lunedì 26 giugno 2017

Contratto quadro e assenza di firma della banca: la questione finisce alle Sezioni Unite della Cassazione

Di recente, la Suprema Corte di Cassazione ha deciso, superando il precedente orientamento, di ritenere privi di validità i contratti di intermediazione conclusi tra banca e investitore nel caso di assenza di sottoscrizione da parte dell'intermediario finanziario.

Abbiamo già affrontato la questione, ricordando che in materia di intermediazione finanziaria sussiste un generale obbligo di forma scritta, in base al quale il risparmiatore può conferire alla banca un generale mandato per la negoziazione di valori mobiliari solo attraverso un contratto firmato.

Tale obbligo di firma, secondo quanto stabilito di recente dalla Cassazione (vedi Cass. n. 5919/2016 e Cass. 8395/2016) riguarda non solo il risparmiatore, ma anche l'istituto di credito. Ne consegue, che se la banca non firma il contratto quadro, questo è nullo con le conseguenze del caso.

La questione, tutt'altro che secondaria, è stata oggetto di nuova analisi da parte del Giudice di legittimità, ed in particolare dalla Sez. I^ Civ, la quale ha ritenuto di devolvere la questione alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, chiamate a risolvere il dubbio interpretativo delle norme.

Qui l'Ordinanza intermedia n. 10447 del 2017.

venerdì 16 giugno 2017

Euribor - illegittimo solo se viene provato che la banca ha partecipato alla manipolazione

Uno degli argomenti che hanno attirato l'attenzione delle associazioni dei consumatori negli ultimi tempi ha riguardato il tasso Euribor che altro non è che il tasso di interesse medio che viene rilevato periodicamente dalla  European Banking Federation sulla base delle segnalazioni ricevute dalle principali banche europee (in Italia Intesa Sanpaolo, Unicredit e Monte dei Paschi di Siena).

Il tasso Euribor viene utilizzato, come è noto, per la determinazione del tasso variabile applicato ai mutui concessi a privati ed imprese, ed è stato oggetto di critiche di recente quando si è venuti a conoscenza di una manipolazione delle rilevazioni tra il 2005 e il 2008 (vedi qui). 

La conseguente assenza di attendibilità e certezza della rilevazione Euribor ha portato esperti e associazioni dei consumatori a ritenere errata la determinazione degli interessi applicati dalle banche ai clienti nella concessione del credito, con conseguente diritto da parte dei consumatori ad ottenere una rideterminazione degli interessi dovuti.

Questa conclusione è valida e viene seguita dai tribunali? a quanto pare, l'idea dei giudici è ben diversa da quella che via abbiamo appena proposto, in quanto l'orientamento è quello di ritenere non applicabile il tasso Euribor solo nel caso in cui sia data prova della effettiva partecipazione della banca che ha concesso il credito al pool che ha alterato/manipolato il tasso Euribor anche violando le norme europee.

Questa soluzione è stata proposta di recente dal Tribunale di Torino, nonostante la pubblicazione del provvedimento sanzionatorio della Commissione europea, ha ritenuto di non accogliere la contestazione sollevata da un cliente che aveva eccepito la manipolazione del tasso Euribor, con conseguente illegittima determinazione del tasso di interesse del mutuo.

Il giudice torinese ha osservato, sul punto, che "Nonostante queste cautele, la manipolazione del tasso è possibile, come hanno dimostrato in questi anni le indagini compiute dalle Autorità di vigilanza e dalla Commissione europea (fatto notorio). Può essere cioè che la banca segnalante comunichi deliberatamente dati alterati. O che più banche s’accordino per concertare le segnalazioni al fine di influenzare il risultato finale, per ridurre il costo della raccolta (ad es. obbligazioni bancarie) o aumentare la remunerazione degli strumenti indicizzati al parametro (ad es. mutui a tasso variabile, derivati IRS ecc.).

