscendo un ruolo anche alle varie filiali che hanno sollecitato l'acquisto in questo tipo di prodotti.

La Banca d'Italia, con la sua recente newsletter del maggio 2018, ha peraltro correttamente delineato Il ruolo della banca in queste vendite, e la sua potenziale responsabilità per la perdita accusata dai clienti.

Bankitalia, dopo aver puntualizzato che la commercializzazione dei diamanti attraverso il canale bancario non rientra tra le tutele di trasparenza previste dal TUB, ha peraltro invitato i vari istituti di credito a tenere determinate condotte nella sollecitazione dei preziosi che avviene all'interno dei locali di ogni filiale.

Secondo l'organo di controllo, l'istituto d credito che intende proporre la vendita dei preziosi attraverso altre società, ma all'interno dei locali di proprietà, deve prestare attenzione alla conoscenza del prodotto da parte dei clienti.

In particolare, "nel caso di commercializzazione di diamanti, le banche, oltre a considerare le caratteristiche finanziarie dei clienti a cui è rivolta la proposta di acquisto, devono assicurare adeguate verifiche sulla congruità dei prezzi e predisporre procedure volte a garantire la massima trasparenza informativa sulle caratteristiche delle operazioni segnalate, quali le commissioni applicate, l'effettivo valore commerciale e le possibilità di rivendita delle pietre preziose". 

Volendo dare una lettura alternativa a quanto suggerito dalla Banca d'Italia nella newsletter, a nostro parere sussiste una responsabilità della banca, ogni qualvolta abbia favorito la vendita dei preziosi all'interno dei propri locali e con i propri clienti quando:


  1. non considera le caratteristiche finanziarie del cliente;
  2. non opera adeguate verifiche in merito alla congruità dei prezzi;
  3. non predispone procedure informative volte a garantire la massima trasparenza informativa sulle caratteristiche del prodotto sollecitato alla vendita.
Dalle vicenda narrate, oltre a quelle seguite dall'associazione (scrivi a sos@consumatoreinformato.it), risulta che nella totalità dei casi la banca non ha seguito alcuna delle regole di prudenza, correttezza e trasparenza sopra richiamate, sussistendo quella responsabilità per il danno sofferto dai clienti a causa della vendita di preziosi a prezzi eccessivamente elevati.

Ancora una volta, vi consigliamo di contestare al venditore, ma anche alla banca, il danno patito chiedendo la restituzione quantomeno del capitale investito.

Qui la Newsletter di Bankitalia

venerdì 22 febbraio 2019

L'illusione di avere un conto all’estero: il caso dello scudo giuridico svizzero

Fonte: Il Fatto Quotidiano 15/10/2018

'C'è chi pensa di portare i risparmi all’estero, temendo il crac dell’Italia, l’uscita dall’euro, prelievi forzosi ecc. Così è tornata in auge una trovata dei tempi dell’ultimo scudo per i capitali all’estero (2009). Chi aveva soldi in Svizzera, doveva farli arrivare per forza in Italia. Non poteva lasciarli lì, regolarizzandoli, perché la Confederazione Elvetica non rientrava fra gli Stati collaborativi col fisco italiano. Al che molte banche elvetiche proposero il cosiddetto scudo giuridico. Indirizzavano i clienti a società fiduciarie italiane raccontando, ma solo a voce, che in tal modo non cambiava praticamente nulla, perché i soldi restavano in Svizzera. Molti abboccarono.

Per continuare a illuderli, addirittura li accompagnano di tanto in tanto nella banca collegata ticinese (o in altro cantone) e li fanno parlare con un loro compare. E costui ovviamente non gli dice che essi personalmente non potrebbero prelevare soldi, né disporre bonifici né compravendite di azioni, obbligazioni ecc. dal loro (fantomatico) conto a Lugano.

mercoledì 13 febbraio 2019

ACF: la banca deve sempre dare informazioni al cliente

Questa domenica vi proponiamo una recente decisione dell'Arbitro per le controversie finanziarie, chiamato a decidere in merito alla responsabilità di una banca per aver venduto ad un cliente titoli azionari e obbligazioni convertibili emesse dall'allora stessa Banca Capogruppo dell'intermediario, causando un grave danno all'investitore.

L'ACF ha individuato la responsabilità della banca nella vendita dei titoli emessi dalla Capogruppo, accertando che il professionista avrebbe violato gli obblighi di diligenza, correttezza, informazione e trasparenza nei confronti del cliente.

La banca, su cui grava anche il dovere di valutare se l'operazione è adeguata al profilo di rischio, ha altresì l'obbligo di informare correttamente il  cliente in merito alle caratteristiche e i rischi connessi all'investimento in titoli altamente pericolosi.

E nel caso di specie, tali obblighi non risultano essere stati assolti dall'intermediario che ha venduto questi titoli, valutandoli adeguati al profilo di rischio, nonostante "[…] fossero in realtà inadeguate rispetto al profilo del ricorrente, vantando egli conoscenze ed esperienza limitate, in quanto tali incompatibili con l'acquisto di titoli non quotati su un mercato non regolamentato".

L'arbitro bancario ha peraltro evidenziato come l'intermediario abbia violato il precetto previsto all'art. 21 del TUF, e volto a garantire che il cliente sia sempre informato in modo tale consentirgli di poter operare in modo  consapevole.  

Queste carenze hanno reso, nella vicenda che potete leggere di seguito, la banca responsabile per la perdita accusata dal cliente, condannandola al risarcimento del danno occorso a quest'ultimo.

Qui la decisione ACF n. 1285/2019 del 3 gennaio 2019.

domenica 10 febbraio 2019

Difendersi dalla truffa dei diamanti

Negli ultimi anni, una delle attività di vendita che più si sono sviluppate riguarda la vendita dei diamanti, avvenuta attraverso la fattiva collaborazione di alcune banche.

Sembra incredibile, ma ancora una volta i principali istituti di credito hanno trovato uno stratagemma alternativo per vendere ai propri clienti prodotti presentati come rientranti nella categoria “bene rifugio”, quando in realtà il valore del bene offerto era ben inferiore.


La vendita di diamanti ha avuto avvio a partire dal 2010, allorchè alcune società sono state affiancate dalle principali banche italiane (Intesa Sanpaolo, Unicredit, Banco BPM e MPS) nella vendita di pietre preziose.

In particolare, due società del settore, Intermarket Diamond Business (Idb) e Diamond Private Investment, hanno potuto usufruire del pacchetto clienti delle società per poter proporre loro l’investimento in diamanti.

Questa offerta non avrebbe mai potuto riguardare tanti risparmiatori, si stima che oltre 120.000 siano rimasti vittime di tali operazioni, in assenza del decisivo ruolo svolto dalle banche.

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