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venerdì 28 giugno 2013

Conto corrente più caro per il correntista che va in "rosso"

Avrete sicuramente notato che da alcuni mesi maturare un saldo negativo sul proprio conto corrente risulta decisamente più costoso.
In termini più semplici, andare in "rosso" sul conto corrente bancario comporta il pagamento di una commissione bancaria più elevata per il correntista.

Quale ragione si nasconde dietro questo improvviso incremento del tasso di interesse debitorio?

- Disciplina commissioni bancarie di scoperto di conto corrente – operazioni extra fido – l'intervento legislativo del 2008
La banca usualmente svolge una attività con la quale concede del credito al cliente consentendogli di utilizzare somme di denaro superiori alla sua disponibilità.

Sono numerose le operazioni bancarie con le quali la banca offre tale servizio: si va dall'apertura di credito, sino allo smobilizzo anticipato di crediti commerciali del cliente.

Il modello contrattuale che più correttamente rappresenta il rapporto bancario di cui trattasi è il contratto di apertura di credito, ove l'istituto di credito mette a disposizione del correntista una determinata somma per una determinato periodo, o a tempo indeterminato.

Il correntista remunera la banca per tale attività versando la relativa commissione bancaria prevista dal contratto, calcolata con un tasso di interesse, e che varia a seconda del periodo di "scoperto" e dell'importo utilizzato dal cliente.

Stiamo parlando della Commissione di Massimo Scoperto (CMS), con la quale l'istituto di credito ottiene dal correntista la remunerazione per il servizio appena descritto.

L'applicazione di tale commissione ha creato non pochi problemi, tra i quali quello di incidere in modo decisivo nella determinazione del Tasso Effettivo Globale praticato dalla banca sullo scoperto di conto corrente del proprio cliente.

Quest'ultimo tasso risultava superiore alla "soglia usura" prevista ex Legge n. 108/1996 (c.d. "tasso usura").

La Commissione di Massimo Scoperto è stata posta in discussione dal 2008, allorché con decreti legge "anticrisi", il legislatore ha cominciato ad intervenire per disciplinare la materia, ed in particolare le commissioni bancarie previste per gli utilizzi extra – fido e lo scoperto di conto corrente.

- La novità introdotte con il decreto CICR del 30 giugno 2012
L'art. 117 bis del TUB, modificato nel 2012 con la conversione il legge del Decreto Salva Italia, ha delimitato la possibilità per la banca di ottenere remunerazioni per la concessione del credito al correntista, introducendo nuove regole di trasparenza.

La norma, in seguito alla riforma del 2012, ha previsto che:

a. Contratti di conto corrente e apertura di credito con affidamento bancario:
1. I contratti di apertura  di  credito  possono  prevedere,  quali unici oneri a carico del cliente,  una  commissione  onnicomprensiva, calcolata in  maniera  proporzionale rispetto  alla  somma  messa  a disposizione del cliente e alla durata dell'affidamento, e un  tasso di  interesse  debitore  sulle  somme  prelevate.  L'ammontare  della commissione, determinata in coerenza  con  la  delibera  del  CICR anche in relazione alle specifiche tipologie di apertura di credito e con particolare riguardo per i conti correnti, non puo' superare lo 0,5 per cento, per trimestre, della somma messa  a  disposizione  del cliente. 

b. Contratti di conto corrente o di apertura di credito senza affidamento (o oltre il limite di fido)
2. A fronte di sconfinamenti in assenza di affidamento ovvero oltre il limite del fido, i contratti di conto corrente e di apertura di credito possono prevedere, quali unici oneri a carico del cliente, una commissione di istruttoria veloce determinata in misura fissa, espressa in valore assoluto, commisurata ai costi e un tasso di interesse debitore sull'ammontare dello sconfinamento.


Il regolamento CICR, introdotto con D.M. del 30 giugno 2012 e che potete trovare di seguito, ha dato applicazione definitiva all'art. 117 bis TUB, ed ha disciplinato alcuni aspetti innovativi in materia di concessione del credito da parte della banca.

In particolare, la normativa in parola ha delineato le modalità mediante le quali la banca deve istruire la procedura per il calcolo del CIV (Commissione di Istruttoria Veloce) nel caso di sconfinamento senza affidamento da parte del cliente.

