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martedì 11 novembre 2025

Carte revolving e trasparenza: dalla Spagna un segnale utile anche per i consumatori italiani

Il tema delle carte di credito revolving torna al centro del dibattito europeo, rappresentando uno degli argomenti più controversi nei rapporti banca/consumatore. 

Questa volta lo scenario è la Spagna, dove il Tribunale di Barcellona (sentenza n. 423/2025 del 19 maggio 2025), ove è stato trattato il caso di un contratto di credito revolving stipulato con un noto istituto finanziario, fissando principi che – pur nascendo in un ordinamento straniero – richiamano direttamente la disciplina europea e quindi possono interessare anche i consumatori italiani (per un controllo della tua posizione, scrivi a sos@consumatoreinformato.it).


A.- Che cosa ha stabilito il Tribunale di Barcellona

Il giudice catalano è stato chiamato a valutare un contratto con TAEG al 24,51%, stipulato da una consumatrice con una nota finanziaria. La cliente lamentava interessi usurari e mancanza di trasparenza.

La Corte ha chiarito due aspetti fondamentali:

        (1) Confronto dei tassi: per stabilire se un credito revolving sia usurario, il raffronto non va fatto con i prestiti al consumo in generale, ma con i tassi specifici delle carte revolving, data la loro particolare struttura.

    (2) Trasparenza: non tutte le carte revolving sono automaticamente abusive, ma lo diventano quando il consumatore non riceve informazioni chiare e comprensibili sui costi reali, sul sistema di ammortamento e sui rischi (come l’effetto “valanga”, cioè il debito che si autoalimenta).

Il Tribunale ha concluso che, nel caso concreto, l’istituto aveva fornito informazioni sufficienti e non vi erano gli elementi tipici di abuso. Tuttavia, ha ribadito che il controllo di trasparenza resta essenziale.


B.- Perché interessa anche i consumatori italiani

La sentenza si fonda sulla Direttiva 93/13/CEE sulle clausole abusive e sulla Direttiva 2008/48/CE sul credito ai consumatori: norme europee che valgono in tutta l’Unione, Italia compresa.

La Corte di Giustizia UE ha già chiarito che il consumatore deve essere messo in condizione di capire il peso economico e giuridico del contratto, non solo leggerlo in modo formale. Questo principio è stato recepito anche dalla giurisprudenza italiana, ad esempio in materia di anatocismo o di mutui con clausole poco chiare.


C.- I rischi del credito revolving

Il problema principale delle carte revolving è che:

  • dietro rate piccole e apparentemente “facili”,
  • si nascondono interessi molto alti e tempi di rimborso lunghissimi,
  • con il rischio di diventare “debitori prigionieri”, come li ha definiti la stessa Corte Suprema spagnola.


D.- Cosa significa per i consumatori italiani

Anche se la sentenza è spagnola, il messaggio vale per tutti:

  1. Leggere attentamente i contratti prima di firmare.
  2. Pretendere la scheda informativa europea standardizzata (SECCI), che deve indicare TAEG, modalità di rimborso e costi.
  3. Confrontare sempre il TAEG con i tassi medi pubblicati dalla Banca d’Italia: se la differenza supera di molto la media, si può sospettare usura.
  4. In caso di dubbi, rivolgersi ad associazioni dei consumatori o legali specializzati per valutare la nullità di clausole abusive.

Tribunale di Barcellona.

mercoledì 5 novembre 2025

Fideiussione ≠ contratto autonomo di garanzia - la posizione della Cassazione

Questa domenica torniamo a trattare un argomento molto delicato per i consumatori che, costretti a firmare contratti di garanzia forniti alla banca, si trovano in una successiva vicenda di difficoltà creditizia (per una valutazione dei vostri contratti bancari, scrivete a sos@consumatoreinformato.it).

Abbiamo già trattato l'argomento (vedi qui), evidenziando che spesso la banca vi chiede una garanzia, facendovi firmare dei moduli poco chiari, con il rischio di acquisire maggiori rischi e limiti rispetto a quelli necessari.

Occorre ricordare che a fideiussione è la forma più “classica” di garanzia bancaria: il garante si obbliga insieme al debitore principale, ma la sua responsabilità è collegata a quella del debitore.

In termini più semplici, se il debitore principale non paga, la banca "bussa" alla porta del garante (fideiussore), ma quest’ultimo può rivendicare le medesime tutele che spettano all'obbligato principale: può opporre le stesse difese del debitore (per esempio: il debito è nullo, già pagato, prescritto). Inoltre la banca deve rispettare i tempi fissati dall’art. 1957 c.c., cioè agire entro 6 mesi, altrimenti perde la possibilità di pretendere i soldi dal garante.

Ben diversa è la vita per colui che sottoscrive un contratto autonomo di garanzia, in quanto con la firma della garanzia non gode delle medesime tutele: il garante si impegna a pagare subito, senza poter sollevare eccezioni, anche se il debitore principale contesta il debito. Qui non c’è accessorietà: la garanzia “vive da sola” e non dipende dal debito principale. 

