Riconosciuta la truffa nei confronti del Comune di Milano
Quattro tra i gruppi bancari più importanti sono stati riconosciuti colpevoli del reato di truffa a danno del Comune di Milano da parte del Tribunale di Milano, in persona del giudice Dr. Oscar Magi.
Il Tribunale di Milano ha riconosciuto la condotta truffaldina tenuta dalle suddette banche nella vendita dei prodotti finanziari derivati.
Il Giudice Magi ha condannato i dirigenti delle banche per truffa, ha riconosciuto la violazione di varie norme della legge n. 231/2001 da parte di Deutsche Bank, Ubs, Jp Morgan e Depfa Bank. Ogni istituto di credito è stato condannato a pagare un milione di euro.
Il Tribunale ha altresì disposto la confisca di circa 88 milioni di euro nei confronti delle medesime banche condannate.
La truffa on line è una pratica sempre più frequente e riguarda anche i rapporti bancari, in particolar modo coloro che hanno acceso un servizio di home banking.
Usualmente, attraverso una operazione di phishing, il codice del correntista viene "scippato" dal ladro digitale, il quale si intrufola nel conto corrente del consumatore e provvede a svuotarlo con bonifici su altri rapporti di conto corrente in paesi esteri.
Usualmente la banca si difende in questi casi addossando la responsabilità per il furto al cliente che non ha predisposto sufficienti misure di controllo del proprio personal computer.
La sentenza pronunciata dall'Arbitro Bancario e Finanziario, affrontando una vicenda simile a quella appena ricostruita, ha riconosciuto la responsabilità della banca per il danno sofferto dal correntista.
Quest'ultimo, vittima di una operazione di phishing, si era visto derubare i soldi presenti nel proprio conto corrente ed aveva segnalato alla propria banca il prelievo fraudolento dal proprio conto corrente, sporgendo formale denuncia alla Polizia.
La banca, come in altre circostanze, aveva opposto rifiuto di rimborso della somma rubata al correntista, affermando che la sottrazione del denaro da parte del ladro era da addebitare alla condotta negligente del correntista.
L'Arbitro Bancario ha invece riconosciuto la condotta negligente della banca, evidenziando che in siffatte occasioni, l'intermediario bancario si deve sempre attivare per tutelare il proprio cliente o comunque deve fornire prova di aver adottato tutte le misure idonee per salvaguardare il correntista.
L’ ABF ha rilevato che “qualora l’utilizzatore di servizi di pagamento neghi di aver autorizzato un’operazione di pagamento già eseguita è onere del prestatore di servizi di pagamento provare che l’operazione di pagamento sia stata autenticata”.
Nel caso di specie, l'Arbitro ha ritenuto non provata tale circostanza e riconosciuto la responsabilità della banca per il danno sofferto dal cliente.
L'utilizzo di sistemi bancari on line (cd. home banking) si è fortemente sviluppato negli ultimi anni, con conseguente aumento di ipotesi di furto dei dati bancari da parte di truffatori esperti, i quali non esitano a ripulire il conto corrente con bonifici bancari verso l'estero (cd phishing).
Il truffatore si appropria dei codici di accesso al conto corrente on line del cliente e provvede a disporre bonifici on line su un conto corrente aperto ad hoc su stati esteri, chiusi successivamente all'operazione.
Si sono sviluppate, a tal proposito, una serie di misure di protezione e sicurezza predisposte dalla banca in favore del cliente e che sono finalizzate ad evitare, o comunque limitare, il fenomeno appena descritto. Per il conto corrente on line è previsto il codice password, nonchè il codice di accesso al codice on time (cd token) che consente di personalizzare l'accesso al conto corrente.
Una ulteriore mezzo di sicurezza del cliente è il sistema di sms alert: il correntista viene avvisato dalla banca che sul proprio conto corrente è stato impartito un ordine di bonifico bancario verso terzi.
Egli può accedere al proprio conto corrente, verificare se si tratta di truffa ed annullare l'ordine impartito dal truffatore.
La sentenza che proponiamo questa settimana affronta tale problematica, chiarendo che esiste un obbligo da parte della banca di predisporre idonee misure per evitare truffe on line a danno del proprio cliente (cd. phishing).
La predisposizione di tali misure esclude la responsabilità dell'intermediario bancario per eventuali truffe avvenute sul conto corrente del cliente.
