venerdì 1 agosto 2014

Giungla del risparmio. Ecco come salvarsi

Fonte
Il fatto quotidiano
GESTIONE O FAI DA TE? I risparmiatori italiani sono in balia di promotori, banche e consulenti che impongono fondi e piani previdenziali. 
Perché e come evitarli. I fondi comuni d'investimento, il grande successo degli anni '80 e '90, hanno molto pregi. Permettono infatti di portare via tanti soldi ai risparmiatori, in modo leciti e illeciti. Limitandosi ai primi, abbiamo le commissioni di ingresso, di uscita, di passaggio da un prodotto all'altro, di gestione, di incentivo ecc. Presentano poi una notevole opacità, per cui l'investitore non può scoprire perché ci ha rimesso, non avendo diritto di conoscere le operazioni fatti coi soldi che, in effetti, sarebbero suoi. A ciò si aggiunge la possibilità di dislocare la gestione all'estero e aggirare così i blandi controlli previsti in Italia. 
Nel caso di malversazioni, i colpevoli hanno quindi altissime probabilità di farla franca. E potremmo continuare. Ma i fondi comuni hanno un difetto. Capita infatti che qualche risparmiatore si renda conto che lo fanno fesso. E così disinveste, riprendendosi quanto è sopravvissuto alla gestione professionale del risparmio. 
La soluzione per impedirlo si chiama previdenza integrativa. Chi sciaguratamente ha sottoscritto un fondo pensione o un piano individuale previdenziale (pip) può tutt'al più smettere i versamenti, ma non può riprendere i propri soldi. Se poi, colmo della disgrazia, vi ha destinato il proprio Tfr, non può neppure impedire che vi confluisca anche quello che maturerà in futuro. In questo modo i risparmi finiti in un fondo o pip, restano "sequestrati" facilmente 30-40 anni. 
E magari anche dopo l'età della pensione, fino alla morte, qualora uno non possa ritirare tutto, ma sia costretto a convertirlo in parte in una rendita vitalizia. Così gestori e assicuratori hanno modo di lucrare commissioni, provvigioni ecc. per i decenni a venire. 
Al limite i soldi restano intrappolati oltre il 2100, nel caso sciagurato di un prodotto previdenziale intestato a un neonato, come consigliano alcuni sedicenti esperti previdenziali. Oltre a ciò i prodotti previdenziali possono essere piazzati non solo a chi ha già dei risparmi, ma anche a quanti da parte hanno poco o niente e cercano di accantonare qualcosa per la propria vecchiaia. 
Tutto ciò spiega perché gli uni e gli altri siano oggetto di un attacco combinato da parte di banche, Poste, promotori finanziari, cosiddetti consulenti indipendenti e pure sindacati. In particolare chi va in banca o in un ufficio postale ormai si sente proporre in prima istanza fondi pensione o pip. 
Ogni discorso sugli investimenti deve quindi partire da essi. Di per sé la previdenza integrativa non sarebbe un'idea insensata, il problema è come si è concretizzata in Italia. Essa è infatti diventata un ramo d'azienda dell'industria parassitaria del risparmio gestito, mentre avrebbe potuto essere diverso. Solo difetti e svantaggi.
Non c'è motivo per sottoscrivere fondi pensione o pip, salvo che per una possibile elusione fiscale per chi è già prossimo alla età pensionabile. Ma di regola la deducibilità o detraibilità è un inganno: anziché dare soldi all'Agenzia delle Entrate, di danno a un fondo o a un'assicurazione, scoprendolo però solo alla fine che ci ha rimesso; o non scoprendolo, perché i confronti possono essere complessi; e comunque rischiando molto per anni. 
Per giunta è forte il pericolo di una modifica in peggio del trattamento fiscale, come è già capitato più volte, e/o che diventi obbligatoria la conversione totale in una rendita vitalizia, a condizioni contrattate da altri. In ogni caso il vincolo temporale è pesantissimo, ma soprattutto nessun prodotto offre valide garanzie in potere di acquisto per il capitale e/o la rendita cui dà diritto. I rischi di malversazione sono addirittura maggiori che coi fondi comuni, a causa di un'opacità ancor peggiore. La diffusione della previdenza integrativa si basa su una serie di frottole: vedi articolo Le 8 menzogne più frequenti. Informazione inquinata. 
Come sempre nell'ambito degli investimenti, alle menzogne raccontate a voce dai venditori, si aggiungono i consigli per gli acquisti di pretesi esperti in articoli e interviste: docenti universitari, giornalisti economici, sedicenti consulenti indipendenti. Anche da parte delle associazioni di consumatori nessuna voce critica e anzi apprezzamenti infondati, spiegabili con connivenze più o meno palesi. Propaganda ingannevole. Si aggiungono poi le trappole della pubblicità. Un esempio recente è dato dalla Genertel, compagnia on line delle Assicurazioni Generali che reclamizza "Pensionline, il piano pensione che assicura il tuo gran finale" anche a partire da 50€ al mese sbandierando un "Rendimento 4,30%" che appare molto allettante. Un risparmiatore inesperto si dirà: "Che bello! I Bot sono sotto l'1% e qui ottengo oltre al 4%". Nella nota si legge che esso si riferisce al 2013 per la gestione separata Ri.Alto Previdenza e che nel 2012 era stato il 4,56%, nel 2011 il 4,66%, nel 2010 il 4,62%, nel 2009 il 4,72%. È anche scritto che "i rendimenti passati non sono necessariamente indicativi di quelli futuri", affermazione doppiamente ingannevole. 
Per cominciare l'espressione "non necessariamente indicativi" è una furbata per far credere che siano comunque indicativi, cosa che per i rendimenti passati non vale mai. Ma c'è di peggio. A valle di un periodo di discesa dei tassi, i rendimenti passati sono stati strutturalmente gonfiati da tale fenomeno, che però non può ripetersi per ineludibili motivi matematico-finanziari. Per cui quelle percentuali sono il contrario che indicative. 
Né è una scusante che analoga scorrettezza abbia compiuto la Covip, organo di vigilanza, per svilire i rendimenti del Tfr. Conseguenze e consigli pratici. Risparmiare per la vecchiaia è certo consigliabile, per chi non disponga già di un cospicuo patrimonio o della certezza di una ricca pensione. 
Ma per cominciare è basilare regola di prudenza proteggersi dall'inflazione, che è stata la causa delle peggiori batoste previdenziali negli ultimi cent'anni: vedi articolo articolo la storia insegna. È vero che ora essa è bassa e magari lo resterà per un po', ma nulla garantisce e anzi è improbabile che tale rimanga per molti anni. Sono quindi consigliabili impieghi agganciati ai prezzi al consumo. 
Per giunta tale scelta ora come ora non appare penalizzante. I titoli reali offrono rendimenti che con l'inflazione attuale sono grosso modo allineati a quelli dei titoli a tasso fisso o variabile; e diventeranno però maggiori se l'inflazione riparte. Impieghi con tali caratteristiche sono gli specifici titoli di Stato italiani (Btp-i e Btp Italia) o di altri paesi: Germania, Francia ecc. Ma vanno bene anche i buoni fruttiferi postali indicizzati all'inflazione, coi loro vantaggi (assenza di rischio di mercato e di costi) e svantaggi (rendimento a scadenza un po' inferiore ai Btp e durata massima 10 anni). Soprattutto bisogna mantenere il controllo diretto dei propri risparmi, evitando qualunque forma di gestione o delega. E quindi i fondi pensione, aperti e chiusi, i piani individuali previdenziali, ma anche i fondi comuni e simili, eventualmente interrompendo i versamenti.

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