Questo tipo di garanzia è spesso usato nei grandi contratti tra imprese, negli appalti, nelle operazioni internazionali ed è richiesto dagli istituti di credito al fine di evitarsi successivi tentativi di evitare il pagamento da parte dei garanti.

E' facile comprende la grande differenza tra i due istituti: nel primo caso il garante ha degli scudi, nel secondo è praticamente indifeso.


- Cassazione ordinanza n. 14704/2025

La Suprema Corte ha voluto chiarire alcuni punti, partendo da una tipica vicenda ove il garante era un privato che aveva firmato due garanzie a favore di una banca:

  • una fideiussione omnibus (cioè che copre più operazioni bancarie),
  • una fideiussione specifica su un mutuo.

Nel caso di specie, la Corte d’Appello di Bologna aveva detto classificato i due contratti come contratti autonomi di garanzia (e non fideiussioni) partendo dalla lettura delle clausole contenute all'interno.

In entrambi i contratti risultava la seguente dicitura “il garante paga a semplice richiesta scritta, anche in caso di opposizione del debitore” ossia una dichiarazione esplicita di rinuncia alle prerogative riconosciute al fideiussore, tanto da farle rientrare nello schema negoziale del contratto autonomo di garanzia.

La Cassazione ha ritenuto la posizione della Corte di appello di Bologna errata, evidenziando che non può bastare la sola clausola “a prima richiesta” per poter escludere la natura di fideiussione di un contratto.

Secondo gli Ermellini, il giudice deve guardare l’intero contratto: se ci sono riferimenti alla solidarietà col debitore, al termine dell’art. 1957 c.c., alla parola stessa “fideiussione”, allora significa che resta una fideiussione classica.

Solo quando la garanzia è davvero indipendente dal debito principale, senza vincoli di accessorietà, si può parlare di contratto autonomo di garanzia.

La pronuncia assume una certa importanza per noi tutti, in quanto limita le banche che vogliono limitare i diritti dei consumatori inserendo la semplice dicitura “a prima richiesta” per trasformare la fideiussione in un impegno senza difese.

Grazie a questa difesa, invece, il garante viene più tutelato, in quanto l'istituto di credito deve rispettare termini e condizioni precise e il garante può far valere le stesse eccezioni del debitore.


- Attenzione a cosa si firma: alcuni consigli

Di seguito, vi proponiamo alcuni consigli prima di offrire una garanzia scritta in favore di terzi (amici, parenti, società etc.....).




















Corte di Cassazione - Sezione III^ Civile - Ordinanza n. 14704/2025

lunedì 15 settembre 2025

Polizze unit linked: se l’intermediario non informa, deve pagare

Questa domenica vi proponiamo la recente decisione assunta dall'Arbitro per le controversie finanziarie, la n. 8075 del 26 giugno 2025, con la quale viene ribadito il principio della tutela informativa dei consumatori, vero e proprio pilastro nei rapporti con gli operatori finanziari.


Nel caso in esame, una risparmiatrice aveva sottoscritto una polizza unit linked multi-opzione – una forma di investimento assicurativo – sulla base della consulenza fornita dall’intermediario (per una valutazione della vostra posizione, scrivete a sos@consumatoreinformato.it). 

A seguito della liquidazione, la consumatrice ritirava un importo inferiore al capitale versato e, non avendo ricevuto le informazioni dalla banca, decideva di rivolgersi all’ACF, proponendo le seguenti contestazioni:
a.- mancata consegna della documentazione informativa obbligatoria;
b.- profilatura approssimativa;
c.- omessa valutazione di adeguatezza del prodotto finanziario.

- I rilievi dell'ACF
Informazione inadeguata sulle opzioni d’investimento: trattandosi di una polizza che consente la scelta tra oltre 200 fondi interni, era necessario fornire non solo il KID generico, ma anche i KID specifici relativi ai fondi effettivamente selezionati.

Valutazione di adeguatezza discutibile: i report risultavano vaghi, formulati con frasi standard, e non emergeva alcuna vera motivazione sulla coerenza tra profilo dell’investitore e scelta del prodotto.

Il principio ribadito è chiaro: la sottoscrizione di dichiarazioni precompilate non prova la reale consapevolezza dell’investitore, soprattutto quando si tratta di strumenti complessi e altamente personalizzabili.

L’ACF ha quindi accolto il ricorso e condannato l’intermediario al risarcimento integrale del danno patrimoniale subito dalla risparmiatrice.

- Perché è una decisione importante per i consumatori
Sempre più spesso i risparmiatori vengono indirizzati verso prodotti assicurativi che mascherano un investimento, minimizzando i rischi in fase di consulenza. Ma come abbiamo spiegato anche nell’articolo Il consumatore davanti alla complessità delle polizze unit linked, la reale comprensione del rischio dipende dalla correttezza delle informazioni ricevute, non dalla quantità di firme apposte.

Questa pronuncia ricorda che l’intermediario ha il dovere di informare in modo completo e tempestivo. Indicare che i documenti sono disponibili online non equivale a una consegna: la trasparenza non è una formalità, è un obbligo.

