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domenica 29 gennaio 2023

Estinzione anticipata del finanziamento: si alla restituzione dei soldi dalla banca. Lo dice anche la Corte costituzionale

E alla fine i conti tornano, ossia la Corte costituzionale non ha potuto che ribadire alcuni principi fondamentali ed in primo luogo che il consumatore deve essere tutelato dalla legge nei confronti delle banche.

La recente sentenza n. 263/2022 della corte di legittimità, oggetto del nostro commento, riafferma un principio fondamentale: nel caso di estinzione anticipata del finanziamento, l'istituto di credito deve restituire al consumatore i maggiori costi - interessi o costi generali pagati - collegati al credito erogato.

Occorre premettere che tale principio, fondamentale per i piccoli finanziamenti concessi ai consumatori, si pensi al credito erogato con cessione del quinto dello stipendio o della pensione, ove il piccolo risparmiatore si vede "spennato" fino alla fine.

Il diritto all'indennizzo è stato stabilito, come ribadito più volte in questo blog, all'art. 16 par. 1 Direttiva 2008/48/CE: “il consumatore ha il diritto di adempiere, in tutto o in parte, agli obblighi che gli derivano dal contratto di credito. In tal caso, egli ha diritto a una riduzione del costo totale del credito che comprende gli interessi e i costi dovuti per la restante durata del contratto”.

La norma comunitaria è stata recepita dal Testo Unico Bancario (D. Lgs. n. 385/1993), all'art.  125 sexies ove si parla di rimborso anticipato: “Il consumatore può rimborsare anticipatamente in qualsiasi momento, in tutto o in parte, l’importo dovuto al finanziatore. In tal caso il consumatore ha diritto a una riduzione del costo totale del credito, pari all’importo degli interessi e dei costi dovuti per la vita residua del contratto”.

La restituzione dei costi sostenuti dal consumatore riguarda, secondo quanto ripetutamente stabilito dalla giurisprudenza, sia quelli collegati alla vita del prestito (recurring), sia quelli sostenuti all'avvio del rapporto (upfront), seppur in maniera ridotta.

Al professionista deve essere riconosciuto, invece, un rimborso dell'1% dell'importo rimborsato in anticipo, nel caso di rimborso anticipato superiore all'anno antecedente all'estinzione (oppure lo 0,5% se inferiore) così come evidenziato in molti casi dai giudici (vedasi qui), i quali hanno dato piena attuazione alla oramai famosa sentenza Lexitor della Corte di Giustizia dell'Unione europea (vedi qui).

- la legge n. 106/2021 e il goffo tentativo di mitigare gli effetti della Lexitor
Gli effetti della pronuncia della Corte di Giustizia si sono visti in questi anni, allorché molti consumatori hanno chiesto la restituzione delle maggiori somme illegittimamente versate alle banche, costringendo il governo italiano ad emanare una norma volta a limitare le legittime richieste avanzate verso gli istituti di credito.

La legge n. 106/2021, in conversione dell'art. 11 octies decreto legge n. 73/2021 (aiuti bis), ha disciplinato il diritto di rimborso spettante ai consumatori, negandolo per coloro che avevano sottoscritto un contratto di finanziamento, con rimborso anticipato, in epoca antecedente all'entrata in vigore della stessa norma, ossia il luglio 2021.

Il paradosso di tale norma era quello di negare, in caso di anticipato rimborso, il diritto del consumatore alla restituzione sia dei costi cosiddetti recurring, vale a dire quelli connessi con l'intera durata del contratto (es. interessi corrispettivi, assicurazione del credito ecc.), sia di quelli up front, ossia sostenuti una tantum dal cliente, come ad esempio commissioni di istruttoria, commissione all'agente finanziario, spese gestione pratica.

Detto diritto veniva dalla norma riconosciuto solo per i crediti al consumo più recenti, creando una ingiustificata differenza nella tutela dei creditori, alla luce della norma comunitaria del 2008.

- La Corte costituzionale - illegittima la legge n. 106/2021 
Corte costituzionale è intervenuta con la recente sentenza n. 263/2022, con la quale ha dichiarato l’incostituzionalità dell’articolo 11-octies, comma 2, del decreto-legge n. 73 del  2021 (convertito, con modificazioni, dalla legge 23 luglio 2021, n. 106), nella parte in cui limita il diritto del consumatore alla restituzione delle somme anticipate ai soli costi recurring. 

