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sabato 13 maggio 2023

Art. 1957 c.c. - clausola vessatoria ed effetti sul fideiussore

La sentenza del Tribunale di Pavia che trovate qui di seguito si inserisce nella lunga discussione che investe, negli ultimi anni, una particolare tipologia di contratti bancari: la fideiussione bancaria.

La fideiussione bancaria è una forma di garanzia che la banca acquisisce per tutelarsi nei confronti del debitore, attraverso un garante a cui possa rivolgersi nel caso in cui il soggetto principale non riesca ad onorare il proprio debito con l'istituto di credito.

Abbiamo già trattato questa vicenda ed abbiamo osservato come questo tipo di contratti prevedono una serie di obblighi assunti dal garante (fideiussore), tra i quali emerge quello di cui all'art. 1957 c.c..

La norma prevede che: "Il  fideiussore   rimane   obbligato   anche   dopo   la  scadenza dell'obbligazione principale, purché' il  creditore  entro  sei  mesi abbia proposto le sue istanze contro  il  debitore  e  le  abbia  con diligenza continuate.".

L'art. 1957 obbliga la banca a dover agire nei confronti del debitore, entro il termine di sei mesi, al fine di salvaguardare ogni successiva azione verso il fideiussore, pena la decadenza di ogni suo diritto verso quest'ultimo nel caso di omesso rispetto del termine appena richiamato.

Gran parte delle fideiussioni bancarie, però, prevedono l'esclusione esplicita di questa clausola, consentendo alla banca di poter agire nei confronti del fideiussore anche oltre i sei mesi previsti dall'art. 1957 c.c..

Orbene, la clausola che esonera la banca dal limite di cui all'art. 1957 c.c. ha natura vessatoria nei confronti del fideiussore privato?

Il Tribunale di Pavia risponde in senso affermativo, sostenendo che: "premessa la qualifica di consumatore dell'attrice, in linea generale, ed in punto di diritto, l'art. 33, lett. t) del d.lgs. 206/2005, in parte riprendendo quasi testualmente ed accorpando alcune delle previsioni dell'art. 1341 c.c., pone la presunzione di vessatorietà delle clausole che abbiano l'effetto di “sancire a carico del consumatore decadenze, limitazioni della facoltà di opporre eccezioni, deroghe alla competenza dell'autorità giudiziaria, limitazioni all'adduzione di prove, inversioni o modificazioni dell'onere della prova, restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti con in terzi”

La norma opera, tuttavia, in modo del tutto diverso sul piano degli effetti e, soprattutto, per quel che concerne il superamento della presunzione di vessatorietà. 

Invero, a tal fine, non è affatto sufficiente il mero adempimento formale della specifica approvazione per iscritto, ma è necessario, nei contratti conclusi su moduli o formulari, che il professionista dia prova che le clausole unilateralmente predisposte siano state oggetto di trattativa individuale (ex art. 34, co. 5, d.lgs. 206/2005). 

Non v'è dubbio che le parti possano, nell'ambito della loro autonomia negoziale, convenzionalmente escludere la decadenza del creditore dalla garanzia prevista dall'art.  1957 c.c., ma quando il garante rivesta la qualità di consumatore, la conclusione di tale accordo derogatorio deve necessariamente essere perfezionata nel rispetto delle forme di tutela non più formali ma sostanziali.".

Nel caso in cui la fideiussione bancaria presenti una deroga alla decadenza prevista ex art. 1957 c.c. in favore del fideiussore, la rinuncia a tale diritto da parte di quest'ultimo assume valore solo se oggetto di trattativa personalizzata idonea a dimostrare il consenso informato del consumatore alla rinuncia di una sua prerogativa.

Di seguito, il Tribunale di Pavia - sentenza n. 736/2022

domenica 4 settembre 2022

Clausole vessatorie - non è sempre valida la doppia sottoscrizione

Ogni tanto vogliamo tornare a trattare l'argomento clausole vessatorie ex artt. 1341 - 1342 c.c., in quanto la materia non è così chiara, e quindi riteniamo ricordare alcuni principi già esposti in precedenza (vedasi qui).

Ecco perché la sentenza oggi in commento, pubblicata dal Tribunale di Torino il 21 maggio 2018 a conferma di un decreto ingiuntivo emesso a favore di una banca, è concisa nel puntualizzare come le clausole, se reputate onerose e vessatorie, vanno richiamate in calce ad un contratto, nel caso la prestazione di una fideiussione

Ben sappiamo che il Codice Civile, all’articolo 1341, considera come valide ed efficaci soltanto quelle clausole che siano state specificamente approvate per iscritto da parte del consumatore, la consueta parte debole del rapporto contrattuale. 

Altrettanto noto è che, a tali riguardi, non bastano alcuni formalistici rinvii al corpo del contratto: il consumatore si limiterebbe ad apporre acriticamente la propria firma sotto a clausole che, prese singolarmente, si rivelerebbero enigmatiche e confusive. 

Esauriti i cenni teorici, entriamo nell’argomento che interessa direttamente i nostri lettori. Il significato dell’avverbio “specificamente” di cui all’articolo 1341 codice civile – “specificamente approvate per iscritto” -, all’apparenza tanto lapalissiano, va spiegato. 