Di seguito, la decisione n. 8075 del 26 giugno 2025.

lunedì 1 settembre 2025

Corte UE interviene in favore dei consumatori nei mutui in franchi svizzeri

Nuovo intervento della Corte di Giustizia dell'Unione Europea in favore dei consumatori rimasti vittime dei mutui in franchi svizzeri, un particolare tipo di finanziamenti che sono stati proposti ai piccoli consumatori una decina di anni fa (clicca qui).

Sotto questo profilo, la causa C‑396/24 rappresenta un nuovo ed importante passo nella lunga battaglia dei consumatori europei per la trasparenza e l'equità nei contratti di mutuo, soprattutto quelli legati al controverso tema dei mutui indicizzati in valuta estera, in questo caso il franco svizzero (CHF) (per un controllo del mutuo, scrivi a sos@consumatoreinformato.it).


- la vicenda

La vicenda riguarda alcuni consumatori polacchi che avevano sottoscritto un contratto di mutuo in zloty, ma con il capitale e le rate indicizzate al franco svizzero. 

Il franco svizzero era considerato una valuta "forte", stabile e con minore rischio di oscillazione rispetto alla valuta locale, con effetti ridotti per il mutuatario che deve rimborsare il credito attraverso le rate.

Purtroppo, molti consumatori si sono ritrovati con mutui che, in seguito alle variazioni del cambio, sono diventati molto più onerosi rispetto alle previsioni iniziali, spesso senza aver pienamente compreso i rischi che stavano assumendo.


- C - 396/2024: l'intervento della Corte

La Corte è stata chiamata a decidere in merito alla validità di un contratto di mutuo che prevedeva la conversione delle rate e del capitale in base al cambio tra la valuta polacca e il franco svizzero, con applicazione di un tasso di cambio pre determinato unilateralmente dalla banca.

Il giudice comunitario ha rilevato, inoltre, che nel contratto di mutuo non vi era una chiara descrizione dei rischi collegati alla clausola di conversione.

Pe tale ragione, Il giudice polacco ha chiesto alla Corte UE se le condizioni contrattuali potevano essere considerate abusive, in quanto non effettivamente negoziate tra le parti, e quali sono le conseguenze per i consumatori se le clausole risultano illegittime.

La Corte ha voluto ribadire alcuni principi fondamentali a tutela dei consumatori in materia di mutuo:

    1. Protezione contro le clausole abusive

La Direttiva europea 93/13/CEE vieta l'inserimento nei contratti con i consumatori di clausole che creano uno squilibrio significativo a danno della parte più debole, soprattutto se il consumatore non ha avuto modo di comprenderne le conseguenze o se tali clausole non sono state oggetto di una vera negoziazione.

Nel caso dei mutui indicizzati al franco svizzero, è particolarmente importante valutare se:

            - il consumatore è stato adeguatamente informato,

            - il contratto espone in modo chiaro e trasparente i rischi connessi al cambio,

            - il consumatore ha potuto decidere in piena consapevolezza.

Laddove una di queste condizioni non viene rispettata, la clausola contrattuale non può essere considerata valida e vincolante per il consumatore.

    2. Le clausole devono essere comprensibili

A tale prima forma di tutela, la Corte ne fa seguire una ulteriore che incide direttamente nel modello contrattuale e nella modalità con la quale le informazioni vengono rese note al consumatore.

Sotto questo profilo, il professionista non deve limitarsi a riportare la clausola nel contratto, ma la sua esposizione deve essere comprensibile, sia sul piano formale che sostanziale

Deve essere garantito al contraente debole, il consumatore, la possibilità di comprendere non solo il significato letterale delle clausole, ma anche le conseguenze economiche concrete, come l'effetto di un aumento del cambio CHF/PLN sulle rate o sul debito residuo.

Laddove la clausola non è trasparente e chiara, la stessa dovrà essere dichiarata nulla dal giudice.

    3.  Clausola nulla - le conseguenze

Se una clausola abusiva è essenziale per l'equilibrio del contratto, il giudice può arrivare a dichiarare l'intero contratto nullo. In tal caso, il consumatore ha diritto:

  • alla restituzione delle somme pagate in eccesso;
  • a vedere ricalcolato il mutuo in modo equo;

La nullità della clausola contrattuale non comporta, in linea di massima, la nullità dell'intero contratto di mutuo, salvo casi ben specifici.

Corte di giustizia Unione europea C- 396/2024

domenica 22 giugno 2025

I contratti di credito al consumo devono essere più trasparenti. Così la Corte di giustizia UE

Nuovo intervento della Corte di giustizia dell'Unione europea in materia di validità delle clausole inserite nel contratto concluso con il professionista e volta a garantire una protezione effettiva dei consumatori, con particolare riferimento alla validità delle clausole contrattuali, la trasparenza nelle pratiche commerciali e la corretta applicazione delle normative europee sui contratti di credito al consumo.