L'intervento legislativo ha avuto il merito di introdurre maggior trasparenza nelle condizioni contrattuali applicate dalla banca al correntista nel caso di sconfinamento con/senza affidamento, costringendo gli istituti bancari ad indicare con chiarezza tasso di interesse e costi addebitati al cliente, nel caso in cui questi "vada in rosso".

- Segue: quali conseguenze? Il tasso di interesse applicato al cliente è più elevato
Le nuove norme hanno radicalmente mutato il rapporto banca/cliente, in quanto l'istituto bancario non può più indicare un tasso di interesse debitorio, per il cliente, e separatamente i diversi ed ulteriori costi applicati nei suoi confronti (ad esempio la commissione di massimo scoperto).

In altri termini, i costi addebitati al cliente per il servizio con il quale la banca gli mette a disposizione un determinato importo rientrano tutti nel tasso di interesse applicato.

Va da sé che il tasso di interesse passivo è, improvvisamente, salito attestando il vero costo sostenuto dal cliente quando va a debito nei confronti della banca.

Il tasso debitorio applicato per lo sconfinamento di conto corrente è, quindi, più elevato in quanto viene indicato in modo maggiormente trasparente il costo pagato dal cliente alla banca per il servizio di apertura di credito offerto.

domenica 23 giugno 2013

Offerta di prodotti finanziari fuori sede - la Cassazione si esprime in favore dell'investitore

Importante intervento della Cassazione a Sezioni Unite, la quale con Ordinanza n. 13905 del 3 giugno 2013 si è pronunciata in favore dei consumatori, estendendo le norme in materia di offerta fuori sede di strumenti finanziari ad ogni vendita di prodotti finanziari che avviene fuori dai locali della banca.

La Cassazione era stata chiamata a risolvere un contrasto creatosi in giurisprudenza in merito all'estensione applicativa dell'art. 30 del TUF, ossia del cosiddetto "diritto di ripensamento".


a. La questione


Quando si parla di "offerta fuori sede di prodotti finanziari"?

E' il caso del promotore finanziario che si reca presso l'abitazione del cliente, offrendogli un prodotto finanziario della stessa banca, o comunque collocato dall'istituto di credito che egli rappresenta.



Questa attività di intermediazione finanziaria è oggetto di specifica normazione attraverso l'art. 30 del d. lgs. n. 58/1998 (Testo Unico della Finanza):

"Per offerta fuori sede si intendono la promozione e il collocamento presso il pubblico:
a) di strumenti finanziari in luogo diverso dalla sede legale o dalle dipendenze dell'emittente, del proponente l'investimento o del soggetto incaricato della promozione o del collocamento;
b) di servizi e attività di investimento in luogo diverso dalla sede legale o dalle dipendenze di chi presta, promuove o colloca il servizio o l’attività". 

Il successivo comma 6 dispone che " L'efficacia dei contratti di collocamento di strumenti finanziari o di gestione di portafogli individuali conclusi fuori sede è sospesa per la durata di sette giorni decorrenti dalla data di sottoscrizione da parte dell'investitore. Entro detto termine l'investitore può comunicare il proprio recesso senza spese né corrispettivo al promotore finanziario o al soggetto abilitato; tale facoltà è indicata nei moduli o formulari consegnati all'investitore. La medesima disciplina si applica alle proposte contrattuali effettuate fuori sede".

L'art. 30, comma 7, TUF introduce una particolare forma di nullità: è nullo l'ordine di investimento disposto dall'investitore, laddove sia omessa la indicazione del diritto di recesso nei 7 giorni successivi" L'omessa indicazione della facoltà di recesso nei moduli o formulari comporta la nullità dei relativi contratti, che può essere fatta valere solo dal cliente".

Negli ultimi anni l'applicazione di tale disciplina è aumentata, in quanto l'offerta fuori sede ha cominciato a trovare applicazione anche nel caso di sollecitazione all'acquisto di strumenti finanziari via telefono, oppure con modalità internet (il famoso trading on line che riguarda quasi la metà degli investimenti finanziari realizzati in Italia).


Orbene, le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione sono state chiamate a chiarire quando tali norme possono trovare applicazione, ossia se il diritto di ripensamento (jus poenitendi) sia applicabile solo per il servizio di collocamento di strumenti finanziari, o in tutti i casi in cui la negoziazione di uno strumento finanziario sia avvenuta fuori dai locali commerciali.