Quest'ultimo, come esposto in precedenza, può attivarsi appena viene informato del tentativo di truffa ed evitare di subire il pregiudizio economico nei propri confronti.
Per contro, se la banca non predispone corretti sistemi di controllo e sicurezza del conto corrente, come ad esempio un sistema di avviso via sms di tentativo di bonifico on line, ossia il c.d. Sms alert, è responsabile del danno sofferto dal correntista.
Tale strumento, chiarisce il Tribunale di Verona, "consiste nell'invio al correntista della segnalazione di effettuazione di disposizioni di bonifico a distanza di pochi minuti dal momento in cui sono le stesse sono avvenute e assolve, quindi, una specifica funzione informativa, suppletiva rispetto a quella consistente nella visione dell'estratto conto, che è funzionale alla revoca della operazione, disposta per errore o in modo fraudolento.".
L'errato o parziale funzionamento dello stesso è causalmente connesso al danno patito dal correntista e comporta una grave violazione del dovere di controllo che incombe sulla banca al fine di evitare episodi di furto sul conto corrente on line del cliente.
L'istituto di credito è costretto, come si legge nella sentenza che trovate di seguito, a risarcire il danno sofferto dal cliente a causa della propria condotta negligente.
Il bond convertendo 2009/2012, caduto in default ed oggetto di indagine anche da parte della Consob, ha convinto Banca Popolare di Milano ad avviare una procedura di conciliazione con gli acquirenti di questo prodotto finanziario. In accordo con alcune dei consumatori, l'istituto di credito ha previsto dei tavoli di conciliazione ove vengono prese in considerazione tutte le posizioni "critiche" (vedi). BPM sta cercando di chiudere questi rapporti con i propri clienti in via transattiva, proponendo un rimborso di parte del valore nominale investito dai piccoli risparmiatori.
La procedura di conciliazione, che dovrebbe partire con i primi mesi del 2013, sta riscontrando un imprevisto successo, in quanto sino ad oggi pare che oltre 2000 domande di adesione siano state avanzate dai piccoli risparmiatori rimasti "scottati" dall'acquisto della vicenda.
La Banca Popolare di Milano ha comunicato che è ancora possibile aderire alla procedura sino al prossimo aprile 2013. Consumatore Informato ribadisce la propria perplessità in merito a tale iniziativa ed invita coloro che intendono partecipare alla conciliazione di verificare le condizioni concrete di conciliazione previste.
Nuovo rimborso per i risparmiatori italiani che hanno acquistato i bond Lehman, caduto in default,e che hanno aderito alla procedura fallimentare della banca americana (cd Chapter 11) avviata dal Tribunale di New York.
Ricordiamo che gli obbligazionisti italiani, più di 50.000, avevano già ottenuto un primo rimborso lo scorso aprile, così come avevamoevidenziato a suo tempo (vedi).
Nei primi giorni di ottobre, la procedura fallimentare ha provveduto a liquidare una seconda tranche di rimborso, pari al 3,8% sul valore nominale per i bond emessi direttamente dalla banca americana, e del 2,4% sul valore nominale per i bond emessi dall società olandese LBT, consociata di Lehman.
Invitiamo i possessori di obbligazioni Lehman Brothers che hanno aderito alla procedura fallimentare di prendere contatto con la propria banca e verificare l'accredito sul proprio conto corrente della somma liquidata dal Tribunale di New York.
Questa è la soluzione raggiunta dal Tribunale di Torino nella incredibile vicenda oggetto della controversia sottoposta alla sua decisione.
La vicenda affrontata dal giudice era alquanto complessa in quanto l'attore era un cliente particolare della banca, avendo aperto un rapporto di conto corrente ed un rapporto di gestione patrimoniale in Italia pur vivendo in Sud Africa.
La banca era solita inviare tutti i documenti via posta al cliente, residente all'estero, tramite posta ordinaria. L'istituto di credito aveva chiarito al cliente, sia contrattualmente che attraverso le comunicazioni dei propri dipendenti, che la chiusura dei rapporti bancari doveva necessariamente avvenire con comunicazione sottoscritta dallo stesso correntista. Non era prevista alcuna attività via fax o posta elettronica.