La norma riguardava i contratti conclusi dopo l’entrata in vigore della disciplina attuativa della direttiva 2008/48/CE (decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 141), ma prima dell’entrata in vigore della citata legge n. 106 del 2021. 

Il Giudice delle legge ha correttamente evidenziato che la norma nazionale si è posta in contrasto con le norme comunitarie, in particolare, con l’art. 16, paragrafo 1, della direttiva 2008/48/CE, come interpretato dalla Corte di giustizia con la sentenza dell’11 settembre 2019, C-383/18, caso Lexitor. 

La Corte conclude affermando che: "Per effetto della sentenza della Corte costituzionale, spetterà, dunque, ai consumatori il diritto alla riduzione proporzionale di tutti i costi sostenuti in relazione al contratto di credito, anche qualora abbiano concluso i loro contratti prima dell’entrata in vigore della legge n. 106 del 2021."

lunedì 26 aprile 2021

Il giudice ancora in aiuto del consumatore: si alla riduzione dei costi di finanziamento

In tema di estinzione anticipata del finanziamento e di riduzione del costo del credito, il Tribunale di Torino, insieme a quello di Napoli (vedi) è stato uno degli apripista dell’applicazione dei principi contenuti nella sentenza Lexitor: la sentenza di appello del 21 marzo 2020, a firma del Dr. Enrico Astuni, è un esempio. 

La pronuncia in esame oggi dimostra che, nel contenzioso bancario del nostro paese, le sentenze della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (la Lexitor, appunto) hanno un peso determinante, soprattutto per i giudici nazionali, i quali sanno che:

la Corte di Giustizia della UE interpreta le direttive e regolamenti della UE;

le norme nazionali devono essere allineate agli atti normativi della UE, e non il contrario

Eppure, questi principi sembrano sfuggire agli intermediari bancari, i quali ancora sostengono che la sentenza Lexitor, alla fin fine, verte su una direttiva che non si applica direttamente ai rapporti tra i privati. 

Teniamo anche conto del fatto che durante la pandemia il nostro legislatore nulla ha detto sulla questione, né nel Decreto “Cura Italia” né nel Decreto “Rilanci”: di conseguenza, due sono gli attori che hanno voce in capitolo, e sono l’ABF (nostro intervento qui) e i tribunali. 

Tornando, allora, alla sentenza oggetto del nostro intervento è emerso ancora una volta che, secondo i giudici torinesi, per interpretare l’articolo 125-sexies del T.U.B. non fanno più fede le circolari della Banca d’Italia, bensì direttamente la sentenza Lexitor, che ha sancito che la riduzione deve includere tutti i costi a carico del consumatore, superando la distinzione tra oneri up front e oneri recurring. 

Infatti, la diretta applicabilità di Lexitor è dovuta al fatto che l’articolo 125-sexies altro non è che la trasposizione di una regola sancita da una direttiva (art. 16 direttiva 2008/48), quest'ultima interpretata, appunto, dalla Corte di Giustizia. Tra l’altro, il Tribunale di Torino rincara la dose, specificando che quanto dice la Corte di Giustizia è vincolante anche per i  contratti già in essere al momento in cui è stata pubblicata la sentenza Lexitor. 

Ciò posto, viene chiarito che il cliente ha diritto alla riduzione di tutti i costi del credito in sede di estinzione anticipata. 

In sede processuale, questo si traduce nelle seguenti allegazioni, da produrre in giudizio: 

(1) il finanziamento rientra nel credito ai consumatori; 

(2) il finanziamento è stato estinto; 

(3) la banca ha trattenuto costi, quale che sia la loro qualifica, spesso resa difficile da contratti opachi e fumosi. 

Tale "semplificazione" processuale esplica i suoi effetti anche nei processi già pendenti.

E qui veniamo, agli ulteriori aspetti importanti di questa pronuncia, che ha toccato anche il tema dei costi assicurativi connessi alla durata del finanziamento. 

