venerdì 24 marzo 2017

Unicredit si impegna ad essere più trasparente con i propri clienti

La recente vicenda Euribor ha innescato una serie di conseguenze nel sistema bancario (vedi), peraltro chiamato a fronteggiare le continue discese del tasso di riferimento monetario.


Sul punto è intervenuta anche l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato che ha avviato un’indagine nei confronti di Unicredit volta a verificare la trasparenza e correttezza delle clausole contrattuali contenute nei contratti di mutuo a tasso variabile con la presenza di spread.
L’intervento di AGCM è risultato positivo, in quanto è stato accertato che molti contratti di mutuo fatti stipulare in questi ultimi anni ai consumatori da Unicredit non indicano in modo chiaro il tasso reale applicato al mutuatario, rappresentato dal solo spread nel caso di Euribor pari a “0”.
L’Antitrust ha contestato ad Unicredit alcune pratiche commerciali scorrette come si legge nel provvedimento che potete leggere di seguito “La prima pratica, in particolare, riguarda i contratti stipulati prima del verificarsi dei valori negativi dell’Euribor e consiste nella mancata applicazione di tali valori nella determinazione del tasso di interesse applicabile alle rate dei mutui immobiliari ipotecari a tasso variabile; il tutto in assenza di clausole inerenti il tasso minimo e senza informare i consumatori in merito ai criteri di calcolo adottati dalla Banca. La seconda pratica considerata riguarda i contratti stipulati successivamente al divenire negativo dell’indice Euribor e consiste nella carente informativa resa in merito alla circostanza che lo spread rappresenta di fatto il tasso minimo applicabile al contratto di mutuo in presenza di valori negativi dell’indice di riferimento.”.

L’indagine di AGCM ha evidenziato, in altre parole, la reale condotta tenuta da Unicredit di fronte alla progressiva riduzione dei valori Euribor, arrivato a segnare valori negativi, decidendo di adottare un’interpretazione del contratto di mutuo finalizzata ad ottenere comunque una remunerazione minima, in termini di interessi, pari allo spread, senza avvisare i consumatori di tale decisione.

Alcuni modelli contrattuali successivi al 2015, inoltre, presentano una carente informativa in merito al meccanismo applicato nel calcolo degli interessi periodici che conducono ad applicare il tasso fisso (spread) nel caso di Euribor negativo, trasformando di fatto il mutuo da variabile a fisso e periodico.

Tali carenze sono state contestate dall’Antitrust ad Unicredit, la quale ha assunto alcuni impegni per risolvere la questione, ed in particolare:
1) automatica rideterminazione retroattiva e per tutta la durata futura del rapporto del tasso di interesse nominale annuo dei contratti di mutuo a cui la Banca non aveva applicato i valori negativi dell’Euribor;
2) integrazione della documentazione precontrattuale e contrattuale destinata ai consumatori che hanno stipulato o stipuleranno con la Banca contratti che prevedono espresse clausole di tasso minimo pari allo spread, al fine di rendere esplicita, anche nella denominazione del contratto, la presenza di un tasso floor che limita la variabilità del contratto.
Questi impegni, seppur parzialmente, rappresentano un buon risultato garantendo maggior trasparenza per i consumatori che si rivolgeranno ad Unicredit per chiedere un mutuo a tasso variabile.
Di seguito, il provvedimento di AGCM con gli impegni assunti da Unicredit.

domenica 12 marzo 2017

La banca italiana più pericolosa: Mps o Intesa-Sanpaolo?

Fonte: Il Fatto Quotidiano 22/12/2016
Attualmente nell’occhio del ciclone c’è il Monte dei Paschi di Siena (Mps) e poi le due famigerate banche venete. Ma non c’è solo il bail-in, cui pensare. Nell’ottica dei risparmiatori, la banca più pericolosa è semmai Banca Intesa. I tiri mancini del Mps risalgono al passato e indubbiamente l’elenco completo sarebbe lungo: le obbligazioni subordinate rifilate per scalare la Banca Antonveneta, prodotti finanziari tossici quali ‘For You’ o ‘My Way’, un fondo comune come ‘Spazio euro nuovi mercati’ che accumulò perdite per il 104,3% del patrimonio, ecc.


Ma ora come ora Mps non si distingue dalle altre banche italiane nell’escogitare nuove trappole per mettere la mani sui risparmi dei propri clienti. Inoltre essi stanno sul chi vive e per giunta la banca non gode di buona stampa.


Tutti regolarmente elogiativi e spesso entusiastici sono invece gli articoli su Intesa-Sanpaolo, non fosse altro per la generale propensione dei giornalisti italiani ad adulare i potenti in ogni campo. Invece sulla prima banca italiana ci sarebbe ben altro da dire.

giovedì 9 marzo 2017

La banca non indica il tasso di interesse nel contratto? Non si pagano gli interessi

La Corte di giustizia dell'unione europea è intervenuta, ancora di recente, in materia di contratti bancari riaffermando un interessante principio secondo il quale l'intermediario bancario  che conclude un contratto di credito al consumo (finanziamento) con il cliente deve indicare in modo preciso tutte le principali condizioni contrattuali, a pena di nullità.

L'intervento della corte si è reso necessario a seguito di rinvio pregiudiziale operato dal giudice slovacco in una controversia tra una banca e una cliente, la quale lamentava la carenza di informazioni nel suo contratto bancario ed in particolare l'omessa indicazione del TAEG.

Il giudice nazionale ha investito la questione la Corte di giustizia chiedendo se:
1. ai fini  della validità del contratto sia necessario che le condizioni generali applicate dalla banca siano specificamente sottoscritte dal cliente;
2. l'omessa indicazione del TAEG nel contratto, ammessa dalla normativa nazionale, sia compatibile con le norme europee (in particolare la Direttiva 2008/48/CE).

Sul primo quesito, la Corte ha negato l'obbligatorietà di inserire le condizioni contrattuali nel modello contrattuale messo a disposizione della firma del cliente, salvo però garantire a quest'ultimo la possibilità di poter visionare tutte le clausole applicabili  al rapporto su supporto cartaceo o comunque altro supporto durevole, da consegnare prima della firma del contratto.

In merito alla seconda questione, ossia la necessità che il consumatore sia messo nella condizione di poter conoscere le più rilevanti norme contrattuali del credito al consumo, e la conseguente validità del contratto privo di queste informazioni.

La Corte, affrontando la questione sotto il profilo della compatibilità della normativa slovacca rispetto alle norme comunitarie, ha affermato il principio secondo il quale il modello contrattuale deve contenere tutte le informazioni necessarie al cliente per poter comprendere e valutare gli effetti derivanti dalla firma del contratto, come ad esempio le spese per l'istruttoria, il numero delle rate e l'importo della singola  rata, il TAEG, le spese notarili, le garanzie etc.

La carenza di queste informazioni, od anche la loro genericità, comportano la carenza di informazioni, con conseguente nullità parziale del contratto, ed in particolare se questa carenza riguarda il tasso d'interesse, il cliente potrà non pagare gli interessi.

Qui la sentenza.

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