Tra il settembre e il novembre del 2008, la banca riceveva distinti ordini di borsa da un indirizzo di posta elettronica - successivamente dimostratosi falso - con il quale un truffatore disponeva la chiusura della gestione patrimoniale e il trasferimento dell'ingente somma ricavata su conti correnti esteri (Indonesia e Sud Africa). I soldi del cliente venivano, quindi, trasferiti a terzi attraverso bonifici su estero e, cosa più importante, senza il consenso del titolare del conto. Il cliente della banca, venuto a conoscenza dei trasferimenti di queste somme di denaro senza suo consenso, sporgeva denuncia (sia in Sud Africa che in Italia) e disconosceva gli ordini di disinvestimento sostenendo che le firme apposte sui documenti elettronici non erano sue; non era suo nemmeno l'indirizzo di posta elettronica dal quale erano stati impartiti i diversi ordini al dipendente della filiale. Il Tribunale di Torino ha osservato, in primo luogo, che il disconoscimento delle sottoscrizioni, tra l'altro inviate come allegato alle e-mail truffaldine, comporta la esclusione della paternità del documento rispetto al piccolo risparmiatore. Conseguentemente, la banca ha autorizzato le operazioni di chiusura di gestione patrimoniale e di bonifico verso terzi, solo sulla base di e-mail inviate al dipendente della filiale. Il Tribunale di Torino ha considerato nullo il finto ordine di chiusura del conto gestione, in quanto disposti attraverso una modalità non prevista dal contratto di gestione patrimoniale sottoscritto dal cliente. Conseguentemente, il Tribunale di Torino ha dichiarato nulli gli ordini di borsa ed ha ordinato alla banca di restituire al cliente tutti i soldi trasferiti via bonifico. Di seguito, potete leggere la sentenza con la descrizione della vicenda affrontata dal giudice.
La vicenda Lehman Brothers ha riguardato molti risparmiatori italiani, i quali hanno investito i propri risparmi nelle obbligazioni emesse dalla Banca d'affari americana.
Volete ottenere dalla banca la restituzione dei vostri risparmi andati in fumo con i bond Cirio? avete ancora pochi giorni per avviare una contestazione del debito nei confronti del vostro istituto di credito.
Il prossimo mese di novembre, infatti, scatta il termine di prescrizione decennale del diritto di risarcimento del danno spettante all'investitore per inadempimento da parte del proprio intermediario finanziario.
Il nostro codice civile prevede che il consumatore che intenda contestare alla banca un grave inadempimento contrattuale deve agire entro e non oltre 10 anni dal momento in cui si manifesta il danno lamentato.
In altri termini, la responsabilità contrattuale della banca si prescrive, ex art. 2946 c.c., entro 10 anni dalla data in cui si è creato il danno sofferto dal suo cliente.
Per quel che riguarda l'acquisto di titoli obbligazionari Cirio, la prescrizione scatta, al più tardi, nel mese di novembre 2012, ossia dopo 10 anni dal default Cirio, come chiariamo in seguito.
Cosa dovete fare?
Inviate una lettera di messa in mora (vedi qui) verso la banca contestando l'inadempimento contrattuale e chiedendo il risarcimento del danno.
La lettera di diffida al risarcimento del danno produce l'effetto interruttivo del termine di prescrizione.
Per maggiori informazioni e assistenza info@consumatoreinformato.it
Occorre fare un passo indietro e trattare brevemente la vicenda Cirio.
Il Gruppo Cirio era (ed è tuttora) uno dei leader mondiali del settore alimentare.
Verso la fine degli anni '90, messo alle strette dal sistema bancario, Cirio emetteva titoli obbligazionari destinati al mercato retail, ossia a quello dei piccoli risparmiatori.
Le obbligazioni Cirio presentavano numerosi rischi per gli acquirenti, ma tale circostanza era nota solo alle banche e non agli ignari risparmiatori.
Tali titoli erano, in particolar modo, esclusivamente destinati a ripianare il debito che la società accusava nei confronti delle banche.
Le emissioni avvenivano tramite il mercato obbligazionario del Lussemburgo, notoriamente poco trasparente e con scarsi controlli. i bond Cirio, però, venivano "piazzati" sul mercato italiano.
Come ogni prestito obbligazionario europeo, i titoli Cirio prevedevano un soggetto garante degli obbligazionisti, il trustee, i cui compito era quello di accertare eventuali difficoltà di rimborso da parte della società .
Nel novembre 2002, il trustee del prestito obbligazionario di Cirio rendeva noto che la società non aveva rimborsato uno dei prestiti obbligazionari giunto a scadenza.