La vicenda prende le mosse da una controversia sorta tra una banca con un suo cliente e relativa alla legittimità delle clausole inserite in un contratto di credito e contestate dal consumatore per violazione delle norme in materia di trasparenza.

Il consumatore ha contestato alla banca che le disposizioni contrattuali  sarebbero abusive e contrarie alle norme europee, violando i principi di protezione e informazione previsti dalle direttive europee.

Il giudice comunitario, investito della vicenda, ha voluto affrontare la questione richiamando le direttive europee più rilevanti in materia:

- Direttiva 93/13/CEE sulle clausole abusive nei contratti con i consumatori, che mira a prevenire l'introduzione di clausole che possano pregiudicare la posizione dei consumatori.

- Direttiva 2005/29/CE sulle pratiche commerciali sleali, che obbliga le imprese a evitare comportamenti ingannevoli o coercitivi nei confronti dei consumatori.

- Direttiva 2008/48/CE sul credito ai consumatori, che impone specifici obblighi informativi sulle condizioni dei contratti di credito.

Dopo aver operato un ambia descrizione delle norme comunitarie, il giudice comunitario ha voluto verificare se le norme del contratto di cui trattasi siano, nella sua applicazione, coerenti e rispettose dei principi comunitari, valutando se le clausole in discussione rispettassero gli standard di trasparenza e non ledessero i diritti dei consumatori.

La sentenza oggetto della nostra segnalazione ha analizzato tre profili relativi alle clausole contrattuali.


a) Trasparenza e chiarezza delle clausole contrattuali

Uno degli aspetti cruciali trattati dalla Corte riguarda la necessità che le clausole siano redatte in modo chiaro e comprensibile, con particolare attenzione alla valutazione della buona fede delle parti e alla possibilità per il consumatore di comprendere appieno le implicazioni delle condizioni sottoscritte. 

Se una clausola non è chiara o se non consente al consumatore di comprendere l’effettivo impegno finanziario che sta assumendo, essa può essere considerata abusiva.


b) Interpretazione favorevole al consumatore

Un altro punto rilevante emerso dalla sentenza è il principio secondo cui, in caso di ambiguità interpretativa di una clausola, questa deve essere interpretata nel modo più favorevole al consumatore. La Corte ha ribadito che, nel caso di contrasti tra le parti, il consumatore, come parte più debole, deve essere tutelato in via prioritaria.

Ricordiamo che tale principio ha una sua rappresentazione anche nel codice civile, all'art. 1371 c.c.: "Le clausole inserite nelle condizioni generali di contratto o in moduli o formulari predisposti da uno dei contraenti s'interpretano, nel dubbio, a favore dell'altro.".


c) Obblighi di informazione delle istituzioni finanziarie

La Corte ha sottolineato che le istituzioni finanziarie hanno l'obbligo di fornire ai consumatori informazioni chiare, complete e trasparenti riguardo ai costi, alle condizioni di rimborso e agli oneri associati ai contratti di credito

Questa trasparenza è fondamentale per garantire che il consumatore possa prendere decisioni consapevoli, evitando che venga indotto a sottoscrivere contratti che non rispecchiano pienamente le sue esigenze o capacità economiche.

Di fatto, l'intervento del giudice comunitario mira a ribadire principi già enucleati dai giudici continentali e che dovrebbero avere un impatto significativo sui contratti di credito al consumo, poiché obbligano le istituzioni finanziarie a rivedere le loro pratiche e a garantire che tutte le clausole siano conformi ai requisiti di protezione dei consumatori. Le banche e gli enti finanziari dovranno porre maggiore attenzione nel redigere contratti di credito, evitando di inserire clausole che possano risultare inique o poco trasparenti.

La sentenza rafforza anche l'obbligo di fornire una corretta informativa pre-contrattuale, non solo per evitare pratiche ingannevoli ma anche per facilitare una scelta consapevole da parte del consumatore, che deve essere posto nelle condizioni di comprendere pienamente le implicazioni delle proprie scelte finanziarie.

Per maggiori informazioni, scrivi a sos@consumatoreinformato.it.

giovedì 5 giugno 2025

Anche il Tribunale di Torino in favore dei consumatori - nulla la fideiussione bancaria

Ancora un intervento di un giudice ribadisce il carattere abusivo delle clausole inserite nelle fideiussioni che limitino il diritto previsto in favore dei consumatori dall'art. 1957 c.c., riaffermando il principio esposto di recente dalla Cassazione (vedi qui).

Per maggiori informazioni, puoi scrivere a sos@consumatoreinformato.it.

Il caso affrontato dal giudice piemontese è il medesimo affrontato da migliaia di consumatori che devono fornire la garanzia per una persona e, all'atto della firma della fideiussione, sottoscrivono la classica clausola standard imposta dalla banca con la quale viene permesso all'istituto di credito di agire nei confronti del garante anche oltre i sei mesi di tempo previsti dall'art. 1957 c.c..

Così facendo, molte banche hanno disattivato tutte le difese del garante, potendo rivolgersi a quest'ultimo anche a distanza di anni, con aggravio di costi ed interessi verso il terzo rimasto estraneo al rapporto bancario principale.