- Orientamento restrittivo: l'art. 30 TUF si applica solo al servizio di collocamento di strumenti finanziari

Un primo orientamento - maggioritario nella giurisprudenza di merito e seguito da una parte della Cassazione - ha sostenuto che la disciplina prevista ex art. 30 del TUF è circoscritta per i soli contratti di collocamento o di gestione di portafogli individuale, ove esiste uno specifico rapporto tra cliente e soggetto offerente (Cass. n. 2065/2012).

In termini più semplici, la disciplina di cui all'art. 30 del TUF troverebbe applicazione solo in ipotesi marginali, ove l'intermediario finanziario offra uno specifico servizio finanziario in favore dell'investitore.


- Orientamento estensivo: il diritto di recesso dal contratto si applica per ogni servizio di investimento finanziario previsto ex art. 1, comma 5 del TUF

Un diverso orientamento ha, al contrario, sostenuto l'applicazione estensiva dell'art. 30 del TUF e quindi la previsione del diritto di recesso per ogni servizio di intermediazione finanziaria offerta in favore del piccolo investitore.

Coloro che hanno seguito tale orientamento, hanno richiamato anche l'art. 36  del Reg. Conosb 11522/98, il quale prevedeva che:
Nell’ attività di offerta fuori sede di strumenti finanziari, di servizi di investimento e di prodotti finanziari disciplinati dall’art. 30 del Testo Unico, gli intermediari autorizzati si avvalgono dei promotori finanziari al fine di: la facoltà prevista dall’art. 30, comma 6, del Testo Unico;".

Tale norma è rimasta pressoché invariata anche con il nuovo Regolamento Consob n. 17690/2007.

Il diritto di ripensamento, quindi, non riguarderebbe il solo servizio di collocamento, ma tutte le attività di intermediazione finanziaria realizzate dalla banca fuori dai locali commerciali.

In tutti questi casi, l'intermediario deve rendere noto al cliente dell'esistenza del diritto di ripensamento (jus poenitendi) e l'ordine di borsa deve rimanere sospeso per i 7 giorni successivi, in attesa di un eventuale disdetta da parte dell'investitore.

b. Cassazione Sezioni Unite - Ordinanza n. 13905/2013

La Cassazione ha risolto il contrasto accogliendo quest'ultimo orientamento e ritenendo che il diritto di ripensamento debba trovare applicazione per ogni operazione di borsa conclusa fuori dai locali commerciali.

Il Giudice di legittimità, dopo aver ricostruito il contrasto giurisprudenziale creatosi ed evidenziato le lacune normative sul punto, ha ritenuto di dover trovare la soluzione alla questione giuridica sottoposta alla sua attenzione attraverso la ratio legis che caratterizza la normativa.

"Sulla ragion d'essere dello jus poenitendi di cui si discute le opinioni degli interpreti e degli studiosi sono sufficientemente univoche: è la circostanza che l'operazione d'investimento si sia perfezionata al di fuori delle sede dell'intermediario a rendere necessaria una speciale tutela per l'investitore al dettaglio [...] perché ciò significa che, di regola, l'iniziativa non proviene da lui".

Ed invero, l'offerta fuori sede è caratterizzata dall' "effetto sorpresa": il promotore finanziario si reca presso l'abitazione dell'investitore, proponendogli l'acquisto di prodotti finanziari a determinate condizioni contrattuali.

Non è, quindi, l'investitore che si presenta in banca, già consapevole dell'acquisto che intende effettuare, e che quindi è intenzionato a concludere una operazione di investimento.

Le ipotesi oggetto di disciplina e tutela sono quelle ove l'investitore è sottoposto alla sollecitazione all'investimento operata dalla banca, mediante un proprio dipendente o un promotore finanziario, ossia soggetti interessati a far concludere il contratto al cliente.

In tali casi, l'investitore deve decidere immediatamente e non ha il tempo di valutare se tale investimento soddisfa i propri interessi, trovandosi, quindi, in una posizione di forte "squilibrio informativo" rispetto alla controparte.