Il trustee di Cirio, The Debenture Trust, avviava la fase di default dei bond Cirio, concedendo alla società un "periodo di grazia" (grace period) per poter onorare il debito contratto con gli obbligazionisti.
La società di Sergio Cragnotti rimaneva inadempiente nei confronti degli obbligazionisti di tutte le emissioni obbligazionarie come segnalato il 22 novembre 2002 dallo stesso trustee «l'emittente e i garanti sono in stato di default nei confronti degli obblighi di pagamento. Non vi è necessità , precisa Law Debenture, che il Trustee certifichi che l'emittente o i garanti sono in default, a fronte dei termini del contratto del Trust e delle condizioni dei bond ...".
Da tale periodo comincia a decorrere il termine entro il quale il singolo investitore può contestare alla propria banca il risarcimento del danno sofferto per il default di Cirio.
Tale termine, come già chiarito in precedenza, scade il prossimo novembre 2012 con conseguente prescrizione del diritto di risarcimento.
La vicenda Cirio è stata trattata anche in uno dei nostri incontri a radio Trentino inBlu e qui puoi trovare ulteriori informazioni.
L'Autorità Garante Concorrenza e Mercato sanziona BNL per non aver adeguatamente informato i propri clienti delle spese di istruttoria per il fido concesso sullo scoperto di conto corrente.
Ancora una volta l'Antitrust "spulcia" tra i contratti delle banche e rileva l'esistenza di carenze informative in merito ai costi che gli utenti sono chiamati a pagare per poter usufruire dei servizi bancari.
1. La vicenda - BNL non informa i clienti dei "diritti di istruttoria"
L'Autorità Garante ha avviato una indagine nei confronti della banca accertando che sino al 2009 l'istituto di credito aveva predisposto un modulo contrattuale relativo al conto corrente che non indicava tutti i costi che il correntista avrebbe sostenuto per ottenere il servizio.
Il contratto conteneva l'indicazione del tasso di interesse e di alcune spese di conto, mentre per altri costi (esempio per lo scoperto di conto corrente o per gli affidamenti), l'utente veniva invitato a prendere visione dei fogli informativi presenti presso le filiali.
I contratti non indicavano, in particolare, il costo relativo alle spese di istruttoria collegate allo scoperto di conto corrente.
Nel 2009, la Banca ha iniziato ad operare diversamente rispetto alla concessione del fido ai propri correntisti, avviando una revisione anche dei costi di istruttoria addebitati all'utente.
Nel 2010, con l'entrata in vigore della Direttiva sui servizi di pagamento, BNL ha adeguato i propri modelli contrattuali indicando anche le spese di istruttoria che il correntista era tenuto a versare per la propria richiesta di fido, indipendentemente dall'esito della valutazione operata dalla banca.
Tale omissione si sarebbe protratta almeno sino al 1° gennaio 2012.
L'Antitrust ha rilevato anche delle errate modalità di comunicazione delle variazioni sfavorevoli dei contratti per la propria clientela, la quale non è stata resa completamente edotta delle nuove condizioni contrattuali relative alla spese per l'istruttoria.
2. La violazione delle norme in materia di condotta commerciale scorretta
L'attività di BNL è stata qualificata dall'Antitrust come come condotta commerciale scorretta, in violazione dell'art. 27 del Codice del Consumo.
L'Autorità Garante ha individuato la violazione dell'art. 27 con riferimento alle omissioni informative delle condizioni contrattuali da parte di BNL nei confronti dei clienti almeno sino al novembre 2009.
In seguito, l'AGCM ha rilevato e sanzionato le informazioni ingannevoli fornite dalla banca ad alcuni clienti negli ultimi anni, con applicazione di spese di istruttoria superiori a quelle dovute.
Infine è stata considerata condotta commerciale scorretta l'omessa - totale o parziale - informativa della variazione sfavorevole delle condizioni contrattuali verso la clientela.
Tutte queste attività hanno condotto AGCM ha sanzionare con 1.200.000,00 euro BNL per violazione del Codice del Consumo.
Pur avendo la Banca tutta la possibilità di vedere annullato il provvedimento attraverso il ricorso al TAR, osserviamo che ancora una volta l'AGCM interviene nei contratti bancari rilevando condotte scorrette delle banche nei confronti degli utenti.
Ci chiediamo perchè questi interventi non sono posti in essere dall'Organo di controllo delle banche, ossia la Banca d'Italia.
