lunedì 29 aprile 2013

Riparte il fondo di solidarietà per i mutui prima casa

Viene ripristinato il fondo di solidarietà previsto in favore dei cittadini che non riescono più a versare la rata per il rimborso del mutuo ottenuto dalla banca per l'acquisto della prima casa.

Come già evidenziato in questo blog, il fondo di solidarietà è stato previsto da alcuni anni ed è finalizzato ad aiutare coloro che, acquistato un immobile, non possono più onorare regolarmente al proprio debito verso l'istituto di credito per aver perduto il proprio lavoro.

Il Decreto "Salva Italia" ha rifinanziato questo fondo, stanziando 20 milioni di euro, prevedendo regole più stringenti per accedervi, al fine di evitare che soggetti non legittimati possano trarvi vantaggio.

La richiesta di sospensione del pagamento deve essere effettuata dal mutuatario presso il proprio istituto di credito, compilando un apposito modulo che è reperibile ai seguenti siti web (www.dt.tesoro.it - www.consap.it).

domenica 14 aprile 2013

Derivati venduti al Comune di Milano - banche condannate per truffa

Questa domenica vi proponiamo la sentenza n. 13976 del 4 febbraio 2013 con la quale i Tribunale di Milano ha riconosciuto la responsabilità penale di alcuni dirigenti di quattro banche internazionali, condannandoli per il reato di truffa a danno del Comune di Milano nella vendita di prodotti finanziari derivati.

Con la medesima sentenza, il giudice ha riconosciuto la responsabilità penale delle banche  ex D. Lgs. 231/01, individuando una carenza di trasparenza nella vendita di questi prodotti finanziari altamente speculativi, così motivando: Gli istituti bancari (…) non hanno rispettato le norme ed i principi previsti a protezione dei clienti che non siano classificabili come (…) controparti di mercato con uguale esperienza commerciale e finanziaria”.

La condotta truffaldina delle banche, le quali non avrebbero rispettato le norme ed i principi di trasparenza e diligenza previsti nella negoziazione di prodotti finanziari, avrebbe causato il danno subito dal Comune di Milano (vedi).

Tribunale di Milano, sez. IV, 04 febbraio 2013, n. 13976

giovedì 11 aprile 2013

Cipro o Grecia?

La sorte delle banche cipriote ha spaventato molti risparmiatori italiani. Al riguardo due "notizie", una buona e una cattiva:
1. L'Italia non finirà come Cipro
2. L'Italia può finire come la Grecia.
Vediamo perché.

L'Italia come Cipro?
Le banche di Cipro sono rimaste chiuse per dodici giorni, poi aperte con fortissime limitazioni (un massimale giornaliero di 300 euro prelevabili in contanti, uno mensile di 5.000 per le carte di credito ecc.). Ma il peggio è la mannaia abbattutasi sui conti correnti della Banca di Cipro (Τραπεζα Κυπρου) e della Banca Popolare (Λαικη Τραπεζα). Per ogni conto corrente solo 100.000 euro sono rimasti disponibili. Per quanto eccede tale cifra non è neppure chiaro se resterà qualcosa fra imposte straordinarie, conversione forzosa in azioni della banca ecc. L'alternativa a tali misure era comunque il fallimento di tali banche.
La vicenda cipriota è un'ulteriore smentita delle frottole care alle banche italiane e ai giornalisti ai loro ordini, che blaterano di "lotta al contante come battaglia di civiltà" (Giovanni Sabatini, direttore dell'ABI, l'associazione delle banche italiane). È tutto falso: nessun altro mezzo di pagamento offre pari protezione e uguale garanzia di disponibilità. BCE ha inviato a Cipro contenitori con 5 miliardi di euro in banconote, non in carte di credito. Vedi il mio intervento "Viva il contante! Lo dice la Bundesbank": vedi: L'indecenza delle banche
Ma tornando alle preoccupazioni dei risparmiatori, c'è il rischio che capiti lo stesso con le banche italiane? La risposta è no. Cipro ha (o aveva) affinità semmai con Malta o il Lussemburgo, non con l'Italia o la Spagna. La maggior parte dei depositi nelle sue banche era di stranieri (russi, britannici…), in gran parte evasori fiscali o peggio, attratti da vantaggi fiscali. Non è così per le banche italiane.
Si può sostenere addirittura che le banche cipriote fossero tali di nome, agendo nella sostanza come fondi o società d'investimento in prodotti speculativi. Non è così per le banche italiane. Se però uno vuole stare più tranquillo e prelevare soldi in contanti dal suo conto, per metterli in cassetta di sicurezza, è libero di farlo senza limiti. E se gli dicono il contrario, magari me lo segnali (beppe.scienza@unito.it).

