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giovedì 15 ottobre 2020

Nullo il finanziamento "baciato" venduto da Veneto Banca

Questa domenica dedichiamo il nostro intervento ad una recente sentenza del Tribunale di Treviso chiamato a giudicare la (in)validità delle famose operazioni "baciate".

Questa vicenda ha riguardato molti risparmiatori, sia di Veneto Banca che di Banca Popolare di Vicenza, rimasti "incastrati" nei vari aumenti di capitale disposti dagli istituti di credito prima del loro default (vedi qui).

- Le operazioni baciate 
Le "baciate" consistono in due operazioni bancarie, formalmente distinte, ma in pratica collegate con le quali il consumatore viene costretto a diventare azionista della banca.

Nella vicenda affrontata dal Tribunale di Treviso, dei consumatori avevano fatto la richiesta alla filiale di Veneto Banca di un mutuo fondiario, con costituzione di ipoteca da parte di un terzo su altro immobile.

La banca, così come accertato all'esito del procedimento giudiziario, aveva subordinato la concessione del credito all'acquisto da parte del mutuatario di 4172 azioni dall'importo complessivo di euro 170.000,00. Le azioni, così come risulta dal provvedimento, sarebbero state poste in pegno in favore di una società finanziaria.

L'intreccio tra le operazioni finanziarie, all'apparenza distinte ed autonome, presentava i caratteri di un collegamento con il quale il finanziamento era strumentalmente utilizzato all'acquisto di titoli della stessa banca, vincolando il consumatore alle sorti dell'istituto di credito concedente il mutuo.

In altri termini, la proposta della banca era subordinata all'utilizzo di parte dell'importo concesso a prestito all'acquisto di titoli azionari dello stesso istituto di credito. 

- Violazione dell'art. 2358 c.c. - limite 
Anche il Tribunale di Treviso, come evidenziato da altri giudici di merito (vedi Tribunale di Vicenza), ha accertato e dichiarato la nullità delle operazioni baciate per aver superato il limite previsto all'art. 2358 c.c., norma che dispone il divieto di acquisto di azioni proprie da parte della società: "La società non può, direttamente e indirettamente, accordare prestiti, né fornire garanzie per l'acquisto e la sottoscrizione delle proprie azioni, se non nel alle condizioni previste dal presente articolo", che nel caso di specie non sono risultate ricorrenti.

La complessa operazione creata dalla banca, così come in altri casi accertati anche dall'Antitrust nell'indagine dei "mutui soci" (vedi qui), era diretta a creare un chiaro vantaggio per la stessa banca, la quale acquisiva nuovi soci con denaro, di fatto, della stessa banca.

Come è noto questa pratica ha creato un patrimonio delle banche interessate "gonfiato", ossia rappresentato da capitali solo formalmente di terzi, mentre erano dello stesso istituto di credito, aumentando il valore delle azioni, in danno dei consumatori/azionisti e del mercato.

Nel caso di specie, la nullità delle operazioni rileva sia sotto il profilo della destinazione di parte della somma ottenuta dai clienti della banca all'acquisto delle azioni di quest'ultima, sia dal punto di vista della successiva costituzione del pegno sui medesimi valori mobiliari.

- Nullità - conseguenze
Quali conseguenze sono legate alla violazione del divieto ex art. 2358 c.c.? il Tribunale di Treviso è estremamente chiaro, spiegando che: "La violazione della norma imperativa determina in primo luogo la nullità delle operazioni di sottoscrizione e di acquisto delle azioni di Veneto Banca […] in quanto esito della condotta di finanziamento vietata; essa si riflette anche sul contratto di mutuo, nella parte relativa alla messa a disposizione della provvista utilizzata illecitamente per l'acquisto non consentito delle azioni, atteso che la norma di cui all'art. 2358 c.c. riferisce espressamente il divieto ivi sancito proprio al finanziamento […]".

I due negozi giuridici (finanziamento - acquisto di azioni di Veneto Banca), seppur formalmente autonomi e giuridicamente slegati, sono tra essi collegati, sicché la nullità dell'acquisto delle azioni comporta la nullità del finanziamento, entro il limite della somma destinata all'acquisto dei titoli bancari.

E quindi, mentre rimane valida la restante parte del mutuo fondiario, quella destinata al finanziamento della ormai scomparsa Veneto Banca non è valida.

In che misura la banca subentrante (Intesa Sanpaolo) risponde per la nullità sopra richiamata? Anche per il Tribunale di Treviso, la banca subentrante può rispondere solo per il debito accumulato successivamente alla cessione in quanto le viene contestato di "[…] aver continuato a incassare, dopo la cessione, ratei di mutuo in parte ab origine nullo e in parte in realtà già estinto".

E quindi, sulla base di un controllo e ricalcolo della posizione, risulta che il debito dovuto dal cliente era già estinto essendo stato ampiamente rimborsato dal consumatore.

Il Tribunale, in conclusione, dichiara estinto il mutuo ed ordina la cancellazione delle ipoteche legate alla concessione del finanziamento in favore del consumatore veneto.

Qui potete trovare la sentenza del Tribunale di Treviso del 4 maggio 2020.

martedì 6 ottobre 2020

Consulenti finanziari. I venditori porta a porta non forniscono pareri: piazzano prodotti costosi

Fonte: Il Fatto Quotidiano
22 giugno 2020
Caesar non supra grammaticos: anche l’imperatore non aveva potere sulla lingua. Così nessuna legge della Repubblica può cambiare il significato delle parole. Non vogliamo però affrontare questioni di purismo linguistico, bensì una grave stortura della normativa sul risparmio in Italia.

I venditori porta a porta di investimenti ci provarono subito, quando negli anni '70 collocavano gli sciagurati titoli atipici. Già allora cercavano di presentarsi come consulenti finanziari, per ispirare più fiducia. Ma per fortuna il Testo Unico della Finanza (Tuf) tenne la barra a dritta, imponendo la corretta denominazione di promotori finanziari. Poi però, col governo Renzi e ministro dell’economia Pier Carlo Padoan, all’industria del risparmio gestito riuscì il colpaccio. La Legge di Stabilità 2016 ribattezzò in consulenti i promotori finanziari, senza per altro cambiare la sostanza delle cose. Così ora si fregiano di tale titolo soprattutto venditori, agenti di commercio o dipendenti di banca. In tal modo gli è più facile carpire la fiducia dei risparmiatori, intrappolando i loro soldi in tutta una serie di scatole nere: fondi comuni, polizze vita, piani previdenziali ecc.

I pochissimi in Italia che davvero campano fornendo consigli ai risparmiatori, meno di 300 persone fisiche e 50 società, sudano quattro camicie per smarcarsi dai venditori porta a porta e sportello a sportello. In particolare dagli oltre 50 mila sedicenti consulenti ma di fatto promotori finanziari.

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