Anzitutto, l’avverbio si riferisce alla parola “approvato”: s’intende, cioè, che l’approvazione da parte del consumatore deve essere prestata soltanto, ed esclusivamente, dopo che il professionista ha richiamato la sua particolare attenzione sul contenuto della clausola. 

La Cassazione (sentenza 22984/2015, a cui fa riferimento il giudice ordinario) ha chiarito quali sono le modalità di richiamo che si reputano idonee a ottenere l’attenzione del consumatore. 

In particolare, il richiamo della clausola:  

- deve essere messo in calce, cioè in fondo, al formulario contrattuale (e, fin qui, nulla di nuovo); 

- deve riportare il contenuto della clausola già presente nel corpo del contratto. È sufficiente un breve riassunto del contenuto, ma è da escludere la mera indicazione del numero della clausola (ad esempio, formule così redatte “la parte contrattuale approva specificamente e per iscritto, agli effetti di legge, la clausola n. X (…) e n. Y (…) oppure il richiamo cumulativo delle clausole (un esempio: “il contraente approva, avendole lette e specificamente approvate, le clausole qui elencate: N. 1, 2, 3, n”); 

- se la legge, per quello specifico tipo contrattuale, prevede una forma scritta particolare (ad esempio, l’atto pubblico), allora si seguirà quello specifico onere formale. 

In definitiva, il consumatore può (e dovrebbe) diffidare di quelle modalità di richiamo che non gli consentono di intendere direttamente il contenuto del contratto e, qualora non comprenda il significato delle clausole, farsi esplicitare dal professionista il loro valore. 

Qui il provvedimento del Tribunale di Torino

giovedì 2 maggio 2019

Fideiussore e consumatore: quale tutela deve essere prevista?

Questa settimana torniamo a concentrare il ruolo di consumatore sotto un particolare profilo, ossia quando viene chiamato a prestare una garanzia in favore di un terzo (la fideiussione). 

In questo caso, trova applicazione il Codice del Consumo e tutte le norme previste in favore del consumatore? il Tribunale di Milano, la n. 12047/2018 emessa in data 29 novembre 2018, ha dato una risposta al tema sopra genericamente proposto, richiamando la normativa comunitaria ed analizzando i diversi profili che emergono in tale materia. 


In particolare, i diritti del consumatore come possono trovare applicazione nell’ambito di un rapporto di fideiussione bancaria, specie quando i fideiussori si limitano ad erogare garanzie ad una società senza assumere al suo interno incarichi e posizioni?

Il giudice milanese, nel caso di specie, è stato chiamato a decidere su una questione di competenza, chiamato a decidere in una vicenda processuale ormai usuale, ossia la pretesa di pagamento avanzata da una banca nei confronti del fideiussore.

Nel caso di specie, un’importante banca milanese ha chiesto ed ottenuto dal tribunale di Milano un decreto ingiuntivo per il pagamento da parte dei fideiussori (coniugi dei soci) delle somme concesse in favore di una società.

Successivamente, i coniugi si sono opposti al decreto ingiuntivo sostenendo che, in qualità di meri fideiussori della società e quindi di consumatori, la banca doveva perorare la causa nel tribunale di Cremona, luogo di residenza degli opponenti, e non nel Tribunale di Milano.
Secondo il Tribunale di Milano, è dirimente il fatto che la banca non abbia dimostrato quale fosse la posizione professionale assunta dai coniugi all’interno della società garantita; in mancanza di questa prova fondamentale, la causa deve dunque essere radicata nel foro del consumatore, vale a dire il luogo di residenza dei fideiussori.


Di particolare pregio e chiarezza sono alcune porzioni della sentenza: “Nel caso di una persona fisica che abbia garantito l’adempimento delle obbligazioni di una società commerciale, spetta quindi al giudice nazionale determinare se tale persona abbia agito nell’ambito della sua attività professionale o sulla base dei collegamenti funzionali che la legano a tale società, quali l’amministrazione di quest’ultima o una partecipazione non trascurabile al suo capitale sociale, o se abbia agito per scopi di natura privata. Tale orientamento, infatti, in quanto fondato sull’esame della posizione del fideiussore, in relazione alle obbligazioni assunte, come soggetto autonomo e distinto rispetto al debitore principale, si ritiene maggiormente aderente alle finalità proprie della tutela consumeristica (…)”.


Peraltro, il giudice prende atto della carenza di prova offerta dalla banca in questi termini: “Nel caso di specie, deve poi rilevarsi come parte opposta, a fronte della contestazione avversaria, non forniva alcuna prova di un collegamento funzionale tra le odierne opponenti e la società debitrice (…) essendosi limitata a dedurre il rapporto di coniugio tra le stesse ed i soci della società”.

In definitiva, la circostanza che i fideiussori siano coniugi dei soci (ma, più in generale, la presenza di legami familiari o parentali coi soci) non vale a dimostrare che questi abbiano prestato la garanzia per scopi di natura imprenditoriale. Tale finalità, infatti, va dimostrata, ad esempio, indicando qual è l’incarico ricoperto dal fideiussore nella società o se questi ha sottoscritto o versato una quota del capitale sociale.

Di seguito, vi proponiamo la sentenza per esteso:

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