L'Italia come la Grecia?
Molto maggiori invece le affinità con la situazione greca prima dell'insolvenza. Senza indulgere nel catastrofismo, è innegabile che l'attuale cocktail sia venefico. Esso è composto da un altissimo debito pubblico (appare vicino il 130% rispetto al PIL ed è una brutta percentuale), una crisi economica e una classe politica non all'altezza della situazione, per non dire peggio. Una fine come la Grecia non è certo prossima, ma a medio termine non si può escludere. Di fatto non la escludono i mercati finanziari. Cosa significa infatti uno spread di 300-350 punti ovvero un rendimento dei titoli di stato italiani superiore del 3-3,5% a quelli tedeschi? In qualche modo significa attribuire anche più del 3% di probabilità all'insolvenza dello stato italiano.
È pura edulcorazione servile sostenere che lo spread dipenda invece dalla diversa liquidità o volatilità dei titoli italiani. Balle! Dipende dal maggior rischio percepito di default. Ma il giornalismo economico italiano è la fiera degli strafalcioni. Vedi l'editoriale di Enrico Romagna-Manoja, direttore del settimanale il Mondo, dove leggiamo che il salvataggio (?) della Grecia è avvenuto "senza toccare i singoli risparmiatori" (29-3-2013, pag. 7). È invece stato un massacro per i risparmiatori greci, italiani, tedeschi ecc. che possedevano tali titoli con perdite nell'ordine del 70%: vedi «La Grecia è in default» del 30-4-2012: http://www.youtube.com/watch?v=WVrIy5-xkss. Volendo dirigere un giornale, noto per altro per le sue figuracce, potrebbe dedicare un po' di tempo ad aggiornarsi. Da tempo il limite di protezione dei conti correnti non è più di 103 mila euro cioè 200 milioni di lire, come scrive Romagna-Manoja nello stesso editoriale, ma di 100 mila euro.
Col che possiamo concludere con considerazioni solo parzialmente rassicuranti. L'esito della crisi cipriota ha infatti confermato la volontà di salvaguardia dei depositi bancari fino a 100.000 euro, ritenuta in qualche modo la soglia sotto cui si colloca il piccolo risparmio. Fra l'altro anche per le obbligazioni Alitalia operò in qualche modo tale limite.
Appare però quantitativamente arduo, per non dire impossibile, garantire una tale protezione in caso di default dell'Italia: i risparmiatori italiani sono troppi.

Beppe Scienza

domenica 7 aprile 2013

Swap nullo se il contratto di mutuo è stato estinto

Nel caso in cui la banca abbia fatto sottoscrivere al cliente uno SWAP per la copertura dei rischi del mutuo, l'estinzione del finanziamento comporta la nullità del derivato finanziario per "carenza sopravvenuta di causa".

La decisione è stata assunta dal Tribunale di Brindisi, con Ordinanza dello scorso 29 gennaio 2013 e che vi proponiamo questa domenica.

E' la classica storia di una società che contrae alcuni mutui con Monte dei Paschi di Siena per finanziare la propria attività.

Il dipendente di MPS propone, al fine di salvaguardare la società dal rischio fluttuazione del tasso sui finanziamenti, di sottoscrivere un contratto di SWAP il cui fine era quello di tutelare il cliente.

Successivamente la società estingue i contratti di mutuo e chiede, contestualmente, la chiusura del contratto di SWAP non essendo lo stesso più giustificato.

La banca subordina la chiusura dello SWAP al pagamento in proprio favore di 250.000,00 euro da parte del cliente.

L'importo determinato dalla banca consisteva nel valore attuale dello SWAP(cd mark to market) e che era di segno evidentemente negativo per la società.

Quest'ultima ricorre al tribunale chiedendo di dichiararsi la nullità del contratto di SWAP.

Il Tribunale di Brindisi osserva che il contratto derivato trova suo fondamento nel contratto di mutuo, in quanto la causa contrattuale del primo è quella di tutelare il cliente dalla fluttuazione del tasso di interesse prevista per il secondo. Tra i due rapporti negoziali si crea, quindi, un collegamento negoziale con la conseguenza che le vicende del contratto principale (il mutuo) producono i propri effetti anche per il contratto accessorio (SWAP).

Il giudice pugliese osserva che la causa giuridica di questo secondo contratto, la copertura del rischio di tasso, permane fino a quando il contratto di mutuo rimane in essere, sicché alla chiusura di quest'ultimo lo SWAP deve essere considerato nullo per sopravvenuta mancanza di causa in concreto.

Il giudice riconosce le ragioni della società e dichiara nullo il contratto di SWAP sottoscritto con MPS, come potete leggere nella sentenza che vi proponiamo di seguito.


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