Questa domenica proponiamo la recente ed inedita sentenza pronunciata dal Tribunale di Torino che ha dichiarato la risoluzione del contratto di gestione patrimoniale in fondi comuni sottoscritto da una coppia di consumatori piemontesi.
I piccoli risparmiatori avevano deciso di investire i propri denari in un prodotto del cd. risparmio gestito e si erano rivolti alla banca per chiedere dei suggerimenti.
Il dipendente della banca non aveva esitato a proporre ai clienti l'investimento nella gestione patrimoniale in fondi creata ad hoc da altro soggetto bancario del medesimo gruppo.
Il dipendente della banca aveva elogiato il prodotto del risparmio gestito sostenendo che si trattava di strumento finanziario sicuro e privo di rischi nel medio/lungo termine.
Gli ignari risparmiatori si erano fidati del dipendente della banca ed avevano dato avvio al rapporto di gestione patrimoniale in fondi con la SGR dello stesso Gruppo.
Come accaduto per altri rapporti finanziari rientranti nel risparmio gestito, i risparmiatori si erano accorti, in seguito, che il loro contratto non solo non stava generando alcun utile, ma addirittura risultava in perdita.
I consumatori si sono rivolti al Tribunale di Torino ed hanno contestato alla SGR di aver operato in conflitto di interessi senza comunicare tale situazione agli investitori.
Il giudice ha accolto la contestazione sollevata dai risparmiatori, osservando che quando una società di gestione del risparmio opera in favore del cliente, deve informare regolarmente quest'ultimo delle operazioni di acquisto/vendita di strumenti finanziari ove si trova in posizione di conflitto.
Nella concreta fattispecie, il giudice ha accertato che durante il rapporto contrattuale, la SGR non ha adeguatamente informato i clienti della posizione di conflitto di interessi, violando le norme in materia di conflitto e cagionando il danno patito dagli investitori.
Il giudice ha dato ragione ai piccoli risparmiatori, restituendo loro tutte le somme investite nella gestione patrimoniale.
Un tempo i risparmiatori erano alla ricerca di investimenti che rendessero tanto. Ma soprattutto dal luglio del 2011, quando cominciò il crollo dei titoli di stato italiani, il clima è cambiato. Ora la prima preoccupazione è evitare le perdite.
Molti ignorano che una delle migliori soluzioni a tale problema, con un unico limite, sono i buoni fruttiferi postali (BFP) indicizzati all'inflazione.
Ogni mese esce un'emissione diversa e i titoli offerti in questo mese di luglio 2012 (serie J26) sono particolarmente buoni. Soprattutto appaiono migliori dei BFP ordinari, cioè a tasso fisso, salvo un improbabile crollo dell'inflazione sotto lo 0,50% annuo medio. Per confronti e altre valutazioni numeriche è disponibile un file Excel.
I BFP si possono riscattare senza nessuna spesa in qualunque momento, anche il giorno averli sottoscritti. Sono come un conto corrente o conto deposito non vincolato. Si tratta cioè a tutti gli effetti di depositi a vista.
Non deve quindi far paura la durata decennale, che è un vincolo solo per l'emittente che non può rimborsarli prima, anche quando magari lo farebbe volentieri. Per approfondimenti si veda una mia pagina web al Dipartimento di matematica dell'università di Torino.
C'è una sola ombra in questo scenario così radioso: il rischio del cosiddetto default dello stato italiano. Esso resta improbabile, però certo ora il problema si pone più che in passato. Sarà magari discutibile, ma certo non assurdo l'abbassamento del rating dell'Italia da parte di Moody's . Comunque per due motivi i buoni postali sono semmai meno rischiosi dei titoli di stato veri e propri (Bot, Cct, Btp ecc.). Primo, per rimetterci bisogna arrivare all'insolvenza congiunta sia della Cassa Depositi e Prestiti (l'emittente) che dello Stato italiano (il garante). Secondo, in tale deprecata eventualità ci si può attendere una tutela per i piccoli risparmiatori, come c'è stato un trattamento di favore per il bollo sui titoli.
Accordo tra BPM e le associazioni dei consumatori Adiconsum, Federconsumatori e ADOC relativamente al bond convertendo 2009/2013 6,75% "caduto" in default.
