Nel caso di malversazioni, i colpevoli hanno quindi altissime probabilità di farla franca. E potremmo continuare. Ma i fondi comuni hanno un difetto. Capita infatti che qualche risparmiatore si renda conto che lo fanno fesso. E così disinveste, riprendendosi quanto è sopravvissuto alla gestione professionale del risparmio.
La soluzione per impedirlo si chiama previdenza integrativa. Chi sciaguratamente ha sottoscritto un fondo pensione o un piano individuale previdenziale (pip) può tutt'al più smettere i versamenti, ma non può riprendere i propri soldi. Se poi, colmo della disgrazia, vi ha destinato il proprio Tfr, non può neppure impedire che vi confluisca anche quello che maturerà in futuro. In questo modo i risparmi finiti in un fondo o pip, restano "sequestrati" facilmente 30-40 anni.
E magari anche dopo l'età della pensione, fino alla morte, qualora uno non possa ritirare tutto, ma sia costretto a convertirlo in parte in una rendita vitalizia. Così gestori e assicuratori hanno modo di lucrare commissioni, provvigioni ecc. per i decenni a venire.
Al limite i soldi restano intrappolati oltre il 2100, nel caso sciagurato di un prodotto previdenziale intestato a un neonato, come consigliano alcuni sedicenti esperti previdenziali. Oltre a ciò i prodotti previdenziali possono essere piazzati non solo a chi ha già dei risparmi, ma anche a quanti da parte hanno poco o niente e cercano di accantonare qualcosa per la propria vecchiaia.
Per giunta è forte il pericolo di una modifica in peggio del trattamento fiscale, come è già capitato più volte, e/o che diventi obbligatoria la conversione totale in una rendita vitalizia, a condizioni contrattate da altri. In ogni caso il vincolo temporale è pesantissimo, ma soprattutto nessun prodotto offre valide garanzie in potere di acquisto per il capitale e/o la rendita cui dà diritto. I rischi di malversazione sono addirittura maggiori che coi fondi comuni, a causa di un'opacità ancor peggiore. La diffusione della previdenza integrativa si basa su una serie di frottole: vedi articolo Le 8 menzogne più frequenti. Informazione inquinata.
Come sempre nell'ambito degli investimenti, alle menzogne raccontate a voce dai venditori, si aggiungono i consigli per gli acquisti di pretesi esperti in articoli e interviste: docenti universitari, giornalisti economici, sedicenti consulenti indipendenti. Anche da parte delle associazioni di consumatori nessuna voce critica e anzi apprezzamenti infondati, spiegabili con connivenze più o meno palesi. Propaganda ingannevole. Si aggiungono poi le trappole della pubblicità . Un esempio recente è dato dalla Genertel, compagnia on line delle Assicurazioni Generali che reclamizza "Pensionline, il piano pensione che assicura il tuo gran finale" anche a partire da 50€ al mese sbandierando un "Rendimento 4,30%" che appare molto allettante. Un risparmiatore inesperto si dirà : "Che bello! I Bot sono sotto l'1% e qui ottengo oltre al 4%". Nella nota si legge che esso si riferisce al 2013 per la gestione separata Ri.Alto Previdenza e che nel 2012 era stato il 4,56%, nel 2011 il 4,66%, nel 2010 il 4,62%, nel 2009 il 4,72%. È anche scritto che "i rendimenti passati non sono necessariamente indicativi di quelli futuri", affermazione doppiamente ingannevole.
Per cominciare l'espressione "non necessariamente indicativi" è una furbata per far credere che siano comunque indicativi, cosa che per i rendimenti passati non vale mai. Ma c'è di peggio. A valle di un periodo di discesa dei tassi, i rendimenti passati sono stati strutturalmente gonfiati da tale fenomeno, che però non può ripetersi per ineludibili motivi matematico-finanziari. Per cui quelle percentuali sono il contrario che indicative.
Ma per cominciare è basilare regola di prudenza proteggersi dall'inflazione, che è stata la causa delle peggiori batoste previdenziali negli ultimi cent'anni: vedi articolo articolo la storia insegna. È vero che ora essa è bassa e magari lo resterà per un po', ma nulla garantisce e anzi è improbabile che tale rimanga per molti anni. Sono quindi consigliabili impieghi agganciati ai prezzi al consumo.
Per giunta tale scelta ora come ora non appare penalizzante. I titoli reali offrono rendimenti che con l'inflazione attuale sono grosso modo allineati a quelli dei titoli a tasso fisso o variabile; e diventeranno però maggiori se l'inflazione riparte. Impieghi con tali caratteristiche sono gli specifici titoli di Stato italiani (Btp-i e Btp Italia) o di altri paesi: Germania, Francia ecc. Ma vanno bene anche i buoni fruttiferi postali indicizzati all'inflazione, coi loro vantaggi (assenza di rischio di mercato e di costi) e svantaggi (rendimento a scadenza un po' inferiore ai Btp e durata massima 10 anni). Soprattutto bisogna mantenere il controllo diretto dei propri risparmi, evitando qualunque forma di gestione o delega. E quindi i fondi pensione, aperti e chiusi, i piani individuali previdenziali, ma anche i fondi comuni e simili, eventualmente interrompendo i versamenti.
Nessun commento:
Posta un commento