Anzitutto, la banca, e non l’assicuratore, viene ritenuto il corretto legittimato passivo di una domanda di riduzione del costo del credito, salvo il suo diritto di regresso verso l’impresa assicuratrice. Benché vi siano norme interne che prevedono il contrario, è ancora una volta l’articolo 125-sexies T.U.B. a fare fede. Questa determinazione, diciamo così, “smonta” gli accordi tra banche e assicurazioni e semplifica le mosse che può compiere il consumatore, che non viene costretto a chiamare in causa anche l’assicurazione per un costo che, alla fin fine, è collegato ad un finanziamento concluso con la banca. 

Quanto al merito della questione, e più precisamente a come si riducono i costi assicurativi, due sono i criteri citati dal Tribunale di Torino, che si applicano in questo preciso ordine: 

(1) anzitutto, il criterio pro rata temporis (vale a dire “in proporzione al tempo”): vi deve, cioè, essere proporzionalità tra la durata residua del finanziamento estinto in anticipo e i costi (tutti) riferiti a quella porzione di durata; 

(2) il criterio definito dal contratto, anche se meno favorevole per il cliente, purché sia conforme sia alle norme di settore (in particolare, agli articoli 22, comma 15-quater e 15-quinquies, del d.l. 179/2012 e dell'art. 49 reg. Isvap n. 35/2020), oltre che chiaro e comprensibile per il cliente. La chiarezza non è una mera questione di correttezza lessicale e grammaticale, infatti: il cliente deve poter applicare le indicazioni matematiche e finanziarie contenute nel contratto, senza condurre disamine proprie di un analista finanziario o di un magistrato. 

Qui trovate il provvedimento del Tribunale di Torino.

venerdì 26 febbraio 2021

Credito al consumo: no alla distinzione tra costi frontali e ricorrenti

La pronuncia in commento oggi, questa volta un’ordinanza del Tribunale di Torino del 22 settembre 2020, uscita nel bel mezzo di una azione di classe contro un grande gruppo bancario, ci consente di inquadrare cosa sta accadendo da quando è stata pubblicata, né più né meno di un anno fa, la sentenza Lexitor (vedi). 

Possiamo dire che la sentenza della Corte di Giustizia dell'Unione Europea (leggila qui) ha sollevato il vaso di Pandora su una pratica che, almeno tra le banche italiane, andava avanti almeno dal 2010

Si tratta di un esempio abbastanza evidente di come, nel corso degli anni, il settore bancario abbia complicato e annacquato una norma di per sé adamantina come l’articolo 125 sexies Testo Unico Bancario, travisandone il contesto e la finalità, col risultato di sottoporre ai clienti moduli molto analitici nel descrivere in anticipo i costi del credito al consumo, ma molto meno chiari nel commisurare l’entità dei rimborsi in caso di estinzione anticipata. 

Il diavolo si nasconde nei dettagli, perché a poco serve fornire allegati e tabelle con millimetriche sui costi, se non si spiega al cliente quali sono quelli che verranno rimborsati, se egli estinguerà in anticipo il suo finanziamento.

Ma procediamo con ordine, poiché le circostanze richiedono una fedele ricostruzione storica.  

- 2008: arriva la novità legislativa per il credito al consumo

Tutto ha inizio con la c.d. “seconda direttiva” (2008/48/CE) con la quale L’Unione Europea è entrata a gamba tesa nel settore del credito al consumo. 

Questo mercato, di solito, non prevede meccanismi di finanziamento a lungo termine: ragione per cui il legislatore comunitario, al fine di elevare la protezione i consumatori dai soprusi delle banche, ha imposto all’Italia di prevedere, in caso di rimborso anticipato, il diritto del consumatore alla riduzione del costo totale del credito, comprendendo i costi e gli interessi dovuti per la restante durata del contratto (vedi art. 16, paragrafo 1, della direttiva). 

E, si noti, già prima dell’entrata in scena di questa direttiva era previsto che il consumatore avesse diritto ad una “equa riduzione del credito”: in altre parole, la seconda direttiva ha precisato e arricchito la tutela già esistente. 

