In questo blog abbiamo trattato con una certa frequenza il ruolo assunto negli anni dalle banche dati ove sono segnalati i clienti delle banche morosi, ossia coloro che non hanno regolarmente adempiuto al proprio obbligo di rimborso di un finanziamento/mutuo in favore dell'istituto di credito (vedi qui).
Uno degli aspetti più delicati di questo sistema, il cui fine è quello di rendere noto al sistema bancario che un cliente è in una posizione di difficoltà ad onorare il proprio debito (evitando che il cattivo pagatore continui ad aumentare la propria esposizione verso gli intermediari del credito), riguarda la segnalazione illegittima.
Vi sono casi, infatti, ove la segnalazione alla Centrale dei Rischi presso la Banca d'Italia, o alle altre banche dati private non corrisponda alla realtà, ovverossia non rappresenti in modo corretto la posizione debitoria, oppure non vi siano i presupposti per l'indicazione del debitore.
La segnalazione è altresì illegittima quando il debitore rimane segnalato pur avendo adempiuto al proprio dovere, non trovando più giustificazione la presenza del proprio nominativo nella banca dati.
La segnalazione non è legittima, inoltre, nel caso in cui il debitore sia in ritardo nel pagamento di una rata del proprio finanziamento/mutuo o altra posizione con la banca, in quanto può derivare da una vicenda transitoria legata anche a difficoltà temporanee e collegate, ad esempio, allo specifico ambito ove il credito bancario è stato richiesto e concesso.
La sentenza che potete leggere di seguito affronta tale argomento, evidenziando il ruolo che deve assumere l'istituto di credito segnalante, il quale è chiamato a valutare in modo attento la posizione creditizia "entrata in crisi".
La banca, in altri termini, non può limitarsi a prendere atto del mancato pagamento della rata da parte del cliente, ma deve operare una valutazione della posizione comprendendo anche le ragioni dell'inadempimento momentaneo della controparte.
Questa valutazione rientra negli obblighi dell'intermediario verso il cliente e consentono di gestire in modo più corretto il rapporto, consentendo alla banca di segnalare adeguatamente il debitore moroso solo se sussistono i presupposti previsti dalla normativa di settore e laddove sia giustificato tale atto.
E' noto, infatti, che la segnalazione alla Centrale dei Rischi (o ad altra banca dati privata) comporta un marchio verso il segnalato, impedendogli di fatto di accedere al credito.
La mancata valutazione della posizione in modo corretto comporta, secondo quanto affermato dalla Suprema Corte (tesi peraltro già affermata in altre sentenze), una responsabilità contrattuale della banca, chiamata a risarcire il danno sofferto dal cliente nel caso in cui siano violati i doveri di correttezza, diligenza e trasparenza.
La Corte di Cassazione è, sul punto, estremamente chiara ed evidenzia che: "La normativa emanata al fine di dare attuazione al D.Lgs. 1 settembre 1993, n. 385, art. 51, comma 1, (per una ricostruzione del sistema, v., ad es., Cass. 12 ottobre 2007, n. 21428), infatti, sebbene persegua interessi pubblicistici di contenimento dei rischi bancari, finisce, nel momento in cui delinea i presupposti che giustificano la segnalazione alla cd. Centrale Rischi, anche per integrare il contenuto del rapporto contrattuale con il cliente.
E', infatti, evidente che la puntualizzazione dei limiti che giustificano, in quanto doverosa, una iniziativa suscettibile di incidere sulla reputazione economica e l'operatività bancaria dei clienti è destinata anche a proteggere direttamente questi ultimi interessi, rispetto alla diffusione di dati che le banche conoscono in ragione dello specifico rapporto obbligatorio che le lega al cliente stesso.
Ne discende che la violazione di tale disciplina - laddove si traduca nell'erronea individuazione della ricorrenza di siffatti presupposti genera una responsabilità negoziale della banca, sulla quale grave l'onere, in coerenza con i principi generali desumibili dall'art. 1218 c.c., di dimostrare, ove sorga controversia, l'adempimento dei propri obblighi (ancorchè essi siano frutto, come nella specie, dell'integrazione del contenuto del contratto).
Ulteriore conseguenza delle superiori considerazioni è che le contestazioni del cliente rappresentano mere difese sottratte al regime delle preclusioni.".
Si tratta, quindi, non tanto di un inadempimento dei doveri formali legati alla segnalazione presso la Centrale dei Rischi, ma piuttosto di un inadempimento del generale dovere di valutare (secondo buona fede) se il cliente doveva essere segnalato, tenuto conto della posizione e del credito concesso.
Il solo inadempimento momentaneo della rata del mutuo, quindi, non può generare la segnalazione se non accompagnato da una valutazione della posizione bancaria.
Qui di seguito la sentenza.