Lo scrivente conviene che un’intesa siffatta può determinare violazione dell’art. 101 del trattato UE. L’intesa è nondimeno indimostrata, indimostrato ne è l’effetto sui tassi e, soprattutto, che                   ne sia stata parte. Tanto appare sufficiente a refutare l’eccezione del cliente.
".


Ne consegue che se volete contestare la manipolazione del tasso Euribor, dovete dimostrare che il vostro istituto di credito ha partecipato attivamente all'alterazione delle rilevazioni periodiche.

Qui la sentenza.

venerdì 9 giugno 2017

Popolare di Vicenza - nullo l'acquisto delle azioni della stessa banca

Questa domenica vi proponiamo la recente sentenza pronunciata dal Tribunale di Verona - Sez. III Civ. n. 687/2017 G.U. Dott. Massimo Vaccari con al  quale è stata dichiarata la violazione dei doveri di informazione da parte di Banca Popolare di Vicenza nella vendita di propri titoli azionari verso una correntista della stessa banca.

Nel caso  affrontato dal giudice veronese, una investitrice era stata sollecitata dai dipendenti della filiale  di Banca Popolare di Vicenza all'acquisto di azioni della Banca in assenza di precise informazioni in merito alla natura dei titoli oggetto di acquisto.

In particolare, il  Tribunale ha accertato che la banca non ha informato  in modo corretto e trasparente  che i titoli offerti erano illiquidi, ossia non collocati nei mercati finanziari ordinari, e quindi più difficilmente rivendibili.

Banca Popolare di Vicenza, inadempimento dei propri obblighi di diligenza e correttezza, avrebbe dovuto informare in modo appropriato la correntista, fornendo le informazioni previste peraltro dalla Consob, attraverso la comunicazione n. 9019104 del 2009 in materia di vendita di titoli illiquidi (per maggiori informazioni sui titoli illiquidi, guarda qui).

La sentenza è chiara nel ritenere violati i doveri di informazione nella vendita di questi prodotti finanziari, come peraltro già osservato in questo blog per molti altri casi inerenti Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca,

La pronuncia è interessante laddove ritiene che tale carenza informativa ha inciso anche sotto il profilo della scelta della consumatrice, la quale non è stata adeguatamente resa edotta della circostanza che il prezzo più elevato di ogni singola azione era giustificato dal particolare grado di rischio dei titoli illiquidi.

Il Tribunale di Verona ha concluso, accogliendo la domanda di risarcimento della consumatrice, obbligando la banca a restituire l'importo investito maggiorato degli interessi.

Qui la sentenza.

giovedì 1 giugno 2017

Barclays: le difese per il mutuo in franchi svizzeri

Una decina di anni addietro andava molto di moda, anche per motivi di risparmio, accendere un contratto di mutuo legandolo ai franchi svizzeri, ossia con un tasso di indicizzazione in valuta straniera.

Questo tipo di prodotto bancario ha, a seguito della svalutazione della valuta elevetica, creato notevoli problemi per i risparmiatori che volevano (o vogliono) estinguere il rapporto, costretti a versare ingenti somme alla banca.

In aiuto dei risparmiatori è intervenuta la recente sentenza del Tribunale di Roma, il quale ha riconosciuto le ragioni dei consumatori, aumentando le speranze di coloro che hanno contratto un mutuo collegato al cambio euro/franco svizzero e che ora non riescono ad uscire dal contratto perché la banca, Barclays in particolare, pretende il versameto di ingenti somme.

La sentenza tratta una complessa questione e coinvolge centinaia di clienti-consumatori che hanno stipulato la medesima tipologia di mutuo a tasso variabile indicizzato al franco svizzero e che vorrebbero ora anticipare l’estinzione del loro contratto o spostarsi ad altra banca con una surroga.

Se fino ad oggi, la strada per uscire da questi contratti era impraticabile, ora esistono più possibilità anche alla luce della sentenza con la quale il Tribunale di Roma ha rilevato la nullità parziale di questo tipo di mutui, nella parte relativa al calcolo degli interessi.

