sabato 29 novembre 2014

Titoli Parmalat - senza contratto, l'investimento è nullo

Torniamo ad affrontare un argomento caldo di questo blog, ossia il rapporto tra intermediario finanziario ed investitore, con particolare riferimento alla vicenda bond Parmalat.

Il Tribunale di Torino, con una recente sentenza, ha ribadito il principio secondo il quale la banca può operare in favore del cliente/risparmiatore, solo in presenza di un contratto quadro sottoscritto da quest'ultimo, con il quale viene conferito mandato all'intermediario di poter acquistare/vendere valori mobiliari.

L'art. 23 del Testo Unico della Finanza dispone che la banca può agire per conto del cliente, acquistando titoli mobiliari, solo nel caso in cui vi sia uno specifico consenso impartito dall'investitore, ossia la firma del contratto dove vengono indicate le modalità di operatività dell'intermediario, i limiti, le comunicazioni periodiche etc.

In assenza di valido contratto quadro, la banca non può agire in favore del cliente, così come ribadito dal Tribunale di Torino, il quale è stato chiamato ad accertare la regolarità degli investimenti in titoli Parmalat operati da una correntista del capoluogo piemontese.

Il giudice, dopo aver accertato che tra le parti non era stato formalizzato in alcun modo il rapporto bancario e che la banca non aveva ricevuto alcun mandato ad operare nel mercato finanziario per conto del correntista, ha dichiarato la nullità degli investimenti in titoli Parmalat, ordinando alla banca di restituire alla risparmiatrice i soldi investiti nei corporate bond agli inizi del 2000.

Di seguito, potete leggere la sentenza

mercoledì 19 novembre 2014

Tagliadebito. Abracadabra, la proposta Carrai

Fonte
Il Fatto quotidiano
3 settembre 2014
C'è chi è convinto di aver la bacchetta magica. Solo così si può pensare di abbattere in modo indolore la montagna del debito pubblico italiano. Da circa tre anni circolano progetti fantasiosi, tutti inutili perché irrealizzabili. In questo gioco a spararla grossa s'è inserito ultimamente anche un finanziere vicino al presidente del consiglio.

La favola inizia nel 2011 con una proposta di Andrea Monorchio, e Guido Salerno Aletta, rispettivamente già ragioniere generale dello Stato e segretario generale di Palazzo Chigi. Le famiglie italiane avrebbero dovuto ipotecare le loro case per il 10% del loro valore, coi soldi ottenuti sottoscrivere 450 miliardi di euro di titoli pubblici all'1,5%, poi lo Stato avrebbe cartolarizzato tali mutui e così fantasticando. Un'idea strampalata, logicamente presto abbandonata.

martedì 4 novembre 2014

Ok dell’antitrust alla nuova procedura di chiusura del conto corrente postale

Fonte:: AGCM
19 agosto 2014
Niente più ostacoli o ritardi per le richieste dei consumatori di estinguere i rapporti di conto corrente. L’Antitrust ha accettato gli impegni presentati da Poste Italiane S.p.A. ritenendoli idonei a rendere effettiva la possibilità di risolvere il contratto di conto corrente in tempi rapidi.

Si chiude così l’istruttoria avviata a novembre dello scorso anno per verificare eventuali comportamenti scorretti sulla chiusura dei C/C. Secondo l’Autorità, gli impegni presentati da Poste Italiane S.p.A. sono idonei a sanare i possibili profili di illegittimità della pratica commerciale in quanto consentono di accelerare il processo di estinzione dei conti correnti e favoriscono la mobilità della clientela. 

sabato 1 novembre 2014

E' nullo il piano di ammortamento alla francese del mutuo se la clausola è generica

Il Tribunale di Isernia interviene nel dibattito giurisprudenziale sviluppatosi in materia di legittimità del sistema di ammortamento alla francese che viene utilizzato dalle banche per i contratti di mutuo proposti ai clienti. 

Il “piano di ammortamento alla francese” (anche definito “a rata costante”) consiste, o così dovrebbe intendersi, come un piano ove viene stabilito che il cliente è tenuto al rimborso dell'importo ricevuto a prestito dall'istituto di credito con rate costanti nel tempo.  Tale ipotesi si realizza nell'ipotesi di mutuo a tasso fisso, ma si verifica anche per i mutui a tasso variabile, ove la banca prevede un piano di ammortamento (alla francese) ove il tasso di interesse viene calcolato al momento di stipula del contratto, stabilendo, per ciascuna rata, la parte della rata destinata al rimborso del capitale ( quota capitale) e quella destinata a versare gli interessi (quota interessi). 