L'ordinamento, consapevole di tale limite, ha approntato, per i contratti stipulati presso la casa dell'investitore, una tutela particolare per l'investitore, prevedendo la sospensione dell'efficacia del contratto per sette giorni (art. 30 TUF).

In questo periodo, il cliente può decidere di non fare propri gli effetti dell'ordine di borsa, recedendo dal contratto di acquisto dello strumento finanziario.

La Cassazione osserva, a tal proposito, che "Se questa, come pare difficilmente contestabile, è l'esigenza di tutela in vista della quale il legislatore ha introdotto la disciplina del recesso nei contratti di collocamento di strumenti finanziari stipulati fuori sede dall'intermediario, è arduo negare che la medesima esigenza si ponga non soltanto per le operazioni compiute nell'ambito della prestazione di un servizio di collocamento in senso proprio,nell'accezione già prima richiamata, ma anche per qualsiasi altra ipotesi in cui l'intermediario venda fuori sede strumenti finanziari ad investitori al dettaglio, sia pure nell'espletamento di un servizio d'investimento diverso.
La differenza tra le due descritte situazioni [servizio di collocamento in senso "puro" - negoziazione di prodotti finanziari] appare davvero poco significativa, specie ove si consideri che nel servizio di collocamento "con assunzione a fermo" l'intermediario piazza sul mercato prodotti finanziari rispetto ai quali la sua posizione ed il suo interesse nella vendita è del tutto analogo a quello di una vendita in proprio.
Il che avvalora l'opinione secondo cui la parola "collocamento", nel testo dell'articolo in esame, è da intendere in senso ampio, come sinonimo di un atto negoziale mediante il quale lo strumento finanziario vien fatto acquisire al cliente e quindi inserito nel suo patrimonio [...] a prescindere dalla tipologia del servizio d'investimento che abbia dato luogo a tale operazione".

Il Giudice di legittimità chiarisce le ragioni sottostanti alla propria interpretazione estensiva del diritto di ripensamento "A favore di un'interpretazione estensiva della citata disposizione dell'art. 30 del tuf, che sia in grado di meglio assicurare la tutela del consumatore, militano d'altro canto i principi generali desumibili dallo stesso testo unico, sicuramente ispirati all'esigenza di effettività dell'indicata tutela, cui dà ulteriore rinforzo la previsione dell'art. 38 della Carta dei diritti fondamentali dell'UE, che, nel garantire "un livello elevato di protezione dei consumatori", per ciò stesso impone d'interpretare le norme ambigue nel senso più favorevole a questi ultimi". 

La Corte, alla luce dell'ambiguità della norma, ha ritenuto di estendere l'applicazione dell'art. 30 TUF a tutte le operazioni di intermediazione finanziaria concluse fuori dai locali commerciali, operando una apertura in favore dei piccoli risparmiatori, obbligando le banche a rispettare gli obblighi informativi previsti dalla legge.

Di seguito potete leggere la sentenza della Cassazione.
 Offerta fuori sede di un prodotto finanziario - Cassazione Sezioni Unite 13905/2013

domenica 16 giugno 2013

Mutuo casa & usura: Cassazione favorevole ai consumatori

Interessi usurari sul mutuo è l'argomento trattato dalla Cassazione con la sentenza n. 350/2013, con la quale il giudice di legittimità si è espresso in senso favorevole per i consumatori.

La Corte di Cassazione, in particolare, ha riconosciuto la possibilità per il consumatore di ottenere la dichiarazione di nullità parziale del contratto di mutuo ed in particolare della clausola ove sono previsti interessi usurari, con conseguente obbligo di rimborso del solo capitale ottenuto a titolo di mutuo.

a) Mutuo & usura
Il contratto di mutuo è quello "col quale una parte consegna all'altra una determinata quantità di denaro o di altre cose fungibili, e l'altra si obbliga a restituire altrettante cose della stessa quantità e specie" (art. 1813 c.c.).

In ambito di rapporti bancari, con il contratto di mutuo la banca mette a disposizione del cliente una determinata somma (capitale), dietro la restituzione dell'importo in un periodo successivo, maggiorato di interessi.

E' noto che il cliente versa rate periodiche alla banca di cui una parte viene destinata al pagamento degli interessi, mentre altra parte è destinata al rimborso del capitale.