Il Tribunale di Torino ha dichiarato la clausola contrattuale che prevede la rinuncia al limite di cui all'art. 1957 c.c. è abusiva, in quanto squilibrata e svantaggiosa per il consumatore, con conseguente sua nullità.

Nel caso di specie, alla dichiarazione di nullità della clausola è seguita la cancellazione del risparmiatore dalla Centrale Rischi quale  "cattivo pagatore" ed è stato imposta all'istituto di credito  una penale di 50 € al giorno per ogni giorno di ritardo nella cancellazione.

Qui di seguito, il Tribunale Torino, Sez. I^ Civ., Sent., 04/02/2025, n. 555

lunedì 12 maggio 2025

La Cassazione torna sulla definizione di consumatore nel trading on line

Con l’ordinanza oggetto del nostro commento, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione sono intervenute al fine di ribadire la definizione di consumatore nei contratti di trading online e la conseguente validità delle clausole di proroga della giurisdizione in favore di fori esteri.


- La vicenda: contratti conclusi con società estere - deroga alla giurisdizione italiana

La vicenda sottoposta alla decisione della Suprema Corte riguarda un contratto di trading on line concluso tra un consumatore italiano ed una società cipriota e che prevede, tra le varie clausole, la deroga al giudice italiano in favore di quello di Cipro. 

A seguito di alcune contestazioni sollevate dal consumatore, quest'ultimo ha convenuto in giudizio la società avanti al giudice italiano (Tribunale di Avellino), ma la società si è costituita sollevando l'eccezione di carenza di giurisdizione richiamando la norma contrattuale che, a detta del professionista, derogherebbe la normativa UE in materia di un contratto “concluso da consumatore”.


- La qualificazione del consumatore - conseguenze

Il Giudice di legittimità ha voluto ricordare i principi che regolano tale materia, riaffermando che la qualifica di consumatore dipende dallo stato soggettivo all'interno del quale opera il contrante e non dalla condotta tenuta dal soggetto contrattuale.

Richiamando il Regolamento CE 44/2001 (norma in seguito sostituita), gli Ermellini hanno ricordato che l’articolo 15, § 1, lett. c) precisa che "[...] la competenza in materia di contratti conclusi da una persona, il consumatore, per un uso che possa essere considerato estraneo alla sua attività professionale. Tale disciplina opera in tutti i casi in cui il contratto sia stato concluso con una persona le cui attività commerciali o professionali si svolgono nello Stato membro in cui è domiciliato il consumatore o sono dirette, con qualsiasi mezzo, verso tale Stato membro o verso una pluralità di Stati che comprende tale Stato membro, purché il contratto rientri nell'ambito di dette attività.". 

Il successivo articolo 16 dispone che l'azione del consumatore proposto verso il professionista può essere introdotta davanti al giudice ove lo stesso è domiciliato, non trovando applicazione eventuali deroghe contrattuali al presente principio.

La Corte ha richiamato la giurisprudenza della CGUE, in particolare la sentenza Petruchová (C-208/18), secondo la quale nemmeno il coinvolgimento in operazioni speculative esclude automaticamente la qualifica di consumatore, prevalendo l'aspetto soggettivo: chi opera come consumatore, può giovarsi della normativa di tutela in qualsiasi situazione.

Nel caso di specie, l'investitore non ha agito quale operatore qualificato, e rientrando tra i consumatori che agiscono per finalità personali, indipendenti da attività professionali, può giovarsi delle norme previste in suo favore.

Cass. SSUU Ordinanza n. 25954/2024 (visibile con browser Opera - VPN attivo)

lunedì 5 maggio 2025

Credit Suisse - UBS: la fusione che ha "freddato" i risparmiatori (anche italiani)

La vicenda relativa alla fusione di Credit Suisse con UBS non ha riscontrato molto interesse nei media negli ultimi anni, anche se sono stati coinvolti molti azionisti che hanno visto perdere parte rilevante del proprio capitale a causa del concambio operato.

L'azzeramento dei titoli obbligazionari di Credit Suisse ha coinvolto anche banche estere (tra cui i più grandi gruppi italiani), rimasti "fregati" dall'azzeramento delle obbligazioni At1, titoli acquistati da molte banche ed inseriti nelle varie gestioni patrimoniali o fondi comuni.

Di fatto, come osservato da Beppe Scienza, questo titolo è stato "girato" verso i risparmiatori, rimasti vittime dell'operazioni finanziaria che ha visto coinvolte le due banche svizzere: "è falso che nessun piccolo risparmiatore italiano sia stato coinvolto. I fondi comuni sono investitori istituzionali che comprano i titoli di fatto per conto dei proprio clienti." (clicca qui).


- La fusione Credit Suisse-UBS e la questione concambio

Nei primi mesi del 2023, Credit Suisse e UBS decidono di avviare una maxi fusione, giustificata dalla crisi finanziaria, e finalizzata a creare un polo bancario competitivo in ambito mondiale.