La quota relativa agli interessi, però, tenderà periodicamente a variare, in base al tasso variabile, producendo i cambiamenti degli interessi dovuti dal cliente solo sul capitale residuo rimasto (ossia ridotto della quota capitale pagata dal cliente con le precedenti rate). In linea teorica, l'ammortamento alla francese non dovrebbe produrre alcun effetto di anatocismo occulto, in quanto, come sostiene parte della dottrina e della giurisprudenza, le rate comprendo sia il capitale che gli interessi e sono costanti, con una restituzione della quota capitale che cresce in modo progressivo e quella relativa agli interessi (calcolati sul capitale residuo) che, per contro, tende a diminuire, esaurendosi nella fase finale del piano di ammortamento. 

Il Tribunale di Isernia, nel caso sottoposto alla propria attenzione, non prende posizione sul punto, ma si sofferma su un altro aspetto fondamentale, ossia se vi sia stato tra le parti un apposito accordo in merito a tale modalità di ammortamento e se il cliente sia venuto a conoscenza degli effetti connessi al piano di ammortamento alla francese. 

E' chiaro, sul punto, il giudice "l’esame dell’adito Tribunale va incentrato anche sulla sussistenza di quest’ultima violazione non prima di aver dato risposta al quesito se parte attrice avrebbe potuto avere cognizione, mediante l’analisi del piano di ammortamento allegato alla parte letterale del contratto, del maggiore esborso cui sarebbe andata incontro. La risposta a tale quesito, esaminati gli atti di causa non può che essere negativa , in quanto il piano allegato agli atti è solo parzialmente sviluppato. Solo operando un confronto con ulteriori analisi di calcolo sarebbe stato possibile riscontrare i maggiori oneri sostenuti. Tale confronto, assente nella CTU, è reso possibile dall’analisi della CTP, che consente di cogliere i discostamenti, a parità di tasso applicato alle quote capitale, ora costante, ora crescente, della porzione di interessi effettivamente sostenuta quale costo del mutuo. Nell’accordo, per usare la parole della giurisprudenza beneventana richiamata, vero è che “le parti hanno inserito in contratto la somma oggetto di mutuo, il tasso di interessi e il numero delle rate” e vero è che con la predisposizione del piano “non è più possibile alcun intervento successivo del mutuante, il quale non ha la possibilità di suddividere la rata fra quota capitale e quota interessi, poiché tale suddivisione è già contenuta nella definizione di una rata costante di quel determinato importo”, e soprattutto vero è che “la misura della rata discende matematicamente dagli indicati elementi contrattuali”, ma tale misura non è affatto percepibile da parte del mutuatario. Sussiste una certa indeterminatezza, che nell’immediato non è percepita, poiché il tasso indicato contrattualmente è di certo rispettato, e di certo è rispettato il piano di ammortamento. Ma l’applicazione del tasso così individuato ad un piano di ammortamento con quote di interesse decrescenti e di capitale crescente genera un maggiore esborso del costo complessivo del mutuo. E dunque, se il tasso di interesse “è” il costo del mutuo, tale costo non è chiaramente delineato nel contratto, perché con un piano di ammortamento alla francese, il tasso pattuito e quello effettivamente applicato sono fisiologicamente discostati, ma patologicamente non percepiti dal contraente, poiché nel contratto è allegato solo un piano parzialmente sviluppato non in grado di far cogliere al cliente il maggior onere a cui dovrà sottostare.". 

L'elemento determinate, ai fini della valutazione operata dal Tribunale di Isernia, è la determinatezza della clausola relativa al calcolo degli interessi (piano di ammortamento alla francese), tale da rendere nulla la pattuizione che contrasti con l'art. 1284 c.c. e l'art. 117 TUB. 

Il Giudice è corretto sul punto, laddove afferma che "[...] di certo è possibile affermare che si è ingenerata una indeterminatezza e una incertezza circa uno degli elementi dell’accordo: se il contratto nella sua parte letterale richiama l’applicazione di un tasso, che poi sviluppato (rectius, applicato) nel piano di ammortamento si estrinseca in misura superiore (e ciò è emerso nella CTP di parte attrice), si genera la contemporanea presenza di due tassi inseriti nel rapporto contrattuale, uno apparente ed uno effettivo, e dei due solo il primo è percepibile dal mutuatario. Sussistendo dunque quella che possiamo definire incertezza o indeterminatezza del tasso sussiste una violazione dell’art. 1284 c.c., nonché dell’art. 117 TUB, commi 4 e 6, e di conseguenza, occorre procedere, mediante la c.d. sostituzione automatica di clausole, ad applicazione del tasso di interesse legalmente determinato, per effetto del combinato disposto ex art. 1418, 1346, 1284 c.c.".

Di seguito, la sentenza del Tribunale di Isernia

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