Gli interessi sono convenzionalmente pattuiti tra le parti, anche se l'art. 1815, comma 2 del Codice Civile introduce un limite alla possibilità della banca di pattuire gli interessi; il limite usura "Se sono convenuti interessi usurari, la clausola è nulla e non sono dovuti interessi".

L'usura bancaria è reato previsto ex art. 644 c.p. e consiste nell'applicazione da parte della banca di un tasso di interesse per le somme concesse al cliente superiore al "tasso soglia" stabilito periodicamente dalla Banca d'Italia.

La disciplina relativa ai tassi di interesse sul mutuo è stata oggetto di regolamentazione con la Legge 7 marzo 1996 n. 108 (Norme in materia di usura), con la quale è stato previsto un limite massimo di interessi che può essere applicato dalla banca al cliente.

La Banca d'Italia stabilisce, ogni trimestre, il limite usura che non deve essere superato dall'istituto di credito.

Il controllo dell'eventuale usura bancaria deve essere effettuato rispetto al  Tasso Effettivo Globale applicato dalla banca al cliente, ovverossia devono essere presi in considerazione, oltre al tasso di interesse convenzionalmente stabilito, tutti gli oneri passivi che l'istituto di credito impone al mutuatario.

Ad esempio, rientra nel TEG anche l'eventuale Commissione di Massimo Scoperto (specialmente per i rapporti di apertura di credito bancario) o la commissione di mora per i ritardi nel pagamento del mutuo, in quanto trattasi di costo aggiuntivo imposto dalla banca al proprio cliente per il rimborso del mutuo.

Ricordiamo, infine, che con il Decreto 24 settembre 2009 (Rilevazione dei tassi effettivi globali medi nel periodo 1° aprile - 30 giugno 2009. Applicazione dal 1° ottobre fino al 31 dicembre 2009), il Ministero dell'Economia e delle Finanze ha stabilito criteri più stringenti per stabilire se il tasso applicato è usurario, superando il limite previsto ex lege.

b) Cassazione n. 350/2013
La sentenza n. 350/2013 ha consentito alla Cassazione di tornare ad affrontare il tema "mutuo & tasso usura", rilevando la natura degli interessi usurari applicati dalla banca nei confronti del cliente.

La fattispecie affrontata dalla Cassazione riguarda un mutuo acceso nel 1996, ossia nel periodo in cui è entrato in vigore la Legge n. 108/1996. 

La Corte di Cassazione, annullando una sentenza della Corte d'Appello di Napoli, ha sostenuto che il tasso sul mutuo applicato nei confronti del cliente deve essere considerato usurario, in quanto è stato superato il limite usura previsto, con violazione dell'art. 1815 c.c..

La Cassazione ha, in particolare, osservato che "La stessa censura (sub b), invece, è fondata in relazione al tasso usurario perché dalla trascrizione dell'atto di appello risulta che parte ricorrente aveva specificatamente censurato il calcolo del tasso pattuito in raffronto al tasso soglia senza tenere in conto della maggiorazione di tre punti a titolo di mora, laddove, invece, ai fini dell'applicazione dell'art. 644 del codice penale e dell'art. 1815, secondo comma, del codice civile, si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, quindi a titolo di interessi moratori" (Cass. n. 350/2013).

La Corte di Cassazione ha ribadito il principio per il quale gli interessi possono essere usurari non solo al momento della sottoscrizione del contratto di mutuo, ma anche in periodo successivo, laddove il tasso effettivo globale applicato dalla banca, e quindi comprensivo anche del tasso di mora, risulti superiore al tasso soglia usura previsto dalla Banca d'Italia.

 c) Come comportarsi?
Abbiamo già trattato l'argomento (vedi), suggerendo di effettuare un controllo della propria situazione bancaria, in questo caso degli interessi di mutuo periodicamente applicati dalla banca, e nel caso in cui vi sia stata applicazione di interessi usurari, occorre contestare alla banca tale applicazione illegale degli interessi e chiedere il rimborso delle maggiori somme illegittimamente trattenute.

L'Associazione ha già avviato da tempo un servizio "anti usura bancaria" in favore dei propri associati, e al quale chi è interessato può rivolgersi scrivendo a info@consumatoreinformato.it.

Di seguito, la sentenza della Corte di Cassazione.

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