A causa di questa operazione, gli ex azionisti di Credit Suisse hanno ottenuto, per la quota di azioni in loro possesso, azioni di UBS con un rapporto di concambio molto svantaggioso.

All'atto della fusione è stato deciso che per ogni 22,48 azioni di Credit Suisse, l'azionista avrebbe ricevuto una azione di UBS, con evidente perdita di valore dei titoli dell'ex banca (valutazione di 76 centesimi di franco per azione, a fonte di una ultima valutazione in  borsa di 1,86 franchi).

martedì 29 aprile 2025

Nessun obbligo di mediazione per le polizze fideiussorie

Questa domenica segnaliamo il recente provvedimento con il quale la Cassazione, dando seguito al suo orientamento, ha escluso l'obbligo di mediazione civile previsto dall’art. 5 del D.lgs. 28/2010 per le controversie aventi ad oggetto una polizza fideiussoria. 

La Corte di Cassazione ha chiarito che la polizza fideiussoria non rientra nelle categorie di contratti per cui la mediazione è condizione di procedibilità, confermando un'interpretazione restrittiva del concetto di "contratti assicurativi, bancari e finanziari", escludendo da questa categoria la polizza.

La Cassazione ha richiamato precedenti sentenze (Cass. 31209/2022, Cass. 12883/2021) che già escludevano l’obbligo di mediazione per contratti che, pur avendo una funzione economica affine a quelli bancari, non rientrano formalmente in tale categoria, come ad esempio i leasing immobiliari e convenzioni di assegno bancario.

Quale implicazione pratica rispetto a questo orientamento? il consumatore può agire in giudizio senza dover esperire un tentativo di mediazione civile e, sotto altro profilo, viene ribadito il principio secondo il quale la polizza fideiussoria va distinta dai contratti bancari e assicurativi.

Corte di Cassazione - Sez. III^ Civ. Ordinanza n. 1791/2025 (visibile con browser Opera - VPN attivo).

lunedì 14 aprile 2025

Polizze Fwu. Per molti un fallimento "vantaggioso": è un'occasione per porre un argine alle perdite

Fonte: Il Fatto Quotidiano
3 marzo 2025
Da due anni versava i premi per una polizza della lussemburghese Fwu e ora la compagnia è fallita. Che fortuna! Gli interessati si disperano, ma in realtà per molti il crac è un bene, non un male. Sfuggono un po’ malconci dalla trappola dove erano finiti e, a conti fatti, ci rimetteranno di meno.

Dai commenti sulla vicenda appare una generale ignoranza riguardo alle polizze vita Fwu con la formula dei piani di accumulo di capitale (pac), tanto apprezzata dal giornalismo economico italiano. Fra l’altro la sigla Fwu significa Forwardyou e ricorda i famigerati contratti ForYou della Banca del Salento. Marca male quando, fuori del mondo anglosassone, un prodotto finanziario ha un nome inglese; e marca malissimo, se c’è anche un accattivante You. “Ci concentriamo prima di tutto su di te”, scrive Fwu nel suo sito. Ma tutto il risparmio gestito si concentra sul cliente per spolparlo il più possibile.

giovedì 3 aprile 2025

La Cassazione chiarisce quando un mutuo condizionato può essere titolo esecutivo

Questa domenica vi segnaliamo la recente sentenza pronunciata dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione che ha risolto una questione relativa al contratto di mutuo (condizionato) e la sua configurabilità come titolo esecutivo mediante il quale la banca può procedere con una azione esecutiva verso il debitore.


- Premessa: contratto di mutuo e titolo esecutivo

L'art. 474 c.p.c. dispone, in generale, che tra i titoli esecutivi rientra anche il mutuo, permettendo alla banca di poter agire in via esecutiva vero l debitore, nel caso in cui quest'ultimo non adempia all'obbligo di rimborso.

Sotto questo profilo, la banca ha un enorme vantaggio, in quanto è sufficiente che il mutuatario non paghi alcune rate per poter agire nei suoi confronti, in modo automatico e senza un accertamento preventivo.

Questo principio, però, ha incontrato una limitazione da parte della Cassazione, chiamata a decidere un caso particolare, ossia il caso in cui il contratto di mutuo sia sottoposto a delle condizioni.


- Limiti all'azione della banca: le questioni

Il caso sottoposto all'attenzione della Cassazione prende avvio dall'azione esecutiva avviata dalla banca verso un mutuatario che non aveva pagato alcune rate del mutuo.

Il contratto, però, era particolare in quanto aveva previsto un vincolo cauzionale infruttifero della somma somma erogata dall'istituto di credito al mutuatario, con obbligo della banca di svincolarla solo al verificarsi di determinate condizioni. 

Con l'opposizione all'esecuzione, il cliente ha eccepito che il mutuo potesse essere considerato titolo esecutivo, in quanto il debito non sarebbe stato attuale ed esigibile prima dello svincolo.

Le questioni oggetto di disamina da parte della Corte di Cassazione sono:

1.- Il contratto di mutuo è sempre un titolo esecutivo?