In relazione a tale bond, per il quale è scattata l'azione penale nei confronti degli ex amministratori della stessa banca, l'accordo prevede la conciliazione limitatamente ad alcune categorie di investitori, in particolare per i clienti della stessa BPM che abbiano sottoscritto l'acquisto del prodotto finanziario nel periodo compreso tra il 7 settembre 2009 e il successivo 30 dicembre 2009.
Sono esclusi gli investitori professionali (gli investitori istituzionali) e coloro che abbiano acquistato opzioni su tale titolo, o abbiano acquistato il prodotto finanziario via internet.
L'accordo prevede, quindi, una suddivisione dei clienti in tre diverse categorie con rimborso tra il 100% e il 60% per le prime due, mentre per coloro che rientrano nell'ultima categoria non è previsto alcun indennizzo.
In ogni caso, tutti i casi saranno oggetto di apposita analisi da parte della Commissione di conciliazione composta da rappresentanti della banca e delle associazioni di consumatori.
Le domande di accesso alla procedura di conciliazione potranno essere presentate a partire dal 1º ottobre 2012 e fino al 30 aprile 2013.
Per qualunque ulteriore informazione sul contenuto del Protocollo approvato, sarà possibile contattare il numero verde 800 100 200. Il servizio sarà attivo dal 3 agosto e in via continuativa, dal lunedì al venerdì dalle 8.00 alle 22.00.
La Corte UE è di recente intervenuta in materia di contratti conclusi tra consumatore e il professionista ed ha ribadito il principio secondo il quale il giudice nazionale, laddove riscontri l'esistenza di una clausola contrattuale vessatoria, deve limitarsi a dichiarare la nullità parziale del contratto, in applicazione della Direttiva 93/13/CEE prevista in materia di clausole vessatorie.
Il giudice non può, invece, sostituire la clausola nulla con altra convenzione contrattuale, in quanto gli è fatto divieto di sostituirsi alle parti, inserendo una condizione contrattuale che possa aiutare una delle parti.
In altri termini, la Corte UE ha stabilito il divieto per il giudice di integrare in via equitativa il contratto dichiarato parzialmente nullo.
Come al solito, il giudice deve limitarsi a "leggere" il contratto stipulato tra consumatore e professionista e, accertata l'esistenza di condizioni di invalidità di parte dell'accordo, dichiararne la nullità parziale o totale.
La difficile congiuntura economica ha favorito la decisione dell'Associazione Bancaria Italiana di prorogare il piano famiglia con la sospensione del pagamento della rata del mutuo almeno sino al prossimo 31 dicembre 2012.
Ricordiamo quale categoria di consumatori può avvantaggiarsi di questa misura:
per i mutui di importo fino a 150.000 euro accesi per l'acquisto, costruzione o ristrutturazione dell'abitazione principale, anche di quelli oggetto di operazioni di cartolarizzazione;
nei confronti dei clienti con un reddito imponibile fino a 40.000 euro annui che hanno subito o subiscono nel periodo 2009 - 2012 eventi particolarmente negativi (morte, perdita dell'occupazione, insorgenza di condizioni di non autosufficienza, ingresso in cassa integrazione).
Per poter ottenere maggiori informazioni, vi suggeriamo di rivolgervi al vostro istituto di credito a cui potete chiedere maggiori delucidazioni sulla possibilità di sospendere il pagamento e sull'ammortamento della rata. Di seguito potete trovare il modulo per la richiesta della sospensione.
Un recente sondaggio ha evidenziato che vi sarebbe una forte contrazione della domanda di mutuo per l'acquisto della casa da parte delle famiglie italiane.
A differenza del passato, non è più sufficiente iscrivere ipoteca sull'immobile che viene finanziato dalla banca e non rappresenta nemmeno una adeguata garanzia il fatto di avere un lavoro a tempo indeterminato.
Questa è una delle conseguenze della crisi economica e finanziaria che caratterizza questi ultimi anni.
Il Prof. Scienza, con il video che vi proponiamo di seguito, affronta la tematica e propone alcuni suggerimenti per affrontare la questione nel miglior modo possibile.
Altra sentenza favorevole per i consumatori nella ormai eterna vicenda tango bond, come potete leggere nel documento che vi proponiamo di seguito.
Il Tribunale di Roma ha sanzionato la banca che ha venduto titoli Argentina a piccoli investitori senza illustrare loro i rischi di investimento connessi a tale operazione finanziaria.
