La pronuncia oggetto del nostro commento domenicale ha ad oggetto una tipologia di contratti che sono in continua diffusione, ossia quelli di consulenza finalizzata alla gestione dell'esposizione debitoria del consumatore.
La vicenda è molto interessate, in quanto abbiamo avuto modo di poterla affrontare, e riguarda l'ipotesi in cui il consumatore, indebitato, si rivolge ad una società che si propone di prendere in carico i suoi debiti, dietro il pagamento di un compenso, risolvendo le controversie con i banche, fisco ed altri debitori.
Usualmente, il consumatore chiede al consulente un aggiornamento sulla vicenda e dopo non aver ricevuto sufficienti rassicurazioni da parte del professionista, chiede che il contratto sia risolto con restituzione della somma versata.
Quest'ultimo aderisce alla risoluzione del contratto, ma invoca la clausola contrattuale che prevede, come nel caso affrontato dal Tribunale di Bolzano, il riconoscimento dell'intero compenso in favore del professionista: "### in ogni caso di rapporto fiduciario, e ferme restando le previsioni di cui al d.lgs. 206/05, è facoltà del cliente di recede dal presente contratto in qualsivoglia momento, anche successivamente al termine espressamente previsto dalla legge e riportato in appresso, sub 8., previa comunicazione a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento.
In tale ultimo caso, spirato il termine di legge ivi indicato, la società od i professionisti incaricati avranno diritto a pretendere dal Cliente l'intero compenso pattuito.".
Nel caso di specie, il consumatore aveva esercitato il diritto di recesso dal contratto, chiedendo la restituzione degli effetti cambiari inviati alla società di consulenza.
La società aveva opposto rifiuto alla restituzione delle cambiali invocando la clausola contrattuale sopra richiamata.
Il Tribunale di Bolzano, ai fini della decisione, è stato chiamato a valutare il carattere vessatorio della citata condizione contrattuale ed opera una ricostruzione del quadro normativo previsto in materia, ricordando che la clausola può essere classificata come vessatoria nel caso in cui, malgrado la buona fede, determini un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto in danno del consumatore.
Con la clausola vessatoria, di conseguenza, vengono ridotti i diritti del consumatore, oppure vengono "allargati" quelli del professionista, con limitazione nell'applicazione della normativa di settore.
Peraltro, al Professionista è data la possibilità di superare il limite normativo, facendo apporre la famosa doppia firma, previa dimostrazione che la seconda sottoscrizione è stata oggetto di specifica trattativa personale.
Quindi? il professionista può superare le clausole vessatorie, facendo firmare al consumatore in modo specifico l'approvazione della condizione contrattuale, ma dovrà dimostrare di aver illustrato e negoziato in modo specifico la clausola con la controparte.
In materia di mediazione, appare opportuno richiamare la Corte di Cassazione (sentenza n. 22357/2010), la quale ha statuito che deve presumersi come vessatoria la clausola con la quale il mediatore attribuisca a se stesso la provvigione anche nel caso di mancata conclusione dell'affare oggetto del contratto, con applicazione delle regole sopra richiamate.
Peraltro, la valutazione della clausola e della sua applicazione nel rapporto tra le parti, non può non tenere in considerazione l'attività e l'organizzazione predisposta dal mediatore nella ricerca di arrivare alla conclusione dell'affare.
E ciò è avvenuto nel caso di specie? il contratto di consulenza/mediazione ha rispettato i principi sopra enunciati e la clausola vessatoria è stata oggetto di pregressa trattativa personalizzata? ed è stata svolta dell'attività tale da giustificare il compenso preteso dal mediatore?
Il Tribunale di Bolzano è, sul punto, inequivocabile e merita di essere richiamato: "La clausola prevede infatti una cd. “multa penitenziale” (art. 1373 co. 3 c.c.) e non attiene alla misura del corrispettivo delle prestazioni pattuite.
Nel merito, la clausola prevede che, nel caso di recesso del consumatore in corso di esecuzione del rapporto contrattuale, il consumatore sia obbligato a corrispondere alla società di consulenza l'intero compenso pattuito. La clausola non prevede dunque alcuna modulazione o gradualità dell'ammontare della multa penitenziale, in funzione dell'attività fino a quel momento concretamente svolta dalla società professionista.
In forza di una simile previsione contrattuale, pertanto, pur a fronte di prestazioni assai limitate o ridotte (o addirittura di nessuna prestazione) da parte del professionista, quest'ultimo ha comunque diritto all'intero compenso pattuito per il solo fatto del recesso esercitato dal consumatore.
Ebbene in tal caso, secondo l'insegnamento della Suprema Corte sopra citato, il controllo del giudice impedisce tale automatismo, che si tradurrebbe altrimenti in uno squilibrio eccessivo delle prestazioni contrattuali a svantaggio della parte debole del contratto.".
Nel caso di specie, infatti, l'agenzia aveva svolto una limitata attività nei due mesi successivi al conferimento del mandato, e non ha dato prova di aver svolto dell'attività tale, con una organizzazione volta al raggiungimento degli obiettivi perseguiti con la conclusione dell'accordo tra le parti.
Il Giudice, quindi, non ritiene giustificata la condizione contrattuale, considerandola vessatoria nella misura in cui crea una carenza di equilibrio contrattuale tra le parti, non superata da alcuna trattativa personalizzata.
Il Tribunale di Bolzano conclude dichiarando la nullità della clausola contrattuale, con ordine di restituzione delle cambiali sequestrate in favore del consumatore.
Qui la sentenza del Tribunale di Bolzano.