2.- Nel caso in cui la somma oggetto di mutuo sia vincolata ad un deposito/pegno, la somma è immediatamente disponibile per il beneficiario e sorge, di conseguenza, il suo obbligo alla restituzione verso la banca (presupposto per l'azione esecutiva)?

3.- Un ulteriore punto oggetto di riflessione della Suprema Corte riguarda l'esigenza di un ulteriore atto (come un atto pubblico o una scrittura privata autenticata) per attestare lo svincolo e rendere il mutuo esecutivo: è necessario?


- Cassazione Sezioni Unite n. 5968/2025

La Suprema Corte ribadisce, in primo luogo, che il mutuo è un titolo esecutivo, ma solo se il mutuatario riceve la somma oggetto di contratto ed assume, in modo chiaro ed inequivocabile, l'obbligo di restituire la somma all'istituto erogante.

Il mutuo è un titolo esecutivo anche laddove la somma sia vincolata in un deposito irregolare o in pegno presso la banca, sempreché rimanga chiaro l'obbligo del mutuatario di restituire la somma al creditore.

Ne consegue, che il mutuo può costituire titolo esecutivo immediato, senza la necessità di un ulteriore atto finalizzato allo svincolo del deposito: non può essere considerato titolo esecutivo solo il contratto di mutuo ove le parti abbiano inserito una clausola con espressa esclusione dell’obbligo incondizionato di restituzione della somma.

L'effetto immediato della pronuncia della Cassazione è quello di rafforzare la posizione delle banche, consentendo alle stesse di avviare azioni esecutive senza necessità di ulteriori atti, anche quando il mutuo è accompagnato da clausole di deposito vincolato.

Sotto altro profilo, la sentenza SSUU 5968/2025 contribuisce a chiarire un nodo interpretativo per questo tipo di rapporti bancario, estendendo la qualità di titolo esecutivo anche a contratti di mutuo che prevedano vincoli accessori.

Di seguito, la sentenza n. 5968/2025 della Cassazione (visibile con browser Opera - VPN attivo).

sabato 29 marzo 2025

Interessi & usura - banca condannata a restituire al cliente € 12.000,00

Quando la banca esagera può essere condannata a restituire i soldi al consumatore e questo principio, tutt'altro che chiaro, è stato ribadito dal Tribunale di Torino di recente.

Per questa ragione, vi invitiamo a controllare i vostri contratti e verificare se vi sono i presupposti per chiedere la restituzione delle somme versate in eccesso alla banca (potete scrivere a sos@consumatoreinformato.it).

Il provvedimento oggetto del nostro intervento riguarda un contratto di finanziamento stipulato tra un consumatore ed un istituto di credito, ove l'attore ha contestato gli eccessivi costi sostenuti e la relativa usura degli interessi applicati, chiedendo la restituzione delle somme pagate in eccesso.

Il Tribunale ha ritenuto fondata la richiesta formulata dal consumatore, accertando il carattere usurario degli interessi applicati dalla banca, contrari all'art. 1815, comma 2, c.c., e stabilendo che in questi casi, il finanziamento diventa gratuito. Di conseguenza, la banca viene condannata a restituire tutte le somme superiori al capitale ricevute dal consumatore e pari ad euro 12.000,00 circa.

Ma come è possibile che la banca applichi condizioni economiche così elevate per il prestito concesso al consumatore?

La risposta la troviamo nel Tasso Effettivo Globale (TEG), ossia il tasso effettivo che include, al suo interno, tutti gli oneri passivi che il consumatore deve pagare alla banca, tra i quali le spese di istruttoria e quelli di assicurazione collegata al finanziamento.

Il giudice torinese ha ritenuto, ai fini del calcolo del costo effettivo sostenuto dal consumatore per il finanziamento, di includere anche quelli della polizza assicurativa, in applicazione dell’art. 644, comma 4, c.p., così come da giurisprudenza della Cassazione (es. Cass. n. 3460/2024, n. 29501/2023).

Accertato il superamento della soglia usura, il Tribunale di Torino ha ritento di dover applicare l'art. 1815, comma 2 del c.c., con azzeramento degli interessi e delle commissioni, e restituzione di tutte le somme pagate in eccesso dal consumatore.

Tribunale di Torino (visibile con browser Opera - VPN attivo).

mercoledì 26 febbraio 2025

Difetto di consenso informato - la banca non può esigere gli interessi dal credito concesso

La Corte di giustizia ci ricorda, con la recente pronuncia C - 472/2023, che il ruolo dell'intermediario bancario è quello di informare in modo trasparente e completo il contraente debole (consumatore).

Cosa succede se non adempie a questo obbligo informativo? può essere privata di parte delle somme oggetto di rimborso, come ad esempio gli interessi.

Il giudice comunitario ha voluto ricordare, attraverso il provvedimento, alcuni punti fondamentali che devono caratterizzare la condotta dell'intermediario bancario al momento della firma del contratto da parte del cliente.