Il giudice ha rilevato che i rischi di investimento relativi alle obbligazioni Argentina erano evidenti già dal 1998, in quanto le società di rating avevano già declassato i bond emessi dall'Argentina:" i bond argentini, al momento dell'acquisto da parte dell'attrice, erano gia considerati in modo negativo, quanto al giudizio sull'affidabilita ad onorare gli impegni da parte dello Stato argentino: costituiva un dato acquisito per il mercato quello secondo cui i titoli del debito pubblico argentino erano considerati di problematico rimborso.".
La sentenza è rilevante perchè dimostra, ancora una volta, che le obbligazioni Argentina erano già rischiose ben prima del 2001. Già dal 1998, invero, le società di rating avevano ritenuto non più sicuri i tango bond.
Le banche, non avendo segnalato tali rischi, hanno agito in violazione delle norme di correttezza e trasparenza e, come evidenziato in questa sentenza, devono essere considerate responsabili per i danni cagionati ai piccoli investitori.
Il diritto di ripensamento per le operazioni di investimento realizzate fuori sede si applica solo al servizio di collocamento di strumenti finanziari realizzato con la consulenza del promotore finanziario o tutte le volte in cui l'investitore retail viene sollecitato all'acquisto di un prodotto finanziario fuori dai locali della banca?
Il quesito ha caratterizzato le controversie avviate in materia finanziaria in questi ultimi anni ed ha diviso dottrina e giurisprudenza, tant'è che la stessa Corte di Cassazione ha deciso di affidare alla Sezioni Unite il compito di risolvere la questione.
Il caso classico di offerta fuori sede di uno strumento finanziario è quello in cui il promotore finanziario si reca presso l'abitazione del cliente ed offre prodotti finanziari della propria banca.
Il successivo comma 7 stabilisce che l'omessa indicazione del diritto di recesso nel contratto di borsa sottoscritto dall'investitore comporta la nullità dell'operazione di investimento"L'omessa indicazione della facoltà di recesso nei moduli o formulari comporta la nullità dei relativi contratti, che può essere fatta valere solo dal cliente".
Si può parlare di offerta fuori sede anche nel caso in cui la sollecitazione all'acquisto di strumenti finanziari avvenga via telefono oppure con modalità internet (il famoso trading on line che riguarda quasi la metà degli investimenti finanziari realizzati in Italia).
E' evidente, quindi, che la questione sollevata riguarda larga parte delle operazioni di investimento finanziario che vengono quotidianamente disposte dai piccoli investitori privati.
All'apparenza, la norma appena richiamata sembra chiara nel limitare l'applicazione del diritto di ripensamento in materia di acquisto di strumenti finanziari solo nel caso in cui si tratti di servizio di collocamento, dove tra intermediario emittente e banca collocatrice esiste un accordo per la vendita di un prodotto finanziario a considizioni di prezzo e di tempo predeterminate.
Il collocamento di uno strumento finanziario può avvenire attraverso la sollecitazione operata dal promotore finanziario e con l'obbligo di rispetto delle rigide regole previste dalla Consob in materia di collocamento (si pensi all'obbligo di consegna del prospetto informativo). La dottrina ed una parte della giurisprudenza di merito ha ritenuto, però, di applicare in modo estensivo la norma di cui all'art. 30 del TUF, ricomprendendo tale norme anche laddove il promotore finanziario si limita a negoziare con l'investitore l'acquisto di un titolo di borsa, ossia nel caso in cui l'intermediario offra il servizio di negoziazione titoli (e non quello di collocamento).
Questa interpretazione estensiva è stata oggetto di contrasto da parte della dottrina più conservativa (quella filo banche), spalleggiata da parte consistente della giurisprudenza di merito.
La questione è arrivata fino alla Suprema Corte di Cassazione, la quale sembrava aver accolto una interpretazione restrittiva della norma, ovverossia volta a limitare l'applicazione dello jus poenitendi alle sole operazioni di collocamento di strumenti finanziari.
La questione, però, non appare completamente risolta, tant'è che la Cassazione, riscontrata l'esistenza di una forte divaricazione tra le posizioni assunte sia in giurisprudenza in merito alla rilevanza del diritto di ripensamento dell'investitore, ha ritenuto, con Ordinanza del 21 giugno 2012 (che vi proponiamo di seguito), di investire le Sezioni Unite della stessa Corte di Cassazione per dare una parola definitiva al problema appena esposto.