La vicenda
Nel caso di specie, un consumatore stipula con la Banca un contratto di mutuo che prevede “l'indicizzazione rapportata ad una valuta straniera”, vincolando l’importo degli interessi dovuti alla banca alle oscillazioni della valuta svizzera.

Così facendo, al momento della sua anticipata estinzione o in sede di surroga, Barclays richiede il versamento di una consistente somma derivante dall'applicazione del meccanismo della doppia conversione previsto da una apposita clausola contrattuale (art. 7).

Il consumatore viene incentivato a sottoscrivere questo tipo di contratto dietro la promessa, proveniente dai funzionari della banca, di poter ottenere un  risparmio evidente sugli interessi da versare alla banca.

Accade, invece, che a con l’applicazione di questa regola contrattuale, il consumatore che voglia estinguere il mutuo si trovi a versare ingenti somme in favore della banca, favorita dall’applicazione del cambio (e della famosa clausola 7).

Questa norma è regolare? Dovete sapere che nei rapporti bancari esiste una norma, l’art. 116 del Testo Unico Bancario, che impone alla banca di comunicare al cliente in modo completo e trasparente tutte le clausole del mutuo che non devono essere ambigue ed indeterminate.

Anche la clausola relativa agli interessi deve essere chiara e non deve far ricadere sul consumatore lo squilibrio dei diritti ed obblighi, altrimenti è vessatoria ai sensi dell’articolo 33 del Codice del Consumo.

Ma il contratto di Barclays prevede una clausola poco trasparente, con maggiori obblighi poco trasparenti per il cliente e quindi, contraria alle norme appena richiamate?

Il Tribunale di Roma in favore dei consumatori
Secondo il Tribunale di Roma, l’art. 7 del contratto del mutuo svizzero è contraria al Testo Unico Bancario e al Codice del consumo è una norma indeterminata, poco trasparente e inapplicabile al consumatore.

Quale ragionamento segue il giudice?

Il Giudice è stato chiamato ad esprimere un giudizio sulle norme del contratto di mutuo, ed ha osservato che il  contratto è scritto in modo tale da non risultare chiaro per il consumatore quale sia il meccanismo di determinazione dei interessi applicati, del criterio di indicizzazione e della modalità di estinzione anticipata del mutuo.

Di conseguenza, al momento della firma, il consumatore non può comprendere né quale sia il tasso di interesse effettivo, né quali gli obblighi all’estinzione, né i rischi, in quanto le clausole del contratto di mutuo  sono così generiche, vaghe ed indeterminate che "rendono equivoci i relativi diritti ed obblighi negoziali attesa la pluralità di singoli atti pur facenti parte di un unico contratto di mutuo".

Il contratto, scritto in modo generico ed indeterminato, produce come effetto la creazione di un significativo squilibrio nel rapporto tra banca e cliente a danno di quest’ultimo.

Tale squilibrio emerge, in particolare, nel momento in cui il consumatore voglia uscire anticipatamente dal contratto, oppure chiede la surroga, perché le condizioni per poter esercitare il suo diritto sono gravose, tali da rendere eccessivamente “cara” tale scelta.

Per tale ragione, il giudice ha dichiarato la nullità parziale del contratto in particolare delle norme relative al calcolo degli interessi nel caso di estinzione anticipata del mutuo tant’è che la banca non può utilizzare tale norma per impedire al cliente di chiudere il mutuo, o trasferirsi ad altra banca.

Grazie a questa sentenza è possibile chiedere alla banca di estinguere il mutuo o surrogarlo verso altra banca senza dover pagare elevati interessi derivanti dal cambio franco svizzero/euro (vedi qui la sentenza).

Cosa fare?
Vi consigliamo di scrivere alla banca, contestando tutte le clausole che vi impediscono di poter liberamente uscire dal contratto, eccependo la nullità degli articoli del contratto che prevedono il ricalcolo degli interessi nel caso di estinzione anticipata o surroga.

Per maggiori informazioni, potete scrivere a info@consumatoreinformato.it

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