Nella sentenza viene richiamato, a ragione, l'art. 5 della Direttiva 2008/48/UE, la quale introduce l'obbligo di informativa precontrattuale nei contratti aventi ad oggetto la vendita di prodotti bancari.

La norma prevede l'obbligo da parte della banca di fornire al consumatore, in tempo utile prima che quest'ultimo sia vincolato dal contratto, tutte le informazioni necessarie per consentirgli "di prendere una decisione con cognizione di causa in merito alla conclusione di un contratto di credito". 

Le informazioni devono essere inserite nel modulo relativo alle "Informazioni europee di base relative al credito ai consumatori".

Quali informazioni? conviene richiamarle qui di seguito: 

"a) il tipo di credito;

b) l'identità e l'indirizzo geografico del creditore, nonché, se del caso, l'identità e l'indirizzo geografico dell'intermediario del credito;

c) l'importo totale del credito e le condizioni di prelievo;

d) la durata del contratto di credito;

e) in caso di credito sotto forma di dilazione di pagamento per una merce o un servizio specifici e dei contratti di credito collegati, tale merce o servizio e il relativo prezzo in contanti;

f) il tasso debitore, le condizioni che ne disciplinano l'applicazione e, se disponibile, ogni indice o tasso di riferimento applicabile al tasso debitore iniziale, nonché i periodi, le condizioni e la procedura di modifica del tasso debitore. Qualora si applichino tassi debitori diversi in circostanze diverse, le suddette informazioni in merito a tutti i tassi applicabili;

g) il tasso annuo effettivo globale e l'importo totale che il consumatore è tenuto a pagare, illustrati mediante un esempio rappresentativo che deve riportare tutte le ipotesi utilizzate per il calcolo di tale tasso; ove il consumatore abbia indicato al creditore uno o più elementi del credito che preferisce, quali la durata del contratto di credito e l'importo totale del credito, il creditore deve tenerne conto; se un contratto di credito prevede diverse modalità di prelievo con spese o tassi debitori diversi e il creditore si avvale dell'ipotesi di cui all'allegato I, parte II, lettera b), egli indica che altri meccanismi di prelievo per detto tipo di contratto di credito possono comportare tassi annui effettivi globali più elevati;

h) l'importo, il numero e la periodicità dei pagamenti che il consumatore deve effettuare e, se del caso, l'ordine della distribuzione dei pagamenti ai vari saldi restanti dovuti a diversi tassi debitori ai fini del rimborso;

i) se del caso, le spese di gestione di uno o più conti su cui sono registrate le operazioni di pagamento e i prelievi, a meno che l'apertura del conto sia facoltativa, le spese relative all'utilizzazione di un mezzo di pagamento che permette di effettuare pagamenti e prelievi, eventuali altre spese derivanti dal contratto di credito, nonché le condizioni alle quali tali spese possono essere modificate;

j) se del caso, l'esistenza di spese che il consumatore è tenuto a pagare al notaio all'atto della conclusione del contratto di credito;

k) l'obbligo di ricorrere a un contratto avente ad oggetto il servizio accessorio connesso con il contratto di credito, in particolare una polizza assicurativa, se la conclusione del contratto relativo a tale servizio è obbligatoria per ottenere il credito oppure per ottenerlo alle condizioni contrattuali previste;

l) il tasso degli interessi in caso di ritardi di pagamento, le modalità di modifica dello stesso e, se applicabili, le penali per inadempimento;

m) un avvertimento relativo alle conseguenze dei mancati pagamenti;

n) se del caso, le garanzie richieste;

o) l'esistenza o l'assenza del diritto di recesso;

p) il diritto al rimborso anticipato e, se del caso, le informazioni sul diritto del creditore a ottenere un indennizzo e le relative modalità di calcolo a norma dell'articolo 16;

q) il diritto del consumatore a essere informato immediatamente e gratuitamente, in conformità dell'articolo 9, paragrafo 2, del risultato della consultazione di una banca dati ai fini della valutazione del merito creditizio;

r) il diritto del consumatore a ricevere gratuitamente, su richiesta, copia della bozza del contratto di credito. Questa disposizione non si applica se il creditore, al momento della richiesta, non intende procedere alla conclusione del contratto di credito con il consumatore;

s) se del caso, il periodo di tempo per il quale il creditore è vincolato dalle informazioni precontrattuali.".

La norma della direttiva è chiara nel ritenere tali informazioni come essenziali al fine di consentire al consumatore di esprimere un consenso informato.

Sotto questo profilo, chi scrive ritiene che le informazioni che l'intermediario deve fornire al cliente devono essere proposte in modo trasparente, completo, semplice e tempestivo.

La Corte ricorda, sotto questo profilo, quale conseguenza può gravare nei confronti del professionista nel caso di omesso adempimento dell'obbligo informativo appena richiamato, in quanto la violazione della norma da parte della banca può comportare la perdita del suo diritto di esigere gli interessi sul credito concesso al consumatore.

Di seguito, la pronuncia del giudice europeo.

Corte di giustizia UE C - 472/2023 (visibile con browser Opera VPN attivo)

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