Con consueto ritardo, l’Italia ha recepito la direttiva nell’agosto 2010, e con il Decreto Legislativo 141 del 2010 ha introdotto l’articolo 125 sexies, comma 1, Testo Unico Bancario, disposizione che si applica al credito al consumo in genere (oltre alle cessioni contro il quinto dello stipendio o della pensione). 

Vale la pena, questa volta, di riportare per esteso la norma italiana: “il consumatore può rimborsare anticipatamente in qualsiasi momento, in tutto o in parte, l'importo dovuto al finanziatore. In tale caso il consumatore ha diritto a una riduzione del costo totale del credito, pari all'importo degli interessi e dei costi dovuti per la vita residua del contratto”. 

Ancora, l’articolo 121 del medesimo TUB, nel fornire la definizione di “costo totale del credito”, fa riferimento a tutti i costi, compresi gli interessi, le commissioni, le imposte e tutte le altre spese che il consumatore deve pagare in relazione al contratto di credito e di cui il soggetto concedente il credito è a conoscenza, escluse le spese notarili

- La pratica delle banche: costi frontali/costi di durata......e il consumatore paga!

Benché tali norme siano una fedele traduzione di quanto stava scritto nella seconda direttiva, il sistema bancario italiano ha presto travisato sia il contesto che gli obiettivi che l’Unione Europea si era prefissata con questa direttiva: quello di imprimere una maggiore accelerazione nell’erogazione di crediti di entità non eccessiva. 

Come abbiamo appena evidenziato, il credito al consumo è un mercato con finanziamenti “di corto respiro”, nel quale i costi dovrebbero essere noti sin dal principio, e non determinabili a posteriori. Peraltro, spesso i grandi gruppi bancari non hanno l’interesse a rivolgersi ad intermediari e internalizzano i costi di commercializzazione dei loro contratti, come pure i servizi di assicurazione. 

In altre parole, nel credito al consumo la distinzione tra costi frontali (costi di istruttoria, premi assicurativi, provvigioni per gli intermediari etc.) e costi di durata, ossia quelli che ricorrono durante la vita del finanziamento e si manifestano al pagamento delle singole rate: tale differenza di oneri, oltre a risultare un nominalismo, si è rivelato un espediente per salvaguardare i margini di profitto delle banche. 

Non sfuggirà, infatti, che le banche hanno potuto, con questo stratagemma, fissare costi di istruttoria molto alti all’inizio e rimborsare poco o nulla in caso di estinzione anticipata, perseguendo così disegni palesemente elusivi delle norme comunitarie. 

- Gli effetti della sentenza Lexitor

Diviene così comprensibile il giudizio operato dalla Corte di Giustizia UE con la sentenza Lexitor. Al di là degli appigli cercati dalle banche nel sminuire la portata innovativa di questa sentenza (queste ultime sono persino arrivate a mettere in dubbio la traduzione in italiano), rimane fermo un dato: se deve essere ridotto il costo totale del credito, tale riduzione non può essere riferita solo ad alcune componenti del credito, cioè a quelle spese non ancora maturate nell’arco della durata del contratto. Deve trattarsi di una riduzione “proporzionale alla durata residua del contratto”, cioè relativa a tutte le componenti di costo. E ciò emerge, a chiare lettere, dagli articoli 121 e 125 del Testo Unico Bancario. 

Tra l’altro, la sentenza Lexitor, essendo stata emanata all’esito di un giudizio vòlto ad interpretare il contenuto della direttiva seconda, quest’ultima trasposta nell’ordinamento italiano, ha dispiegato efficacia retroattiva. 

Questo significa, per i non addetti ai lavori, che la sentenza ha dato modo di colpire tutti quei contratti di credito al consumo nei quali, da agosto 2010 ad oggi, sono stati previsti meccanismi di elusione del rimborso dei costi totali. E, tra questi, sono annoverati quelli del gruppo bancario al quale si riferisce l’ordinanza in commento: il giudice, infatti, ha condannato la banca a comunicare a tutti i clienti, oltre che su almeno tre quotidiani a tiratura nazionale, la possibilità di ottenere ulteriori rimborsi, oltre a quelli preventivati in allora. 

Vedremo, poi, in ulteriori uscite della giurisprudenza in che modo vengono concretamente calcolati i rimborsi. 

Di seguito, trovi in lettura la pronuncia. 

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